
PENSIERI NEGATIVI SUL LAVORO: LIBERATI DAL LORO VELENO – Parte I
Ciao Bentornato a Lavorare col Sorriso!
Oggi ti parlo di come liberarti da 3 tipi di pensieri negativi velenosi. Intanto, cosa sono i pensieri negativi velenosi? Sono quei pensieri che nascono automaticamente al di fuori del tuo controllo, a fronte di stimoli esterni, generano sentimenti ed emozioni negative, e sono del tutto inutili e disfunzionali rispetto all’obiettivo che ti prefiggi.
Come la “gramigna”, pianta normalmente associata ad un effetto invadente e fastidioso, questi pensieri occupano la tua mente sottraendoti una enorme quantità di energie psichiche, senza che tu riesca ad opporti, proprio come un veleno paralizzante.
Vediamo quali tipi di gramigne esistono e come potertene liberare.
1 – La gramigna “napoletana”
Senza che me ne vogliano i lettori napoletani, uso questa dicitura per intendere la tendenza che abbiamo a drammatizzare un evento parzialmente negativo trasformandolo in una tragedia con tutte le possibili e infauste conseguenze del caso, come se stessimo vivendo la famosa “tragedia napoletana” (rifacendomi alla teatralità nota dei nostri concittadini che fra l’altro amo).
Ad esempio, il tuo capo con tono rabbioso e risentito ti manifesta la sua scontentezza per un lavoro che hai fatto?
Tu in automatico in 3 nanosecondi ti stai già immaginando in mezzo agli scatoloni di scartoffie da portare via per il tuo licenziamento. In sostanza ingoi ciuffi di gramigna di pensieri negativi e ansia da solo, senza neanche rendertene conto.
Ti riconosci questa tendenza? Intanto comincia a notare quali situazioni innescano questi pensieri negativi: critiche di colleghi? Imprevisti? Litigi? Discussioni? Si assomigliano queste circostanze che attivano i pensieri negativi in automatico? Rilevi elementi comuni?
Perché lo fai? A che fine? Quali altre conseguenze potresti trarre da quell’evento parzialmente negativo, oltre che quelle peggiori? Manifesti poi anche all’esterno questi pensieri, incupendo il tuo umore o il tuo atteggiamento verso gli altri?
2 –La gramigna veggente
Un’altra auto-flagellazione di pensieri negativi, questa volta slegata da un evento esterno parzialmente negativo a scatenarli, è quella di farsi film mentali sul futuro, e sempre negativi come se in te si fossero reincarnati tutti i registi più catastrofici e lugubri del cinema.
Questa tendenza a farti dei film futuri negativi, riguarda una qualche area specifica della tua vita? O qualche azione specifica? Ti sei mai fermato a ragionare su quanti dei tanti film negativi che ti sei fatto, realmente sono stati tali e quanti no? E pensare così in negativo a cosa ti è servito? A dirti “ se mi preparo al peggio almeno poi non rimarrò male?”. Oppure, ancora, fai pensieri negativi sul futuro perché “estrapoli” da eventi negativi del passato la convinzione che sarà così anche nel domani?
Lo sai che questo atteggiamento mentale è causa delle cosiddette “profezie auto-avveranti”? Siccome la nostra mente va cercando nel mondo conferma di ciò che crede, tu stesso potresti, con queste convinzioni negative, creare i presupposti affinchè poi le cose vadano davvero male per poi poterti dire “beh, avevo ragione!”
3 –La gramigna con l’ego a mongolfiera
Questa tipologia di pensieri negativi è molta diffusa nelle aziende, ed è la tendenza a personalizzare qualsiasi fatto come se tutto l’universo cospirasse a tuo danno.
Un collega che ti sta particolarmente simpatico risponde male? Subito a pensare “oddio cosa gli avrò fatto” senza pensare che magari è semplicemente incazzato per motivi suoi.
Oppure se qualcuno fa una critica al tuo lavoro ti senti intaccato nella tua identità, perdendo di vista che hai ricevuto una critica da un collega (dei tanti) ad una attività (e non alla tua persona) 1 volta su 220 giorni lavorativi.
Per evitare di cadere in questa trappola, occorre che identifichi, di volta in volta, tutti gli elementi del mondo circostante che potrebbero essere cause altrettanto valide di quanto vedi e attribuisci a te stesso. E, se proprio proprio vuoi sentirti al centro del mondo sempre, almeno scegli di esserlo come causa/effetto di qualcosa di positivo.
Riepilogando ti ho parlato per questa volta di 3 gramigne, o atteggiamenti mentali, che causano pensieri negativi:la tendenza a esagerare e generalizzare eventi negativi, la tendenza a farsi film negativi sul futuro a prescindere da inneschi esterni, la tendenza a personalizzare gli eventi esterni come se l’unica causa possibile fossi tu.
Per rompere questi schemi di pensiero disfunzionali hai da: identificare le situazioni in cui “reagisci” così, riflettere sul perché lo fai, fermarti a ragionare ogni volta che ti trovi in queste circostanze ampliando il tuo punto di vista con le domande che ti ho suggerito sopra ed educarti a farlo tutte le volte.
Rimpiazzerai progressivamente i pensieri negativi automatici e “reattivi” , con la capacità di essere “proattivo” cioè di scegliere una riposta più funzionale agli stimoli esterni, senza cadere nella negatività e nel pessimismo cosmico.
Costa impegno farlo, prima di sostituire l’automatismo negativo con quello positivo? Si.
Hai da scegliere fra un meccanismo appreso e gratuito che ti innesca stress, negatività e ansia senza fatica alcuna, ad uno più impegnativo che però è fonte di benessere.
(A proposito di ansia, ecco un mio precedente articolo che parla di come gestirla!)
Ti parla una persona che ha sperimentato sulla sua pelle, o meglio, nella sua testa, questo approccio. Progressivamente ho messo a tacere quel coacervo di pensieri negativi che un tempo mi nascevano spontanei su una serie di inneschi esterni. Vivo molto meglio, con la testa più libera e leggera.
Sottolineo però che, qualora notassi che questi pensieri negativi siano per te diffusi a TUTTE le aree e situazioni della vita, tu abbia la convinzione che le cose stavano così in passato e staranno così per SEMPRE, e ritieni di essere TU LA CAUSA di tutti i mali del mondo con un enorme senso di impotenza, ti consiglio di rivolgerti ad uno psicoterapeuta: questi sono campanelli di allarme di un disagio che esula dalle “nevrosi” tipiche del nostro vivere e sono piuttosto sintomatici di problemi caratteriali ben più radicati e profondi.
Nei prossimi articoli, fra 2 settimane, continuerò a parlarti di altre tipologie di pensieri negativi! Segui quindi anche la Parte II e la Parte III!
Condividi l’articolo sui social se ti è piaciuto!
Iscriviti alla Newsletter di Lavorare col Sorriso per ricevere i miei nuovi articoli appena saranno pubblicati!
Iscriviti alla newsletter:
Commenta nel box in fondo alla pagina, lasciandomi le tue riflessioni.
Grazie
Federica Crudeli
Learn More

4 DIFFERENZE FRA UOMINI E DONNE AL LAVORO!
Ciao e Bentornato a Lavorare col Sorriso!
Oggi ti parlo di almeno 4 differenze fra uomini e donne al lavoro che rendono la comunicazione fra i due sessi più difficoltosa.
Non è una novità che da secoli ci sia un tentativo reciproco di comprendersi, in ufficio come fuori, con scarsi risultati, a volte.
Gli scarsi risultati sono legati principalmente al fatto che le aspettative di un uomo sono diverse da quelle di una donna, e che entrambi filtrino il mondo con occhi molto diversi.
I significati attribuiti nel mondo maschile divergono da quelli attribuiti dal genere femminile, a parità di situazione, e questo genera infiniti fraintendimenti, delusioni e molto stress.
Nei miei precedenti articoli “Differenze fra uomini e donne: capirle ti aiuta” e “L’empatia è uomo o donna?” ho già iniziato a parlarti di quali siano alcune differenze fra uomini e donne sul lavoro, e quindi oggi continuo sempre ispirandomi liberamente al libro di Jhon Gray “How to get what you want in the workplace” (link affiliazione).
1 – Differenze fra uomini e donne al lavoro – potere vs. relazioni
Gli uomini danno importanza al potere, alla competenza, all’efficienza e ai risultati, elementi dai quali dipende la definizione del loro senso di sé stessi, incrementato attraverso il superamento di sfide e il raggiungimento di obiettivi.
La paura più recondita (e spesso inconscia) di un uomo è quella di non essere all’altezza e non sentirsi necessari.
Gli uomini sono più interessati a cose ed oggetti, meno a sentimenti e persone.
Le donne considerano importanti i rapporti interpersonali, l’armonia nelle relazioni e nella comunicazione.
Per tradizione culturale radicata nei secoli, le donne traggono il loro senso di sè in base a quanto riescono a sentirsi utili e contribuire al benessere altrui.
Atteggiamento questo, peraltro, che sconfina molto spesso nella famosa “sindrome della Croce rossa” con cui ancora oggi, molte donne, finiscono per annullare/avvilire/disintegrare completamente se stesse in campo lavorativo pur di compiacere il capo/collega di turno e in campo sentimentale per “salvare” l’uomo difficile di turno.
Non a caso, la paura recondita (spesso inconscia) delle donne è quella di non sentirsi apprezzate, riconosciute e di sentirsi rifiutate, anche quando sono donne affermatissime e di successo.
2 – Differenze fra uomini e donne al lavoro – autonomia vs. sostegno
Gli uomini incrementano il senso della loro efficacia nel fare le cose da soli e in autonomia senza chiedere consiglio.
Chiedere consiglio è inteso come segno di debolezza.
Le donne invece tendono a fornire consigli non richiesti per fornire supporto, che dagli uomini sono interpretati come “tu non mi ritieni capace di fare queste cose da solo”.
3 – Differenze fra uomini e donne al lavoro – soluzione vs. comprensione
Di fronte ai problemi, gli uomini cercano soluzioni rivolgendosi a persone che stimano, solo quando non riescono a trovarle da soli.
Partendo da questo presupposto, quando una donna esprime un suo problema, l’uomo tende a leggerlo (misurandosi con il suo metro) come una richiesta di aiuto/soluzione mentre per la donna la finalità è “sfogare le sue emozioni”, ottenere ascolto, comprensione e sostegno emotivo.
4 – Differenze fra uomini e donne al lavoro – status quo vs. miglioramento continuo
Le donne sono convinte che una cosa che funziona possa funzionare ancora meglio e si prodigano per questo.
Gli uomini al contrario, se una cosa funzione preferiscono non interessarsi a come migliorarla ulteriormente difendendo lo status quo.
Istintivamente preferiscono non interferire su ciò che già funziona.
Siamo nel 2017. Sono passati millenni da quando uomini e donne hanno iniziato a popolare la terra, ma , malgrado ciò, credo che facendo mente locale alle nostre cerchie di persone vicine, che si tratti di colleghi/e, amici/amiche, o partners, buona parte di queste differenze esista ancora e sia ancora molto radicata, sebbene ovviamente poi nello specifico, sia uomini che donne possano rispecchiare queste caratteristiche in modo più o meno spinto.
L’evoluzione culturale che è avvenuta negli anni, l’incremento del livello di istruzione, ancora non sono stati sufficienti ad abbattere queste barriere e a favorire uno scambio più fluido fra uomini e donne, sul lavoro come in altri settori della vita.
Da un lato la difficoltà maschile nello sviluppare un miglior rapporto con le emozioni, (lasciando vivere la loro parte più “femminile” che comunque esiste) senza per questo considerarsi deboli, uscendo dallo stereotipo dell’ uomo che non deve chiedere mai.
Dall’ altro la difficoltà femminile di concepire la propria realizzazione in se stesse più che nel bisogno di attribuirsi un valore in funzione di una qualche buona relazione che sia di lavoro, o affettiva, nella quale sentirsi indispensabile (lasciando vivere la loro parte più maschile).
