
BENESSERE: DIVERTITI A GIRARE IL FILM PER “AGGREDIRE” LA TUA GIORNATA!
Bentornato a Lavorare col Sorriso e Buon Anno!
Partiamo a bomba: per rendere questo 2017 lavorativo strepitoso, non si può che cominciare con il rendere strepitose e piene di benessere le singole giornate che lo compongono, non credi? Come? Girando un bel film mentale con la tecnica del “come se”, che adesso ti spiego, che uso anche io, efficace per iniziare (e finire) bene le giornate!
[Tweet ““ Chi ben comincia, è a metà dell’opera” – cit. popolare“]Questo vecchio “detto”, ci viene in aiuto e ha i suoi fondamenti. Non credi che sia possibile decidere di vivere nel benessere la giornata? E allora come è possibile che hai preso un Diploma o una Laurea o la patente? Semplice: hai studiato, ti sei applicato, hai ripetuto azioni nel tempo e infine hai appreso a “menadito” quello che sai.
Quindi puoi farlo anche applicando questa tecnica per iniziare le tue giornate all’insegna del benessere, ripetendo l’ esercizio che ti propongo, ogni mattina, per 10 minuti, fino a che ne avrai voglia e magari per il resto della tua vita.
Sto dando per scontato che sei vuoi avere una visione più ampia di come rendere migliore il tuo 2017 nel complesso, hai già letto il mio articolo: “Vuoi un 2017 lavorativo strepitoso? Metti 7 passi nel verso giusto!”.
Ovvio che più lo ripeti, più si intensificano gli effetti positivi di questo esercizio per il tuo benessere.
Volevi iniziare bene la giornata senza fare alcuno sforzo? Allora sei nel posto sbagliato. Chi ti vende soluzioni facili pronto uso che non prevedano impegno da parte tua, ti sta solo prendendo per i fondelli.
I miracoli (forse) li fa la Chiesa. E basta. O Wanna Marchi.
Prima ti descrivo l’esercizio da fare, poi se ti interessa, puoi leggere nel seguito in base a quale principi scientifici funziona.
Appena sveglio, quando preferisci, ricavati 10 minuti per visualizzare nella tua mente la tua giornata:
scegli quale qualità o meglio, quale stato d’animo, vorresti avere per affrontarla in pieno benessere in vista di quello che pensi possa accadere (allegria, entusiasmo, fiducia in te stesso, calma, serenità, leggerezza etc …).
Immaginati, come se fossi il protagonista di un film, con questo stato d’animo che ti sei scelto, lo scorrere degli eventi nelle almeno 8 ore successive: rapporti con capi, colleghi diretti, colleghi indiretti, fornitori e/o clienti.
Immaginati mentre gestisci con quello stato d’animo i tuoi successi, eventuali imprevisti, o eventuali errori tuoi o di altri, le attività che hai in programma, quella presentazione che devi fare bene, quel progetto di cui devi rendicontare i risultati brillantemente e così via.
Vivi la tua giornata tipo, o quello che pensi di poter ragionevolmente affrontare in quella specifica giornata nel massimo dettaglio possibile in termini di immagini, suoni, colori, odori. Insomma … per una volta, fatti un film mentale tutto al positivo di come vorresti vivere la tua giornata piena di benessere.
Vuoi dirmi che sai essere un bravo regista solo quando hai da prevedere per te stesso tutte le catastrofi possibili immaginabili, nemmeno fossi dentro ai film di 007 e avessi da districarti fra 20 spie che tentano di ammazzarti facendo il doppio gioco, mentre crollano ponteggi, palazzi, burroni, esondano dighe, ed esplodono bombe?
Fallo a cominciare da domani mattina scegliendoti lo stato d’animo che vuoi avere, e modifica il tuo “film mentale” arricchendolo ogni giorno in modo diverso per il tuo benessere.
Poi vai a lavorare e vivi la tua giornata. Lascia fluire gli eventi.
Annota al termine della giornata, o fai mente locale, ai cambiamenti in meglio nel tuo vissuto quotidiano che hai sperimentato.
La qualità del tuo benessere quotidiano si è avvicinata a quella che ti eri prefissato a inizio giornata, e sicuramente è stata migliore di quando non te ne eri mai prefissata alcuna.
Più applichi l’esercizio, più puoi avvicinare la qualità della tua giornata a quella che desideri.
Quando lo faccio, in effetti, funziona. Anche io a volte “mi perdo”, dimenticandomi della potenzialità che ho a mia disposizione con questo esercizio.
Attenzione! Non ho detto: a fine giornate auto-flagellati perché le cose non sono andate come nel film di benessere che ti sei fatto e non ti sei comportato esattamente come avresti voluto. Indubbiamente la realtà si discosterà dalla “fantasia”.
Se però porti l’attenzione a tutto ciò che si è davvero avvicinato al tuo bel film, progressivamente la quantità di “punti di contatto” fra auto-condizionamento positivo e realtà aumenterà notevolmente.
Come è possibile che avvenga ciò? Magia? Stregoneria? No, neuroscienze.
Sai che quando guardiamo un film, le aree che si attivano nel nostro cervello da seduti sul divano sono le stesse che si attiverebbero se a vivere le scena del film che ci emoziona, impaurisce, terrorizza, rende allegri etc. fossimo noi in prima persona?
Il nostro cervello non è in grado di distinguere fra realtà e fantasia: quindi lo possiamo ingannare!
E ingannare a nostro favore sfruttando un altro principio: quello della dissonanza cognitiva.
La dissonanza cognitiva (studiata dallo psicologo statunitense L. Festinger) prevede che un individuo tenda alla coerenza con se stesso di pensieri, emozioni, azioni, in modo da non generare “conflitti interni”.
Quindi, se ti “comandi” a inizio giornata di “essere” in un determinato modo per affrontarla, il cervello, che non sa che stai solo immaginando, si auto-condiziona per essere coerente con il film di benessere che ti sei scelto.
Ti è piaciuto? Fidati, applica l’esercizio con costanza.
Ti stupirai dei risultati!
Qualora invece per qualche motivo la giornata sia andata male, oltre ogni aspettativa, ti consiglio di leggere questo articolo: “Il qui e ora per uscire da giornate no: come si fa?”.
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Federica Crudeli
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VUOI UN 2017 LAVORATIVO STREPITOSO? METTI 7 PASSI NEL VERSO GIUSTO
Ciao e Bentornato a Lavorare col Sorriso!
Vuoi un 2017 lavorativo strepitoso? Inizialo mettendo 7 passi nel verso giusto!
[Tweet ““ Il mondo appartiene a chi crede nella bellezza dei propri sogni” – cit. E. Roosvelt”]
Il tuo 2017 può darti benessere sul lavoro e partire davvero bene se hai idea di come investire le tue energie nel modo giusto e funzionale per te.
Il 2016: come si chiude? In attivo o in passivo? È tempo di bilanci non solo per la tua azienda ma anche per te.
Nel lavoro potrai dare il meglio se e solo se, hai una idea di come sta andando la tua vita a tutto tondo.
Il lavoro è solo una delle aree della vita, per altro fortemente influenzata da tutte le altre.
Così come il tuo rendimento è strettamente legato alla possibilità di rigenerarti: se guidi la tua macchina sempre con il piede sull’accelleratore senza frenare mai, sappi che corri dei rischi.
Gli effetti dello stress prima o poi si faranno sentire.
Sei proprio sicuro di avere una visione completa di come sia andato questo 2016? Scommetto di no!
E sai perché? Perché ognuno di noi, spontaneamente, ha la malsana tendenza a ricordarsi 4 o 5 cose andate male perdendo di vista tutto il resto!
Vediamo come è bene per te orientarti in vista del nuovo anno.
Prendo spunto dal testo di Franco Nanetti “Coaching Life” (link di affiliazione).
Passo n° 1 – Lavoro
Hai la sensazione di aver raccolto quanto hai seminato?
Posto che in qualsiasi ruolo e posto di lavoro è fisiologico e normale che esista un gap fra quanto “dai” e quanto “ricevi”, nel complesso ti senti soddisfatto valutando il tuo stato attuale in termini di tipologia di lavoro, trattamento economico, ambiente aziendale, rapporto con capi e colleghi?
Vivi perennemente in ansia e competizione?
Quali emozioni ti accompagnano più di frequente nella giornata lavorativa?
Ti svegli motivato la mattina?
Se vuoi fare una valutazione più completa sul tuo stato di motivazione al lavoro questo articolo fa per te: “Motivazione sotto ai piedi appena sveglio? Riportala su!”.
Se vuoi fare il punto su quanto il tuo lavoro sia ora in sintonia con il tuo “essere” ti invito a leggere questi articoli: “Un giorno lo farò: il tempo ti è nemico?” Parte I e II.
Passo n° 2 – Affetti
I tuoi rapporti con i famigliari e gli amici come sono? Li hai coltivati? Pensi di averci dedicato poco/troppo tempo?
Senti che avresti voglia di nuove amicizie o di rivalutare alcuni legami?
Sono legami “reciproci” e soddisfacenti?
Ti senti te stesso e a tuo agio con i famigliari/persone che sei solito frequentare oppure ti senti “stretto”?
Passo n° 3 – Hobby e passioni
Hai delle passioni/Hobby?
Quanto tempo gli hai dedicato?
Pensi che potresti fare di meglio?
Quale passione/hobby continui a rimandare?
Passo n° 4 – Svago
Quanto tempo ti sei ritagliato per svagarti senza pensieri, oppure per oziare di gran lena?
Quanto tempo ti sei dedicato per “distrarti” a fare qualsiasi cosa che non preveda una “prestazione misurabile?”
Viaggi? Ne hai fatti? Li rimandi?
Passo n° 5 – Salute
E cosa ne dici? Della tua salute ne vogliamo parlare?
Come stai fisicamente? In forma oppure ti trascuri?
Hai fatto regolarmente attività fisica?
Passo n° 6 – Finanze
Sei soddisfatto delle tue finanze? Sei perennemente in bolletta?
Vorresti risparmiare? Vorresti aumentare le entrate?
Come spendi i tuoi soldi? Bene? Male?
Passo n° 7 – Ambiente
L’ambiente in cui vivi, inteso come posto geografico/città e come casa in cui abiti, ti soddisfano? Tanto? Poco? Cosa ti manca? Cosa apprezzi?
Bene, dopo questa carrellata, hai una idea di cosa hai trascurato e che se curato a dovere potrebbe migliorare significativamente anche il benessere sul lavoro per il 2017?
Scegli fra tutti e 7 i passi, uno o due ambiti di vita che senti come più trascurati.
Un miglioramento in uno di questi ambiti, per te importante, avrà ripercussioni positive anche su tutti gli altri.
Più sarai soddisfatto e contento della qualità del tuo tempo, più questo benessere si ripercuoterà sulla tua vita in generale, più lavorerai meglio e soddisfatto.
Identifica cosa puoi fare per incrementare il tuo senso di benessere: o meglio, cosa puoi fare di più, cosa di meno, cosa di differente, e cosa puoi smettere del tutto di fare, per stare meglio?
Bene, adesso che ci hai riflettuto, sai in che direzione muovere i tuoi passi!
Manca solo una cosa: posare i piedi dalla parte giusta!
Agisci!
Buone vacanze di Natale e che questo 2017 inizi per te col piede giusto!
Ci risentiamo a metà gennaio!
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Federica Crudeli
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DIVENTARE CAPO: 7 PASSI PER NON REMARE LA BARCA DA SOLO/A!
Ciao e Bentornato a Lavorare col Sorriso!
Diventare capo di fresca nomina: ecco 7 passi per assicurarti che tutti i membri dell’equipaggio che guiderai remeranno con te!
Ti spiego come essere un buon manager, e guadagnarti la fiducia del tuo management di riferimento e dei collaboratori, gestendo efficacemente (ossia risparmiando tempo e stress) il cambiamento nell’ assumere un ruolo di maggiore responsabilità, magari anche in un nuovo tipo di lavoro e/o unità di business, e/o azienda, per farti apprezzare e stimare senza cadere nell’ ansia divorante da prestazione lavorativa, di cui ti ho già parlato nel mio precedente articolo!
[Tweet ““ Prima capisci, poi agisci” – cit. mia”]Diventare capo, diciamolo, mette sempre un misto di euforia per il traguardo raggiunto e le nuove sfide in vista, e anche un po’ di ansia per la paura di non essere all’ altezza delle aspettative, o per come ti vedranno i capi, colleghi e collaboratori.
Il primo errore da evitare è quello di voler strafare da subito.
I processi di cambiamento, come ti ho spiegato anche nel mio articolo “Cambiamenti lavorativi: battere l’effetto Trump in 2 mosse” spaventano, non tanto per il cambiamento in se stesso, quanto per gli effetti che produce.
Il cambiamento necessita di tempo per essere metabolizzato: da te che ti appresti ad indossare un nuovo vestito, e da chi avrà a che fare con te, che come ogni essere umano potrebbe rivestire speranze in un cambiamento in positivo, o essere diffidente nei tuoi confronti.
Per lavorare bene cosa devi avere a cuore? La fiducia del tuo nuovo capo (se ancora non la hai) e dei tuoi collaboratori. O remerai la barca da solo.
Va da se che il diventare capo a seguito di un promozione all’interno della stessa unità di business in cui sei già collocato e in cui conosci i colleghi, il contesto e il tuo superiore quello che segue sarà notevolmente semplificato, sebbene ti consiglio di leggerlo ugualmente, dal momento che il cambio di ruolo comporta sempre una ridefinizione di precedenti equilibri.
Diventare capo – Passo n° 1 – informati!
Per diventare capo e muoverti al meglio nella nuova realtà, è bene che tu raccolga più informazioni possibile sull’ambiente lavorativo in cui stai per calarti.
Ormai le aziende hanno tutte o quasi un sito internet dal quale è possibile evincere tantissime informazioni di contesto: mercato di riferimento, attività di business, clienti e fornitori, livello di organizzazione e strutturazione dell’azienda, dati economico – finanziari.
In particolare cerca nelle fonti esterne e pubbliche tutto quello che ha a che fare e caratterizza il tuo nuovo ruolo e ne costituisce una variabile chiave che ti troverai a gestire.
Diventare capo significa gestire problemi e trovare soluzioni. Prima capisci quali sono i tipici problemi caratteristici del tuo ruolo, prima diventi efficace nel padroneggiare le responsabilità che ti competono.
Diventare capo in un’area commerciale capisci bene che ha implicazioni diverse dal diventare capo in area amministrazione finanzia e controllo, dal diventarlo nell’area logistica e approvvigionamenti etc.
I principali temi e problemi da affrontare differiscono da area ad area e presuppongono delle caratteristiche tipiche di quel determinato ruolo: preparati!
