
STRESS LAVORATIVO: COME PREVENIRLO
Ciao e Bentornato/a a Lavorare col Sorriso
Oggi ti parlo di stress lavorativo e di approccio alla vita lavorativa utile a prevenirlo ricordando che la valutazione dello stress lavoro correlato a carico dei datori di lavoro è stata introdotta con il D. 81/2008 noto anche come Testo Unico per la Sicurezza sul Lavoro.
Non ripeto quanto puoi leggere nell’articolo che condivido qui dell’Agenzia Europea per la sicurezza e la salute sul lavoro.
https://osha.europa.eu/it/themes/psychosocial-risks-and-stress
Vado un secondo oltre a quanto è riportato nella pagina linkata sopra e vado al di là della valutazione dello stress lavorativo a cui è tenuto il tuo datore di lavoro: mi interessa parlarti della dimensione soggettiva del tema, ossia di quello che ha a che fare con te, uomo, donna che tu sia.
Nella mia esperienza noi umani abbiano in media una insana tendenza a strafare senza mettere limiti e freni alle richieste che ci fa la vita.
Le donne poi, in questa corsa a volte al massacro, diciamocelo , sono le paladine.
Non lo dico per sminuire le donne (visto che anche io lo sono) ma perchè essendo dotate di un corredo biologico adatto a contenere una vita (a prescindere che poi diventiamo o meno madri) abbiamo una particolare vocazione al sacrificio, alla relazione, alla comprensione dell’altro e relativi bisogni, in quanto parte appunto del nostro corredo genetico.
Questo vale “in media” con tutti i distinguo e le eccezioni del caso. Esistono anche molti uomini con la stessa tendenza.
Ma perché noi umani tendiamo naturalmente e spesso a voler strafare andando incontro alla possibilità di sperimentare uno stress lavorativo che supera la nostra soglia di tolleranza?
Penso per una scarsa abitudine all’ascolto di noi stessi: mediamente rimuginiamo sulla lite col capo/collega/collaboratore del giorno prima, a quello che avremmo potuto dire o fare di meglio, all’errore fatto e così via, oppure, quando non siamo nel loop vizioso di ieri, siamo in affanno per quello che verrà/potrà venire domani.
In sostanza il tempo che spesso ci concediamo per pensare e vivere il momento è quasi nullo. E questo comporta che quello che oggi esiste veramente in noi, adesso, nel corpo, non lo ascoltiamo.
Spesso trattiamo il corpo come una nostra appendice che ci porta a spasso dimenticandoci che noi SIAMO un corpo.
Quindi quella bronchite la trascuriamo, quella strana allergia la lasciamo lì che va e viene, la dermatite pure, i dolori alla cervicale anche, la lombalgia con un po’ di crema e la palestra la sistemiamo.
Quei crampi di nervoso che ci vengono per colpa del capo/collega di turno li annaffiamo con qualche caffè di pausa o l’ aperitivo, o un pò di distrazione su facebook e instagram a curiosare nei profili o a leggere meme per distrarsi.
Quando vogliamo sfuggire alla morsa del passato o del futuro cerchiamo il divertimento, la leggerezza e la spensieratezza. Sacrosanto direi.
Insomma in media sfuggiamo a un tipo di fare per scegliere un altro fare.
Dai oggi, dai domani, tanti sintomi trascurati nell’oggi magari diventano un problema grosso grosso domani.
Già in un precedente articolo ho parlato del valore immenso invece di qualcosa che nell’era della tecnologia e iperconnessione è considerato una aberrazione: ossia l’ozio di cui ti parlo in questo articolo (link).
Fare niente è considerato un peccato mortale nel mondo di oggi, iperconnesso e caratterizzato da migliaia di stimoli di tutti i generi.
Insomma la nostra tendenza innata è a prenderci cura di un sintomo solo quando diventa un problema che non possiamo più evitare di guardare.
E magari nel frattempo ci consoliamo pensando al famoso mal comune mezzo gaudio: essere in tanti a condividere un certo modo di vivere ci fa sentire meno soli anche nelle difficoltà.
Tanto poi a tempo debito lo farò, me ne occuperò, ci penserò.
La differenza vera però fra le persone che subiscono la vita e quelle che la padroneggiano e sono capi di loro stessi invece, è proprio quella non di lasciarsi vivere, ma di ascoltarsi e regalarsi del tempo ORA.
Regalarsi il tempo di guardare a quel malessere, a quel sintomo ricorrente, a quel pensiero ossessivo, a quel dolore cronico, a quel fastidio che si ripresenta puntuale in certe circostanze per vedere di sradicarlo.
Farlo per tempo evita che una cosetta da poco diventi o un problema irrimediabile o a un problema a cui porre rimedio diventa oltre modo costoso, sia per il fisico, che per altre implicazioni di vita.