Come incontrarsi a metà strada dunque? Con un pò di empatia …
Per le donne:
a) è bene evitare di dare consigli a capi e colleghi quando non sono espressamente richiesti, soprattutto davanti a più persone, in quanto questo atteggiamento mina il senso della loro auto-efficacia;
b) è bene lasciare che un capo/collega si “ritiri in se stesso” per trovare una soluzione ai suoi problemi, senza sentirsi per questo svilite e non ascoltate. Un uomo si ritira in se stesso per alleviare il suo stress, non perché rifiuta l’aiuto o il supporto di una donna.
c) è bene imparare a riconoscere ed esprimere un bisogno, senza entrare nel biasimo e nella critica: una cosa è dire al proprio capo/collega “tu non mi ascolti mai!” altra cosa e di ben diversa efficacia è dire “ho bisogno di parlarti/esporti una idea, quando mi dedichi un po’ del tuo tempo?”
Per gli uomini:
a) è bene capire l’importanza che ha la bontà delle relazioni in ufficio per una donna;
b) è bene saperla ascoltare quando una donna si lamenta di una situazione senza andare dritti al fornire una soluzione: la soluzione spesso una donna la sa ottenere da sola. Quello che le preme è sentirsi supportata emotivamente;
c) è bene capire che manifestare le proprie difficoltà nell’affrontare un problema non è vissuto da una donna come sintomo di debolezza o di “non essere all’altezza” ma anzi, di vicinanza emotiva;
d) è bene smetterla di interpretare i consigli non richiesti di una donna o le sue proposte di miglioramento nel fare alcune cose, come una forma di “svilimento” delle proprie capacità, ma come volontà di fornire supporto, comprensione e miglioramento continuo.
Riepilogando, oggi ti ho parlato di 4 differenze fra uomini e donne al lavoro che sono superabili da entrambe le parti sviluppando maggiore empatia nella comprensione delle reciproche differenze.
Se rifletti sui tuoi rapporti lavorativi quotidiani, rivedi qualcuna di queste dinamiche?
Condividi l’articolo sui social se ti è piaciuto!
Iscriviti alla Newsletter di Lavorare col Sorriso per ricevere i miei nuovi articoli appena saranno pubblicati!
Iscriviti alla newsletter:
Commenta nel box in fondo alla pagina, lasciandomi le tue riflessioni.
Grazie
Federica Crudeli

FUFFA MANAGER: 10 ERRORI CHE NESSUNO OSA DIRE
Ciao e Bentornato a Lavorare col Sorriso!
Manager o “Fuffa” manager? Oggi ridiamo!Ecco 10 errori che è bene evitare di fare e che farebbero di te un “Fuffa manager” anche se nessuno avrebbe mai il coraggio di dirtelo in faccia.
Si fa presto a diventare manager: è un titolo talmente ambito, soprattutto se unito a qualche inglesismo che va tanto di moda, che oggi il mondo è popolato di manager pronto uso.
Anche nell’immagine come vedi ho messo una foto che richiama l’idea del prestigiatore: chi è quindi il Fuffa manager? Il Fuffa manager è l’essenza del nulla, della fuffa, dell’inconsistenza, dei giochi di prestigio, in giacca cravatta o tailleur, anche firmati magari, ma sempre nulla resta. Il trionfo della forma sulla sostanza.
Ho visto bigliettini da visita in giro pieni di titoli altisonanti accompagnati dalla parola Manager: poi chiedi in concreto “ma quindi cosa fai tu?” e scopri che praticamente stai parlando con un Fotocopying Manager, Shifters Chairs Manager, Troubles Makers Manager, Air Conditioning Manager, Coffè Machine Manager.
Insomma … molti forse farebbero di tutto pur di potersi accostare a questo titolo. Che è appunto, un titolo. E il titolo di per se, non è garanzia di un buon contenuto.
Fare carriera è normalmente considerato simbolo di successo (per te? per la società? per chi?), ed in parte, probabilmente, è anche così. Il raggiungimento di un traguardo di carriera, tuttavia, oltre ai soldi, ai benefit, alle soddisfazioni, comporta soprattutto prendersi delle responsabilità con i relativi risvolti.
Non è raro che la nomina a manager di (x) possa tuttavia instillare nel designato, una gamma di atteggiamenti variabili fra i deliri di onnipotenza e gli eccessi di ansia (a questo proposito puoi leggere l’articolo “L’ansia da prestazione lavorativa ti divora? Divorala tu in 5 mosse”) che possono privarti del sorriso.
Può accadere che tu ti senta arrivato e che tutto adesso ti sia dovuto, il classico atteggiamento da strafottente, o che ti senta costantemente sotto la pressione di dover dimostrare che tu quel posto te lo sei meritato. In ogni caso, soprattutto se la nomina è fresca, devi tenere a mente che sei appena partito.
Non considerare o considerare male alcune dirette conseguenze dell’aver assunto determinate responsabilità, significa fare il Fuffa manager: cioè essere un manager nel titolo senza esserlo nei fatti.
E può anche significare che, sottovalutando alcuni aspetti connaturati con l’ assumere questo ruolo, si viva molto peggio di come si potrebbe, con un carico di ansie esagerate, o senso di fastidio per cose da poco, raccogliendo antipatia a mazzi e con scarsi risultati, malgrado l’impegno profuso, e per di più, in malo modo.
Ecco 10 errori che fanno di un manager, un Fuffa manager.
1 – La Fuffa è tutta mia, e ne parlo solo io!
Uno dei rischi a cui frequentemente si può essere esposti è quello di fare i tuttologi o tentare di mascherare la propria ignoranza su alcuni argomenti, soprattutto nelle riunioni. La nomina a manager di (X) può instillare la falsa convinzione che improvvisamente si è tenuti a fare miracoli di sapienza con le parole come se si fossero ingoiate in un botto tutte le Treccani in circolazione.
Non so se mi spiego … l’atteggiamento per cui si dice giusto per dire, per mostrarsi “fighi”, per fare sfoggio di sè con una certa saccenza.
Nessuno di noi può sapere tutto, e usare parole fuffose, altisonanti, generiche per dare l’impressione “di saperne” funziona, si, funziona, ma con gli stupidi o con chi non è nella posizione di poter valutare il grado di fuffa che si sta cercando di vendere.
Alla lunga, detto in soldoni, se di alcune cose non ne capisci o ne capisci poco, non sto dicendo di andare a sbandierarlo ai 4 venti, ma neanche di fare la parte di quello che con 4 parole fuffose vuole incantare i serpenti.
Ti renderesti solo ridicolo. Diciamo che questo modo di fare in effetti paga e premia nel breve termine. Nel lungo termine, la sostanza irrimediabilmente si svela.
2 – Perché, dovevo pensarci io????
Fare il manager vuol dire programmare, organizzare, gestire e controllare persone e attività.
Sperare che tutto si faccia da solo perché le esigenze sono state espresse chiaramente una volta, senza monitorare, chiedere, verificare, senza ripetere più e più volte, è irreale.
Sperare che tutti abbiano capito alla prima, che tutti si sappiano gestire perfettamente in sintonia con la propria idea, che tutti abbiano compreso le priorità, non è realistico.
Non perché i collaboratori siano stupidi. Ma perché essendo umani, ognuno di noi ha la sua percezione delle cose.
E non necessariamente questa percezione si sposa con le priorità che ha in testa un manager, neanche nel caso in cui sia stato bravissimo ad esprimerle.
3- Scaricare barili di colpe a destra e a manca
Ti sembrerà assurdo (sono ironica) ma l’essere manager significa che qualsiasi prodotto del lavoro esca dalla tua unità organizzativa, nel bene e nel male, è responsabilità tua.
La furbissima idea del prendersi i meriti se le cose funzionano, e scaricare barili di letame sui collaboratori se invece le cose vanno male, di fronte ai propri superiori , è da “Fuffa manager”.
Si può fare, per carità, per tentare di fare sempre bella figura. Ma è un modo miope di gestire le cose. Poi se alla lunga ti ritrovi sommerso di macumbe e iniziano a pioverti rane in casa non hai da stupirti .
Senza contare che il superiore gerarchico, a meno che non sia uno squilibrato mentale, col tempo, noterà questo atteggiamento e questo non deporrà a tuo favore.
4 – Atteggiarsi come le star capricciose e isteriche di Hollywood a cui tutto è consentito e dovuto
Il fatto di diventare capo/manager non significa poter decidere sempre e liberamente di tutto su tutto in qualunque momento.
Banale e scontato, ma nella realtà accade. Ci sarà sempre da fare i conti con le limitazioni imposte dal contesto (di soldi e altre “risorse, di attività etc.), senza che questo diventi motivo di isterismo diffuso da riversare sui malcapitati di turno a casaccio, a causa della frustrazione generata dalla falsa convinzione “ora conto qualcosa, finalmente faccio come mi pare”.
In questo rientra anche l’idea malsana che “siccome io sono manager di (…)” posso permettermi di trattate le persone a pedate in faccia. E’ normale e umano arrabbiarsi, alzare la voce, discutere fra colleghi.
Ma la convinzione che assunto un certo ruolo ci si possa permettere di soverchiare il prossimo o di sentirsi superiori, è da malati di mente.
5 – Lei non sa chi sono io …
Ci sono persone che nell’ ambito di “normali” diverbi di opinione, ma anche per molto meno, usano dire “Lei non sa chi sono io” oppure “ma come ti permetti di dire a me …” oppure “il mio tempo vale più del suo”.
L’uso di queste frasi è sintomatico di qualcosa di “strano”. Quando le sento dire, dentro di me si scatena un carnevale di risate. E’ bello lasciare che alcune persone si cullino nel loro brodo primordiale di presunta superiorità.
Preghiamo tutti per loro.
Comunque dicevo … un collaboratore/collega sbaglia? Espone una idea opposta o diversa sul modo/opportunità di fare delle cose?
Va quantomeno ascoltato, prima di decretare che ha detto/fatto una cazzata. Ci vuole pazienza.
E scrive una che in effetti a volte, ne ha poca. Ma fa parte del gioco. Illudersi che sia diverso e che tutte le questioni/errori/problemi possano essere liquidati in 2 nanosecondi non è prerogativa di questo ruolo.
E’ compito di un manager spiegare ad un collaboratore dove ha sbagliato, come poter evitare gli stessi errori in futuro e imporsi con assertività per ottenere qualcosa di migliore e diverso le prossime volte.
Poi ci sono per carità anche i casi recidivi, che ripeti, spieghi, ripeti e spieghi e nulla si muove. Ma a quel punto non è più un problema tuo.
6 – Tergiversare come se non ci fosse un domani
Prendere decisioni, anche antipatiche e spinose, anche in breve tempo, anche addossandosi dei rischi, anche accettando di rendersi antipatici ed impopolari, anche senza disporre di tutti gli elementi del caso (compatibili con il proprio ruolo ovviamente) fa parte del gioco: anche questa cosa così banale, invece potrebbe passare in sordina e generare infinite ansie.
Non si è pagati per essere sempre e comunque simpatici e benvoluti. Occorre saper fare i conti con l’idea che certe scelte andranno non solo prese, ma, immancabilmente, anche incontro allo sfavore di qualcuno. Chi pensa di poter fare il capo senza doversi mai scontrare con queste dinamiche, sbaglia.
E i capi/manager che non prendono mai decisioni quando il contesto lo richiede, sono visti come il fumo negli occhi. Non c’è da stupirsi se poi ci si ritrova senza seguito e/o stima fra i collaboratori.
7 – Insabbiare i propri errori
Fare il manager non significa accedere d’improvviso a qualche straordinario potere ultra terreno che rende immuni dal commettere errori.
Sbagliare è umano. E sulle lunghe distanze, ottiene molta più fiducia e stima chi ha la capacità di ammettere gli errori, che chi tenta in tutti i modi di occultare i fatti.
Che vantaggio dà fare la figura di quello che a tutti i costi vuole nascondere il suo torto marcio? Si, forse si salva la faccia con qualcuno, ma solo nel breve periodo.
8 – Trattare i collaboratori come dei Mocio Vileda per il pavimento: ossia fargli fare sempre e solo il lavoro “sporco”
E’ compito di un manager capire come motivare i collaboratori al lavoro valorizzandone le qualità e indicando loro dove e come possono superare delle loro difficoltà.
Quindi mettere i collaboratori a fare sempre cose poco gratificanti o che gli fanno schifo, facendo orecchie da mercante, non è saggio. Aspettarsi in più che questo atteggiamento non produca scontento e lamentele, è da illusi sognatori.
9 – Usare l’udito selettivo
Voler ascoltare sempre e solo le cose buone, comode, positive, spegnendo il sonoro in caso di problemi, lamentele, rivendicazioni di promozioni, premi dei collaboratori, è controproducente.