Ipotizziamo adesso sia nella tua nuova realtà con il tuo nuovo ruolo: cosa fare?
Diventare capo – Passo n° 2 – Capisci il tuo capo: ti serve una bussola!
Diventare capo significa avere delle responsabilità su determinate attività.
Di norma avrai a tua volta un capo a cui riferire che ti aiuterà (si spera) ad inserirti nel nuovo contesto.
Le sue aspettative su di te è giusto che siano la tua bussola: tu renderai di conto a lui, quindi è bene che ti occupi immediatamente di capire quali risultati vuole assicurati, nel modo più specifico possibile.
La prima domanda a cui devi dare riposta è: cosa si attende da te? Se tu sei subentrato a qualcun altro, si aspetta cose diverse? Quali?
Quali miglioramenti si attende, per cosa, in che tempi?
Quali sono le cose per lui più importanti/prioritarie che ti chiede siano assicurate?
Se invece assumi un ruolo in una nuova attività precedentemente non formalizzata come unità di business, comunque, quali aspettative ha? Quali sfide ti aspettano? Quali sono le più importanti e le più urgenti per le quali è richiesto il tuo contributo?
Diventare capo – Passo n° 3 – Capisci il tuo ruolo efficacemente
Attraverso colloqui con il tuo capo/supervisore, letture di mansionari, procedure, o altri strumenti organizzativi che in base al contesto possono essere più o meno formalizzati, il puzzle che devi arrivare a comporre risponde alle seguenti domande:
Cosa devo fare? Preoccupati di censire tutte le macro-attività che competono alla tua responsabilità.
Con che frequenza? Ogni attività avrà una sua programmazione. Distinguere da subito le attività routinarie (che sono quindi da eseguire con cadenza giornaliera, mensile, trimestrale, semestrale e così via ) da progetti speciali o attività ad hoc (che di norma hanno una data di inizio e fine prevista) ti consente di disporre da subito di criteri per organizzarle al meglio partendo dalla prima che necessita di essere portata a termine dopo il tuo arrivo.
Con quale obiettivo? Ogni attività si prefigge di raggiungere un determinato obiettivo. Chiedi da subito quale sia.
Come si fanno le attività? Altra cosa che hai da capire subito sono i riferimenti procedurali esistenti per lo svolgimento delle attività. Se non ne esistono attraverso i colloqui con i collaboratori fatti descrivere come vengono usualmente svolte le attività che ti sono state assegnate.
Chi sono i miei fornitori interni? Mappa subito chi sono gli interlocutori principali che forniscono gli input ad ognuna delle tue attività.
Chi sono i miei clienti interni? Mappa subito chi sono gli interlocutori principali che beneficeranno degli output delle tue attività.
Se lo valuti opportuno, in un secondo momento, puoi pianificare incontri con i clienti/fornitori interni per ascoltare anche il loro punto di vista allo scopo di identificare punti di miglioramento.
Esistono criteri strutturati di misurazione delle performance per ogni attività?
Se si, è bene che tu sappia da subito quali siano.
Diventare capo – Passo n° 4 – Parla con i collaboratori!
Dato che hai dei collaboratori, e che sei nuovo nella veste di capo, è bene che ti prenda il tempo di parlare singolarmente con ognuno di loro.
Si lo so cosa stai pensando, è impegnativo. Ti espone. Ma se sei sicuro di te stesso, dove è il problema? Ti spaventa eventualmente sentire “qualche lamento?”
L’obiettivo di questi colloqui è: conoscerli come esseri umani, capire le loro aspettative e il loro grado di motivazione, cosa li gratifica e cosa no, stato delle politiche retributive a loro attribuite, storia lavorativa pregressa, compreso il rapporto con il precedente capo.
Queste informazioni saranno utili a comprendere le loro leve motivazionali e a valorizzarli al meglio nella gestione delle tue attività. Sarà produttivo ed efficace per te, saranno contenti loro.
Questo atteggiamento è di per sé motivante per i tuoi futuri collaboratori: significa che gli dai attenzione e che sei disposto ad ascoltarli (sempre che poi tu dia seguito a quanto hai raccolto).
Interessati di capire cosa facevano fino a prima del tuo arrivo: ti servirà per acquisire informazioni e poter valutare una eventuale re-distribuzione delle attività e dei carichi di lavoro, anche in funzione delle loro risorse e del loro potenziale, ed a capire il loro punto di vista su cosa funziona bene e cosa meno.
Interessati di capire il loro punto di vista sullo stato dei rapporti con i vostri clienti e fornitori interni, cosa funziona bene e cosa no nella gestione di questi rapporti.
Diventare capo – Passo n° 5 – comprendi bene la cultura aziendale
Questo passo, acquisisce maggiore importanza se “vieni da fuori”, e in ogni caso, anche qualora la tua nomina a capo sia avvenuta all’interno dell’azienda in cui già lavori, il cambio di ruolo presuppone comunque una redistribuzione di vecchi equilibri.
Qui si tratta di investire del tempo per capire come muoverti all’interno delle regole non scritte della tua azienda ma che sono determinanti per la tua buona riuscita come capo.
Quindi cerca di capire (e puoi farlo prevalentemente osservando le dinamiche relazionali e chiedendo con discrezione) come è opportuno muoverti nella gestione dei rapporti con i colleghi. In parte lo avrai già capito raccogliendo le informazioni dei punti precedenti, ma, qualora il puzzle non ti sia ancora chiaro è bene che ti adoperi per completarlo.
In sostanza devi darti una riposta a questa domanda: cosa è opportuno che io faccia e cosa no, in funzione dei miei obiettivi, per non urtare troppo la suscettibilità di chi mi circonda?
Questo non perché necessariamente nulla debba essere cambiato, ma semplicemente perché, se hai dei cambiamenti da attuare, è bene che siano nei limiti del possibile, graduali, in modo da essere digeriti da chi ha da farci i conti.
Ti ricordo che il tuo obiettivo guida è guadagnarti la fiducia di chi ha il potere di incidere sulla buona riuscita del tuo incarico: guidare una barca con n persone sopra che non remano o che remano contro capisci bene che è uno sforzo immane e poco intelligente.
Se cominci facendoti tabula rasa intorno, va da se che ti stai scavando la fossa con le tue mani.
Magari resterei capo di nomina, ma non nei fatti, perché tutti ti remeranno contro.
Diventare capo – Passo n° 6 – Tira le somme e osserva!
Dopo aver compiuto i 5 precedenti passi (non necessariamente in ordine sequenziale) hai: acquisito informazioni su cosa si aspetta il tuo capo da te, quali attività devi gestire, con che obiettivi, con che frequenza, con quali risorse.
Hai compreso aspettative, motivazione, risorse e potenziale dei tuoi collaboratori.
Hai mappato i tuoi interlocutori interni, e le principali criticità nella gestione delle relative attività e rapporti.
Adesso prenditi un po’ di tempo per valutare tutti questi elementi nell’insieme e farti una idea circa l’opportunità che le cose possano o meno proseguire in armonia con la gestione precedente.
Inizia a pensare quali attività possono essere fatte meglio, quali possono essere eliminate, quali possono essere fatte in modo più efficace e chi può farle: andava bene la precedente distribuzione delle attività fra collaboratori oppure è pensabile una re-distribuzione che valorizzi meglio le loro risorse e vada incontro maggiormente alle loro aspettative in modo da motivarli?
Diventare capo – Passo n° 7 – Agisci
Con il quadro della situazione sotto mano, e passato un minimo di tempo ad osservare come funzionano le cose, puoi stendere un piano di azione funzionale all’assolvimento delle tue responsabilità e al contempo, a soddisfare le aspettative del tuo management di riferimento.
Individua le attività che a tuo parere necessitano di essere ripensate.
E’ bene che tu inizi da quelle più importanti: quali sono? Quel 20% di attività che assicurano l’80% dei risultati , usando il criterio di Pareto.
Come individui quelle più importanti? In termini di conseguenze/effetti che avrebbero sull’obiettivo finale se tu non le affrontassi per prime.
Come metti in pratica le tue valutazioni sulle cose da cambiare? Coinvolgendo nei cambiamenti più impattanti i collaboratori e tutti coloro che ne sono impattati. Condividi con loro le tue proposte, ascolta i loro parari, sii disponibile a rivedere le tue posizioni con apertura mentale.
Ci vuole tempo per muoversi in questo modo? Si.
Ma se pensi di risparmiare tempo agendo cambiamenti con totale noncuranza di chi ne farà le spese, o in teoria di chi dovrebbe assicurarti la sua collaborazione, quello che spenderai in futuro e a lungo per rimediare a questo errore ti costerà molto stress, energie buttate e malumore diffuso.
In sintesi, se stai per diventare capo, acquisire informazioni sul contesto in cui andrai ad operare, capire la cultura aziendale, capire le aspettative di capi e collaboratori, clienti e fornitori interni ti consente di agire e gestire le tue responsabilità guadagnandoti la fiducia di tutti coloro che dovranno remare la barca con te!
Non lasciare a terra nessuno prima di partire!
Pronto a salpare adesso?
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Non ultimo, se alle prese con le responsabilità ti senti in affanno, non trascurare l’approccio micro-organizzativo che adotti e che se mal gestito può essere fonte di rischi (di inadempienza contrattuale) e di cattive relazioni.
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Federica Crudeli

RAPPORTI TRA COLLEGHI: 7 MODI PER FARSI ODIARE. QUANTO CI METTI DEL TUO?
Ciao e Benvenuto a Lavorare col Sorriso!
Rapporti tra colleghi: ecco 7 modi per farsi odiare, se ci tieni a trasformare il tuo posto di lavoro nel set di un film di Quentin Tarantino! Come fare invece a costruire rapporti tra colleghi efficaci e funzionali tanto al tuo benessere quanto alla tua crescita professionale? Ti spiegherò quali sono i benefici dell’evitare spargimento di odio in ufficio e come l’uso e sviluppo dell’intelligenza emotiva ti può venire in aiuto!
[Tweet ““ L’amore spesso non è ricambiato. L’odio lo è sempre!” – cit. U. Bernasconi”]1 – Mentire sempre e comunque.
In funzione dei tuoi obiettivi, menti sempre, non essere mai onesto sulle tue scadenze e non essere mai trasparente.
Occulta i problemi da superare le cui soluzioni andrebbero pianificate per tempo per avvantaggiare te stesso.
Nascondi le informazioni disponibili, o diffondile ma in modo parziale a chi ne sarebbe interessato così da rallentare il tuo lavoro e a cascata compromettere quello altrui.
Sorridi fintamente, sempre. Tu sei Dio. Non sbagli mai. Non hai mai crolli di nervi. Sei immune da qualsiasi sentimento umano.
2 – Esiste un problema? Creane altri 100.
Se c’è un problema da risolvere, passa tutto il tempo che hai a lamentarti del problema con chiunque.
Sparla di chi l’ha creato, di come tu l’avresti affrontato meglio (ovviamente col senno di poi), e, possibilmente, portane sul piatto altri 100 e butta benzina sul fuoco.
3 – Hai sbagliato? Non ammetterlo mai.
Se ti accorgi di avere sbagliato qualcosa e aver causato un problema a qualche collega, non chiedere scusa e non ammettere i tuoi errori.
Chiedere scusa non è da persone educate, ma deboli. Tu mica lavori in un ufficio con persone civili? Sei in trincea, e l’imperativo è vincere.
4 – Non dare alcuna importanza allo sviluppo delle capacità necessarie a gestire i rapporti tra colleghi
Comportati con tutti i colleghi, indipendentemente dal tipo di carattere, dal ruolo e dal momento, sempre nello stesso modo. Nasconditi dietro alla più bella delle scuse “io sono fatto così”!
Un ottimo modo per farsi odiare è relazionarsi agli altri senza considerare che esistono delle differenze “emotive” fra esseri umani, di cui sarebbe bene tenere conto.
Un altro ottimo modo per relazionarsi ai colleghi è pensare che tu sei il solo detentore della verità assoluta e che il tuo modo di vedere le cose è il più giusto di tutti, e l’unico ammissibile.
Urla ad un timido introverso, oppure critica di continuo una persona permalosa, parla male di Dio al tuo capo credente prima di esporgli una idea. Biasima un collega in riunione davanti a tutti.
Dì sempre la parola meno opportuna nel momento meno opportuno.
5 – Prendere sul personale qualsiasi cosa.
Voi non siete pagati per risolvere problemi e trovare soluzioni efficaci, ma per prendere sul personale qualsiasi problema, offendervi e fomentare liti e discussioni alla caccia di colpevoli da esporre alla pubblica gogna.
Oppure per cogliere qualsiasi occasione per screditare qualcuno che vi ha mosso una critica al vostro lavoro.
6 – Invadere lo spazio vitale di tutti.
Occupati dei fatti altrui di continuo, spettegola, deridi, carpisci informazioni della vita privata dei colleghi e diffondila sotto banco.
Invadi anche lo spazio altrui, prendi a prestito cose senza chiedere permesso. Usa la prepotenza.
7 – Non essere mai nè gentile, nè cortese, nè rispettoso.
Parla sempre con tono astioso, evita di ringraziare se qualcuno fa qualcosa di gradito, tu devi dare tutto per scontato come se fossi Giulio Cesare.
Calpesta volutamente il prossimo facendo esattamente le cose che sai bene possono infastidire i tuoi capi o colleghi.
Ridi poco o solo alle battute dei capi. Ridere ti conferisce quell’aria da essere umano che è bene in ufficio sia occultata.
Adesso che ti ho dato 7 ingredienti per la ricetta dell’odio in ufficio, come fare a gestire efficacemente i rapporti tra colleghi costruendo un ambiente sano?
Beh è palese che per creare un clima di benessere lavorativo occorre fare l’esatto contrario di quanto elencato prima.
Può accadere sia che tu abbia a volte, anche involontariamente, agito comportamenti come quelli sopra.
Può accadere che tu li subisca.
In entrambi i casi parliamo sempre di modalità di rapportarsi fra persone diverse.
Il costo di atteggiamenti simili è alto in termini di stress lavoro correlato, energie sprecate, tempo mal riposto, inefficienza e inefficacia lavorativa, negatività sparsa a “ quantine”.
L’ufficio rischia di diventare l’equivalente di un incubo ad occhi aperti.
Chi mai vorrebbe lavorare in un posto con colleghi che si comportano così?
Come gestire efficacemente quindi i rapporti tra colleghi? Sviluppando l’intelligenza emotiva!
Cosa è l’intelligenza emotiva e perché è un pilastro fondamentale per una gestione efficace e costruttiva dei rapporti tra colleghi.
Il concetto di intelligenza emotiva, è stato trattato per la prima volta intorno agli anni ’90 ed è “sbarcato” in Italia nel 1995 con l’omonimo testo di Daniel Goleman “Emotional Intelligence”.
