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CULTURA AZIENDALE, MANAGER, POTERI E PATOLOGIE
Ciao e Benvenuto a Lavorare col Sorriso!
Oggi ti parlo di patologie fra i manager e dell’esito di una ricerca interessante sul legame fra management, potere, cultura aziendale e rischi annessi.
Il tipo di relazione che esiste fra questi “elementi” citati mi ha sempre affascinato.
Soprattutto per quanto riguarda il legame potere – tratto caratteriale tipico di chi, più di altri, ambisce a ruoli di potere.
Sebbene nella mia cassetta degli attrezzi di counselor disponga fra gli altri dell’Enneagramma come mappa di decodifica della personalità, e della visione caratteriologica-evolutiva di S.M. Jhonson, che in questo senso aiutano ad identificare quali tratti caratteriali più di altri si sposino bene con le ambizioni di potere, la mia curiosità è sempre iperattiva.
Ho trovato qualche spunto di riflessione dalla lettura del libro “Colpevoli della crisi – Psicologia e psicopatologia del colletto bianco” – autori Merzagora- Travini- Pennati) che ho scoperto per caso in un programma TV – di cui condivido alcuni passaggi in parte tali e quali, in parte parafrasati, come spunto sul tema della cultura manageriale.
Salto tutta l’analisi che gli autori fanno su come possa essere qualificato il crimine dei colletti bianchi in termini storici, giuridici e di teorie psicologiche a spiegazione dello stesso e sulla caratterizzazione del tratto caratteriale “psicopatico”.
Il libro cita come pioniere Boddy (2005) che ha approntato uno strumento diagnostico sui “Corporate Psychopaths” e che “attribuisce parte della attuale crisi finanziaria globale alla presenza ai vertici di molte aziende, soprattutto finanziarie, di persone con caratteristiche tipiche degli psicopatici, quando non di veri e propri psicopatici (…) i cui tratti talvolta possono essere facilmente equivocati con quelli della leadership, ad esempio: il fascino confuso per sicurezza di sé e carisma, capacità manipolatorie intese come capacità di persuadere tipica dei leader, la mancanza di empatia scambiata per la capacità di sapersi rendere impopolare quando necessario e il saper mantenere il sangue freddo.
Buddy rileva che la presenza di psicopatici ai vertici delle aziende si attesta sul 3,5% ma la loro pericolosità è valutata superiore all’incidenza numerica in quanto in forza della posizione di potere che ricoprono sono in grado di portare alla rovina economica l’azienda ed emotiva il personale (…) con altri pareri che sostengono come questi soggetti caratterizzati da individualismo, materialismo, competitività, piuttosto che benessere comune, attecchiscano soprattutto nei paesi occidentali.
Una ricerca di Babiak e collaboratori nel 2010 ha rilevato su 203 manager che il 77,8% presentava tratti psicopatici e che tipicamente fossero uomini (non solo perché numericamente maggiori nelle posizioni di potere ma anche perché è un dato a quanto pare scientificamente provato che sono più gli uomini delle donne propensi a delinquere in senso economico).
Buddy stesso nel 2011 con un questionario somministrato a 346 colletti bianchi in posizioni apicali in Australia rilevò che il 25% presentava tratti psicopatici.
Un’agenzia statunitense preposta a monitorare le perdite economiche da “white collars crime” stimava che:
- più del 50% delle aziende sarebbe state infettato dal crimine economico
- il 75% sarebbe stato privato delle risorse
- il 36% avrebbe sofferto frodi
- il 23%furti di proprietà intellettuali
- il 14% subito atti di corruzione
- il 12% atti di riciclaggio
Gli autori del libro, mossi ingenuamente (testuali parole loro) dal voler prevenire il rischio di perdite economiche anche in Italia, sono riusciti a somministrare il questionario solo a n° 52 manager di aziende italiane milanesi.
Finalità: rilevare i tratti della personalità psicopatica comprensivi di egocentrismo machiavellico, esternalizzazione della colpa, freddezza emotiva, immagine di sé edulcorata e menzognera.
La maggior parte ha declinato l’invito a partecipare …”perché i panni sporchi si lavano in famiglia” ottenendo quindi un campione ridotto.