Gli esiti di una ricerca scientifica possono venirci in aiuto a comprendere i comportamenti che possono portare allo stress lavorativo.
Fra l’altro esiste una ricerca scientifica sul comportamento somministrata nel 1972 dallo psicologo Mischel.
L’esito delle ricerca prova che nella vita hanno avuto più soddisfazione, successo e gratificazione coloro che, potendo scegliere fra una gratificazione immediata piccola (per noi l’aperitivo ammazza pensieri di turno) e una grande poi, hanno scelto il secondo tipo di approccio.
L’esperimento è stato condotto su un campione di 600 bambini di quattro anni che sono stati sottoposti a test di verifica 14 anni dopo e 40 anni dopo .
Al contrario coloro che non riuscivano ad esercitare un controllo cognitivo sugli impulsi più immediati erano propensi a sviluppare problemi nel comportamento e scarsa socializzazione, bassa autostima e alto senso di frustrazione.
Ecco il link con l’esito dell’esperimento:
“Behavioral and neural correlates of delay gratification 40 years later”
Perché questo accade? Perché questi bambini prima e adulti dopo, sono stati capaci di farsi incantare meno dalle sirene lusinghiere del finto piacere immediato.
Hanno scelto invece di perseguire un senso di piacere più durevole, autentico ed appagante nel lungo periodo gestendo meglio loro stessi, evidentemente avendo più consapevolezza di cosa facesse al caso loro e cosa no.
Tu che approccio hai alla vita quindi?
Se vivi un momento di difficoltà o affaticamento evita di fare la fine della rana bollita o di finire ad alimentare la banca dati dei lavoratori stressati del tuo datore di lavoro.
Prenditi del tempo per ascoltare tutti i segnali che il corpo ti manda prevenendo lo stress lavorativo.
Cosa aspetti?
Se ti senti sotto pressione e vuoi un aiuto considera l’ipotesi di usufruire del mio percorso “Lavora col Sorriso”.
Come iscritto alla Newsletter puoi godere di una agevolazione.
Buona riflessione!
Federica
Learn MoreAFFRONTARE LA PANDEMIA: ACCETTA IL CONSIGLIO PER QUESTA VOLTA
Convivere con la Pandemia: un video per affrontare lo stress e la tensione che caratterizzano questo momento storico.
Learn More
L’OZIO: ANTISTRESS GRATUITO SOTTOVALUTATO
L’ozio: un anti-stress gratuito sottovalutato. Ricavarsi del tempo per oziare riposa la mente, sviluppa la creatività e aiuta a distaccarsi dalla routine. Perchè è così poco incoraggiato a livello sociale?
Learn MoreLA VERA DISABILITÀ È FISICA O MENTALE? UNA LEZIONE DI VITA E 5 RISPOSTE – PARTE II
Ciao Bentornata/o a Lavorare col Sorriso!
Proseguo questa settimana l’articolo “La vera disabilità è fisica o mentale? Una lezione di vita e 2 riposte – Parte I” iniziato la scorsa settimana per indurre un riflessione sulla vita lavorativa e non, e su come valorizzare al meglio il nostro tempo.
Oggi ospito le successive 5 domande che ho posto a Nicola Codega, 46 anni, un mio ex compagno di università, ex atleta, che dal 1998 è paralizzato su una sedia a rotelle dopo un brutto incidente procuratogli da un guidatore distratto.
[Tweet ““ Se io posso volare con la mia sedia, voi potere volare con la mente”– cit. Nicola Codega “]
La scorsa volta ci hai parlato di come affronti oggi le sue difficoltà e dell’importanza che ha avuto per te lo sport prima dell’incidente e che ha ancora adesso.
Mi colpisce molto il fatto che tu abbia provato più sport da poter praticare da seduto: sei andato per tentativi fino a trovare quello che, come dici tu, rispecchia meglio l’istintività del tuo carattere. Insomma, ti sei buttato e hai agito!
Una bella lezione rispetto alla colpevolizzazione che possiamo attuare verso noi stessi quando pensiamo di “arrivare troppo tardi” a capire delle cose di noi, dimenticandoci che la vita è un percorso che procede per tentativi ed errori attraverso lo sperimentare concreto delle esperienze.
Uno dei problemi che più frequentemente mi riportano i lettori è l’ansia: ossia la paura di non essere all’altezza di attività o incarichi, o la paura di sbagliare, o il timore del giudizio altrui. Insomma una “paralisi” mentale a fronte di una qualche necessità di “buttarsi”.
Paure che limitano, bloccano e inibiscono il fare concreto con una certa serenità.
Oltre ad aver sperimentato il teatro e nuove sfide sportive, hai tenuto molti discorsi in pubblico e quindi ti sei esposto anche alla paura di non dire le cose giuste, al timore di cosa avrebbero pensato gli altri di te …
F – Domanda 3
Che rapporto hai con la paura nel fare cose nuove e come ti rapporti al “giudizio altrui” oggi?