Senza entrare troppo nei costrutti teorici, sintetizzo il concetto con parole mie dicendo che la competenza emotiva è l’insieme di abilità pratiche volte alla consapevolezza e padronanza di sè per essere efficaci nelle interazioni sociali e quindi, lavorative, con conseguenti ripercussioni positive anche in termini di carriera o percorsi professionali di crescita.
I modelli organizzativi aziendali passati, più orientati ad una elevata gerarchizzazione dei ruoli, stanno via via cambiando, anche a seguito dell’avvento di internet, delle nuove tecnologie, e alla velocità di riposta che è imposta dalle regole di mercato.
Per usare una metafora oserei dire che un elefante difficilmente potrà partecipare ad una competizione di iron man.
Il modello in base al quale una sola persone decide e tutte le altre devono eseguire si sta dimostrando desueto, motivo per il quale per affrontare le sfide della modernità anche le organizzazioni hanno iniziato a prestare più attenzione alle softskill delle quali l’intelligenza emotiva fa parte.
Inesorabilmente tu sei inserito in un contesto le cui dinamiche relazionali costituiscono la fetta più significativa da dover gestire, tant’è che in qualsiasi contesto, lo sviluppo professionale e quindi a possibilità di fare carriera passa attraverso 4 fasi:
1 – il sapere legato al percorso di studi e all’ingresso nel mondo lavorativo;
2 – il saper fare ossia sapere applicare in ambito professionale le conoscenze acquisite;
3 – sapere saper fare ossia applicare in modo efficace le competenze migliori per una determinata attività discriminandole fra mille altre;
4 – il saper essere ossia essere consapevoli di te, del tuo modo di porti, dell’effetto che susciti negli altri, e capaci di gestire con “intelligenza emotiva” i rapporti tra colleghi in modo costruttivo per se stessi e l’organizzazione di cui fai parte.
Quest’ultima fase è, alla fine dei conti, la più “energivora” di tutte, soprattutto se ti interessa una “scalata al potere”, e quella che può differenziarti nel tuo percorso lavorativo avvantaggiandoti rispetto ad altri colleghi che ancora non hanno acquisito una maturità tale da saper essere, in modo costruttivo, la persona adatta a determinati ruoli, in un certo momento professionale.
Il saper essere è a sua volta strettamente legato allo sviluppo dell’intelligenza emotiva, come soft skills chiave.
A scanso di ipocrisie, vero è anche che talvolta, pur con l’acquisizione di una migliore consapevolezza dei nostri vissuti istintivi, emotivi e cognitivi, in rapporto con capi, colleghi, collaboratori, fornitori, clienti etc.. l’unica via per migliorare la propria qualità della vita si rivela necessariamente quella di cambiare, o mansione, o lavoro, o azienda, o vita. Ma se questo fosse il tuo caso, ti darò gli strumenti per scoprirlo.
Nei miei articoli di questa categoria ti darò strumenti utili per usare l’intelligenza emotiva per comunicare efficacemente, per gestire i conflitti sul lavoro, per gestire i rapporti con i colleghi e/o capi difficili e imparare a difendertene, per abbattere lo stress legato alla gestione di questi rapporti, per affrontare discorsi in pubblico qualora ne avessi la necessità per il ruolo che svolgi.
Elemento costitutivo n° 1 dell’intelligenza emotiva: la consapevolezza di te stesso.
La capacità di utilizzare l’intelligenza emotiva per gestire i rapporti tra colleghi di lavoro, è strettamente connessa con il grado di consapevolezza e padronanza che hai di te stesso, a cui dedico una intera sezione di questo blog con i miei articoli.
Hai sempre ottenuto quello che volevi sul lavoro? Si? No? A che prezzo?
Hai mai pensato che tu stesso per primo potresti generare certi tipi di comportamenti “antipatici” nei tuoi riguardi dagli altri?
O hai mai pensato che è possibile cambiare il tuo atteggiamento per prendere le distanze dai comportamenti di colleghi difficili che di norma ti danneggiano, demotivano ed irritano?
Difficilmente potrai essere sul luogo di lavoro persona totalmente avulsa da quello che sei “là fuori nel mondo” , in quanto portatore di dinamiche, vissuti e tratti caratteriali che sono sempre e comunque frutto delle tue esperienze di vita.
Fatta questa doverosa premessa, quanto: rabbia, stress, nervoso, ansia, senso di inadeguatezza, irritazione o qualsivoglia stato negativo, sono non solo, e sottolineo non solo, determinata dalle persone con cui devi rapportarti, ma anche determinati in parte dalle tue modalità apprese di risposta ai contesti?
Acquisire una migliore consapevolezza e padronanza di te stesso e delle tue risposte ai contesti, consente un notevole risparmio di energie mentali, una migliorata capacità di rapportarti anche con le persone più difficili e di conseguenza anche di aumentare le tue probabilità di crescita professionale esercitando un maggior distacco da quello che rischia di nuocere al tuo benessere.
Negli articoli dedicati alla consapevolezza di te stesso ti fornisco un sacco di spunti utili per venirne a capo qualora tu stesso per primo voglia “smussare” alcuni tuoi tratti caratteriali, o rompere schemi di comportamento ripetitivi e che tu vivi come disfunzionali (cioè che ti allontanano da quello che vuoi davvero) che ti hanno portato più grane che soddisfazioni, per gestire al meglio i tuoi rapporti tra colleghi e con i capi.
INIZIA DA QUI a rafforzare la consapevolezza di te stesso leggendo questi articoli :

Nell’articolo “Manager o Leader: quale tipo sei?” ti parlo di 9 tratti caratteriali con cui è possibile muoversi nel mondo. Ogni tratto caratteriale è un modo differente di vivere le emozioni, di pensare, di relazionarsi agli altri, con tutti i pro e contro del caso. Questo è un primo articolo introduttivo ai 9 caratteri. In futuro tratterò molto più approfonditamente tutti i pro e contro di ogni carattere per aiutarti a disporre di molte più energie a tuo vantaggio.
“Ripeti sempre gli stessi errori? Come trasformarli in successo”. In questo articolo ti illustro 11 passi per trasformare a tuo vantaggio i tuoi errori “ripetitivi”, cioè quelle abitudini comportamentali radicate che riconosci essere aspetti di te “detestabili” senza riuscire a modificarli e che ti suscitano un senso di fallimento.

“Vuoi diventare capo? 6 segreti per riuscirci”. In questo articolo ti svelo 6 segreti se ambisci ad un percorso di crescita professionale. Avrai modo di valutare quanto il tuo attuale modo di fare ti sta agevolando o meno verso gli obiettivi di carriera che ti sei prefissato, e in caso contrario a regolarti di conseguenza.
Elemento costitutivo n° 2 dell’intelligenza emotiva: la capacità di gestire i rapporti tra colleghi e con i capi.
L’utilizzo dell’intelligenza emotiva è anche strettamente connesso con la capacità di osservare e riconoscere gli altri, e modulare la comunicazione con empatia in modo da instaurare buoni rapporti tra colleghi .
Tutti i giorni hai da rapportarti con persone differenti e, diciamolo pure, alcune volte, magari anche spesso, con colleghi difficili che hanno atteggiamenti esasperati in termini di arrivismo a discapito di altri, prepotenza, scarsa empatia e capacità di collaborare, eccessivamente serie, manipolatorie, voltagabbana, o tirapiedi.
Comunicare, farti capire, ottenere quello che vuoi, a volte, diventa difficile, soprattutto se non sai bene come fare. Oppure, anche nell’ipotesi che sia semplice, è comunque una attività che richiede un grande impiego di energie per tutto il tempo di permanenza in ufficio e probabilmente, te le sottrae per il tempo rimanente.
Se invece ti senti costretto dalle circostanze a “dover accettare” atteggiamenti poco gradevoli da parte di colleghi o capi difficili, allora sempre in questa categoria troverai il modo per difenderti imparando ad entrare in relazione con colleghi difficili solo per quanto ti è utile con il giusto distacco emotivo. Potresti anche scoprire che il tuo peggior nemico potrebbe rivelarsi il tuo migliore alleato.
INIZIA DA QUESTI ARTICOLI a rafforzare la tua intelligenza emotiva nella gestione dei rapporti tra colleghi e con i capi:

“L’empatia è uomo o donna? Scoprilo e usala!”. Un pilastro fondamentale dell’intelligenza emotiva per una comunicazione efficace fra colleghi è l’uso dell’empatia, ossia la capacità di guardare le cose anche dal punto di vista degli altri. In questo articolo ti parlo delle differenze esistenti nella comunicazione fra uomini e donne sul lavoro e di come la comprensione dei reciproci mondi aiuti a sviluppare un ponte comunicativo realistico e consapevole.

“Conflitti sul lavoro: li risolvi o cerchi colpevoli?” Come entrare in relazione efficacemente con i colleghi, soprattutto quando le cose si fanno difficili e ci sono momenti di conflitto da gestire? Esistono 2 modi di affrontare i conflitti: uno più costruttivo, proiettato alla ricerca di soluzioni, usando l’empatia, e l’altro non costruttivo, rivolto alla sola ricerca di colpevoli, senza risolvere nulla. Tu quale sei solito adoperare? Nel mio articolo ti guido a capire quale dei due sei solito usare e come porre rimedio per un migliorato benessere in ufficio.

“Colleghi difficili: i melliflui. Cosa fare?”. Come ti comporti con colleghi difficili, in particolare i voltafaccia melliflui? Li gestisci, li subisci? Hanno il potere di inquinare le tue giornate? In questo articoli ti faccio guardare a questa tipologia di colleghi in modo differente per neutralizzare l’effetto negativo che hanno su di te. Se poi ad essere mellifluo e voltafaccia non è un collega ma il tuo capo, nell’articolo “Capo difficile: il voltafaccia. 2 strade possibili” ti guido ad esplorare 2 strade per ritrovare il tuo benessere in ufficio.

In questo articolo “Capo accentratore? Conquista autonomia in 6 passi” ti spiego che caratteristiche ha un capo accentratore, cosa può nascondersi dietro a questo comportamento che non ha nulla a che vedere con la sfiducia nelle tue capacità e nell’affidarti attività, e come conquistare autonomia in 6 passi.

“Informazioni nascoste. A volte ti sembra di lavorare per i servizi segreti?” : come rapportarsi con una particolare e diffusa categoria di colleghi difficili che insabbiano le informazioni a loro vantaggio. Una riflessione in 8 passi per imparare a gestirli.
Ti ho parlato di come l’uso dell‘intelligenza emotiva per gestire i rapporti tra colleghi e con i capi possa incidere sulla tua crescita professionale e sulla qualità del tuo tempo lavorativo e di vita in generale.
Ti ho anche detto che nei miei articoli troverai spunti utili a capire se ti trovi davvero nel posto di lavoro giusto per te anche in relazione ai colleghi con cui “co-abiti”.
Hai capito cosa hai da fare per non farti odiare, cos’è l’intelligenza emotiva e perchè svilupparla migliora la tua capacità di gestire efficamente i rapporti tra colleghi e con i capi.
Sapere che ti parlerò di rapporti tra colleghi e con i capi a lungo e diffusamente per regalarti benessere, ti regala un “sorriso di sollievo?”
Fammi conoscere le tue riflessioni lasciandomi un commento.
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A presto!
Federica Crudeli

COME GESTISCI I TUOI 8 TEMPI NEGLI 86.400 SECONDI DI OGNI GIORNO?
Ciao e Benvenuto a Lavorare col Sorriso!
A proposito di gestione del tempo sul lavoro: hai 86.400 secondi ogni giorno che nessuno ti restituirà! Scopri cosa sono gli 8 tempi e cosa è il “tempo dei tempi” : un viaggio per aumentare la qualità del tuo tempo, lavorativo e non, e per abbattere lo stress attraverso tecniche che renderanno la tua vita decisamente migliore!
[Tweet “Se volete sentirvi ricchi, contate le cose che avete e che i soldi non possono comprare.” – cit. A. De Carlo”]
Ipotizziamo che tu lavori anche solo 8 ore al giorno, ben 28.880 minimo, in media, li impieghi lavorando, ossia il 50% del tuo tempo “da sveglio”.
Estendendo il concetto ad una intera vita o quasi, tu passi al lavoro il 50% della TUA VITA per guadagnarti i soldi che ti servono per vivere il resto degli 8 tempi (come minimo) che hai a disposizione.
Pensi che valga la pena scoprire dei modi per gestire il tempo lavorativo al meglio?
Pensi che valga la pena vivere un tempo “di qualità”?
O preferisci restare affogato di stress, nervoso, ansia da competizione e perfezione che ti trascini dietro da giornate impegnative fra meeting, discussioni andate a buon fine e anche no, scadenze impellenti, colleghi difficili, capi troppo esigenti o assenti, clienti snervanti, fornitori “furbi”?
E di tutti gli altri tempi, cosa ne fai? Come è la gestione dei tuoi tempi?
Di quali tempi parlo?
Parlo del restante 50% di tempo “da sveglio” che ti resta dopo una giornata di lavoro: come lo impieghi e con che livello di energia?
Gestione del tempo 2 – Spostamenti
Hai da gestire il tempo per gli spostamenti casa – lavoro, l’abbonamento al treno, alla metropolitana, al bus, la benzina dell’auto, l’assicurazione.
Gestione del tempo 3 – La casa
Hai da gestire il tempo per curare la casa, l’affitto, il mutuo, il condominio da pagare, le bollette, i tuoi coinquilini se condividi un appartamento…
Gestione del tempo 4 – Il denaro
Magari ti serve del tempo anche per pensare ai tuoi risparmi, se li hai, o a come metterti da parte dei soldi, se ancora non ne hai risparmiati.
O comunque ti serve tempo per pensare a come fare più soldi possibile se il modo che adotti adesso non ti è sufficiente per la qualità che vorresti per la tua vita. Ti serve tempo per pensare a come diventare multimiliardario!
Gestione del tempo 5 – Hobby e passioni
Poi magari avresti bisogno anche del tempo per seguire le tue passioni o degli hobby: quel corso che ami tanto, quel viaggio che vorresti fare, quel sogno nel cassetto che ti proponi di realizzare.
Oppure parliamo di preistoria, nel senso che praticamente non hai mai tempo per fare alcuna di queste cose, i tuoi sogni sono ammuffiti in mezzo a tante scartoffie dimenticate magari… oppure rimandi, rimandi sempre al giorno che avrai più tempo per fare queste cose.
Gestione del tempo 6 – Svago
Poi magari ti serve tempo per uscire a svagarti senza troppi pensieri o responsabilità con gli amici: partite, cinema, teatro, concerti, una bevuta al pub, una serata a cena. Anche questo è un altro tempo da gestire.