Non sto dicendo che la normalità debba essere un centro di mutuo soccorso e nemmeno che tu possa/debba farti carico di qualsiasi problema ti sia manifestato, e che magari esula in parte dal tuo potere effettivo, ma nemmeno ignorare completamente le argomentazioni che sono degne di essere ascoltate.
Ci vuole un po’ di empatia. (Puoi leggere a questo proposito l’articolo “L’empatia è uomo o donna?” e “Conflitti sul posto di lavoro. li risolvi o cerchi colpevoli’?”)
E ascoltare costa poco. Costa poco ascoltare come il poter dire onestamente “capisco, ma quanto mi chiedi esula dalle mie possibilità” (se è vero, perchè altrimenti è un problema che devi risolvere).
Anche questo modo di fare è abbastanza diffuso fra i manager: quello di pensare che, una volta diventati capi, si è instaurato il regno della beatitudine e qualsiasi rimostranza viene vissuta come un attacco personale invece che vederla come un sacro santo diritto di ogni essere umano a dire ciò che pensa o a fare rimostranze, o a rivendicare altre cose (sempre che ciò avvenga nel rispetto altrui).
10 – Risolvere i problemi
Che si tratti di problemi pertinenti il lavoro, o problemi pertinenti le dinamiche fra colleghi, quando le cose prendono una “brutta piega” non si può chiamarsene fuori. Rientra nelle aspettative del ruolo dare riposta a queste situazioni.
Avrai il compito di gestire le lamentele dei collaboratori: entro certi limiti (quindi a patto di non diventare la versione umana del muro del pianto) fa parte del ruolo gestire anche i momenti di scontentezza dei collaboratori.
Avrai il compito di scegliere chi premiare e chi no. E decidere. E motivare la decisione.
Avrai il compito di risolvere problemi di lavoro e di gestire problemi fra collaboratori che inquinano l’ambiente anche per altre persone, quando ciò avviene in una misura non più tollerabile al punto da compromette i risultati per tutti.
Avrai il compito di continuare a fare le fotocopie, se serve, senza che questo ti susciti sdegno o ti faccia sentire “declassato”.
Ora che ti ho detto ciò, come ti vedi nel tuo ruolo?
E se ambisci a fare il buon manager, pensi di aver voglia di imbarcarti per questa avventura, pro e contro del caso inclusi?
In sintesi, essere percepiti come un buon manager richiede di disporre di enormi dosi di pazienza ed energia: io personalmente con l’energia me la cavo, con la pazienza, in alcune specifiche circostanze, meno, nel senso che se la vendessero in fiale forse sbancherei le farmacie.
Essere un “fuffa manager” prevede l’uso di atteggiamenti che in sostanza sono l’esatto contrario del prendersi le responsabilità connaturate al ruolo. E a mio modesto avviso, uno che agisce così sul lavoro, forse, ha qualche domanda da farsi non solo come professionista, ma anche come essere umano.
Condividi l’articolo sui social se ti è piaciuto!
Iscriviti alla Newsletter di Lavorare col Sorriso per ricevere i miei nuovi articoli appena saranno pubblicati!
Iscriviti alla newsletter:
Commenta nel box in fondo alla pagina, lasciandomi le tue riflessioni.
Grazie
Federica Crudeli
Learn More

CARRIERA: TI SENTI UN BASTARDO SENZA GLORIA?
Ciao e Bentornato a Lavorare col Sorriso!
Oggi parliamo di carriera: ti senti poco valorizzato, ad un punto morto, di stallo, della tua carriera? Ecco 6 domande a cui è bene tu dia una riposta se vuoi lavorare col sorriso. Seguimi!
Mi rendo conto che il titolo è un po’ fortino… mi sono ispirata al mio regista preferito … Quentin Tarantino 🙂
Ti avviso: non ci andrò molto per il sottile. Se ti senti fragile smettila di leggere.
Sei nella seguente situazione:
Hai dato, dato, dato … il tuo tempo, le tue energie, raggiunto obiettivi sfidanti, regalato il tuo equilibrio emotivo impeccabile, pulito pure i gabinetti, aggiustato i condizionatori d’aria, fatto il facchino, annaffiato le piante dell’ufficio, pulito le scrivanie e anche qualcosa in più, eppure non ti vedi riconosciuto alcuno scatto di carriera (di ruolo e/o economico).
Sei fermo sempre al solito punto. E “covi” un misto di rabbia, nervoso, frustrazione.
Ricevi solo pacche sulle spalle e apprezzamenti per il lavoro svolto dal parte del tuo capo.
Diciamo che hai continue attestazioni di stima. Nulla di più. Sappiamo bene però che con la stima non ci compri la casa e neppure la Ferrari. Ti senti un bastardo senza gloria: né infamie, poche lodi, e magari vedi il tuo vicino di scrivania lanciato per le dune siderali della carriera.
Magari ti confronti e ti rendi anche conto che tu non hai poi così tante meno capacità di altri, eppure, sei lì, immobile come una statua di sale nel Mar Morto.
Ti senti avvilito, frustrato, e pieno di sacchettini di veleno magari, che non disdegni di somministrare a chi ti capita a tiro.
Che fare per tornare a sorridere? Intanto farti almeno 3 domande, che possono apparire banali, ma per esperienza, non lo sono affatto.
Quando le cose nella vita non si mettono come vogliamo tutti tendiamo a sprofondare nel nostro orticello di negatività perdendo di vista il contesto più generale, che può allargare gli orizzonti e aiutare a vivere meglio.
Tendiamo insomma a focalizzarci sul negativo, restringendo la visuale dai potenziali 360° a 35°, ad esempio.
1 – le tue aspettative di carriera, sono ragionevoli in termini di tempo, per il contesto aziendale di cui fai parte?
Voglio dire: sei talmente focalizzato sul volere quel ruolo, da perdere di vista che quel ruolo, in media, è accessibile in media dopo x anni? Se ti aspetti una promozione dopo 3 anni, supponiamo, mentre la media con cui ciò avviene è di 5, forse ti stai avvelenando per nulla. Il fatto che tu sia “super” potrebbe non sposarsi bene con il resto del contesto.
2 – esistono nel tuo contesto reali spazi di crescita orizzontale o verticale? Se la riposta è no, anche qui ti stai avvelenando inutilmente. Ci sono cose che non dipendono da te, e fino a quando le circostanze non si faranno più favorevoli, o tu non ti adopererai per crearle, è inutile che ti danni l’anima.
3 – se ambisci ad aumenti di stipendio o premi, quello che vorresti, è negato a te, o magari è in realtà negato a tutti coloro che sono in una situazione simile alla tua? Come funzionano le politiche retributive? Che periodicità anno? A chi sono rivolte?
Sto dando anche per scontato che tu sappia che esisterà sempre un fisiologico gap fra quello che pensi di meritarti e quello che ti viene riconosciuto. Questo caso non lo considero neppure.
Voglio dire … prima di “avvilirti” inutilmente, e sentirti una pecora nera, uno sfigato a cui va tutto storto, accertati di guardare alla situazione in modo più ampio. Magari ti accorgi che il mondo non è in combutta contro di te e che non c’è una cospirazione cosmica a tuo danno.
Ciò non toglie che la tua frustrazione resti, ma quantomeno potrebbe assumere dei connotati diversi, e magari al momento giusto, con le circostanze “buone”, quanto ti aspetti potrebbe esserti riconosciuto (sempre che tu lo abbia espresso a chi di dovere).
Se invece hai verificato che per tempi, spazi e politiche retributive quanto ti aspetti è più che ragionevole, allora la cosa si mette diversamente.
Ipotizziamo quindi che esistano le condizioni di contesto “giuste” e che tu abbia espresso le tue esigenze a chi di dovere e nulla si sia mosso.
Hai ricevuto come risposta, magari più e più volte, quelle promesse di carriera vaghe stile nebbia in Val Padana: lei è una persona seria, affidabile, puntiamo su di lei, la stimiamo, crediamo nelle sue potenzialità, continui così che arriverà il suo momento, il suo impegno sarà premiato. O qualcosa di simile.
Poniamo anche il caso che tu sia una persona abbastanza intelligente da sapere che una promessa vaga di carriera, senza una scadenza e senza una minima indicazione di contenuto plausibile, è una presa in giro.
E ipotizziamo pure che tu per mantenere certi equilibri, per educazione etc. abbia finto di credere a queste promesse, certo però del fatto che se anche sono vaghe, però in te ci credono sul serio e ti daranno davvero quello che vuoi appena possibile.
Sorge un problema: che questo “appena possibile” potrebbe anche non arrivare mai per “n” motivi. O magari la congiuntura aziendale potrebbe restarti avversa per un periodo non definibile. Questa parte da bastardo senza gloria ti piace tanto?
Invertiamo i “panni”: cosa faresti se fossi tu l’ imprenditore con risorse limitate e problemi di budget da gestire, a godere di lavoratori indefessi, meritevoli, preparati, competenti che risolvono problemi, sgobbano a man bassa senza fiatare, che magari fanno straordinari senza neppure farseli pagare, al costo lavoro fermo da anni?
Intuisci vero cosa intendo dire ? 🙂
Quindi … quali altre domande puoi farti, a parte “ingrugnirti” passivamente, per ritrovare il sorriso?
4 – Voglio continuare così?
Per quanto? A cosa sto rinunciando oggi? Penso ne valga la pena? E’ comunque un piacere oppure sono solo soffocato dal senso del dovere? Quanto è importante per me la carriera?
Se adesso ti senti un bastardo senza gloria, secondo te andando avanti nel tempo il tuo livello di frustrazione potrà diminuire o pensi di saperlo accettare serenamente?
A parte chiamarmi per tagliare il nastro di inaugurazione quando ti dedicheranno la statua in onore al/la più grande martire del lavoro, l’importante è che tu sappia bene a cosa vai incontro e che tu lo scelga consapevolmente.
Fare una scelta consapevole e ponderata in questo senso, proprio perchè è una scelta, in teoria dovrebbe regalarti un sorriso di serenità. Non ha senso vivere male se sei tu a sceglierlo!
A questo proposito ti invito a testare il tuo livello di motivazione leggendo l’articolo “Motivazione sotto ai piedi appena sveglio? Riportala su!”
2 – voglio richiedere espressamente al mio capo o chi di competenza uno scatto di carriera/promozione/stipendio , stavolta strappando una indicazione di data certa, e percorso di crescita descritta non dico nei minimi dettagli, ma almeno che abbia un fondamento di realtà? (se ti promettono di farti responsabile all’ufficio marchi e brevetti industriali in una banca… ecco…serve che vado oltre? …).
Se vuoi muoverti in questo senso, per “rivendicare” quanto desideri è opportuno che ti prepari il tavolo delle trattative.
Anche questo può sembrare banale ma non lo è affatto! Se non hai una idea chiara, precisa, specifica, di cosa vorresti e quando lo vorresti e di tutti i fatti che supportano e sostanziano la validità della tua richiesta, sei fuori strada!
Preparati quindi un elenco di fatti, obiettivi raggiunti, attività che pensi di aver fatto oltre alla tua stretta competenza con buoni risultati, problemi che hai risolto efficacemente non solo a tuo parere ma anche di altri.
Fai mente locale a tutte le cose positive che hai fatto e che possono giustificare la tua richiesta. Non lasciare nulla al caso!
Preparati anche a gestire eventuali obiezioni, prevedendo in anticipo possibili risposte sensate alle possibili contro argomentazioni che pensi di poter ricevere.
2 – ho voglia di mandare il mio CV ad altre aziende?
Si è vero che c’è la crisi. Ma non escluderei altre strade a priori. Valutare quanto è apprezzata la tua professionalità sul mercato del lavoro pensi che sia inutile, anche per la tua autostima? Anche solo per misurarti in altro contesto?
Cosa ti trattiene dal farlo?
3 – se tentando le strade 1 e 2 nulla si muove… posso/voglio considerare l’ipotesi di “rallentare” il ritmo?
Smetterla di dare oltre misura energie e tempo che ti rendono frustrato, ti fa così paura? Ti fa sentire in colpa?
Lo sai che il senso di colpa ha ragione di esistere solo se una persona non può dire a se stessa di aver dato il massimo per le circostanze (e abbiamo visto non essere il tuo caso) e che in caso contrario è solo un fardello inutile?
Cosa ti impedisce di rallentare, se è questo che intendi fare? Sei spaventato dalle conseguenze?
