
CAPO ACCENTRATORE: 6 PASSI PER CONQUISTARE AUTONOMIA!
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Hai un capo accentratore? Ti senti demotivato, non visto, non valorizzato, non apprezzato, infastidito, irritato dal suo atteggiamento? Passi le giornate a scarto ridotto perché hai meno cose da fare di quello che vorresti? Ecco 6 passi da seguire per guadagnarti la sua fiducia e maggiore autonomia.
[Tweet “”Conosci il tuo nemico.” – cit. Sun Tzu”]
La prima cosa che puoi fare, prima di agire con i 6 passi che ti consiglio al punto n° 4 dell’articolo, è conoscere il tuo “nemico” e le ragioni che lo spingono ad agire così: disporrai di una chiave di lettura diversa con la quale guarderai diversamente soprattutto te stesso…anche se può sembrarti strano!
Premessa: capire il capo accentratore, non significa giustificarlo!
1 – Chi è un capo accentratore?
Un capo accentratore è mediamente caratterizzato da questi comportamenti:
a) di 100 cose che ci sono da fare, in sostanza ne fa circa il 70%, curandole direttamente lui nella maggior parte degli aspetti, e quelle poche attività che delega comunque non possono sfuggire la suo controllo;
b) pretende di essere presente a qualsiasi iniziativa che riguardi la sua area di business e se non può esserlo, a malapena delega pochissime persone ma comunque solo stretto controllo e previa sua autorizzazione;
c) non tollera che qualcuno al di fuori della sua area si rivolga direttamente ai suoi collaboratori anche per attività minori. Si sente “scavalcato”;
d) tende ad essere permaloso, nel senso che fargli notare una qualsiasi possibilità alternativa di gestire alcune attività costituisce per lui motivo di “offesa”;
e) tiene la sua conoscenza ed esperienza per se;
f) accetta qualsiasi richiesta gli venga fatta dall’alto, e per soddisfarla prima possibile, la sua struttura è perennemente in sofferenza;
g) lascia ai collaboratori la gestione/esecuzione di attività più routinarie e ripetitive mentre gli incarichi più complessi li gestisce direttamente lui;
h) ha poca cura nel trasferire le attività che cambiano, il contesto in cui si collocano, gli effetti dei cambiamenti in atto.
2 – Gli effetti sulle persone e sul business dei comportamenti del capo accentratore
Questo comportamento genera rallentamenti delle attività e inefficienze, ma cosa ben più grave, la demotivazione di tutti i collaboratori, e conseguentemente, un pessimo clima lavorativo, fatto di lamentele, e aggressività “strisciante”.
Demotivazione che peggiora se questo capo si avvale solo di una/due persone di fiducia per fare, seppure limitatamente, alcune cose più complesse alimentando gelosie, acredine, maldicenze.
Inoltre con un capo accentratore, le possibilità di crescita intese come sviluppo di una maggiore padronanza dell’attività, sono limitate.
3 – Perché ha senso capire cosa si nasconde dietro questo atteggiamento?
Capire cosa si nasconde dietro a questo atteggiamento ti è utile, come ti dicevo sopra, non per giustificare chi, rivestendo un tale ruolo, forse dovrebbe operare in tutt’altro modo, ma per farti guardare alla situazione con empatia da un altro punto di vista che non vede nessun legame esistente fra il comportamento del capo accentratore e le tue presunte o meno capacità.
Ebbene, quali possono essere le motivazioni alla base di un comportamento simile? L’ansia da prestazione esasperata ai massimi livelli, di cui ti ho già parlato nel mio articolo “L’ansia da prestazione lavorativa ti divora?Divorala tu in 5 bocconi”.
L’obiettivo finale dell’accentratore, più o meno consapevole, è preservare il suo potere, la sua posizione, attraverso la continua dimostrazione di meritarsela con la ricerca della perfezione e del controllo totale ansiolitico.
L’ansioso è talmente chiuso nel suo loop mentale tutto fatto di ansia che non si accorge minimamente degli effetti che ha, sia sull’operatività corrente che sui collaboratori: è cieco. Non sente, non vede. Ha a cuore solo se stesso , la sua ansia e la sua ovvia necessità di placarla controllando e accentrando tutto, e questo nulla a che vedere con la volontà di denigrare te e il tuo lavoro.
L’ansia è una bruttissima “bestia”. Se tu “soffrissi” di ansia come lui, e non disponessi di strumenti per farla cessare a monte, faresti la stessa cosa che fa lui. Ad aggravare la situazione c’è il fatto che spesso, il capo accentratore è anche inconsapevole di soffrire di ansia.
4 – Bene, adesso che conosci i motivi di questo comportamento, cosa puoi fare?
Subire in silenzio, o lamentarti con gli altri, se è quello che hai fatto fino ad ora, non credo ti porterà molto lontano. Lo sai vero?
Spesso in queste situazioni si crea un muro del pianto infinito fra colleghi dove di fondo, nessuno fa nulla per cambiare lo stato delle cose, eccetto lamentarsi di gran lena. Il fatto che continuino a farlo in molti, non significa che sia una cosa sensata. E soprattutto, non produce cambiamenti positivi per nessuno, anzi…
Parlaci! Chiedi un colloquio e procedi nel seguente modo:
1) chiedigli un momento adatto per lui, in cui può dedicarti del tempo con serenità. Sembra banale ma non lo è. Ci sono fior fiore di trattative fallite solo per essere state affrontate nel momento sbagliato;
2) preparati prima e con cura il modo giusto di rivolgerti al capo accentratore: se è il tuo capo immagino avrai osservato nel tempo in quale modo è possibile entrarci in relazione bonaria senza farlo surriscaldare subito.