Gestione del Tempo 7 – Famigliari
Poi magari hai anche una famiglia a cui pensare: un partner, dei figli tuoi o “ereditati”, cani, gatti, un giardino con tutta la necessità di impegno che ne consegue…
Dopo una giornata di lavoro scapperesti da solo sulle cime dell’everest o su una spiaggia deserta piuttosto che dover gestire tutti questi rapporti, o piuttosto sono il tuo porto di salvezza?
E se lo sono, la qualità del tempo che gli dedichi come è?
Gestione del tempo 8 – Salute
E cosa ne dici? Della tua salute ne vogliamo parlare?
Magari ogni tanto hai bisogno di tempo anche per andare dal dentista, o fare una visita specialistica per un problemino o problemone, prenderti cura di te stesso, della tua schiena, che in media è quella che soffre di più per chi lavora seduto molte ore.
E magari ti serve il tempo per cercare un medico di fiducia, prendere l’appuntamento, e poi andare a farti visitare.
Che poi, quando esci dall’ufficio alla sera ti senti carico per affrontare il resto del tempo o ti senti come una pila usata?
Fermati a riflettere un attimo: hai il 50% del tuo tempo, in media, impegnato SOLO nel tuo lavoro (sempre se tutto va bene, perché se poi invece che 8 ore ne devi lavorare 10-12 la situazione cambia) per fare i soldi che spenderai nel restante 50% dei tuoi almeno altri 8 differenti tempi di vita per fare tutte le cose che vuoi/devi/puoi fare.
Sei ancora convinto che non valga la pena occuparti della gestione del tempo, lavorativo in particolare?
O di quanto e come tralasci o vivi tutto il resto del tempo?
INIZIA DA QUESTI ARTICOLI a valutare in base a quali criteri è bene gestire il tuo tempo! Sicuramente è modo per guardare al tempo un pò diverso dal solito, ma che credo costituisca il pilastro su cui possono poi innestarsi le tecniche/strumenti per la gestione del tempo sul lavoro.
Cosa è il “tempo dei tempi” o “padre di tutti i tempi”? In questi due articoli: “Un giorno lo farò: il tempo ti è nemico?” Parte I e Parte II ti parlo della gestione del tempo sul lavoro a partire da un approccio particolare per guidarti a scoprire quale dovrebbe essere per te il criterio principale in base al quale “ordinare” le priorità della tua vita, e conseguentemente, anche la gestione del tempo al lavoro e in tutti gli altri ambiti. Inoltre ti guido in una riflessione per capire come guadagnare tempo e risparmiare stress presupponga un cambio di approccio al lavoro, focalizzando l’attenzione su te stesso piuttosto che su tutto quello che ti circonda.
In questo articolo invece “Motivazione sotto ai piedi appena sveglio?Riportala su” ti parlo di altri 2 criteri per orientare la gestione del tempo sul lavoro: la motivazione intrinseca ed estrinseca. Conoscerle permette di dare differenti priorità al tempo che impieghi sul lavoro e l’investimento di energie che è più o meno opportuno fare per vivere una vita qualitativamente migliore.
In questo articolo “Carriera lavorativa: potere è piacere? Come capirlo” ti guido a riflettere su un altro criterio che è importante per dare una priorità al tempo che vivi sul lavoro. Il corpo è la sede del piacere. Ascoltarlo significa anche capire quale mix di potere è piacere è migliore per te in modo da investire bene il tuo tempo.
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In questo articolo “Riunioni fiume: come gestire il tempo efficacemente” invece ti parlo ironicamente di 9 regole che dovrebbero essere seguite nella organizzazione/conduzione delle riunioni per evitare sprechi immensi di tempo. Se lavori in azienda sicuramente avrai avuto modo di assistere ad una dispersione del tempo che con qualche piccolo accorgimento può essere arginata.
Seguimi ancora nei miei articoli, ti fornirò tecniche/strumenti per l’organizzazione della tua giornata lavorativa e spunti utili ad affrontare la tua vita lavorativa per migliorarla e renderla “qualitativamente migliore”, a districarti fra incombenze, dubbi, priorità confuse, decisioni difficili, aiutandoti a fare ordine nel tempo che hai a disposizione per la tua vita.
Inoltre quanto più utilizzerai gli strumenti che ti fornirò per aumentare la consapevolezza di te stesso, tanto più aumenterà la tua velocità di decisione per raggiungere i tuoi obiettivi.
Tanto più migliorerai la tua efficacia nella gestione dei rapporti lavorativi, anche con un occhio di riguardo alle differenze fra uomini e donne, tanto migliore sarà la qualità del tuo tempo; tanto più sarai aperto al cambiamento, tanto più percepirai il tuo tempo come un tempo di valore.
Hai trovato interessante quanto ho scritto?
Ti suggerisce qualche riflessione su come spendi il tuo tempo?
Lasciami i tuoi commenti qui sotto e fammi conoscere la tua opinione.
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Federica Crudeli
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CAMBIAMENTI LAVORATIVI: BATTERE L’EFFETTO TRUMP IN 2 MOSSE!
Ciao e Benvenuto a Lavorare col Sorriso!
Cosa è l’effetto Trump in tema di cambiamenti lavorativi? Negli ultimi giorni, a seguito dell’elezione del nuovo Presidente USA credo che tutti abbiamo assistito ad una specie di isteria emotiva collettiva ovunque, specialmente sui social network. Si sono scatenati commenti di ogni sorta e una specie di panico diffuso sui timori di quello che succederà da adesso in poi. Un pò lo stesso panico diffuso visto in occasione della Brexit …sembrava dovesse crollare il mondo, a partire dalle borse! Il cambiamento in ambito lavorativo ha su di te gli stessi effetti? Entri nel panico da effetto TRUMP? L’onda d’urto emotiva è tale da offuscarti la ragione, e buttarti in uno stato di ansia da quello che succederà? Oppure ti entusiasma?
Ecco, tanto per cominciare ad inquadrare come gestisci/affronti gli effetti dei cambiamenti, e quanto l’emotività a volte possa schiacciare la razionalità o oggettività dei fatti … a proposito di Brexit … quali e quanti fatti, ad oggi, supportano i nefasti effetti che avrebbe dovuto avere quella scelta?
Come puoi affrontare il cambiamento lavorativo mantenendo il tuo benessere, evitando di cadere intrappolato in stati d’animo di apprensione/panico/paura o emotività invadente al punto da limitare la tua capacità di gestire e affrontare al meglio il contesto? In due modi:
1 – mantenendo il focus sulla tua “direzione”
2 – imparando innanzi tutto a capire come sei solito reagire ai cambiamenti!
Come? Seguimi!
[Tweet “Quella che il bruco chiama fine del mondo, il resto del mondo chiama farfalla.” – cit. Lao Tzu “]
1 – Mantieni il focus sulla tua direzione
Sebbene gli avvenimenti esterni alla tua persona, quali l’elezione del Presidente USA o altri avvenimenti importanti, possano avere una enorme risonanza, e un contagio emotivo forte fra persone e colleghi, (lo stesso che si ha normalmente nelle aziende quando subentra un nuovo Amministratore Delegato o Direttore o Top Manager), di fatto, continua a contare solo una cosa per te: la tua meta/direzione, i tuoi obiettivi di lungo termine.
Il fatto che cambino cose “là fuori” implica che tu abbia magari da prendere scelte, provvedimenti, decidere se “subire” una situazione che ha impatti, se li ha, su di te poco gradevoli (reagire), oppure “rispondere”, ossia definire un piano di azione e agire un comportamento che ti avvicini a quello che desideri.
Per identificare quale sia la direzione, il tuo senso di scopo, l’elemento irremovibile che ti sostiene anche se tutto quello che ti sta attorno cambia, mettendoti quindi in condizione di affrontare qualsiasi stato d’animo, ti rimando a leggere il mio articolo “Un giorno lo farò: il tempo ti è nemico?” – Parte I e II.
2 – Osserva come sei solito reagire/rispondere ai cambiamenti
Ferma restando l’importanza del punto 1) poichè nell’arco della vita lavorativa ti troverai ad affrontare molti cambiamenti, alcuni che ti riguarderanno in prima persona, alcuni che riguarderanno quello che si muove attorno a te, è importante non solo avere presente la tua meta/direzione, ma anche come sei solito comportarti.
Tu potresti trovarti nella condizione di dovere/volere cambiare mansione, attività, funzione aziendale (cambiamento orizzontale) oppure ruolo diventando ad esempio capo (cambiamento verticale).
Allo stesso tempo magari a parità come no di ruolo, mansione, funzione, potresti vedere cambiamenti nelle persone con cui sei solito rapportarti a seguito di cambiamenti organizzativi che ti impattano indirettamente.
Tu cambi tutti i giorni. Ci hai mai pensato? E tutto quello che hai intorno muta di continuo.
Probabilmente se ti facessi le analisi del sangue, la conta dei globuli bianchi e rossi oggi sarebbe diversa da quella di ieri e di domani.
Se è vero che tu sei un corpo, non sei mai uguale a te stesso. Cambi di continuo.
Eppure… eppure quando hai da affrontare una situazione ex novo, dimmi se non è vero, ti parte il loop del “e ora, cosa succederà?” con tutta una serie di pre-occupazioni a cascata sul cambiamento in atto.
Certo, non tutti i cambiamenti destano enormi preoccupazioni. Ma a volte si. Soprattutto se si tratta di cambiamenti che tu consideri importanti. In qualche modo, un certo equilibrio fino a quel momento mantenuto “intatto” si “rompe” per fare spazio a qualcosa di nuovo ed incerto.
Tu come ti rapporti normalmente con il cambiamento? Come lo affronti?
Come lo hai affrontato fino ad oggi?
Ti spaventa? Passi ore a rimuginare e a valutare tutte le possibili conseguenze del caso? A immaginarti tutte le catastrofi che potrebbero succederti, a cosa potrebbe andare storto?
Oppure hai fiducia che tutto andrà per il meglio e ci pensi, si, ma non più di tanto? Anzi, non ci pensi affatto?
Da molti studi che sono stati condotti nelle organizzazioni, di fondo, si registra, in media, una resistenza al cambiamento. Questa resistenza è ricondotta, sostanzialmente, non tanto al cambiamento in se, quanto alle conseguenze del cambiamento. In effetti, anche io personalmente ho fatto i conti con questa dinamica.
Uso una metafora che mi piace molto: supponiamo tu debba cambiare gli abiti che indossi, ipotizziamo il tuo completo o taielleur da ufficio, per vestirti per andare in palestra, o al cinema con gli amici, o ad una partita.
Come fai?
Ti spogli, ti togli degli abiti e te ne metti degli altri. Semplice.
Il cambiamento, di qualsiasi genere, presuppone lo spogliarsi di qualcosa, per indossare qualcosa d’altro.
Annota le risposte a queste domande:
Quanto è facile/difficile per te spogliarti delle tue abitudini, modi di fare, rapporti consolidati, per fare spazio a qualcosa di nuovo, e diverso?
Dove incontri più resistenza, nello spogliarti o nel rivestirti con abiti diversi?
Quanto tempo ci metti a lasciar andare “il vecchio” e quanto ne metti di norma ad adattarti a nuovi contesti?
A chi rivolgi la tua attenzione: a quello che ti aspetta di diverso in un contesto nuovo, o alle energie che tu dovrai mettere in campo per affrontarlo?
In qualche modo il cambiamento ha comunque a che fare anche con la consapevolezza sè.
La consapevolezza di sè, mettitelo in testa, è il punto di partenza da cui nascono tutte le dinamiche lavorative, personali, di vita in generale.
Perché quando qualcosa cambia, tu cambi, con tutto te stesso e tutto il tuo corredo di entusiasmo, paure, gioie, rabbie, frustrazioni, tristezze, allegria, entusiasmo e di tutto un po’.
Questa prima riflessione ti suggerisce qualcosa?
Quanti cambiamenti lavorativi o di vita hai affrontato fino ad oggi nella tua vita?
Quali sono state le principali difficoltà che hai incontrato?
Che pensieri avevi? Quali emozioni hai provato?
In quale punto del processo? Prima, durante, o dopo?
Fai mente locale al tuo modo usuale di affrontare i cambiamenti.
Rileggi quanto hai scritto.
In questo modo potrai identificare paradossalmente le abitudini con cui affronti un cambiamento che scopri essere ripetitive ma deleterie per te e sostituirle con atteggiamenti più utili.
A questo proposito, per identificare e modificare comportamenti che valuti poco efficaci nella gestione del cambiamento, può tornarti utile il mio articolo “Ripeti sempre gli stessi errori? Come trasformarli in successo!”
Insomma, questo effetto TRUMP applicato ai cambiamenti lavorativi, adesso pensi di poterlo gestire meglio?
Hai voglia di farmi sapere qualcosa in proposito commentando nel box a fondo pagina?
Cosa vorresti che fosse trattato nei miei articoli sul tema del cambiamento lavorativo, rispetto alle dinamiche di cui ti ho parlato sopra?
Se ti è piaciuto l’articolo, condividilo sui social.
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Federica Crudeli
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CAPO ACCENTRATORE: 6 PASSI PER CONQUISTARE AUTONOMIA!
Ciao e Benvenuto a Lavorare col Sorriso
Hai un capo accentratore? Ti senti demotivato, non visto, non valorizzato, non apprezzato, infastidito, irritato dal suo atteggiamento? Passi le giornate a scarto ridotto perché hai meno cose da fare di quello che vorresti? Ecco 6 passi da seguire per guadagnarti la sua fiducia e maggiore autonomia.
[Tweet “”Conosci il tuo nemico.” – cit. Sun Tzu”]
La prima cosa che puoi fare, prima di agire con i 6 passi che ti consiglio al punto n° 4 dell’articolo, è conoscere il tuo “nemico” e le ragioni che lo spingono ad agire così: disporrai di una chiave di lettura diversa con la quale guarderai diversamente soprattutto te stesso…anche se può sembrarti strano!
Premessa: capire il capo accentratore, non significa giustificarlo!
1 – Chi è un capo accentratore?