Lo hai già iniziato a fare? Cosa è successo? Che effetti si producono? cataclismi? Crolli di palazzi? Utili ribassati in 3 giorni di milioni di dollari per colpa tua?
In quale altro modo potresti investire tempo ed energie per ritrovare il sorriso e anche la carica per lavorare a cuore più leggero, prendendoti una pausa dall’avvelenamento quotidiano?
Ce le hai delle passioni? No??? Cercatele! E’ grave! La vita è una sola. Passarla lamentandoti senza cambiare una virgola, ti sembra costruttivo per te stesso? Pensi che possa magicamente renderti felice?
Se però hai dato talmente tanto te stesso sul lavoro negli ultimi tempi o anni al punto che non riesci ad uscire da questo loop, ma non perché non vorresti, ma perché non hai idea di cosa altro fare fuori dall’ufficio, tu hai un problema serio del quale è bene che ti occupi quanto prima.
Lo stress esagerato protratto nel tempo libera quantità di cortisolo nel sangue che fanno solo male. Senza contare quanto la negatività sparsa sia contagiosa e deleteria per te e tutti coloro che ti sono affianco, sul lavoro e fuori.
Hai valutato sino ad oggi quanto il tuo avvelenamento si ripercuota su altri settori della vita? Sei irritabile anche con i tuoi affetti? Con gli amici? Ti stai isolando? Cosa rischi di perdere su altri fronti?
Esistono gli amici, lo sport, gli hobby, i teatri, i cinema, le partite, i concerti, gli affetti, o più in generale quella cosa che si chiama vita. Ti fa così tanto schifo?
Ti identifichi al punto con il tuo lavoro che non riesci a connotarti se non come “futuro manager di x“?
Se così è, hai valutato che il lavoro è uno dei mezzi di realizzazione per sperimentare gli stati d’animo che più frequentemente desideriamo?
E gli stati d’animo che più frequentemente desideriamo vivere, non sono perseguibili solo tramite il lavoro?
Certo, per ognuno di noi il lavoro è una parte molto importante della vita. Nessuno intende negarlo. Ma proprio per questo, a maggior ragione, ha senso continuare a “dare” in un lavoro che ti spreme come un limone e ti fa sperimentare quantità di frustrazione su scala industriale crescenti?
Abbiamo visto assieme 6 domande a cui puoi dare riposta: hai intenzione di fare nulla e continuare così?
Bene! Allora smettila di lamentarti e sentirti frustrato.
Sei tu che lo scegli! Appendi gli abiti del bastardo senza gloria e sgobba in silenzio senza inquinare l’acustica di tutti con le tue lagne rabbiose.
Se non vuoi lavorare col sorriso tu, lascia almeno che gli altri vivano sereni senza doversi sopportare le tue frustrazioni!
Sono stata un po’ indigesta oggi? Mi spiace! 🙂
Condividi l’articolo sui social se ti è piaciuto!
Iscriviti alla Newsletter di Lavorare col Sorriso per ricevere i miei nuovi articoli appena saranno pubblicati!
Iscriviti alla newsletter:
Commenta nel box in fondo alla pagina, lasciandomi le tue riflessioni.
Grazie
Federica Crudeli
Learn More

BENESSERE: DIVERTITI A GIRARE IL FILM PER “AGGREDIRE” LA TUA GIORNATA!
Bentornato a Lavorare col Sorriso e Buon Anno!
Partiamo a bomba: per rendere questo 2017 lavorativo strepitoso, non si può che cominciare con il rendere strepitose e piene di benessere le singole giornate che lo compongono, non credi? Come? Girando un bel film mentale con la tecnica del “come se”, che adesso ti spiego, che uso anche io, efficace per iniziare (e finire) bene le giornate!
[Tweet ““ Chi ben comincia, è a metà dell’opera” – cit. popolare“]Questo vecchio “detto”, ci viene in aiuto e ha i suoi fondamenti. Non credi che sia possibile decidere di vivere nel benessere la giornata? E allora come è possibile che hai preso un Diploma o una Laurea o la patente? Semplice: hai studiato, ti sei applicato, hai ripetuto azioni nel tempo e infine hai appreso a “menadito” quello che sai.
Quindi puoi farlo anche applicando questa tecnica per iniziare le tue giornate all’insegna del benessere, ripetendo l’ esercizio che ti propongo, ogni mattina, per 10 minuti, fino a che ne avrai voglia e magari per il resto della tua vita.
Sto dando per scontato che sei vuoi avere una visione più ampia di come rendere migliore il tuo 2017 nel complesso, hai già letto il mio articolo: “Vuoi un 2017 lavorativo strepitoso? Metti 7 passi nel verso giusto!”.
Ovvio che più lo ripeti, più si intensificano gli effetti positivi di questo esercizio per il tuo benessere.
Volevi iniziare bene la giornata senza fare alcuno sforzo? Allora sei nel posto sbagliato. Chi ti vende soluzioni facili pronto uso che non prevedano impegno da parte tua, ti sta solo prendendo per i fondelli.
I miracoli (forse) li fa la Chiesa. E basta. O Wanna Marchi.
Prima ti descrivo l’esercizio da fare, poi se ti interessa, puoi leggere nel seguito in base a quale principi scientifici funziona.
Appena sveglio, quando preferisci, ricavati 10 minuti per visualizzare nella tua mente la tua giornata:
scegli quale qualità o meglio, quale stato d’animo, vorresti avere per affrontarla in pieno benessere in vista di quello che pensi possa accadere (allegria, entusiasmo, fiducia in te stesso, calma, serenità, leggerezza etc …).
Immaginati, come se fossi il protagonista di un film, con questo stato d’animo che ti sei scelto, lo scorrere degli eventi nelle almeno 8 ore successive: rapporti con capi, colleghi diretti, colleghi indiretti, fornitori e/o clienti.
Immaginati mentre gestisci con quello stato d’animo i tuoi successi, eventuali imprevisti, o eventuali errori tuoi o di altri, le attività che hai in programma, quella presentazione che devi fare bene, quel progetto di cui devi rendicontare i risultati brillantemente e così via.
Vivi la tua giornata tipo, o quello che pensi di poter ragionevolmente affrontare in quella specifica giornata nel massimo dettaglio possibile in termini di immagini, suoni, colori, odori. Insomma … per una volta, fatti un film mentale tutto al positivo di come vorresti vivere la tua giornata piena di benessere.
Vuoi dirmi che sai essere un bravo regista solo quando hai da prevedere per te stesso tutte le catastrofi possibili immaginabili, nemmeno fossi dentro ai film di 007 e avessi da districarti fra 20 spie che tentano di ammazzarti facendo il doppio gioco, mentre crollano ponteggi, palazzi, burroni, esondano dighe, ed esplodono bombe?
Fallo a cominciare da domani mattina scegliendoti lo stato d’animo che vuoi avere, e modifica il tuo “film mentale” arricchendolo ogni giorno in modo diverso per il tuo benessere.
Poi vai a lavorare e vivi la tua giornata. Lascia fluire gli eventi.
Annota al termine della giornata, o fai mente locale, ai cambiamenti in meglio nel tuo vissuto quotidiano che hai sperimentato.
La qualità del tuo benessere quotidiano si è avvicinata a quella che ti eri prefissato a inizio giornata, e sicuramente è stata migliore di quando non te ne eri mai prefissata alcuna.
Più applichi l’esercizio, più puoi avvicinare la qualità della tua giornata a quella che desideri.
Quando lo faccio, in effetti, funziona. Anche io a volte “mi perdo”, dimenticandomi della potenzialità che ho a mia disposizione con questo esercizio.
Attenzione! Non ho detto: a fine giornate auto-flagellati perché le cose non sono andate come nel film di benessere che ti sei fatto e non ti sei comportato esattamente come avresti voluto. Indubbiamente la realtà si discosterà dalla “fantasia”.
Se però porti l’attenzione a tutto ciò che si è davvero avvicinato al tuo bel film, progressivamente la quantità di “punti di contatto” fra auto-condizionamento positivo e realtà aumenterà notevolmente.
Come è possibile che avvenga ciò? Magia? Stregoneria? No, neuroscienze.
Sai che quando guardiamo un film, le aree che si attivano nel nostro cervello da seduti sul divano sono le stesse che si attiverebbero se a vivere le scena del film che ci emoziona, impaurisce, terrorizza, rende allegri etc. fossimo noi in prima persona?
Il nostro cervello non è in grado di distinguere fra realtà e fantasia: quindi lo possiamo ingannare!
E ingannare a nostro favore sfruttando un altro principio: quello della dissonanza cognitiva.
La dissonanza cognitiva (studiata dallo psicologo statunitense L. Festinger) prevede che un individuo tenda alla coerenza con se stesso di pensieri, emozioni, azioni, in modo da non generare “conflitti interni”.
Quindi, se ti “comandi” a inizio giornata di “essere” in un determinato modo per affrontarla, il cervello, che non sa che stai solo immaginando, si auto-condiziona per essere coerente con il film di benessere che ti sei scelto.
Ti è piaciuto? Fidati, applica l’esercizio con costanza.
Ti stupirai dei risultati!
Qualora invece per qualche motivo la giornata sia andata male, oltre ogni aspettativa, ti consiglio di leggere questo articolo: “Il qui e ora per uscire da giornate no: come si fa?”.
Condividilo sui social l’articolo se ti è piaciuto!
Iscriviti alla Newsletter di Lavorare col Sorriso per ricevere i miei nuovi articoli appena saranno pubblicati!
Iscriviti alla newsletter:
Commenta nel box in fondo alla pagina, lasciandomi le tue riflessioni.
Grazie
Federica Crudeli
Learn More

VUOI UN 2017 LAVORATIVO STREPITOSO? METTI 7 PASSI NEL VERSO GIUSTO
Ciao e Bentornato a Lavorare col Sorriso!
Vuoi un 2017 lavorativo strepitoso? Inizialo mettendo 7 passi nel verso giusto!
[Tweet ““ Il mondo appartiene a chi crede nella bellezza dei propri sogni” – cit. E. Roosvelt”]
Il tuo 2017 può darti benessere sul lavoro e partire davvero bene se hai idea di come investire le tue energie nel modo giusto e funzionale per te.
Il 2016: come si chiude? In attivo o in passivo? È tempo di bilanci non solo per la tua azienda ma anche per te.
Nel lavoro potrai dare il meglio se e solo se, hai una idea di come sta andando la tua vita a tutto tondo.
Il lavoro è solo una delle aree della vita, per altro fortemente influenzata da tutte le altre.
Così come il tuo rendimento è strettamente legato alla possibilità di rigenerarti: se guidi la tua macchina sempre con il piede sull’accelleratore senza frenare mai, sappi che corri dei rischi.
Gli effetti dello stress prima o poi si faranno sentire.
Sei proprio sicuro di avere una visione completa di come sia andato questo 2016? Scommetto di no!
E sai perché? Perché ognuno di noi, spontaneamente, ha la malsana tendenza a ricordarsi 4 o 5 cose andate male perdendo di vista tutto il resto!
Vediamo come è bene per te orientarti in vista del nuovo anno.
Prendo spunto dal testo di Franco Nanetti “Coaching Life” (link di affiliazione).
Passo n° 1 – Lavoro
Hai la sensazione di aver raccolto quanto hai seminato?
Posto che in qualsiasi ruolo e posto di lavoro è fisiologico e normale che esista un gap fra quanto “dai” e quanto “ricevi”, nel complesso ti senti soddisfatto valutando il tuo stato attuale in termini di tipologia di lavoro, trattamento economico, ambiente aziendale, rapporto con capi e colleghi?
Vivi perennemente in ansia e competizione?
Quali emozioni ti accompagnano più di frequente nella giornata lavorativa?
Ti svegli motivato la mattina?
Se vuoi fare una valutazione più completa sul tuo stato di motivazione al lavoro questo articolo fa per te: “Motivazione sotto ai piedi appena sveglio? Riportala su!”.
Se vuoi fare il punto su quanto il tuo lavoro sia ora in sintonia con il tuo “essere” ti invito a leggere questi articoli: “Un giorno lo farò: il tempo ti è nemico?” Parte I e II.
Passo n° 2 – Affetti
I tuoi rapporti con i famigliari e gli amici come sono? Li hai coltivati? Pensi di averci dedicato poco/troppo tempo?