L’esito però è stato comunque coerente con quelli di più ampie e precedenti ricerche effettuate all’estero:
- 12 questionari sono risultati non validi in quanto i soggetti hanno mentito o non si sono applicati abbastanza, dicono gli autori “indicando una certa propensione alla menzogna e manipolazione”
Dei restanti 40 protocolli validi:
- una, peraltro donna di 30 anni, rientrava nella qualifica di psicopatica
- Il 12,5% dei restanti casi ha presentato tratti psicopatici superiori alla media
Il libro sul finire chiosa con “Ci si può chiedere se psicopatici si nasce o si diventa, cioè se persone che sono già così riescono a scalare meglio le vette e se per ricoprire posizioni apicali sono selezionati i migliori, oppure se è il clima aziendale a renderli così. Fatto sta che sono lì”.
Beh, dico io, non viviamo in un mondo perfetto, vuol dire che l’87,5% del campione esaminato non presenta tratti psicopatici.
Poi però mi domando anche, ma è tollerabile che nei ruoli manageriali ce ne sia anche solo uno così, considerando la responsabilità affidata a queste figure?
Se il tema non suscita interesse per i “costi umani” legati allo stile manageriale di queste persone (con annessi costi sommersi per assenteismo, demotivazione, scarsa collaborazione, ansia e stress etc..) potrebbe almeno suscitarlo dal punto di vista del rischio d’impresa?
Difficile sintetizzare tutto il contenuto del libro ma la considerazione che mi viene da fare è che il “dividi et impera” pare funzioni ancora molto.
Dice Alessandro Bergonzoni “Sono a favore della chirurgia etica, bisognerebbe rifarsi il senno”.
Se hai a che fare con un capo accentratore ad esempio leggi questo articolo.
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Federica Crudeli
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LA GUERRA DEI POVERI: UNA RIFLESSIONE!
Ciao Bentornato a Lavorare col Sorriso!
La guerra dei poveri: oggi faccio una riflessione provocatoria per sorridere con te di tutti i prevaricatori sociali sul posto di lavoro (e anche fuori) a patto che tu sia disposto un attimo ad aprire la tua mente senza stare attaccato alle singole parole ma cercando di cogliere il senso di quanto sto per dire …
[Tweet ““ Se puoi ridere di una cosa puoi anche cambiarla”– cit. R. Bandler”]Oggi sento la necessità di manifestare la vena ironico-sarcastica che mi contraddistingue, anche se non ho una ragione precisa, quanto piuttosto l’esigenza di esprimere le mie opinioni, sia per dare uno scossone a tutti coloro che “subiscono” psicologicamente gli abusi/soprusi di potere da parte di qualche soggetto che si sente illuminato solo perché ricopre una qualche carica sul lavoro o in qualunque altro contesto, e magari ne soffrono pure piuttosto che riderci sopra. Anche fragorosamente direi…
Il mondo è pieno di prevaricatori sociali, di persone che sgomitano per arrivare primi, per farsi belli, per questioni di prestigio, per denaro, per una posizione.
Per me lo “sgomitare”, in questa accezione, fa parte della così detta “guerra dei poveri”. E vorrei invitare tutti i lettori a riflettere in questo senso.
Dal momento in cui ognuno di noi si muove in un certo ambiente lavorativo, va da se che normalmente sarà inserito in un contesto più ampio, fatto di molte persone, che a diverso titolo sono coinvolte in teoria, a giocare su uno stesso campo la stessa partita, e in teoria, per un obiettivo comune.
Poi dalla teoria si passa alla realtà: gli obiettivi comuni diventano obiettivi di singoli che vogliono “prevaricare” il prossimo pur di ottenere o soldi, o cariche, o visibilità, o riconoscimenti in generale. Per farne cosa, poi di preciso? Eccetto gonfiare il proprio ego?
Il fatto è che se questa corsa verso una presunta porta avversaria fa una strage di morti e feriti, a pochi importa. L’importante è arrivare.