Ti ricordo che potrebbe essere persona dallo scatto di nervoso facile, perché è ansiolitico e suscettibile. Dire cose giuste nella sostanza adottando il modo sbagliato, è l’assicurazione per il fallimento totale.
Osserva le parole che usa più spesso. Osserva cosa lo lascia tranquillo. Osserva cosa gli fa piacere.
Se non conosci quello che gli fa piacere, almeno conoscerai di sicuro quello che lo irrita. Bene. Fai il contrario.
Se qualcuno prima di te ha già tentato di esporgli il problema senza risultato, preoccupati di capire veramente in quale modo gli si è rivolto. Potresti scoprire che non ha ottenuto nulla perché si è posto nel modo meno adatto per quell’interlocutore.
3) comincia col chiedergli che vorresti conoscere l’opinione che ha di te sul lavoro, come stai andando.
Gli dai importanza e considerazione e intanto acquisisci informazioni utili per la fasi successive del colloquio, soprattutto se di te ne ha una buon opinione.
In base a cosa rifiuterebbe quanto stai per chiedergli? Se invece di te non avesse una buona opinione, va da se che prima di passare ai successivi punti, allora hai da capire bene come fare ma in un senso di diverso da quello trattato qui.
4) esprimi chiaramente ed in modo specifico quello che desideri per te nella tua attività volgendo la questione al futuro, senza recriminare troppo sul passato.
Comincia identificando un ambito piccolo in cui vorresti più autonomia. In questo modo introdurrai una “piccola breccia” di cambiamento per lui più facilmente digeribile rispetto alla richiesta di qualcosa di “esageratamente grande” .
Ovviamente un accentratore di punto in bianco non ti darà mai totale autonomia per una cosa che lui ritiene troppo importante.
Se anche tu hai le idee vaghe su quello che vorresti è bene che te le chiarisca prima di parlare. Faresti una pessima figura chiedendo un colloquio per poi non mostrarti capace di esprimere qualcosa di compiuto.
Perciò pensa a tutto quello che vorresti fare, esponilo e chiedigli quale risultato lo farebbe sentire “garantito” della tua buona riuscita.
5) motiva la tua richiesta parlando di te, di come ti senti sul lavoro, sempre in prima persona senza cadere nella tentazione di usare frasi del tipo “tu mi demotivi, tu non mi dai fiducia, tu non mi valorizzi”.
Queste alle sue orecchie suoneranno come accuse. E in effetti lo sono. Perché dal suo punto di vista, molto probabilmente lui sul lavoro bada solo a placare la sua ansia, non a denigrare te.
Prenditi piuttosto la responsabilità delle cose che pensi e senti e usa “io mi sento demotivato, poco valorizzato, non degno di fiducia”.
Evita paragoni con altre persone. Evita anche di calcare troppo la mano su questo aspetto esagerando con le recriminazioni.
6) elenca in modo più descrittivo e fattuale possibile, senza giudizio, i fatti accaduti che sostengono il tuo modo di sentirti e che sono necessari durante il colloquio a fargli comprendere le circostanze che motivano la tua richiesta di maggiore autonomia.
Se segui nel modo corretto questi punti avvierai un confronto civile, rispettoso, cortese, che potrà essere solo costruttivo (sempre se rispetti questi suggerimenti nel modo di parlare) e porterà sicuramente ad un miglioramento, piccolo e progressivo.
Ora, va da se che un capo accentratore in quanto ansiolitico, difficilmente cambierà in 2 giorni quello che fa da anni. Certo è che l’avergli aperto una visione differente dall’unica che conosce (la sua), con una richiesta “piccola” costituisce un precedente.
Certo è anche che se la sua tendenza caratteriale è quella, magari avrai da reiterare periodicamente le tue richieste sempre per piccoli step e con margini via via crescenti di ampiezza.
Ma se riesci a strappargli una fettina di autonomia, e poi nei fatti gli dimostri che sei capace di sostenerla, lui non avrà motivi per negarti un successivo ampiamento di attività anche nella richiesta successiva, dato che lui stesso potrà beneficiare di un carico di lavoro alleggerito.
Resta anche la possibilità di richiedere di cambiare ufficio, in ultima istanza, qualora proprio la situazione si riveli immodificabile.
D’altra parte visto che il capo accentratore tende alla perfezione e controllo di tutto, il fatto che un collaboratore lavori per lui infelicemente costituisce qualcosa di cui occuparsi. Almeno temporaneamente.
Senza contare che se inizi tu a parlare, magari ti seguiranno anche tutti gli altri colleghi (a meno che tu fossi l’unico a vivere questa dinamica). A quel punto, per massa critica, sarà costretto a fare i conti con il fatto che il problema è davvero lui e magari si adopererà per cambiare in meglio.
Nessun capo gradisce di essere considerato tale solo nella forma.
Malgrado la sua reazione non sia prevedibile, di sicuro quando qualcosa “cambia” nella relazione fra parti, cambia anche il risultato. E cambierà in meglio se segui questa strategia.
Ricapitolando, ti ho definito chi è il capo accentratore, che effetti genera sul lavoro, per quali motivi si comporta così, e come introdurre dei piccoli cambiamenti “strappandogli” margini di autonomia progressivamente crescenti guadagnandoti la sua totale fiducia.
Ti è chiaro che il suo essere accentratore non ha quantomeno nulla a che vedere con la tua presunta incapacità?
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Grazie
Federica Crudeli
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