Un capo accentratore è mediamente caratterizzato da questi comportamenti:
a) di 100 cose che ci sono da fare, in sostanza ne fa circa il 70%, curandole direttamente lui nella maggior parte degli aspetti, e quelle poche attività che delega comunque non possono sfuggire la suo controllo;
b) pretende di essere presente a qualsiasi iniziativa che riguardi la sua area di business e se non può esserlo, a malapena delega pochissime persone ma comunque solo stretto controllo e previa sua autorizzazione;
c) non tollera che qualcuno al di fuori della sua area si rivolga direttamente ai suoi collaboratori anche per attività minori. Si sente “scavalcato”;
d) tende ad essere permaloso, nel senso che fargli notare una qualsiasi possibilità alternativa di gestire alcune attività costituisce per lui motivo di “offesa”;
e) tiene la sua conoscenza ed esperienza per se;
f) accetta qualsiasi richiesta gli venga fatta dall’alto, e per soddisfarla prima possibile, la sua struttura è perennemente in sofferenza;
g) lascia ai collaboratori la gestione/esecuzione di attività più routinarie e ripetitive mentre gli incarichi più complessi li gestisce direttamente lui;
h) ha poca cura nel trasferire le attività che cambiano, il contesto in cui si collocano, gli effetti dei cambiamenti in atto.
2 – Gli effetti sulle persone e sul business dei comportamenti del capo accentratore
Questo comportamento genera rallentamenti delle attività e inefficienze, ma cosa ben più grave, la demotivazione di tutti i collaboratori, e conseguentemente, un pessimo clima lavorativo, fatto di lamentele, e aggressività “strisciante”.
Demotivazione che peggiora se questo capo si avvale solo di una/due persone di fiducia per fare, seppure limitatamente, alcune cose più complesse alimentando gelosie, acredine, maldicenze.
Inoltre con un capo accentratore, le possibilità di crescita intese come sviluppo di una maggiore padronanza dell’attività, sono limitate.
3 – Perché ha senso capire cosa si nasconde dietro questo atteggiamento?
Capire cosa si nasconde dietro a questo atteggiamento ti è utile, come ti dicevo sopra, non per giustificare chi, rivestendo un tale ruolo, forse dovrebbe operare in tutt’altro modo, ma per farti guardare alla situazione con empatia da un altro punto di vista che non vede nessun legame esistente fra il comportamento del capo accentratore e le tue presunte o meno capacità.
Ebbene, quali possono essere le motivazioni alla base di un comportamento simile? L’ansia da prestazione esasperata ai massimi livelli, di cui ti ho già parlato nel mio articolo “L’ansia da prestazione lavorativa ti divora?Divorala tu in 5 bocconi”.
L’obiettivo finale dell’accentratore, più o meno consapevole, è preservare il suo potere, la sua posizione, attraverso la continua dimostrazione di meritarsela con la ricerca della perfezione e del controllo totale ansiolitico.
L’ansioso è talmente chiuso nel suo loop mentale tutto fatto di ansia che non si accorge minimamente degli effetti che ha, sia sull’operatività corrente che sui collaboratori: è cieco. Non sente, non vede. Ha a cuore solo se stesso , la sua ansia e la sua ovvia necessità di placarla controllando e accentrando tutto, e questo nulla a che vedere con la volontà di denigrare te e il tuo lavoro.
L’ansia è una bruttissima “bestia”. Se tu “soffrissi” di ansia come lui, e non disponessi di strumenti per farla cessare a monte, faresti la stessa cosa che fa lui. Ad aggravare la situazione c’è il fatto che spesso, il capo accentratore è anche inconsapevole di soffrire di ansia.
4 – Bene, adesso che conosci i motivi di questo comportamento, cosa puoi fare?
Subire in silenzio, o lamentarti con gli altri, se è quello che hai fatto fino ad ora, non credo ti porterà molto lontano. Lo sai vero?
Spesso in queste situazioni si crea un muro del pianto infinito fra colleghi dove di fondo, nessuno fa nulla per cambiare lo stato delle cose, eccetto lamentarsi di gran lena. Il fatto che continuino a farlo in molti, non significa che sia una cosa sensata. E soprattutto, non produce cambiamenti positivi per nessuno, anzi…
Parlaci! Chiedi un colloquio e procedi nel seguente modo:
1) chiedigli un momento adatto per lui, in cui può dedicarti del tempo con serenità. Sembra banale ma non lo è. Ci sono fior fiore di trattative fallite solo per essere state affrontate nel momento sbagliato;
2) preparati prima e con cura il modo giusto di rivolgerti al capo accentratore: se è il tuo capo immagino avrai osservato nel tempo in quale modo è possibile entrarci in relazione bonaria senza farlo surriscaldare subito.
Ti ricordo che potrebbe essere persona dallo scatto di nervoso facile, perché è ansiolitico e suscettibile. Dire cose giuste nella sostanza adottando il modo sbagliato, è l’assicurazione per il fallimento totale.
Osserva le parole che usa più spesso. Osserva cosa lo lascia tranquillo. Osserva cosa gli fa piacere.
Se non conosci quello che gli fa piacere, almeno conoscerai di sicuro quello che lo irrita. Bene. Fai il contrario.
Se qualcuno prima di te ha già tentato di esporgli il problema senza risultato, preoccupati di capire veramente in quale modo gli si è rivolto. Potresti scoprire che non ha ottenuto nulla perché si è posto nel modo meno adatto per quell’interlocutore.
3) comincia col chiedergli che vorresti conoscere l’opinione che ha di te sul lavoro, come stai andando.
Gli dai importanza e considerazione e intanto acquisisci informazioni utili per la fasi successive del colloquio, soprattutto se di te ne ha una buon opinione.
In base a cosa rifiuterebbe quanto stai per chiedergli? Se invece di te non avesse una buona opinione, va da se che prima di passare ai successivi punti, allora hai da capire bene come fare ma in un senso di diverso da quello trattato qui.
4) esprimi chiaramente ed in modo specifico quello che desideri per te nella tua attività volgendo la questione al futuro, senza recriminare troppo sul passato.
Comincia identificando un ambito piccolo in cui vorresti più autonomia. In questo modo introdurrai una “piccola breccia” di cambiamento per lui più facilmente digeribile rispetto alla richiesta di qualcosa di “esageratamente grande” .
Ovviamente un accentratore di punto in bianco non ti darà mai totale autonomia per una cosa che lui ritiene troppo importante.
Se anche tu hai le idee vaghe su quello che vorresti è bene che te le chiarisca prima di parlare. Faresti una pessima figura chiedendo un colloquio per poi non mostrarti capace di esprimere qualcosa di compiuto.
Perciò pensa a tutto quello che vorresti fare, esponilo e chiedigli quale risultato lo farebbe sentire “garantito” della tua buona riuscita.
5) motiva la tua richiesta parlando di te, di come ti senti sul lavoro, sempre in prima persona senza cadere nella tentazione di usare frasi del tipo “tu mi demotivi, tu non mi dai fiducia, tu non mi valorizzi”.
Queste alle sue orecchie suoneranno come accuse. E in effetti lo sono. Perché dal suo punto di vista, molto probabilmente lui sul lavoro bada solo a placare la sua ansia, non a denigrare te.
Prenditi piuttosto la responsabilità delle cose che pensi e senti e usa “io mi sento demotivato, poco valorizzato, non degno di fiducia”.
Evita paragoni con altre persone. Evita anche di calcare troppo la mano su questo aspetto esagerando con le recriminazioni.
6) elenca in modo più descrittivo e fattuale possibile, senza giudizio, i fatti accaduti che sostengono il tuo modo di sentirti e che sono necessari durante il colloquio a fargli comprendere le circostanze che motivano la tua richiesta di maggiore autonomia.
Se segui nel modo corretto questi punti avvierai un confronto civile, rispettoso, cortese, che potrà essere solo costruttivo (sempre se rispetti questi suggerimenti nel modo di parlare) e porterà sicuramente ad un miglioramento, piccolo e progressivo.
Ora, va da se che un capo accentratore in quanto ansiolitico, difficilmente cambierà in 2 giorni quello che fa da anni. Certo è che l’avergli aperto una visione differente dall’unica che conosce (la sua), con una richiesta “piccola” costituisce un precedente.
Certo è anche che se la sua tendenza caratteriale è quella, magari avrai da reiterare periodicamente le tue richieste sempre per piccoli step e con margini via via crescenti di ampiezza.
Ma se riesci a strappargli una fettina di autonomia, e poi nei fatti gli dimostri che sei capace di sostenerla, lui non avrà motivi per negarti un successivo ampiamento di attività anche nella richiesta successiva, dato che lui stesso potrà beneficiare di un carico di lavoro alleggerito.
Resta anche la possibilità di richiedere di cambiare ufficio, in ultima istanza, qualora proprio la situazione si riveli immodificabile.
D’altra parte visto che il capo accentratore tende alla perfezione e controllo di tutto, il fatto che un collaboratore lavori per lui infelicemente costituisce qualcosa di cui occuparsi. Almeno temporaneamente.
Senza contare che se inizi tu a parlare, magari ti seguiranno anche tutti gli altri colleghi (a meno che tu fossi l’unico a vivere questa dinamica). A quel punto, per massa critica, sarà costretto a fare i conti con il fatto che il problema è davvero lui e magari si adopererà per cambiare in meglio.
Nessun capo gradisce di essere considerato tale solo nella forma.
Malgrado la sua reazione non sia prevedibile, di sicuro quando qualcosa “cambia” nella relazione fra parti, cambia anche il risultato. E cambierà in meglio se segui questa strategia.
Ricapitolando, ti ho definito chi è il capo accentratore, che effetti genera sul lavoro, per quali motivi si comporta così, e come introdurre dei piccoli cambiamenti “strappandogli” margini di autonomia progressivamente crescenti guadagnandoti la sua totale fiducia.
Ti è chiaro che il suo essere accentratore non ha quantomeno nulla a che vedere con la tua presunta incapacità?
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Federica Crudeli

BENESSERE IN UFFICIO: QUESTO SCONOSCIUTO? 5 RISPOSTE!
Ciao e Benvenuto a Lavorare col Sorriso!
Il benessere in ufficio … questo sconosciuto? L’ l’80% delle malattie è fortemente influenzato dallo stress lavorativo secondo alcune recenti ricerche su stress e malattia! Come puoi abbattere lo stress? Imparare ad ascoltare il corpo, gestire le emozioni, zittire la mente, comunicare efficacemente con capi e colleghi, capire chi sei e dove sei davvero aiutano a sviluppare la consapevolezza del buono o cattivo uso che fai del tuo corpo, della tua mente, delle tue emozioni, delle tue capacità e risorse. Perché dovresti occupartene? Ti do 5 ottimi motivi per iniziare a farlo!
[Tweet ” La salute è uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale, e non semplicemente l’assenza di malattia o infermità.” – Organizzazione Mondiale della Sanità “]
Metaforicamente, quanto sei consapevole del fatto che spesso guidi la tua macchina con la testa girata verso il finestrino sinistro e rischi di schiantarti da solo? Perché lo fai senza accorgertene?
Se sei solito pensare: se solo potessi eliminare quel capo, vaporizzare i colleghi odiosi, se solo avessi più soldi, se solo avessi più tempo, se solo avessi quel ruolo, se solo, se solo, se solo … preoccupati!
Bene, ogni volta che parli come sopra, di fatto, stai facendo quello: porti l’attenzione dalla parte sbagliata e rischi lo schianto!
Ti darò 5 ottime ragioni per le quali è fondamentale avere un assetto della tua macchina perfetto per guidare qualsiasi strada guardando dalla parte giusta e concedendoti gli sguardi al panorama, senza però che il panorama diventi la tua ossessione energivora.
Ecco 5 motivi per i quali è importante per il tuo benessere in ufficio essere consapevole e fare un buon uso del tuo corpo, dei tuoi pensieri e delle tue emozioni, sviluppando quindi un’ottima consapevolezza di te stesso, a cui dedico una intera categoria di articoli del blog.
Motivo n° 1 – Il tuo corpo, mente? Sviluppare la capacità di ascoltarlo.
Sai che alcuni disturbi potrebbero essere somatizzazioni psichiche o disagi emotivi che il corpo ti segnala con il suo personale motto di “ribellione” per ottenere l’attenzione laddove sei solito non prestarla?
Li ignori, li ascolti, o proprio non ci fai mai caso e soprassiedi per l’urgenza di turno?
Hai un corpo o sei un corpo?
Ti consideri immortale: dai per scontato che avrai sempre il corpo a tua completa disposizione?
Quale è il tuo livello generale di energia, in media? Ti senti energico?
O più spesso ti senti spossato?
Quali emozioni provi più frequentemente?
Noti una connessione fra il tuo livello di energia e i tuoi stati d’animo?
Soffri di disturbi fisici cronici?
In quali parti del corpo?
Da quanto tempo convivi o ignori questi sintomi?
Hai mai considerato che continuare ad ignorarli, un giorno, potrebbe costarti un conto ben più salato delle tante ore che passi a lavorare?
La vita di un impiegato in azienda è mediamente sedentaria, costretto alla scrivania per buona parte della giornata, o saltare pranzi/cene per rispettare le scadenze o gli orari stabiliti dai contratti di lavoro.
Ciò incide sul nostro sistema energetico, sul metabolismo, e in ultima analisi anche sulla struttura muscolare, che spesso manifesta cronicizzazioni fisiche (emicranie, cervicali, lombalgie, gastriti, coliti, ulcere, solo per citarne alcune).
Accade di sentirsi stanchi, spossati, come se ci avessero messo dentro ad una lavatrice, eppure, normalmente nè spostiamo carichi pesanti, o facciamo lavori di fatica fisica così pesanti, da giustificare questo senso di stanchezza.
In aggiunta… Non sono io a dirlo, ma esistono molteplici studi che dimostrano innanzitutto l’impossibilità per qualsiasi umano di sostenere uno stress elevato per periodi prolungati, salvo crolli fisici e psicologici di varia entità e natura, così come il calo del rendimento o produttività con conseguenti ripercussioni anche per tutti coloro che ci ruotano attorno.
In ultima analisi un peggioramento per tutto il sistema di cui facciamo parte. Lo stress ha difatti impatti sulle manifestazioni emotive, cognitive, comportamentali, talvolta uscendo dalla qualificazione di quanto è fisiologico, per sfociare nel patologico.
Tant’è che il D. Lgs. 81/2008 – Testo Unico per la Salute e Sicurezza dei Lavoratori – definisce la condizione di salute di un lavoratore all’articolo 2 comma 1 come “lo stato di completo benessere fisico, mentale e sociale, che non consistente solo in un’assenza di malattia o infermità” .
L’articolo n° 3, nella descrizione dello stress lavoro correlato recita che “lo stress lavoro correlato può essere causato da fattori diversi come il contenuto del lavoro, l’eventuale inadeguatezza nella gestione dell’organizzazione del lavoro e dell’ambiente di lavoro, carenze nella comunicazione etc.”
Il fatto che sia una legge a definire che cosa sia il benessere, è qualcosa di sufficiente per motivare perché dovrebbe starti a cuore la consapevolezza di come tu disponi delle tue risorse fisiche, mentali, ed emotive? Oppure non sei convinto abbastanza?