Senti che avresti voglia di nuove amicizie o di rivalutare alcuni legami?
Sono legami “reciproci” e soddisfacenti?
Ti senti te stesso e a tuo agio con i famigliari/persone che sei solito frequentare oppure ti senti “stretto”?
Passo n° 3 – Hobby e passioni
Hai delle passioni/Hobby?
Quanto tempo gli hai dedicato?
Pensi che potresti fare di meglio?
Quale passione/hobby continui a rimandare?
Passo n° 4 – Svago
Quanto tempo ti sei ritagliato per svagarti senza pensieri, oppure per oziare di gran lena?
Quanto tempo ti sei dedicato per “distrarti” a fare qualsiasi cosa che non preveda una “prestazione misurabile?”
Viaggi? Ne hai fatti? Li rimandi?
Passo n° 5 – Salute
E cosa ne dici? Della tua salute ne vogliamo parlare?
Come stai fisicamente? In forma oppure ti trascuri?
Hai fatto regolarmente attività fisica?
Passo n° 6 – Finanze
Sei soddisfatto delle tue finanze? Sei perennemente in bolletta?
Vorresti risparmiare? Vorresti aumentare le entrate?
Come spendi i tuoi soldi? Bene? Male?
Passo n° 7 – Ambiente
L’ambiente in cui vivi, inteso come posto geografico/città e come casa in cui abiti, ti soddisfano? Tanto? Poco? Cosa ti manca? Cosa apprezzi?
Bene, dopo questa carrellata, hai una idea di cosa hai trascurato e che se curato a dovere potrebbe migliorare significativamente anche il benessere sul lavoro per il 2017?
Scegli fra tutti e 7 i passi, uno o due ambiti di vita che senti come più trascurati.
Un miglioramento in uno di questi ambiti, per te importante, avrà ripercussioni positive anche su tutti gli altri.
Più sarai soddisfatto e contento della qualità del tuo tempo, più questo benessere si ripercuoterà sulla tua vita in generale, più lavorerai meglio e soddisfatto.
Identifica cosa puoi fare per incrementare il tuo senso di benessere: o meglio, cosa puoi fare di più, cosa di meno, cosa di differente, e cosa puoi smettere del tutto di fare, per stare meglio?
Bene, adesso che ci hai riflettuto, sai in che direzione muovere i tuoi passi!
Manca solo una cosa: posare i piedi dalla parte giusta!
Agisci!
Buone vacanze di Natale e che questo 2017 inizi per te col piede giusto!
Ci risentiamo a metà gennaio!
Condividilo sui social se ti è piaciuto!
Iscriviti alla Newsletter di Lavorare col Sorriso per ricevere i miei nuovi articoli appena saranno pubblicati!
Iscriviti alla newsletter:
Commenta nel box in fondo alla pagina, lasciandomi le tue riflessioni.
Grazie
Federica Crudeli
Learn More

DIVENTARE CAPO: 7 PASSI PER NON REMARE LA BARCA DA SOLO/A!
Ciao e Bentornato a Lavorare col Sorriso!
Diventare capo di fresca nomina: ecco 7 passi per assicurarti che tutti i membri dell’equipaggio che guiderai remeranno con te! Ti spiego come essere un buon manager, e guadagnarti la fiducia del tuo management di riferimento e dei collaboratori, gestendo efficacemente (ossia risparmiando tempo e stress) il cambiamento nell’ assumere un ruolo di maggiore responsabilità, magari anche in un nuovo tipo di lavoro e/o unità di business, e/o azienda, per farti apprezzare e stimare senza cadere nell’ ansia divorante da prestazione lavorativa, di cui ti ho già parlato nel mio precedente articolo!
[Tweet ““ Prima capisci, poi agisci” – cit. mia”]
Diventare capo, diciamolo, mette sempre un misto di euforia per il traguardo raggiunto e le nuove sfide in vista, e anche un po’ di ansia per la paura di non essere all’ altezza delle aspettative, o per come ti vedranno i capi, colleghi e collaboratori.
Il primo errore da evitare è quello di voler strafare da subito. I processi di cambiamento, come ti ho spiegato anche nel mio articolo “Cambiamenti lavorativi: battere l’effetto Trump in 2 mosse” spaventano, non tanto per il cambiamento in se stesso, quanto per gli effetti che produce.
Il cambiamento necessita di tempo per essere metabolizzato: da te che ti appresti ad indossare un nuovo vestito, e da chi avrà a che fare con te, che come ogni essere umano potrebbe rivestire speranze in un cambiamento in positivo, o essere diffidente nei tuoi confronti.
Per lavorare bene cosa devi avere a cuore? La fiducia del tuo nuovo capo (se ancora non la hai) e dei tuoi collaboratori. O remerai la barca da solo.
Va da se che il diventare capo a seguito di un promozione all’interno della stessa unità di business in cui sei già collocato e in cui conosci i colleghi, il contesto e il tuo superiore quello che segue sarà notevolmente semplificato, sebbene ti consiglio di leggerlo ugualmente, dal momento che il cambio di ruolo comporta sempre una ridefinizione di precedenti equilibri.
Diventare capo – Passo n° 1 – informati!
Per diventare capo e muoverti al meglio nella nuova realtà, è bene che tu raccolga più informazioni possibile sull’ambiente lavorativo in cui stai per calarti.
Ormai le aziende hanno tutte o quasi un sito internet dal quale è possibile evincere tantissime informazioni di contesto: mercato di riferimento, attività di business, clienti e fornitori, livello di organizzazione e strutturazione dell’azienda, dati economico – finanziari.
In particolare cerca nelle fonti esterne e pubbliche tutto quello che ha a che fare e caratterizza il tuo nuovo ruolo e ne costituisce una variabile chiave che ti troverai a gestire.
Diventare capo significa gestire problemi e trovare soluzioni. Prima capisci quali sono i tipici problemi caratteristici del tuo ruolo, prima diventi efficace nel padroneggiare le responsabilità che ti competono.
Diventare capo in un’area commerciale capisci bene che ha implicazioni diverse dal diventare capo in area amministrazione finanzia e controllo, dal diventarlo nell’area logistica e approvvigionamenti etc.
I principali temi e problemi da affrontare differiscono da area ad area e presuppongono delle caratteristiche tipiche di quel determinato ruolo: preparati!
Ipotizziamo adesso sia nella tua nuova realtà con il tuo nuovo ruolo: cosa fare?
Diventare capo – Passo n° 2 – Capisci il tuo capo: ti serve una bussola!
Diventare capo significa avere delle responsabilità su determinate attività.
Di norma avrai a tua volta un capo a cui riferire che ti aiuterà (si spera) ad inserirti nel nuovo contesto.
Le sue aspettative su di te è giusto che siano la tua bussola: tu renderai di conto a lui, quindi è bene che ti occupi immediatamente di capire quali risultati vuole assicurati, nel modo più specifico possibile.
La prima domanda a cui devi dare riposta è: cosa si attende da te? Se tu sei subentrato a qualcun altro, si aspetta cose diverse? Quali?
Quali miglioramenti si attende, per cosa, in che tempi?
Quali sono le cose per lui più importanti/prioritarie che ti chiede siano assicurate?
Se invece assumi un ruolo in una nuova attività precedentemente non formalizzata come unità di business, comunque, quali aspettative ha? Quali sfide ti aspettano? Quali sono le più importanti e le più urgenti per le quali è richiesto il tuo contributo?
Diventare capo – Passo n° 3 – Capisci il tuo ruolo efficacemente
Attraverso colloqui con il tuo capo/supervisore, letture di mansionari, procedure, o altri strumenti organizzativi che in base al contesto possono essere più o meno formalizzati, il puzzle che devi arrivare a comporre risponde alle seguenti domande:
Cosa devo fare? Preoccupati di censire tutte le macro-attività che competono alla tua responsabilità.
Con che frequenza? Ogni attività avrà una sua programmazione. Distinguere da subito le attività routinarie (che sono quindi da eseguire con cadenza giornaliera, mensile, trimestrale, semestrale e così via ) da progetti speciali o attività ad hoc (che di norma hanno una data di inizio e fine prevista) ti consente di disporre da subito di criteri per organizzarle al meglio partendo dalla prima che necessita di essere portata a termine dopo il tuo arrivo.
Con quale obiettivo? Ogni attività si prefigge di raggiungere un determinato obiettivo. Chiedi da subito quale sia.
Come si fanno le attività? Altra cosa che hai da capire subito sono i riferimenti procedurali esistenti per lo svolgimento delle attività. Se non ne esistono attraverso i colloqui con i collaboratori fatti descrivere come vengono usualmente svolte le attività che ti sono state assegnate.
Chi sono i miei fornitori interni? Mappa subito chi sono gli interlocutori principali che forniscono gli input ad ognuna delle tue attività.
Chi sono i miei clienti interni? Mappa subito chi sono gli interlocutori principali che beneficeranno degli output delle tue attività.
Se lo valuti opportuno, in un secondo momento, puoi pianificare incontri con i clienti/fornitori interni per ascoltare anche il loro punto di vista allo scopo di identificare punti di miglioramento.
Esistono criteri strutturati di misurazione delle performance per ogni attività?
Se si, è bene che tu sappia da subito quali siano.
Diventare capo – Passo n° 4 – Parla con i collaboratori!
Dato che hai dei collaboratori, e che sei nuovo nella veste di capo, è bene che ti prenda il tempo di parlare singolarmente con ognuno di loro.
Si lo so cosa stai pensando, è impegnativo. Ti espone. Ma se sei sicuro di te stesso, dove è il problema? Ti spaventa eventualmente sentire “qualche lamento?”
L’obiettivo di questi colloqui è: conoscerli come esseri umani, capire le loro aspettative e il loro grado di motivazione, cosa li gratifica e cosa no, stato delle politiche retributive a loro attribuite, storia lavorativa pregressa, compreso il rapporto con il precedente capo.
Queste informazioni saranno utili a comprendere le loro leve motivazionali e a valorizzarli al meglio nella gestione delle tue attività. Sarà produttivo ed efficace per te, saranno contenti loro.
Questo atteggiamento è di per sé motivante per i tuoi futuri collaboratori: significa che gli dai attenzione e che sei disposto ad ascoltarli (sempre che poi tu dia seguito a quanto hai raccolto).
Interessati di capire cosa facevano fino a prima del tuo arrivo: ti servirà per acquisire informazioni e poter valutare una eventuale re-distribuzione delle attività e dei carichi di lavoro, anche in funzione delle loro risorse e del loro potenziale, ed a capire il loro punto di vista su cosa funziona bene e cosa meno.
Interessati di capire il loro punto di vista sullo stato dei rapporti con i vostri clienti e fornitori interni, cosa funziona bene e cosa no nella gestione di questi rapporti.
Diventare capo – Passo n° 5 – comprendi bene la cultura aziendale
Questo passo, acquisisce maggiore importanza se “vieni da fuori”, e in ogni caso, anche qualora la tua nomina a capo sia avvenuta all’interno dell’azienda in cui già lavori, il cambio di ruolo presuppone comunque una redistribuzione di vecchi equilibri.
Qui si tratta di investire del tempo per capire come muoverti all’interno delle regole non scritte della tua azienda ma che sono determinanti per la tua buona riuscita come capo.
Quindi cerca di capire (e puoi farlo prevalentemente osservando le dinamiche relazionali e chiedendo con discrezione) come è opportuno muoverti nella gestione dei rapporti con i colleghi. In parte lo avrai già capito raccogliendo le informazioni dei punti precedenti, ma, qualora il puzzle non ti sia ancora chiaro è bene che ti adoperi per completarlo.
In sostanza devi darti una riposta a questa domanda: cosa è opportuno che io faccia e cosa no, in funzione dei miei obiettivi, per non urtare troppo la suscettibilità di chi mi circonda?
Questo non perché necessariamente nulla debba essere cambiato, ma semplicemente perché, se hai dei cambiamenti da attuare, è bene che siano nei limiti del possibile, graduali, in modo da essere digeriti da chi ha da farci i conti.
Ti ricordo che il tuo obiettivo guida è guadagnarti la fiducia di chi ha il potere di incidere sulla buona riuscita del tuo incarico: guidare una barca con n persone sopra che non remano o che remano contro capisci bene che è uno sforzo immane e poco intelligente.
Se cominci facendoti tabula rasa intorno, va da se che ti stai scavando la fossa con le tue mani.