N – Risposta 3
L’ansia fa parte di me, fa parte di voi, fa parte di tutti.
Quelli che dicono che non ne soffrono magari ne soffrono più di noi ma non lo vogliono ammettere.
Quando viviamo l’ attesa di un appuntamento importante che sia di lavoro che sia sentimentale che sia di qualsivoglia natura è normalissimo che ci sia l’ansia perché se non ci fosse significherebbe che in realtà quello che aspettiamo non è per noi così rilevante.
L’ ansia, il timore di non farcela, l’ho provato tantissime volte: prima di una gara importante, di una partita, prima di salire sul palco per recitare e prima di parlare ad un evento.
Il l timore c’è sempre ma poi riesco a trasformare l’ emozione in adrenalina e in energia che esterno dando il meglio di me.
È questo che dovete fare: buttarvi, lanciarvi, come dicevo prima, altrimenti mai e poi mai saprete come sarebbe andata a finire.
Se ci provate potete anche sbagliare ma almeno l’avete fatto e vedrete che la prossima volta andrà sicuramente meglio, soprattutto per i nuovi incarichi.
Se rimanete al vostro posticino, la vostra sedia sarà sempre quella, i colleghi sempre quelli: la scrivania al solito posto, il cestino al solito posto, il pc nella stessa posizione.
L’incarico nuovo è tutto nuovo, ufficio nuovo, scrivania nuova: voi potreste essere migliori, potreste trovarvi meglio coi colleghi, soprattutto potreste trovare nuovi stimoli e mettervi in gioco perché la vita è fatta di sfide sia nel lavoro che nel privato e se non vi mettete in gioco non saprete mai in fondo chi siete voi, chi siete realmente e cosa volete e difficilmente riuscirete a dare tutto ciò che volete sia nel lavoro che a un vostro partner e non avrete successo nella vita … rimarrete a coltivare il vostro piccolo orticello senza aver scoperto in realtà quanto valete e quanto avete da dare come persona.
F – Domanda 4
Condivido questo punto di vista. Siamo abituati a pensare che l’ansia sia uno stato d’animo di cui liberarsi, senza renderci conto che intanto la proviamo in quanto vivi, e poi che anche quella può essere un motore positivo, una spinta e non qualcosa da debellare, se trasformata in adrenalina anzichè in terrore.
Ho una curiosità … a proposito di adrenalina. Quando devi fare una scelta, cosa ti guida?
N – Risposta 4
Quando devo fare una scelta cerco di essere il più possibile razionale, perché il mio carattere istintivo mi porterebbe a decidere in fretta: da ragazzo, essendo una persona impulsiva, ho preso molto fregature.
Poi, un po’ per l’incidente, un po’ per l’avanzare dell’età, sono diventato molto più riflessivo sia nella vita privata che al lavoro.
Quando mi trovo davanti ad un bivio, prima cerco di prendere più tempo possibile per rimandare la decisione e pensarci bene, nel frattempo pondero i pro e i contro di entrambe le strade che mi si prospettano davanti.
Alla fine cerco sempre di metterci un pochino di razionalità, ma non troppa, perché qualsiasi cosa tu faccia se non ci metti un minimo di passione è molto difficile che tu ottenga dei buoni risultati.
Paradossalmente la mia nuova condizione fisica mi ha aiutato ad usare più la testa soprattutto nel quotidiano, a esser più ordinato e attento: non muovendo più le gambe e non controllando più intestino e vescica prima di uscire di casa, prima di spostarmi dalla sedia al divano, al letto o alla macchina devo prestare molta attenzione perché le conseguenze possono significare interventi e mesi e mesi di ospedale.
La “sedia “ tanto mi ha tolto ma tanto mi ha dato: mi ha dato più maturità (sono sempre stato un eterno bambinone sia nei momenti di gioia che nei momenti difficili), mi ha fatto vincere molte paure, mi ha fatto vincere tante nuove sfide perché l’aver passato tanto tempo in camere di ospedale, in sale operatorie e in centri di riabilitazione, paradossalmente fortifica.
Ti senti grande perché ce l’hai fatta a inventarti una nuova vita, certamente diversa da quella di prima ma non per questo avara di soddisfazioni.
Quando riesci a ottenere qualcosa per il quale hai lottato tanto, da seduto c’è molta più gratifica che da normodotato: non scorderò mai le emozioni quando mi sono laureato, quando ho vinto le prime partite a tennis, i primi tornei, le prime volte che ho calcato il palco, che ho volato col mago e i tanti complimenti ricevuti dopo aver letto i miei libri o dopo avermi sentito parlare.
Ricordatevi sempre che le barriere più alte da superare, da scalvalcare, da abbattere non sono quelle che esistono, non sono quelle reali, ma sono quelle che la nostra mente crea.