A sostenere la causa, ti ricordo che misuriamo il nostro dispendio energetico in termini di metabolismo e calorie accumulate e bruciate: siamo dunque produttori e consumatori di energia , anche se per questa attività per fortuna ancora non paghiamo tasse o “bollette”.
Non diciamolo troppo forte, sia mai che qualche governante illuminato ci metta una tassa sul metabolismo o sulle calorie…
Io stessa per anni mi sono considerata solo “una mente” contenuta in un corpo che mi porta a spasso.
Solo molto più tardi, ho realizzato di “essere un corpo” e non “di avere un corpo”.
L’eccesso di intellettualizzazione tipico del nostro mondo occidentale, porta spesso ad identificarci solo con uno dei nostri elementi costitutivi, la mente, dimenticandoci che siamo un tutt’uno e che il corpo ha un suo linguaggio e una sua saggezza e che l’imparare a osservarlo, scoprirlo, o riscoprirlo, leggerne i segnali e rispettarlo, invece che usarlo come mezzo saltuario per fare sport, ci dà un enorme potere sulla possibilità di mantenere il benessere in ufficio e nella vita in generale.
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“Il qui e ora per uscire da giornate no” . Comincia a scoprire che rapporto hai con le tue emozioni: ti gestiscono o sei tu a gestirle? Nel mio articolo ti spiego in 5 fasi come, paradossalmente, il modo più efficace per superare momenti no è proprio quello di imparare ad accettarli. In questo modo, l’emotività negativa, invece che soffocarti o dominarti, fluirà liberamente e più velocemente, lasciando spazio ad una rinnovata carica ed energia!
Se il primo motivo non ti è bastato, passiamo al secondo!
Motivo n° 2 – La tua mente straparla a sproposito? Imparare a zittirla!
A discapito del tuo benessere in ufficio, quanti pensieri spendi rimuginando sul passato, sui tuoi errori, e quanto ne spendi preoccupandoti per le scadenze, la carriera, il futuro? A cascata quanto senso di colpa, inadeguatezza e ansia ti somministri quotidianamente?
Hai presente quella vocina che ti parla in testa spesso? Cosa ti dice? Parla di continuo?
Quante delle cose che ti sono richieste giornalmente le fai realmente utilizzando quella parte di pensiero utile e funzionale al da farsi, e quanto invece con una produzione eccessiva di pensieri collaterali a quello che realmente sarebbero richiesti dal “qui e ora” di quello che stai facendo?
Avere consapevolezza anche di questo tuo aspetto, imparare a gestire meglio i tuoi pensieri, è fonte di una liberazione infinita.
Lo sai che i pensieri incidono sulla produzione di sostanze chimiche nell’organismo?
Le neuroscienze hanno fatto enormi progressi in tal senso con scoperte strabilianti.
Lo sai che potenzialmente ogni volta che fai cattivo uso della tua mente fra ansie e sensi di colpa, collera, bisogno di approvazione, istanze di giustizia, ti stai intossicando da solo, e somministrando al tuo corpo dosi di tensioni di ogni genere?
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“Ripeti sempre gli stessi errori? Come trasformarli in successo” Vuoi un esempio di cattivo uso della tua mente? Ogni volta che di fronte ad un errore, ti demoralizzi, colpevolizzi e magari ti senti anche un fallimento totale, stai usando male la tua testa! In questo articolo ti illustro 11 passi per trasformare a tuo vantaggio i tuoi errori “ripetitivi”, cioè quelle abitudini comportamentali radicate che riconosci essere aspetti di te “detestabili” senza riuscire a modificarli.
“L’ansia da prestazione lavorativa ti divora? divorala tu in 5 bocconi”. Un altro pessimo modo di usare la tua mente sul lavoro è quello di vivere divorato dall’ansia di prestazione: perennemente in tensione nel tentativo di fare ogni cosa perfetta, di farti apprezzare, di essere impeccabile. Nel mio articolo attraverso 5 modi diversi di guardare alle cose, metterai fuori gioco questa fastidiosa nemica del tuo benessere in ufficio per vivere più serenamente e con molto molto meno stress di prima.
Non sei ancora convinto che ascoltare il corpo, gestire le emozioni, e zittire la mente sia importante per il tuo benessere in ufficio? Allora dal prossimo motivo non puoi scappare, perchè a che vedere con la tua capacità di gestire i rapporti con capi e colleghi!
Motivo n° 3 – L’ingresso dell’ Intelligenza Emotiva in azienda. Imparare a gestire i rapporti fra colleghi in modo efficace!
Il mondo si sta muovendo ad una velocità vorticosa su tutti i piani. Il contesto esterno è caratterizzato da cambiamenti repentini, innovazione tecnologica spinta, elevata incertezza. Se qualcosa, ora, sta funzionando, non è detto funzioni in eterno e neanche fra qualche settimana.
Le vecchie gerarchie aziendali, con il concetto di capo e sottoposto fantozziano, che forse potevano condurre a risultati in un contesto socio-economico stabile, sono desuete e stanno perdendo la loro ragione di esistere.
Non è più sufficiente una persona a comandare e tante ad eseguire, ma che ciascun individuo contribuisca apportando idee, innovazioni per restare competitivi sul mercato.
Si lavora più frequentemente in gruppo, per aree interfunzionali e trasversali alla propria area di business. Tutto questo necessita in media lo sviluppo di una maggiore flessibilità comportamentale, e lo sviluppo di più competenze rispetto a quelle che erano necessarie un tempo.
L’intelligenza emotiva si è fatta strada nelle aziende con l’introduzione di giochi di ruolo, formazione dedicata al Team Building, Problem Solving, alla Comunicazione Efficace, al Business Coaching e affini.
L’obiettivo di questo tipo di formazione normalmente è appunto lavorare sulle due dimensioni costitutive e interdipendenti dell’intelligenza emotiva: in primis la consapevolezza e padronanza di sè e poi la capacità di gestire, di conseguenza ed efficacemente, i rapporti tra colleghi sviluppando l’empatia.
È anche vero che a causa di molteplici fattori di profittabilità aziendale, non tutte le aziende possono investire nella formazione.
Questo blog vuole essere una risposta anche a chi, per ragioni di sopravvivenza economica, non può beneficiare in azienda di questo tipo di investimento e non ha denaro da spendere in privato per formare competenze che sono ormai indispensabili per farsi largo in questo caotico e sempre più complesso mondo (nel bene e nel male).
Ti aiuterò a sviluppare rispettivamente la consapevolezza di te stesso e la capacità di entrare in relazione con capi e colleghi in modo efficace e volto ad accrescere il tuo benessere in ufficio.
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“L’empatia è uomo o donna? Scoprilo e usala!”. Un pilastro fondamentale dell’intelligenza emotiva per una comunicazione efficace fra colleghi è l’uso dell’empatia, ossia la capacità di guardare le cose anche dal punto di vista degli altri. In questo articolo ti parlo delle differenze esistenti nella comunicazione fra uomini e donne sul lavoro e di come la comprensione dei reciproci mondi aiuti a sviluppare un ponte comunicativo realistico e consapevole.
“Conflitti sul lavoro: li risolvi o cerchi colpevoli?” Come entrare in relazione efficacemente con i colleghi, soprattutto quando le cose si fanno difficili e ci sono momenti di conflitto da gestire? Esistono 2 modi di affrontare i conflitti: uno più costruttivo, proiettato alla ricerca di soluzioni, usando l’empatia, e l’altro non costruttivo, rivolto alla sola ricerca di colpevoli, senza risolvere nulla. Tu quale sei solito adoperare? Nel mio articolo ti guido a capire quale dei due sei solito usare e come porre rimedio per un migliorato benessere in ufficio.
“Colleghi difficili: i melliflui. Cosa fare?”. Come ti comporti con colleghi difficili, in particolare i voltafaccia melliflui? Li gestisci, li subisci? Hanno il potere di inquinare le tue giornate? In questo articoli ti faccio guardare a questa tipologia di colleghi in modo differente per neutralizzare l’effetto negativo che hanno su di te. Se poi ad essere mellifluo e voltafaccia non è un collega ma il tuo capo, nell’articolo “Capo difficile: il voltafaccia. 2 strade possibili” ti guido ad esplorare 2 strade per ritrovare il tuo benessere in ufficio.
“Informazioni nascoste. A volte ti sembra di lavorare per i servizi segreti?” Come rapportarsi con una particolare e diffusa categoria di colleghi difficili che insabbiano le informazioni a loro vantaggio. Una riflessione in 8 passi per imparare a gestirli.
Se anche questa motivazioni ad occuparti di te stesso a tutto tondo per il tuo benessere in ufficio, non ti è sufficiente, te ne fornisco un’altra!
Motivo n° 4 – Obiettivi di carriera – imparare a capire dove sei davvero!
Ipotizziamo tu abbia degli obiettivi di crescita professionali. E’ probabile che quindi tu debba avere ben chiaro in testa quali sono, come li vuoi raggiungere, in quanto tempo…. E già stabilire efficacemente questo non è cosa facile!
Conoscere poi il punto di arrivo senza conoscere quello di partenza, o avendone una consapevolezza limitata, credi ti aiuti ad avere aspirazioni realmente concrete e realizzabili? Credi che contribuisca ad incrementare davvero il tuo benessere in ufficio?
Converrai con me che è difficile puntare ad una meta senza avere presente quale sia il punto di partenza, o avendone una consapevolezza limitata, o peggio ancora, essendo convinti di essere in un punto quando magari è evidente al resto del mondo che ti trovi da un’altra parte.
Per esperienza diretta posso dirti che a volte, la nostra percezione di chi siamo non è proprio allineata perfettamente a come agiamo nel mondo. E a volte, nemmeno i risultati che otteniamo sono quelli che ci aspettiamo.
Tendenzialmente quando le cose non vanno come vorremmo , siamo, in quanto esseri umani, abbastanza inclini a distribuire colpe e responsabilità al di fuori di noi stessi.
“Il capo non ci ha capito, il collega è insopportabile, fuori pioveva ed ero stanco (…)” solo per fare alcuni esempi. In effetti può anche essere così. Ma, c’è un ma…è anche vero che a volte a malapena ci rendiamo conto che il nostro modo di fare e l’immagine che diamo di noi stessi nel mondo, se solo ci concedessimo il lusso di domandare, non è proprio uguale all’ idea immaginifica, o terribile, che abbiamo di noi stessi.
In realtà, qualunque situazione tu debba affrontare nella vita, voluta, o forzata che sia, quello che costituisce un discrimine sull’esito finale delle esperienze sei sempre e solo tu, il tuo modo di essere, porti, e guardare alle cose.
A prescindere dal fatto che le tue ambizioni personali e professionali siano “basse” o “sconfinatamente alte”, nel vivere la quotidianità e nella gestione dei rapporti lavorativi con i colleghi, capi, collaboratori, il livello di consapevolezza che tu hai di te stesso fa una enorme differenza in termini di capacità di conseguire gli obiettivi desiderati in azienda e anche fuori, primo fra tutti la qualità del tuo tempo e il tuo benessere in ufficio.
Senza contare poi che una maggiore consapevolezza di te stesso è sinonimo anche di maggiore benessere e di una immensa libertà, ovunque con chiunque in qualsiasi situazione.
Inoltre, normalmente, la crescita professionale si accompagna poi all’assunzione di responsabilità crescenti e anche alla gestione di altre persone.
Tu ti affideresti per fare un viaggio di gruppo ad una guida turistica che è nota nell’ambiente per non essere capace ad organizzare nemmeno 8 ore della sua giornata?
Volgendo la domanda a te, se tu per primo non hai la minima contezza di come gestire te stesso a tutto tondo, o ti sai gestire male, come pensi di poter “guidare” agevolmente ed efficacemente (ossia senza dissanguarti di energie con risultati appena sufficienti) un team fatto di tante persone?
Vuoi iniziare a fare pratica con lo sviluppo della tua consapevolezza, anche sui tuoi obiettivi?
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“Vuoi diventare capo? 6 segreti per riuscirci”. In questo articolo ti svelo 6 segreti se ambisci ad un percorso di crescita professionale. Avrai modo di valutare quanto il tuo attuale modo di fare ti sta agevolando o meno verso gli obiettivi di carriera che ti sei prefissato, e in caso contrario a regolarti di conseguenza.
“Motivazione sotto ai piedi appena sveglio? Riportala su!”. Il tuo lavoro attuale quanto è fatto di motivazione intrinseca e quanto di motivazione estrinseca? Non sai quale differenza ci sia? Scoprilo! Capirlo è la base fondamentale per orientare al meglio i tuoi obiettivi di carriera risparmiando tempo ed energie e guadagnare benessere in ufficio.
“Carriera lavorativa: il potere è piacere? Come capirlo”. Spesso ambiamo tutti ad ottenere successo nella accezione più comune del termine: soldi e potere. Ma quanto realmente sei disposto a pagare il prezzo del successo? E che relazione esiste fra il potere e il piacere? Individua il mix di potere – piacere che è in sintonia con la tua natura. Ne guadagnerai in benessere in ufficio.
Un’ultima motivazione, ma non in ordine di importanza, qualora le 4 precedenti ancora non siano sufficienti a convincerti che la consapevolezza del buono o cattivo uso che fai delle tue risorse costituiscano il discrimine fra il benessere in ufficio e il malessere…
Perché n° 5 – Dentro l’ufficio/fuori l’ufficio – imparare a conoscere il tuo carattere e le tue capacità
La qualità della vita in ufficio influisce pesantemente sulla qualità della tua vita fuori, così come vale il viceversa.
Uno squilibrio, legato a qualsiasi motivo in una area della vita, si ripercuote immancabilmente su tutte le altre, seppure in maniera differente e con diverse gradazioni di pervasività.
In questo blog di fatti mi occupo nello specifico di tutto quanto ha a che vedere con la capacità di conquistare, (se non lo hai), mantenere o migliorare equilibrio interiore, benessere e serenità integrando efficacemente l’uso di corpo-mente ed emozioni, durante la giornata lavorativa in ufficio.
Tu sei una persona che si manifesta nel mondo con un carattere. Difficilmente sarai là fuori nel mondo qualcosa di profondamente diverso da quello che sei in ufficio.
Se invece sei solito attuare una spaccatura marcata tra il tuo modo di manifestarti sul lavoro e quello di manifestarti fuori, a maggior ragione dovrebbe interessarti la tua auto-consapevolezza: è fuori di dubbio che un simile comportamento conduce a consumare energie e spegnerti fino a quando ti sentirai una pila usata ed esaurita. Altro che benessere in ufficio!