Magari resterei capo di nomina, ma non nei fatti, perché tutti ti remeranno contro.
Diventare capo – Passo n° 6 – Tira le somme e osserva!
Dopo aver compiuto i 5 precedenti passi (non necessariamente in ordine sequenziale) hai: acquisito informazioni su cosa si aspetta il tuo capo da te, quali attività devi gestire, con che obiettivi, con che frequenza, con quali risorse.
Hai compreso aspettative, motivazione, risorse e potenziale dei tuoi collaboratori.
Hai mappato i tuoi interlocutori interni, e le principali criticità nella gestione delle relative attività e rapporti.
Adesso prenditi un po’ di tempo per valutare tutti questi elementi nell’insieme e farti una idea circa l’opportunità che le cose possano o meno proseguire in armonia con la gestione precedente.
Inizia a pensare quali attività possono essere fatte meglio, quali possono essere eliminate, quali possono essere fatte in modo più efficace e chi può farle: andava bene la precedente distribuzione delle attività fra collaboratori oppure è pensabile una re-distribuzione che valorizzi meglio le loro risorse e vada incontro maggiormente alle loro aspettative in modo da motivarli?
Diventare capo – Passo n° 7 – Agisci
Con il quadro della situazione sotto mano, e passato un minimo di tempo ad osservare come funzionano le cose, puoi stendere un piano di azione funzionale all’assolvimento delle tue responsabilità e al contempo, a soddisfare le aspettative del tuo management di riferimento.
Individua le attività che a tuo parere necessitano di essere ripensate.
E’ bene che tu inizi da quelle più importanti: quali sono? Quel 20% di attività che assicurano l’80% dei risultati , usando il criterio di Pareto.
Come individui quelle più importanti? In termini di conseguenze/effetti che avrebbero sull’obiettivo finale se tu non le affrontassi per prime.
Come metti in pratica le tue valutazioni sulle cose da cambiare? Coinvolgendo nei cambiamenti più impattanti i collaboratori e tutti coloro che ne sono impattati. Condividi con loro le tue proposte, ascolta i loro parari, sii disponibile a rivedere le tue posizioni con apertura mentale.
Ci vuole tempo per muoversi in questo modo? Si.
Ma se pensi di risparmiare tempo agendo cambiamenti con totale noncuranza di chi ne farà le spese, o in teoria di chi dovrebbe assicurarti la sua collaborazione, quello che spenderai in futuro e a lungo per rimediare a questo errore ti costerà molto stress, energie buttate e malumore diffuso.
In sintesi, se stai per diventare capo, acquisire informazioni sul contesto in cui andrai ad operare, capire la cultura aziendale, capire le aspettative di capi e collaboratori, clienti e fornitori interni ti consente di agire e gestire le tue responsabilità guadagnandoti la fiducia di tutti coloro che dovranno remare la barca con te!
Non lasciare a terra nessuno prima di partire!
Pronto a salpare adesso?
Condividilo sui social se ti è piaciuto!
Iscriviti alla Newsletter di Lavorare col Sorriso per ricevere i miei nuovi articoli appena saranno pubblicati!
Iscriviti alla newsletter:
Commenta nel box in fondo alla pagina, lasciandomi le tue riflessioni.
Grazie
Federica Crudeli
Learn More

RAPPORTI TRA COLLEGHI: 7 MODI PER FARSI ODIARE. QUANTO CI METTI DEL TUO?
Ciao e Benvenuto a Lavorare col Sorriso!
Rapporti tra colleghi: ecco 7 modi per farsi odiare, se ci tieni a trasformare il tuo posto di lavoro nel set di un film di Quentin Tarantino! Come fare invece a costruire rapporti tra colleghi efficaci e funzionali tanto al tuo benessere quanto alla tua crescita professionale? Ti spiegherò quali sono i benefici dell’evitare spargimento di odio in ufficio e come l’uso e sviluppo dell’intelligenza emotiva ti vengono in aiuto!
[Tweet ““ L’amore spesso non è ricambiato. L’odio lo è sempre!” – cit. U. Bernasconi”]
1 – Mentire sempre e comunque.
In funzione dei tuoi obiettivi, menti sempre, non essere mai onesto sulle tue scadenze e non essere mai trasparente.
Occulta i problemi da superare le cui soluzioni andrebbero pianificate per tempo per avvantaggiare te stesso.
Nascondi le informazioni disponibili, o diffondile ma in modo parziale a chi ne sarebbe interessato così da rallentare il tuo lavoro e a cascata compromettere quello altrui.
Sorridi fintamente, sempre. Tu sei Dio. Non sbagli mai. Non hai mai crolli di nervi. Sei immune da qualsiasi sentimento umano.
2 – Esiste un problema? Creane altri 100.
Se c’è un problema da risolvere, passa tutto il tempo che hai a lamentarti del problema con chiunque.
Sparla di chi l’ha creato, di come tu l’avresti affrontato meglio (ovviamente col senno di poi), e, possibilmente, portane sul piatto altri 100 e butta benzina sul fuoco.
3 – Hai sbagliato? Non ammetterlo mai.
Se ti accorgi di avere sbagliato qualcosa e aver causato un problema a qualche collega, non chiedere scusa e non ammettere i tuoi errori.
Chiedere scusa non è da persone educate, ma deboli. Tu mica lavori in un ufficio con persone civili? Sei in trincea, e l’imperativo è vincere.
4 – Non dare alcuna importanza allo sviluppo delle capacità necessarie a gestire i rapporti tra colleghi
Comportati con tutti i colleghi, indipendentemente dal tipo di carattere, dal ruolo e dal momento, sempre nello stesso modo. Nasconditi dietro alla più bella delle scuse “io sono fatto così”!
Un ottimo modo per farsi odiare è relazionarsi agli altri senza considerare che esistono delle differenze “emotive” fra esseri umani, di cui sarebbe bene tenere conto.
Un altro ottimo modo per relazionarsi ai colleghi è pensare che tu sei il solo detentore della verità assoluta e che il tuo modo di vedere le cose è il più giusto di tutti, e l’unico ammissibile.
Urla ad un timido introverso, oppure critica di continuo una persona permalosa, parla male di Dio al tuo capo credente prima di esporgli una idea. Biasima un collega in riunione davanti a tutti.
Dì sempre la parola meno opportuna nel momento meno opportuno.
5 – Prendere sul personale qualsiasi cosa.
Voi non siete pagati per risolvere problemi e trovare soluzioni efficaci, ma per prendere sul personale qualsiasi problema, offendervi e fomentare liti e discussioni alla caccia di colpevoli da esporre alla pubblica gogna.
Oppure per cogliere qualsiasi occasione per screditare qualcuno che vi ha mosso una critica al vostro lavoro.
6 – Invadere lo spazio vitale di tutti.
Occupati dei fatti altrui di continuo, spettegola, deridi, carpisci informazioni della vita privata dei colleghi e diffondila sotto banco.
Invadi anche lo spazio altrui, prendi a prestito cose senza chiedere permesso. Usa la prepotenza.
7 – Non essere mai nè gentile, nè cortese, nè rispettoso.
Parla sempre con tono astioso, evita di ringraziare se qualcuno fa qualcosa di gradito, tu devi dare tutto per scontato come se fossi Giulio Cesare.
Calpesta volutamente il prossimo facendo esattamente le cose che sai bene possono infastidire i tuoi capi o colleghi.
Ridi poco o solo alle battute dei capi. Ridere ti conferisce quell’aria da essere umano che è bene in ufficio sia occultata.
Adesso che ti ho dato 7 ingredienti per la ricetta dell’odio in ufficio, come fare a gestire efficacemente i rapporti tra colleghi costruendo un ambiente sano?
Beh è palese che per creare un clima di benessere lavorativo occorre fare l’esatto contrario di quanto elencato prima.
Può accadere sia che tu abbia a volte, anche involontariamente, agito comportamenti come quelli sopra.
Può accadere che tu li subisca.
In entrambi i casi parliamo sempre di modalità di rapportarsi fra persone diverse.
Il costo di atteggiamenti simili è alto in termini di stress lavoro correlato, energie sprecate, tempo mal riposto, inefficienza e inefficacia lavorativa, negatività sparsa a “ quantine”.
L’ufficio rischia di diventare l’equivalente di un incubo ad occhi aperti.
Chi mai vorrebbe lavorare in un posto con colleghi che si comportano così?
Come gestire efficacemente quindi i rapporti tra colleghi? Sviluppando l’intelligenza emotiva!
Cosa è l’intelligenza emotiva e perché è un pilastro fondamentale per una gestione efficace e costruttiva dei rapporti tra colleghi.
Il concetto di intelligenza emotiva, è stato trattato per la prima volta intorno agli anni ’90 ed è “sbarcato” in Italia nel 1995 con l’omonimo testo di Daniel Goleman “Emotional Intelligence”.
Senza entrare troppo nei costrutti teorici, sintetizzo il concetto con parole mie dicendo che la competenza emotiva è l’insieme di abilità pratiche volte alla consapevolezza e padronanza di sè per essere efficaci nelle interazioni sociali e quindi, lavorative, con conseguenti ripercussioni positive anche in termini di carriera o percorsi professionali di crescita.
I modelli organizzativi aziendali passati, più orientati ad una elevata gerarchizzazione dei ruoli, stanno via via cambiando, anche a seguito dell’avvento di internet, delle nuove tecnologie, e alla velocità di riposta che è imposta dalle regole di mercato.
Per usare una metafora oserei dire che un elefante difficilmente potrà partecipare ad una competizione di iron man.
Il modello in base al quale una sola persone decide e tutte le altre devono eseguire si sta dimostrando desueto, motivo per il quale per affrontare le sfide della modernità anche le organizzazioni hanno iniziato a prestare più attenzione alle softskill delle quali l’intelligenza emotiva fa parte.
Inesorabilmente tu sei inserito in un contesto le cui dinamiche relazionali costituiscono la fetta più significativa da dover gestire, tant’è che in qualsiasi contesto, lo sviluppo professionale e quindi a possibilità di fare carriera passa attraverso 4 fasi:
1 – il sapere legato al percorso di studi e all’ingresso nel mondo lavorativo;
2 – il saper fare ossia sapere applicare in ambito professionale le conoscenze acquisite;
3 – sapere saper fare ossia applicare in modo efficace le competenze migliori per una determinata attività discriminandole fra mille altre;
4 – il saper essere ossia essere consapevoli di te, del tuo modo di porti, dell’effetto che susciti negli altri, e capaci di gestire con “intelligenza emotiva” i rapporti tra colleghi in modo costruttivo per se stessi e l’organizzazione di cui fai parte.
Quest’ultima fase è, alla fine dei conti, la più “energivora” di tutte, soprattutto se ti interessa una “scalata al potere”, e quella che può differenziarti nel tuo percorso lavorativo avvantaggiandoti rispetto ad altri colleghi che ancora non hanno acquisito una maturità tale da saper essere, in modo costruttivo, la persona adatta a determinati ruoli, in un certo momento professionale.
Il saper essere è a sua volta strettamente legato allo sviluppo dell’intelligenza emotiva, come soft skills chiave.
A scanso di ipocrisie, vero è anche che talvolta, pur con l’acquisizione di una migliore consapevolezza dei nostri vissuti istintivi, emotivi e cognitivi, in rapporto con capi, colleghi, collaboratori, fornitori, clienti etc.. l’unica via per migliorare la propria qualità della vita si rivela necessariamente quella di cambiare, o mansione, o lavoro, o azienda, o vita. Ma se questo fosse il tuo caso, ti darò gli strumenti per scoprirlo.
Nei miei articoli di questa categoria ti darò strumenti utili per usare l’intelligenza emotiva per comunicare efficacemente, per gestire i conflitti sul lavoro, per gestire i rapporti con i colleghi e/o capi difficili e imparare a difendertene, per abbattere lo stress legato alla gestione di questi rapporti, per affrontare discorsi in pubblico qualora ne avessi la necessità per il ruolo che svolgi.
Elemento costitutivo n° 1 dell’intelligenza emotiva: la consapevolezza di te stesso.
La capacità di utilizzare l’intelligenza emotiva per gestire i rapporti tra colleghi di lavoro, è strettamente connessa con il grado di consapevolezza e padronanza che hai di te stesso, a cui dedico una intera sezione di questo blog con i miei articoli.
Hai sempre ottenuto quello che volevi sul lavoro? Si? No? A che prezzo?