Spesso si perde però di vista che nel tentativo di arrivare primi, in realtà si sta solo sprecando una quantità immane di energia, impiegabile più nobilmente per altri fini, a danno di altre persone, che guarda caso, sono altrettanto umani.
Tradotto in “economichese”, questa è la logica del WIN – LOSE, ben distante dal ben più costruttivo cercare soluzioni WIN – WIN teorizzato dal Premio Nobel Nash.
Le persone che in azienda si muovono nella logica WIN – LOSE per me assomigliano più ai primati che altro. Cioè sono la manifestazione più bassa e becera dell’umanità.
Venderebbero pure la madre, la sorella, il fratello, la moglie, il marito, la dignità e così via pur di ARRIVARE.
Ecco. Intanto, arrivare si ma dove? (zan zan?)Perché, dopo essere arrivati la loro vita quale sensibile miglioramento potrà avere, a parte, forse (e non è detto) quello economico?
E a che prezzo si è disposti ad arrivare? Quello di guadagnarsi la disistima di chiunque?
E’ mai possibile che in un’era così presumibilmente avanzata, il mondo sia pervaso da persone che non riescono a guardare oltre il loro orticello e non riescono ad inquadrare la loro situazione in una cornice più ampia e di lungo periodo?
Si, è possibile.
E’ possibile che in questo mondo così civilizzato esistano così tante persone che sono disposte a seminare zizzanie, a prostituirsi mentalmente pur di stare sempre sulla breccia, a cambiare opinione in funzione della sola e pura convenienza personale?
E’ possibile che preferiscano omettere, celare, insabbiare, nascondere, deviare, pur di mantenere un vantaggio sul capo di gioco?
Si.
Ecco, io credo che questo modo piccolo e ristretto di pensare sia la causa della stragrande maggioranza dei problemi in cui versa l’intero paese. Anzi, esagero, l’intero mondo.
In metafora, mi sembra la traslazione in chiave moderna di quello che avrebbero potuto vivere due schiavi impiegati sui campi di cotone che legati mani e piedi su un barcone da trasporto, si mettono a litigare e si scannano per chi fa per primo la spia di quello che ha preso 40 grammi di pane in più perché stava morendo di fame.
Sempre schiavo resti, sempre sulla barca in alto mare sei, sempre a servizio di un padrone rimani, anche se prendi il comando della barca e anche se ti guadagni qualche simpatia facendo la spia…
A buon intenditor poche parole! 🙂
E adesso non vengano fuori le associazioni a difesa di non so cosa perché ho usato una metafora per traslare nel tempo un concetto … chi ha elasticità mentale la usi… per favore… chi non la ha smetta pure di leggere!!!
Cosa si può fare di costruttivo? Di sicuro non si possono eliminare le persone così, in fin dei conti ognuno è libero di scegliere quale parte vuole fare nel mondo.
Quanto meno si può cercare di non farne parte, o di prendere le distanze da taluni modi di fare. E poi riderci sopra.
Si può osservare questo buffo dimenarsi con una discreta dose di distacco, e vedere come nel Circo Barnum dell’umanità, forse, se non esistessero queste persone, esisterebbero meno caricature di cui ridere.
Certo, se ce ne fossero meno in giro di queste caricature, stare più larghi schifo non farebbe, ma tant’è …
Prendo in prestito una frase di Pasolini che ho trovato girando su internet e che in realtà è quella che mi ha ispirato questo post, invitandovi a sorridere!
“Penso che sia necessario educare le nuove generazioni al valore della sconfitta. Alla sua gestione. All’umanità che ne scaturisce. A costruire una identità capace di avvertire una comunanza di destino, dove si può fallire, ricominciare senza che il valore e la dignità ne siano intaccati. A non diventare uno sgomitatore sociale, a non passare sul corpo degli altri per arrivare primo. In questo mondo di vincitori volgari e disonesti, di prevaricatori falsi e opportunisti, della gente che conta, che occupa il potere, che scippa il presente, figuriamoci il futuro, a tutti i nevrotici del successo, dell’apparire, del diventare. A questa antropologia del vincente preferisco di gran lunga chi perde. E’ un esercizio che mi riesce bene. E mi riconcilia con il mio sacro poco”.
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Federica Crudeli