Con i miei articoli di questa categoria ti guiderò in riflessioni che ti saranno utili a: mettere a fuoco come ti muovi nel mondo, quali pensieri, schemi comportamentali stati emotivi ti caratterizzano, a che punto sei della tua crescita professionale o a capire quale tipo di crescita professionale faccia la caso tuo anche in base al binomio potere – piacere, a valutare il tuo livello di energia e ad aumentare la tua autostima per farla fruttare al meglio nel tuo contesto lavorativo.
Se potessi guardati con gli occhi di una persona esterna, cosa scopriresti di te?
Che effetti susciti negli altri con il tuo modo di relazionarti?
Ogni “carattere” è connotato da caratteristiche affettive (il tuo rapporto con le emozioni e sentimenti), energetiche (quanta energia senti di avere per affrontare le tue giornate), somatiche (che struttura fisica hai), cognitive (quali sono i tuoi tipici modi di pensare) e relazionali (come ti poni rispetto agli altri) ben distinte e legate ai bisogni primari che hai percepito come negati o limitati: diritto di esistere, di avere bisogno di accudimento, di possedere te stesso, di importi, di essere autonomo e di amare sessualmente.
Nei miei articoli ti guiderò ad esplorare quali manifestazioni esteriori oggi ti caratterizzano per prendere coscienza di quali sono gli schemi ripetitivi che metti in atto nel lavoro e nella tua vita e che, qualora disfunzionali per il tuo benessere, ti allontanano piuttosto che avvicinarti, a quello che realmente vuoi.
Aumentare la propria consapevolezza quali vantaggi dà? La libertà. Sebbene talvolta possa sembrare una “fatica” investire del tempo per fermarsi a riflettere su alcuni aspetti di se stessi, e sebbene questa fatica l’abbia avvertita io stessa, con il tempo invece ho imparato a raccoglierne i frutti in termini di maggior benessere in ufficio e fuori.
Ti aiuterò a fare tutto questo da molteplici punti di vista, che sono certa saranno per te un enorme arricchimento, una grande sorpresa e scoperta che ti accompagneranno a lungo!
Vuoi iniziare a capire quale tratto caratteriale ti distingue e cosa ne consegue?
Nell’articolo “Manager o Leader: quale tipo sei?” ti parlo di 9 tratti caratteriali con cui è possibile muoversi nel mondo. Ogni tratto caratteriale è un modo differente di vivere le emozioni, di pensare, di relazionarsi agli altri, con tutti i pro e contro del caso. Questo è un primo articolo introduttivo ai 9 caratteri. In futuro tratterò molto più approfonditamente tutti i pro e contro di ogni carattere per aiutarti a disporre di molte più energie a tuo vantaggio.
Nell’articolo “Che capacità ho? Conoscerle ti aiuta” ti guido a valutare quali capacità senti più tue fra quelle cognitive, realizzative e relazionali. Conoscerle ti aiuta a verificare quali servono maggiormente per il tuo lavoro e per i tuoi obiettivi di carriera e ti consentono di risparmiare tempo focalizzandoti su quelle che pensi di dover migliorare.
Ti ho motivato a sufficienza perchè è bene, per il tuo benessere in ufficio, che tu impari ad ascoltare il corpo, gestire le emozioni, zittire la mente quando parla a sproposito, comunicare efficacemente, capire che carattere, capacità, risorse hai, in funzione dei tuoi obiettivi lavorativi?
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Federica Crudeli
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VUOI DIVENTARE CAPO? 6 CONSIDERAZIONI
Ciao e Bentornato a Lavorare col Sorriso!
Ecco 6 segreti da applicare se ambisci a diventare capo, ossia assumere un ruolo di maggiore responsabilità e quindi (di solito) anche più remunerato, nell’ambito dell’attività lavorativa che svolgi.
[Tweet ” Chi pensa di guidare gli altri e non ha nessuno che lo segue sta solo facendo una passeggiata.” – cit. John Maxwell “]Ipotizziamo tu sia entrato in azienda da poco oppure che tu abbia maturato già dell’esperienza e che tu voglia diventare capo.
Cosa vuol dire diventare capo di solito? Assumere un ruolo di responsabilità nella organizzazione, gestione e controllo di una attività, collaboratori compresi, normalmente rendendo di conto ad un altro capo.
Normalmente il diventare capo è in realtà il riconoscimento formale ed economico di un processo che, nei fatti, è avvenuto prima: ossia tu ti sei già messo nelle condizioni di essere un capo di fatto, perché ti sei costruito una credibilità, una tua autonomia e buone relazioni con capo e colleghi, e quindi l’azienda è “costretta” a riconoscerti quello che ti spetta.
Prima di condividere le 6 considerazioni sul diventare capo, affinchè ciò avvenga, due doverose premesse: una di tempo, l’altra di “spazio”.
La prime domande a cui a mio avviso è bene tu dia risposta sono: nella mia realtà aziendale, dopo quanto tempo una persona assume in media un ruolo di responsabilità e può quindi aspirare a diventare capo?
Dal punto di vista organizzativo, c’è già o è possibile creare lo spazio per un ruolo di capo?
In questo modo hai già una indicazione di come i tempi interni di crescita e la visione di lungo termine del tuo capo sulla possibile evoluzione organizzativa della tua attività, si sposino o meno con le tue aspettative.
Se vuoi diventare capo dopo 3 anni di esperienza e in media questo avviene nella tua azienda dopo almeno 5 anni, puoi applicare i seguenti 5 segreti come ti dico di seguito, con la consapevolezza che i tempi potrebbero comunque non essere maturi per il contesto generale in cui sei attualmente collocato.
Sono considerazioni di buon senso ma nella mia esperienza proprio perchè così essenziali e sotto gli occhi di tutti, quasi mai prese in considerazione quando si scalpita per qualcosa. Lo sguardo finisce per restare focalizzato sulla mancanza.
Va da se che se sei a conoscenza di un contesto esterno che ti “premia” nei tempi che tu ti sei prefissato, puoi proporti altrove e cambiare lavoro.
Le 6 considerazioni esposte di seguito restano comunque valide ovunque tu aspiri a diventare capo. La premessa è che come dico spesso mi piace aiutare le persone ad essere persone sostenibili e a difendersi da chi non lo è.
Quindi parlo di considerazioni volte ad essere persone migliori in un contesto sano.
Diversamente queste considerazioni potrebbero non essere adatte.
1 – Umiltà
Sei collocato in un contesto di business e organizzativo fatto di colleghi, ossia persone, di varia estrazione ed esperienza.
Il fatto che tu abbia una serie infinita di titoli di studio o master, ed esperienza, non significa in automatico porsi con saccenza ed arroganza verso i colleghi.
Mostrati disponibile ad imparare, ascoltare e capire chi ha più esperienza lavorativa di te: può essere una miniera preziosa di informazioni e conoscenze che ti torneranno utili.
Poniti con umiltà anche verso altri colleghi esterni alla tua unità di business. Sii collaborativo.
2 – Rispetta i confini
Impara a capire più velocemente possibile quali sono i limiti di autonomia che hai per muoverti all’interno della tua organizzazione, senza “pestare” i piedi o “tentare di scavalcare” i colleghi e i capi.
Anche qualora tu fossi più veloce, efficace, efficiente di altri nello svolgere le attività, lascia che siano i fatti a parlare per te e non cadere nella tentazione di “sopraffare” i colleghi facendo la corsa a mostrarti come il meglio a loro discapito, usando mezzucci “infimi” per farti notare.
Ad esempio screditando il lavoro altrui, accaparrandoti i meriti quando fai le cose fatte bene (magari con il supporto altrui) e scaricando le colpe sugli altri accampando giustificazioni quando fai qualcosa di sbagliato.
Oppure estromettendo il tuo capo, o altri colleghi, dalle comunicazioni e/o scambi lavorativi con altri uffici per farti bello.
Questi atteggiamenti, solitamente, non sono premiati. Anzi, depongono notevolmente a tuo sfavore.
Se osservi, capisci e rispetti i confini formali ed informali che esistono nella gestione dei rapporti fra colleghi e con il tuo capo, la tua velocità, efficacia ed efficienza saranno riconosciute in automatico e verrà spontaneo affidarti incarichi via via più complessi che coinvolgono via via più interlocutori aziendali diversi.
3 – Capisci le capacità chiave da sviluppare nella tua attività!
Ogni tipo di lavoro presuppone un uso più o meno marcato di alcune capacità fra quelle realizzative, cognitive e relazionali.
Se vuoi diventare capo devi fare in modo che quelle necessarie alla tipologia di lavoro che fai siano progressivamente sviluppate e/o rinforzate.
Come? Identificando quelle che senti come più deboli e rafforzandole con comportamenti fattivi, o valorizzando al massimo quelle necessarie che già possiedi e in cui ti senti forte.
Ad esempio se ambisci a diventare capo nel settore ricerca e sviluppo di una farmaceutica, le capacità relazionali avranno meno importanza per la crescita professionale di quanta ne abbiano per chi ambisce a diventare un “commerciale puro”, per intenderci.
Per riflettere sulle tue capacità cognitive, realizzative e relazionali ti rimando al mio articolo: Che capacità ho? Conoscerle ti aiuta!
4 – Comprendi le aspettative del tuo capo!
Tu lavori per una azienda e poi per un capo che ne rappresenta le “volontà” in uno specifico ambito.
Sembra banale ma nella mia esperienza non lo è: può capitare che alcune attività che ti siano affidate siano per te di poco valore.
Sta di fatto che se ti sono richieste, servono a qualcuno: se non ne comprendi i motivi (anche se di norma qualcuno dovrebbe spiegarteli) chiedili con garbo, non essere passivo!
Capire il contesto generale in cui si innestano le attività e che finalità hanno, aiuta a sviluppare il pensiero sistemico, una capacità indispensabile per assumere ruoli di responsabilità crescente e diventare un capo.
Il tuo attuale capo o supervisore diretto si aspetta da te delle cose: chiedigli direttamente cosa, precisamente, oppure osserva i risultati che lui apprezza particolarmente conseguiti da altri.
Impara o chiedi cosa vuole che sia fatto, in che tempi, con che priorità e come vuole che gli siano presentati i risultati che si aspetta da te.
Se non ti è possibile chiedere sempre, assicurati di comprendere bene l’obiettivo che ti viene di volta in volta affidato, e la sua priorità rispetto ad altre attività più o meno urgenti.
Fare un lavoro fatto benissimo, ma consegnato tardi, magari a discapito di attività più urgenti, non è saggio.
Quando il tuo capo ti fa notare un errore, invece che mugugnare alle spalle o maledirlo, vedi di capire cosa puoi fare meglio la prossima volta. Sii costruttivo.
Non affezionarti troppo al tuo lavoro al punto di volerlo difendere oltremodo se il tuo capo o un supervisore lo contestano o ti chiedono di cambiare qualcosa che hai già fatto: piuttosto cerca di capirne i motivi.
Rispondere subito “NO” a una richiesta che ti appare poco sensata è controproducente: da un lato perché potrebbero mancarti informazioni di contesto che la renderebbero sensata, dall’altro perché capita anche ai capi di sbagliare o valutare male alcuni compiti, priorità, implicazioni.
Se tu ti dimostri aperto ad ascoltare e capire, e hai già intuito che quanto ti chiede rischia di non avere concretamente senso, fai domande specifiche per condurlo a capire che quanto vuole da te contrasta/non è coerente con altre attività, o che allontana invece di avvicinare al risultato che lui si prefigge di ottenere con il tuo aiuto.
In questo modo vedrà da un lato un atteggiamento di apertura, dall’altro la capacità di condurlo a valutare che la strada proposta non è quella più efficace o efficiente, e per questo ti ringrazierà.
5 – Trova soluzioni a problemi che ancora non esistono
Le probabilità di diventare capo facendo sempre e solo alla perfezione il compitino che ti viene affidato, magari esigendo che ti sia spiegato anche il modo per farlo, sono ridotte.
Nell’ambito di una delega ben esercitata, tu riceverai attività da fare, lasciando a te la scelta del modo: non chiedere di essere seguito minuziosamente in ogni micro – step da fare.
Buttati, prenditi l’iniziativa, organizzati e pianifica le cose da fare, trova tu il modo per portare dei risultati, purchè siano quelli attesi nella finalità e nei tempi richiesti.
Se nel fare una attività noti qualcosa che non funziona, o che potrebbe essere fatto meglio, in minor tempo, e in modo più efficiente, prendi l’iniziativa e proponi una soluzione condividendola prima con i tuoi colleghi o chi sarebbe impattato dalla tua proposta. Opera un “fine tuning” raccogliendo anche idee e osservazioni altrui. Se la tua idea riscuote il consenso di chi ne è impattato, la strada con il tuo capo sarà spianata.
Inoltre considera che il capo solitamente apprezza chi si fa portatore di innovazioni. Poi per “n” motivi può decidere di non dare seguito alle tue proposte, ma tu proponiti con decisione! Sempre nel rispetto e con il consenso di chi è impattato dalla tua proposta di modifica “operativa”.
Ancora meglio se riesci a guardare oltre all’orizzonte di un singolo compito o di attività consolidate e ripetitive che possono essere fatte meglio, identificando in anticipo qualcosa che ritieni possa diventare un problema per il tuo ufficio se non gestito per tempo!
Il fatto di risparmiare problemi futuri è una dei modi più efficaci per farsi apprezzare e crescere professionalmente.
Quindi prendi l’iniziativa con una buona dosa di fiducia nelle tue capacità!
6 – Ascolto, trasparenza, empatia e simpatia
Forse nelle aziende c’è una diffusa convinzione che possa diventare capo solo chi è serio e non ride mai: sicuramente è bene osservare il contesto prima di compiere “imprudenze”, ma in media regalare un sorriso, una battuta amichevole, scherzare, rende il clima più leggero, incrementa il senso di reciproca fiducia e genera consenso.
Ti augureresti mai un capo che è sempre triste, nervoso, irascibile, critico con tutti e verso tutto? Sii come il capo che vorresti avere!
Non fomentare discussioni inutili!
Se hai qualche problema relazionale con qualche tuo collega difficile o antipatico, vedi di risolvertelo da solo.
Sul lavoro è fisiologico non andare d’amore e d’accordo con tutti o non essere simpatici a tutti. Fintanto che questo non intacca i tuoi risultati, resta un problema di carattere relazionale “gestibile” con il buon senso.
Il tuo capo non è lì a fare da genitore – arbitro: cerca un confronto, trova un modo di andare d’accordo o risolvere un problema con i colleghi autonomamente.
I capi normalmente sanno bene quali sono i collaboratori difficili. E apprezzano chi riesce a rapportarsi in modo maturo senza sollevare inutili sommosse o fare le guerre ai mulini a vento per cambiare ciò che non è cambiabile: il carattere altrui.
Si tratta di trovare un giusto equilibrio di convivenza senza farne un caso di stato.