Hai mai pensato che tu stesso per primo potresti generare certi tipi di comportamenti “antipatici” nei tuoi riguardi dagli altri?
O hai mai pensato che è possibile cambiare il tuo atteggiamento per prendere le distanze dai comportamenti di colleghi difficili che di norma ti danneggiano, demotivano ed irritano?
Difficilmente potrai essere sul luogo di lavoro persona totalmente avulsa da quello che sei “là fuori nel mondo” , in quanto portatore di dinamiche, vissuti e tratti caratteriali che sono sempre e comunque frutto delle tue esperienze di vita.
Fatta questa doverosa premessa, quanto: rabbia, stress, nervoso, ansia, senso di inadeguatezza, irritazione o qualsivoglia stato negativo, sono non solo, e sottolineo non solo, determinata dalle persone con cui devi rapportarti, ma anche determinati in parte dalle tue modalità apprese di risposta ai contesti?
Acquisire una migliore consapevolezza e padronanza di te stesso e delle tue risposte ai contesti, consente un notevole risparmio di energie mentali, una migliorata capacità di rapportarti anche con le persone più difficili e di conseguenza anche di aumentare le tue probabilità di crescita professionale esercitando un maggior distacco da quello che rischia di nuocere al tuo benessere.
Negli articoli dedicati alla consapevolezza di te stesso ti fornisco un sacco di spunti utili per venirne a capo qualora tu stesso per primo voglia “smussare” alcuni tuoi tratti caratteriali, o rompere schemi di comportamento ripetitivi e che tu vivi come disfunzionali (cioè che ti allontanano da quello che vuoi davvero) che ti hanno portato più grane che soddisfazioni, per gestire al meglio i tuoi rapporti tra colleghi e con i capi.
INIZIA DA QUI a rafforzare la consapevolezza di te stesso leggendo questi articoli :
Nell’articolo “Manager o Leader: quale tipo sei?” ti parlo di 9 tratti caratteriali con cui è possibile muoversi nel mondo. Ogni tratto caratteriale è un modo differente di vivere le emozioni, di pensare, di relazionarsi agli altri, con tutti i pro e contro del caso. Questo è un primo articolo introduttivo ai 9 caratteri. In futuro tratterò molto più approfonditamente tutti i pro e contro di ogni carattere per aiutarti a disporre di molte più energie a tuo vantaggio.
“Ripeti sempre gli stessi errori? Come trasformarli in successo”. In questo articolo ti illustro 11 passi per trasformare a tuo vantaggio i tuoi errori “ripetitivi”, cioè quelle abitudini comportamentali radicate che riconosci essere aspetti di te “detestabili” senza riuscire a modificarli e che ti suscitano un senso di fallimento.
“Vuoi diventare capo? 6 segreti per riuscirci”. In questo articolo ti svelo 6 segreti se ambisci ad un percorso di crescita professionale. Avrai modo di valutare quanto il tuo attuale modo di fare ti sta agevolando o meno verso gli obiettivi di carriera che ti sei prefissato, e in caso contrario a regolarti di conseguenza.
Elemento costitutivo n° 2 dell’intelligenza emotiva: la capacità di gestire i rapporti tra colleghi e con i capi.
L’utilizzo dell’intelligenza emotiva è anche strettamente connesso con la capacità di osservare e riconoscere gli altri, e modulare la comunicazione con empatia in modo da instaurare buoni rapporti tra colleghi .
Tutti i giorni hai da rapportarti con persone differenti e, diciamolo pure, alcune volte, magari anche spesso, con colleghi difficili che hanno atteggiamenti esasperati in termini di arrivismo a discapito di altri, prepotenza, scarsa empatia e capacità di collaborare, eccessivamente serie, manipolatorie, voltagabbana, o tirapiedi.
Comunicare, farti capire, ottenere quello che vuoi, a volte, diventa difficile, soprattutto se non sai bene come fare. Oppure, anche nell’ipotesi che sia semplice, è comunque una attività che richiede un grande impiego di energie per tutto il tempo di permanenza in ufficio e probabilmente, te le sottrae per il tempo rimanente.
Se invece ti senti costretto dalle circostanze a “dover accettare” atteggiamenti poco gradevoli da parte di colleghi o capi difficili, allora sempre in questa categoria troverai il modo per difenderti imparando ad entrare in relazione con colleghi difficili solo per quanto ti è utile con il giusto distacco emotivo. Potresti anche scoprire che il tuo peggior nemico potrebbe rivelarsi il tuo migliore alleato.
INIZIA DA QUESTI ARTICOLI a rafforzare la tua intelligenza emotiva nella gestione dei rapporti tra colleghi e con i capi:
“L’empatia è uomo o donna? Scoprilo e usala!”. Un pilastro fondamentale dell’intelligenza emotiva per una comunicazione efficace fra colleghi è l’uso dell’empatia, ossia la capacità di guardare le cose anche dal punto di vista degli altri. In questo articolo ti parlo delle differenze esistenti nella comunicazione fra uomini e donne sul lavoro e di come la comprensione dei reciproci mondi aiuti a sviluppare un ponte comunicativo realistico e consapevole.
“Conflitti sul lavoro: li risolvi o cerchi colpevoli?” Come entrare in relazione efficacemente con i colleghi, soprattutto quando le cose si fanno difficili e ci sono momenti di conflitto da gestire? Esistono 2 modi di affrontare i conflitti: uno più costruttivo, proiettato alla ricerca di soluzioni, usando l’empatia, e l’altro non costruttivo, rivolto alla sola ricerca di colpevoli, senza risolvere nulla. Tu quale sei solito adoperare? Nel mio articolo ti guido a capire quale dei due sei solito usare e come porre rimedio per un migliorato benessere in ufficio.
“Colleghi difficili: i melliflui. Cosa fare?”. Come ti comporti con colleghi difficili, in particolare i voltafaccia melliflui? Li gestisci, li subisci? Hanno il potere di inquinare le tue giornate? In questo articoli ti faccio guardare a questa tipologia di colleghi in modo differente per neutralizzare l’effetto negativo che hanno su di te. Se poi ad essere mellifluo e voltafaccia non è un collega ma il tuo capo, nell’articolo “Capo difficile: il voltafaccia. 2 strade possibili” ti guido ad esplorare 2 strade per ritrovare il tuo benessere in ufficio.
In questo articolo “Capo accentratore? Conquista autonomia in 6 passi” ti spiego che caratteristiche ha un capo accentratore, cosa può nascondersi dietro a questo comportamento che non ha nulla a che vedere con la sfiducia nelle tue capacità e nell’affidarti attività, e come conquistare autonomia in 6 passi.
“Informazioni nascoste. A volte ti sembra di lavorare per i servizi segreti?” : come rapportarsi con una particolare e diffusa categoria di colleghi difficili che insabbiano le informazioni a loro vantaggio. Una riflessione in 8 passi per imparare a gestirli.
Ti ho parlato di come l’uso dell‘intelligenza emotiva per gestire i rapporti tra colleghi e con i capi possa incidere sulla tua crescita professionale e sulla qualità del tuo tempo lavorativo e di vita in generale.
Ti ho anche detto che nei miei articoli troverai spunti utili a capire se ti trovi davvero nel posto di lavoro giusto per te anche in relazione ai colleghi con cui “co-abiti”.
Hai capito cosa hai da fare per non farti odiare, cos’è l’intelligenza emotiva e perchè svilupparla migliora la tua capacità di gestire efficamente i rapporti tra colleghi e con i capi.
Sapere che ti parlerò di rapporti tra colleghi e con i capi a lungo e diffusamente per regalarti benessere, ti regala un “sorriso di sollievo?”
Fammi conoscere le tue riflessioni lasciandomi un commento.
Condividi sui social questo articolo se ti è piaciuto.
Iscriviti alla Newsletter di Lavorare col Sorriso e non perderti nemmeno un articolo.
Iscriviti alla newsletter:
Grazie!
A presto!
Federica Crudeli

COME GESTISCI I TUOI 8 TEMPI NEGLI 86.400 SECONDI DI OGNI GIORNO?
Ciao e Benvenuto a Lavorare col Sorriso!
A proposito di gestione del tempo sul lavoro: hai 86.400 secondi ogni giorno che nessuno ti restituirà! Scopri cosa sono gli 8 tempi e cosa è il “tempo dei tempi” : un viaggio per aumentare la qualità del tuo tempo, lavorativo e non, e per abbattere lo stress attraverso tecniche che renderanno la tua vita decisamente migliore!
[Tweet “Se volete sentirvi ricchi, contate le cose che avete e che i soldi non possono comprare.” – cit. A. De Carlo”]
Ipotizziamo che tu lavori anche solo 8 ore al giorno, ben 28.880 minimo, in media, li impieghi lavorando, ossia il 50% del tuo tempo “da sveglio”.
Estendendo il concetto ad una intera vita o quasi, tu passi al lavoro il 50% della TUA VITA per guadagnarti i soldi che ti servono per vivere il resto degli 8 tempi (come minimo) che hai a disposizione.
Pensi che valga la pena scoprire dei modi per gestire il tempo lavorativo al meglio?
Pensi che valga la pena vivere un tempo “di qualità”?
O preferisci restare affogato di stress, nervoso, ansia da competizione e perfezione che ti trascini dietro da giornate impegnative fra meeting, discussioni andate a buon fine e anche no, scadenze impellenti, colleghi difficili, capi troppo esigenti o assenti, clienti snervanti, fornitori “furbi”?
E di tutti gli altri tempi, cosa ne fai? Come è la gestione dei tuoi tempi?
Di quali tempi parlo?
Parlo del restante 50% di tempo “da sveglio” che ti resta dopo una giornata di lavoro: come lo impieghi e con che livello di energia?
Gestione del tempo 2 – Spostamenti
Hai da gestire il tempo per gli spostamenti casa – lavoro, l’abbonamento al treno, alla metropolitana, al bus, la benzina dell’auto, l’assicurazione.
Gestione del tempo 3 – La casa
Hai da gestire il tempo per curare la casa, l’affitto, il mutuo, il condominio da pagare, le bollette, i tuoi coinquilini se condividi un appartamento…
Gestione del tempo 4 – Il denaro
Magari ti serve del tempo anche per pensare ai tuoi risparmi, se li hai, o a come metterti da parte dei soldi, se ancora non ne hai risparmiati.
O comunque ti serve tempo per pensare a come fare più soldi possibile se il modo che adotti adesso non ti è sufficiente per la qualità che vorresti per la tua vita. Ti serve tempo per pensare a come diventare multimiliardario!
Gestione del tempo 5 – Hobby e passioni
Poi magari avresti bisogno anche del tempo per seguire le tue passioni o degli hobby: quel corso che ami tanto, quel viaggio che vorresti fare, quel sogno nel cassetto che ti proponi di realizzare.
Oppure parliamo di preistoria, nel senso che praticamente non hai mai tempo per fare alcuna di queste cose, i tuoi sogni sono ammuffiti in mezzo a tante scartoffie dimenticate magari… oppure rimandi, rimandi sempre al giorno che avrai più tempo per fare queste cose.
Gestione del tempo 6 – Svago
Poi magari ti serve tempo per uscire a svagarti senza troppi pensieri o responsabilità con gli amici: partite, cinema, teatro, concerti, una bevuta al pub, una serata a cena. Anche questo è un altro tempo da gestire.
Gestione del Tempo 7 – Famigliari
Poi magari hai anche una famiglia a cui pensare: un partner, dei figli tuoi o “ereditati”, cani, gatti, un giardino con tutta la necessità di impegno che ne consegue…
Dopo una giornata di lavoro scapperesti da solo sulle cime dell’everest o su una spiaggia deserta piuttosto che dover gestire tutti questi rapporti, o piuttosto sono il tuo porto di salvezza?
E se lo sono, la qualità del tempo che gli dedichi come è?
Gestione del tempo 8 – Salute
E cosa ne dici? Della tua salute ne vogliamo parlare?
Magari ogni tanto hai bisogno di tempo anche per andare dal dentista, o fare una visita specialistica per un problemino o problemone, prenderti cura di te stesso, della tua schiena, che in media è quella che soffre di più per chi lavora seduto molte ore.
E magari ti serve il tempo per cercare un medico di fiducia, prendere l’appuntamento, e poi andare a farti visitare.
Che poi, quando esci dall’ufficio alla sera ti senti carico per affrontare il resto del tempo o ti senti come una pila usata?
Fermati a riflettere un attimo: hai il 50% del tuo tempo, in media, impegnato SOLO nel tuo lavoro (sempre se tutto va bene, perché se poi invece che 8 ore ne devi lavorare 10-12 la situazione cambia) per fare i soldi che spenderai nel restante 50% dei tuoi almeno altri 8 differenti tempi di vita per fare tutte le cose che vuoi/devi/puoi fare.
Sei ancora convinto che non valga la pena occuparti della gestione del tempo, lavorativo in particolare?
O di quanto e come tralasci o vivi tutto il resto del tempo?
INIZIA DA QUESTI ARTICOLI a valutare in base a quali criteri è bene gestire il tuo tempo! Sicuramente è modo per guardare al tempo un pò diverso dal solito, ma che credo costituisca il pilastro su cui possono poi innestarsi le tecniche/strumenti per la gestione del tempo sul lavoro.
Cosa è il “tempo dei tempi” o “padre di tutti i tempi”? In questi due articoli: “Un giorno lo farò: il tempo ti è nemico?” Parte I e Parte II ti parlo della gestione del tempo sul lavoro a partire da un approccio particolare per guidarti a scoprire quale dovrebbe essere per te il criterio principale in base al quale “ordinare” le priorità della tua vita, e conseguentemente, anche la gestione del tempo al lavoro e in tutti gli altri ambiti. Inoltre ti guido in una riflessione per capire come guadagnare tempo e risparmiare stress presupponga un cambio di approccio al lavoro, focalizzando l’attenzione su te stesso piuttosto che su tutto quello che ti circonda.
In questo articolo invece “Motivazione sotto ai piedi appena sveglio?Riportala su” ti parlo di altri 2 criteri per orientare la gestione del tempo sul lavoro: la motivazione intrinseca ed estrinseca. Conoscerle permette di dare differenti priorità al tempo che impieghi sul lavoro e l’investimento di energie che è più o meno opportuno fare per vivere una vita qualitativamente migliore.
In questo articolo “Carriera lavorativa: potere è piacere? Come capirlo” ti guido a riflettere su un altro criterio che è importante per dare una priorità al tempo che vivi sul lavoro. Il corpo è la sede del piacere. Ascoltarlo significa anche capire quale mix di potere è piacere è migliore per te in modo da investire bene il tuo tempo.
.
In questo articolo “Riunioni fiume: come gestire il tempo efficacemente” invece ti parlo ironicamente di 9 regole che dovrebbero essere seguite nella organizzazione/conduzione delle riunioni per evitare sprechi immensi di tempo. Se lavori in azienda sicuramente avrai avuto modo di assistere ad una dispersione del tempo che con qualche piccolo accorgimento può essere arginata.
Seguimi ancora nei miei articoli, ti fornirò tecniche/strumenti per l’organizzazione della tua giornata lavorativa e spunti utili ad affrontare la tua vita lavorativa per migliorarla e renderla “qualitativamente migliore”, a districarti fra incombenze, dubbi, priorità confuse, decisioni difficili, aiutandoti a fare ordine nel tempo che hai a disposizione per la tua vita.
Inoltre quanto più utilizzerai gli strumenti che ti fornirò per aumentare la consapevolezza di te stesso, tanto più aumenterà la tua velocità di decisione per raggiungere i tuoi obiettivi.
Tanto più migliorerai la tua efficacia nella gestione dei rapporti lavorativi, anche con un occhio di riguardo alle differenze fra uomini e donne, tanto migliore sarà la qualità del tuo tempo; tanto più sarai aperto al cambiamento, tanto più percepirai il tuo tempo come un tempo di valore.
Hai trovato interessante quanto ho scritto?
Ti suggerisce qualche riflessione su come spendi il tuo tempo?
Lasciami i tuoi commenti qui sotto e fammi conoscere la tua opinione.
Iscriviti alla Newsletter di Lavorare col Sorriso per essere avvisato appena pubblicherò un nuovo articolo.
Grazie!
Federica Crudeli
Learn More

CAMBIAMENTI LAVORATIVI: BATTERE L’EFFETTO TRUMP IN 2 MOSSE!
Ciao e Benvenuto a Lavorare col Sorriso!
Cosa è l’effetto Trump in tema di cambiamenti lavorativi? Negli ultimi giorni, a seguito dell’elezione del nuovo Presidente USA credo che tutti abbiamo assistito ad una specie di isteria emotiva collettiva ovunque, specialmente sui social network. Si sono scatenati commenti di ogni sorta e una specie di panico diffuso sui timori di quello che succederà da adesso in poi. Un pò lo stesso panico diffuso visto in occasione della Brexit …sembrava dovesse crollare il mondo, a partire dalle borse! Il cambiamento in ambito lavorativo ha su di te gli stessi effetti? Entri nel panico da effetto TRUMP? L’onda d’urto emotiva è tale da offuscarti la ragione, e buttarti in uno stato di ansia da quello che succederà? Oppure ti entusiasma?
Ecco, tanto per cominciare ad inquadrare come gestisci/affronti gli effetti dei cambiamenti, e quanto l’emotività a volte possa schiacciare la razionalità o oggettività dei fatti … a proposito di Brexit … quali e quanti fatti, ad oggi, supportano i nefasti effetti che avrebbe dovuto avere quella scelta?
Come puoi affrontare il cambiamento lavorativo mantenendo il tuo benessere, evitando di cadere intrappolato in stati d’animo di apprensione/panico/paura o emotività invadente al punto da limitare la tua capacità di gestire e affrontare al meglio il contesto? In due modi:
1 – mantenendo il focus sulla tua “direzione”
2 – imparando innanzi tutto a capire come sei solito reagire ai cambiamenti!
Come? Seguimi!
[Tweet “Quella che il bruco chiama fine del mondo, il resto del mondo chiama farfalla.” – cit. Lao Tzu “]
1 – Mantieni il focus sulla tua direzione
Sebbene gli avvenimenti esterni alla tua persona, quali l’elezione del Presidente USA o altri avvenimenti importanti, possano avere una enorme risonanza, e un contagio emotivo forte fra persone e colleghi, (lo stesso che si ha normalmente nelle aziende quando subentra un nuovo Amministratore Delegato o Direttore o Top Manager), di fatto, continua a contare solo una cosa per te: la tua meta/direzione, i tuoi obiettivi di lungo termine.
Il fatto che cambino cose “là fuori” implica che tu abbia magari da prendere scelte, provvedimenti, decidere se “subire” una situazione che ha impatti, se li ha, su di te poco gradevoli (reagire), oppure “rispondere”, ossia definire un piano di azione e agire un comportamento che ti avvicini a quello che desideri.
Per identificare quale sia la direzione, il tuo senso di scopo, l’elemento irremovibile che ti sostiene anche se tutto quello che ti sta attorno cambia, mettendoti quindi in condizione di affrontare qualsiasi stato d’animo, ti rimando a leggere il mio articolo “Un giorno lo farò: il tempo ti è nemico?” – Parte I e II.
2 – Osserva come sei solito reagire/rispondere ai cambiamenti
Ferma restando l’importanza del punto 1) poichè nell’arco della vita lavorativa ti troverai ad affrontare molti cambiamenti, alcuni che ti riguarderanno in prima persona, alcuni che riguarderanno quello che si muove attorno a te, è importante non solo avere presente la tua meta/direzione, ma anche come sei solito comportarti.
Tu potresti trovarti nella condizione di dovere/volere cambiare mansione, attività, funzione aziendale (cambiamento orizzontale) oppure ruolo diventando ad esempio capo (cambiamento verticale).
Allo stesso tempo magari a parità come no di ruolo, mansione, funzione, potresti vedere cambiamenti nelle persone con cui sei solito rapportarti a seguito di cambiamenti organizzativi che ti impattano indirettamente.
Tu cambi tutti i giorni. Ci hai mai pensato? E tutto quello che hai intorno muta di continuo.
Probabilmente se ti facessi le analisi del sangue, la conta dei globuli bianchi e rossi oggi sarebbe diversa da quella di ieri e di domani.
Se è vero che tu sei un corpo, non sei mai uguale a te stesso. Cambi di continuo.
Eppure… eppure quando hai da affrontare una situazione ex novo, dimmi se non è vero, ti parte il loop del “e ora, cosa succederà?” con tutta una serie di pre-occupazioni a cascata sul cambiamento in atto.
Certo, non tutti i cambiamenti destano enormi preoccupazioni. Ma a volte si. Soprattutto se si tratta di cambiamenti che tu consideri importanti. In qualche modo, un certo equilibrio fino a quel momento mantenuto “intatto” si “rompe” per fare spazio a qualcosa di nuovo ed incerto.
Tu come ti rapporti normalmente con il cambiamento? Come lo affronti?
Come lo hai affrontato fino ad oggi?
Ti spaventa? Passi ore a rimuginare e a valutare tutte le possibili conseguenze del caso? A immaginarti tutte le catastrofi che potrebbero succederti, a cosa potrebbe andare storto?
Oppure hai fiducia che tutto andrà per il meglio e ci pensi, si, ma non più di tanto? Anzi, non ci pensi affatto?
Da molti studi che sono stati condotti nelle organizzazioni, di fondo, si registra, in media, una resistenza al cambiamento. Questa resistenza è ricondotta, sostanzialmente, non tanto al cambiamento in se, quanto alle conseguenze del cambiamento. In effetti, anche io personalmente ho fatto i conti con questa dinamica.
Uso una metafora che mi piace molto: supponiamo tu debba cambiare gli abiti che indossi, ipotizziamo il tuo completo o taielleur da ufficio, per vestirti per andare in palestra, o al cinema con gli amici, o ad una partita.
Come fai?
Ti spogli, ti togli degli abiti e te ne metti degli altri. Semplice.
Il cambiamento, di qualsiasi genere, presuppone lo spogliarsi di qualcosa, per indossare qualcosa d’altro.
Annota le risposte a queste domande:
Quanto è facile/difficile per te spogliarti delle tue abitudini, modi di fare, rapporti consolidati, per fare spazio a qualcosa di nuovo, e diverso?
Dove incontri più resistenza, nello spogliarti o nel rivestirti con abiti diversi?
Quanto tempo ci metti a lasciar andare “il vecchio” e quanto ne metti di norma ad adattarti a nuovi contesti?
A chi rivolgi la tua attenzione: a quello che ti aspetta di diverso in un contesto nuovo, o alle energie che tu dovrai mettere in campo per affrontarlo?
In qualche modo il cambiamento ha comunque a che fare anche con la consapevolezza sè.
La consapevolezza di sè, mettitelo in testa, è il punto di partenza da cui nascono tutte le dinamiche lavorative, personali, di vita in generale.
Perché quando qualcosa cambia, tu cambi, con tutto te stesso e tutto il tuo corredo di entusiasmo, paure, gioie, rabbie, frustrazioni, tristezze, allegria, entusiasmo e di tutto un po’.
Questa prima riflessione ti suggerisce qualcosa?
Quanti cambiamenti lavorativi o di vita hai affrontato fino ad oggi nella tua vita?
Quali sono state le principali difficoltà che hai incontrato?
Che pensieri avevi? Quali emozioni hai provato?
In quale punto del processo? Prima, durante, o dopo?
Fai mente locale al tuo modo usuale di affrontare i cambiamenti.
Rileggi quanto hai scritto.
In questo modo potrai identificare paradossalmente le abitudini con cui affronti un cambiamento che scopri essere ripetitive ma deleterie per te e sostituirle con atteggiamenti più utili.
A questo proposito, per identificare e modificare comportamenti che valuti poco efficaci nella gestione del cambiamento, può tornarti utile il mio articolo “Ripeti sempre gli stessi errori? Come trasformarli in successo!”
Insomma, questo effetto TRUMP applicato ai cambiamenti lavorativi, adesso pensi di poterlo gestire meglio?
Hai voglia di farmi sapere qualcosa in proposito commentando nel box a fondo pagina?
Cosa vorresti che fosse trattato nei miei articoli sul tema del cambiamento lavorativo, rispetto alle dinamiche di cui ti ho parlato sopra?
Se ti è piaciuto l’articolo, condividilo sui social.
Iscriviti alla Newsletter di Lavorare col Sorriso per seguire i prossimi articoli!
Iscriviti alla newsletter:
A presto e grazie!
Federica Crudeli
Learn More