Se dopo numerosi tentativi falliti proprio non ottieni risultati, o malgrado tentativi di pacifica convivenza vedi boicottati i tuoi risultati, e compromessa la buona riuscita delle tue attività, allora valuta di ricorrere al tuo capo che è l’unico che può effettivamente dirimere “la controversia” come ultima istanza.
Ricorda però che essere aperto di vedute nell’atteggiamento, empatico, sorridente, costruttivo (e non quindi un lamentoso che borbotta come una pentola di fagioli piuttosto che proporre rimedi alle cose che non vanno) fa si che tu in automatico possa diventare il punto di riferimento spontaneo per molti colleghi e per molte attività.
Se noti qualcosa che funziona male, proponi una soluzione piuttosto che lamentarti di continuo!
Poniti in modo trasparente nei rapporti con i colleghi.
In conclusione
Ti ho fatto 6 considerazioni, che poi sono atteggiamenti/comportamenti che se attuati preparano il terreno, creando quel seguito spontaneo che ti è necessario per un salto di responsabilità.
Certo, forse penserai, guardandoti attorno, che non tutti coloro che conosci e che sono responsabili di qualche attività, abbiano mai attuato questi comportamenti.
Qui però stiamo parlando di buone regole per diventare un capo che sia un buon esempio e non di come, eccezionalmente e chissà per quali altri motivi, alcune persone possono diventare capo malgrado difettino di umiltà, capacità realizzative, relazionali, empatia, trasparenza e capacità di ascolto.
Quindi, sei pronto a diventare capo?
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Grazie
Federica Crudeli

CAPO DIFFICILE: IL “VOLTAFACCIA”! 2 STRADE POSSIBILI
Ciao e Benvenuto a Lavorare col Sorriso!
E se ad essere mellifluo e voltafaccia, questa volta, fosse il tuo capo difficile e non un collega qualsiasi? Le cose si complicano, vista la “disparità” di “potere” nel rapporto. Esistono altre strade percorribili per neutralizzarlo, oltre a quelle di cui ti ho già parlato?
Si, almeno altre due… scoprile!
[Tweet ““ Per ogni carnefice c’è una vittima pronta a rendersi tale” – cit. “]
Nel precedente articolo “Colleghi difficili: i melliflui. Cosa fare?” ti ho parlato infatti di una particolare categoria di colleghi difficili, in particolare i melliflui voltafaccia. Ti ho profilato una loro caratterizzazione, e aiutato a capire come li vivi (o subisci), come puoi vederli con occhi diversi e gestirli di conseguenza.
Se il soggetto in questione è il tuo capo, esistono almeno altre 2 strade percorribili e hanno a che vedere con una prospettiva di lungo termine, soprattutto se ti senti in una situazione lavorativa che, pur con tutto il tuo impegno per gestirla, ti sta stretta stretta.
Allarga l’orizzonte temporale!
Il presupposto di partenza che accompagna tutto quello che segue è che il capo difficile mellifluo o voltafaccia sia percepito come tale non solo da te ma anche da tutti i colleghi con cui lavori.
Ti chiedo questa volta di riflettere con un orizzonte temporale un po’ più allargato degli stati d’animo e mentali che in media, il rapportarti con quel capo difficile ti genera: in particolare, quelle negatività che solitamente vivi, da quanto tempo le vivi?
Se da un lato è vero che essere consapevoli di quello che ci accade dentro ci dà uno strumento in più per scegliere più liberamente come rapportarci in modo più vantaggioso per noi stessi, vero è anche che se fino ad oggi, e da molto tempo, non hai mai pensato a qualcosa di simile, è possibile che tu oggi stia sperimentando un generale abbassamento del livello di energia che sta andando ad intaccare anche gli altri aspetti della tua vita.
In fin dei conti lavori minimo 8 ore al giorno, considerando che 8 ne dormi, capisci bene che almeno il 50% del tuo tempo da sveglio è a contatto con un capo difficile che ti genera questi stati d’animo che devi gestire al meglio se non vuoi “soccombere”.
E magari sei più irascibile e nervoso con gli amici e i famigliari, o sei più svogliato, o più apatico, sorridi meno del solito, o comunque ti senti più “spento” e in generale , vivi con un generale senso di insoddisfazione latente perenne e crescente.
In particolare, se pensi a te stesso prima di lavorare in quel contesto lavorativo, noti delle differenze rispetto a come sei adesso nei termini di cui sopra?
Ti ammali spesso? Soffri di disturbi cronici? Da quando sono iniziati i disturbi? Hanno avuto qualche concomitanza con eventi spiacevoli?
Anche qui, ti faccio presente che il corpo manifesta tutto quello che non può essere manifestato altrove. Non lo ascolti? Parla lui per te.
Se ti trovi in questa condizione, o non ti ci trovi ancora ma pensi che le circostanze “ambientali” inevitabilmente ti ci porteranno perché pur con tutto te stesso, proprio non sopporti il contesto, è meglio correre ai ripari prima possibile.
Strada n° 1: parlare con il capo del capo difficile e mellifluo. Attenzione!
Premetto che un capo difficile e mellifluo normalmente, se è percepito come tale non solo da te, ma da più persone, ha “nevrosi” di cui non è cosciente (in realtà in media tutti ne abbiamo, solo che alcune nuocciono più di altre nei contesti lavorativi).
Tu non sei tenuto nè a capirle, nè a subirle, altrimenti lavoreresti in un consultorio ASL.
Sta di fatto che se quella persona sta lì dove è indisturbata da anni, pur rappresentando una fonte di malessere non solo per te ma per tutti, è perché è funzionale a qualcun altro, che è possibile, ipotizzo, incarni lo stesso modello relazionale vittima – carnefice, dove questa volta è proprio il tuo capo difficile tiranno e mellifluo a subire a sua volta la “tirannia” del suo capo.
Che allegriaaaa!!! avrebbe detto Mike Bongiorno.
Nessun capo di un capo realmente centrato e con una psiche equilibrata si circonderebbe di un capo difficile e mellifluo se non perché quel tipo di capo è esattamente quello che lui stesso pretende e cerca: sottomissione..
Persone che hanno un sana considerazione di sè e una “centratura”, non hanno alcuna necessità di innescare dinamiche di questo tipo per gestire i loro rapporti lavorativi.
Qui potrei aprire un capitolo infinito sulla trattazione dei modelli relazionali sadico/masochisti, o carnefice/vittima, ma mi riservo di farlo in futuro come ti ho anticipato nel mio articolo “Manager o Leader, quale tipo sei’” (puoi sbirciare lì per conoscere le caratterizzazioni di comportamenti che approfondirò anche in seguito).
Sappi però che esiste anche il cosiddetto masochismo sociale.
Il problema nasce quando un “masochista sociale” pretende che tutti si adeguino al suo modello (distorto in negativo) di vedere la vita lavorativa: “mi sacrifico io, si devono sacrificare tutti”.
Alla luce di quanto sopra, va da se che ricorrere ai ripari andando a cercare conforto nel capo del capo difficile e mellifluo equivale al suicidio lavorativo.
Potrebbe invece essere che il capo del capo difficile e mellifluo è li da poco, non ha ancora conoscenza del capo mellifluo e deve ancora prendere le misure.
Allora hai speranza, da un lato che se ne accorga lui per primo e prenda provvedimenti, dall’altro che quanto meno potresti avere un alleato a cui rivolgerti per chiedere spostamenti o cambi di attività o fare presente il tuo malcontento.
La strada ultima, se parlare col capo del capo difficile e mellifluo non da risultati o non è possibile, è andare a parlare con la persona a ciò preposta della funzione HR.
In fin dei conti, chiedere di cambiare lavoro dopo un po’ di tempo è sano e funzionale alla tua crescita lavorativa, non necessariamente devi porla come una questione di “non sopportazione” del tuo capo difficile.
Ed è bene che tu lo faccia dopo aver fatto la stessa richiesta al tuo capo difficile e mellifluo e al relativo superiore: e non perché loro ti daranno ascolto se sono caratterizzati come ti ho già descritto, ma solo perché non possano dirti un giorno “ma a noi non l’avevi detto” e perché elevarsi significa fare la differenza.
Bypassarli sarebbe attuare lo stesso comportamento che loro applicano a te. Ma tu, sei meglio di loro.
Strada n° 2 – cambiare lavoro internamente/cercarlo altrove
Al di là del percorrere queste strade, quello che mi preme farti presente ora è il danno che stai facendo a te stesso, subendo questa situazione che vivi come intensamente negativa, senza cercare rimedi, quali chiedere un cambio di lavoro interno,o fosse anche cercare lavoro presso altre aziende se non lo hai già tentato.
Se non lo fai è interessante capire cosa ti frena o cosa ti frena dal cercare altre strade in generale.
Visto che questa convivenza forzata con il capo difficile porterà irrimediabilmente al peggioramento della tua vita e imbruttimento della tua persona, quello su cui ti invito a riflettere è: che cosa ti impedisce di “ribellarti” o di fare qualcosa di diverso da quello che hai fatto sino ad ora, compreso, appunto, cercare lavoro altrove internamente o esternamente, qualora la situazione sia per te insostenibile?
Cosa ti spaventa? Cosa ti frena?
Le possibili ripercussioni?
Guardati attorno: a chi ha osato ribellarsi al capo difficile, se hai degli esempi intorno, che cosa è successo?
Ha risultati così tanto peggiori di chi come te invece “sopporta” il capo difficile e mellifluo? O magari uguali o simili?
Pensaci bene, anche nel lungo termine, se vuoi restare dove sei, cosa è che premia nella tua famiglia professionale in questo momento e con i capi che ci sono?
E quello che tu vedi essere un comportamento premiato per crescere professionalmente, saresti in grado di sopportarlo o attuarlo?
Risponde alle tue aspettative di carriera e monetarie? Sarebbe in sintonia con il tuo ideale di vita e con i tuoi valori? Se no, cosa hai da perdere a tentare altre strade?
Conosci qualcuno che da dove sei tu se ne è andato? Come ha fatto? Sta meglio, sta peggio, lo conosci, gli hai mai chiesto un confronto per capire come ha ottenuto ciò che voleva?
Usare e “modellare” il “come” delle esperienze altrui è sempre un ottimo modo per uscire fuori da situazioni difficili.
Ti spingo al limite: immagina la tua situazione attuale di scontentezza protratta fino alla pensione!
Pensi di poterla sopportare? Se la riposta è no, ti faccio presente che più tempo resti dove sei, più aumenti le probabilità che accada esattamente questo, e che tu possa passare da un ufficio all’altro con poca capacità di decidere delle tue sorti.
E’ quello che vuoi? Benissimo.
Non è quello che vuoi? Fai qualcosa. Ora. Non fra 1,2,3 o 4 anni. Ora. Comincia a pensarci ora e a farlo ora.
Soprattutto nella nostra cultura è diffuso il concetto della sopportazione e del sacrificio, per cui l’idea di sopportare e sacrificarsi diventa quasi un “must” e “fa molto figo”.
Spesso è una cultura diffusa nelle aziende italiane considerare “dei grandi” quelli che lavorano ad oltranza.
Sappiamo bene che nei paesi del Nord Europa non è così, in media. La domanda che sarebbe opportuno porsi invece è: se c’è tutta questa necessità di lavorare oltre ogni limite, non è che serve un rinforzo di organico?
O magari si tratta di disorganizzazione allo stato pure e basta? E se così fosse, ne devi fare le spese per forza tu? Dove sta scritto? Tirartene fuori quali conseguenze potrebbe avere? E’ temporanea o strutturale questa situazione?
Inoltre, una cosa è sacrificarsi e sforzarsi in funzione di un obiettivo che si concretizza o ha alte probabilità di concretizzarsi, altra cosa è sacrificarsi per la patria, senza infamia, senza lode, per la gloria di nessuno e pure digerendo tonnellate di bocconi amari subendo un capo difficile…
Ecco..nel nostro paese questa seconda accezione di sacrificio e sforzo è diventata la normalità, per questo, credo, siamo il paese con la tassazione più alta d’Europa…
Diciamo che sarebbe bene tu ti prefissassi una data limite entro la quale vedere realizzati i tuoi obiettivi di crescita professionale, per cambiare rotta al non verificarsi di certe condizioni. Non lo hai ancora fatto? Comincia.
Ogni giorno deve avere la sua ricompensa.
Se stai pensando che è una affermazione banale, ti domando: ogni giorno quante ricompense ti regali?
Il fatto di sentirci immortali o di pensare che le cose brutte del mondo possano accadere solo agli altri, potrebbero indurti a passare giorni senza dedicarti a quella passione a cui tieni tanto (se ne hai una, se non la hai ti invito a farti qualche domanda), senza ridere con qualcuno, senza fare quella telefonata/visita a chi vorresti, senza oziare, o più in generale, senza il piacere di fare/non fare qualcosa che ti regali quello che tu consideri godimento puro.
Più giorni passi senza darti una ricompensa, più rischi di assomigliare ad una pianta che non è annaffiata.
Sai vero che fine fanno le piante senza ricevere acqua? Ora non venirmi a dire “si ma io sono una pianta grassa e le piante grasse possono stare anche senza acqua” perché parli ad una che è riuscita a far morire pure quelle, sebbene ne richiedessero molta meno delle altre …
Il darti una ricompensa quotidiana è un buon modo per conferire qualità alla tua vita in attesa di capire cosa sia meglio per te, nel medio e lungo periodo.
Una volta capito poi, hai solo da passare all’azione. Inoltre aumenta comunque anche la tua resa in ufficio. Non lo dico io. Le persone serene, lavorano meglio.
Richard Branson, fondatore della Virgin è balzato alle cronache per aver abolito gli orari di lavoro.
Lo fa per il bene dei suoi dipendenti? No, lo fa per il suo tornaconto, perché le persone serene lavorano di più e meglio e ha capito che il suo tornaconto dipende strettamente da quanto a loro volta, i suoi dipendenti, trovino soddisfazione nella loro vita in senso più ampio.
In Italia siamo anni luce da un modello simile, ma, per dovere di cronaca, lo riporto perché è un elemento informativo a sostegno di quanto dico.
Ricapitolo: ti ho fatto ragionare sulle conseguenze di lungo termine qualora tu, adesso, viva una situazione lavorativa che consideri insopportabile o insoddisfacente a contatto con un capo difficile.
Abbiamo vagliato diverse possibilità di scelta su come agire, ti ho parlato di come ogni giorno debba avere la sua ricompensa .
Adesso cosa fai, accampi scuse o ti muovi?
Esiste sempre una possibilità di scegliere. Ma le scelte siamo noi a crearle.
Non esiste meta che non sia stata raggiunta da chi aveva una motivazione forte e un obiettivo ben preciso in mente.
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Federica Crudeli