F – Domanda 5
Insomma capisco che oggi di fronte ad una scelta usi un Mix fra cuore e ragione!
Ho letto i tuoi due libri: li ho trovati autentici, scritti col cuore, e che rispecchiano tutto il fermento mentale che ti caratterizza da sempre come persona, anche prima dell’incidente.
Nel tuo libro dici che la forza di andare avanti l’hai trovata in te stesso. Ci spieghi meglio cosa intendi dire?
N – Risposta 5
Se prima dell’ incidente mi aveste detto che sarei rimasto in carrozzina vi avrei riposto che non ce l’avrei fatta, invece mi è venuta fuori la forza, una forza che non immaginavo neanche di avere, ma l’ho trovata grazie ai miei genitori, grazie allo sport, grazie ai miei amici e grazie a me stesso …
Mi sono guardato dentro, ho scavato e ho trovato la forza per reagire e ora paradossalmente sono più forte di prima.
La forza mi è venuta anche guardando gli altri: vedevo che le altre persone reagivano, vedevo ragazzi più giovani di me , vedevo anziani che sorridevano anche se erano sulla sedia, pensavo a quelli che non ce l’avevano fatta mentre io ero ancora vivo e mi domandavo: “perché anch’io non ce la dovrei fare ?”
Lo stesso per le nuove “sfide” come tornare sugli sci o sott’acqua: all’inizio avevo paura, poi vedevo altri che ce la facevano così mi facevo forza, mi son buttato ed è stato più facile del previsto.
Come mi è capitato col libro: ho letto delle pubblicazioni di persone che hanno subito un trauma e mi son chiesto “Lo fanno loro perché non provarci anch’io?”.
Così è stato! Poi mi è andata bene e non ho scoperto solo le mie doti nascoste di scrittore, ma anche quelle di oratore.
Ho raccontato la mia storia ad eventi istituzionali, sportivi, negli ospedali e nelle scuole: notavo che la gente mi stava ad ascoltare interessata e coinvolta.
È bellissimo quando vengono da te e ti ringraziano perché dalla tue parole riescono a tirarsi su, a capire che quelli che loro chiamano problemi in realtà sono solo bazzecole in confronto ai miei.
Ti si riempie il cuore quando fai ritrovare il sorriso alle persone che soffrono per qualsiasi cosa. Il dolore è soggettivo: se subìto in prima persona è amplificato, io posso star male per un raffreddore, mentre un’altra persona non sta male neanche per una polmonite.
Io ho cambiato la mia vita dopo un trauma: mi sono reinventato trovando nuovi stimoli e nuove motivazioni ma altre persone con disabilità hanno cambiato il mondo.
Recentemente è venuto a mancare Stephen Hawking: cosmologo, matematico, astrofisico che con la teoria dei buchi neri ha rivoluzionato la fisica nonostante avesse la Sla.
Gli fu diagnostica a soli 13 anni , i medici gli diedero 2 anni di vita, ma visse fino a 76 anni e dall’età di 20 parlò tramite un pc installato sulla sua sedia a rotelle.
Nonostante tutto ciò dicevano che avesse lo stesso QI di Einstein e la sua immagine divenne un’icona: partecipò a film, documentari e pubblicità. Si sposò due volte ed ebbe 3 figli.
Altro genio fu Alan Turing: avete presente la mela della Apple?
Dicono che si siano ispirati a lui .
Fu colui che inventò il pc e fece vincere la seconda guerra mondiale all’inghilterra leggendo i messaggi criptati dei nazisti tramite “Enigma” ( macchina da lui inventata) .
Lui era omosessuale, condizione ritenuta al tempo illegale dagli inglesi, così, dopo aver finito la sua missione di spionaggio, fece outing e fu messo davanti a un bivio: o la galera o gli psicofarmaci.
Scelse la seconda opzione così andò fuori di testa e si suicidò mordendo una mela avvelenata (vedi film “ Imitation game” ).
Oppure pensate al premio Nobel Nash nel film “Beautiful Mind”: era schizofrenico, eppure ha inventato la Teoria dei Giochi che è rimasta nella storia.
Quindi, io mi son ripreso in mano la mia vita dopo un grave trauma, queste persone, nonostante una condizione svantaggiosa hanno rivoluzionato il mondo, e voi non riuscite a vincere le vostre paure?
Non vi dico di cambiare l’universo ma solo di migliorare la vostra vita!
F – Domanda 6
Bisognerebbe sempre tenere a mente tutti questi esempi! E proprio seguendo la grinta di questi esempi, ti domando quali progetti hai per il tuo futuro? Quali sfide ti sei posto?
N – Risposta 6
I miei progetti per il futuro sono di continuare a diffondere il mio “ Sempre in piedi “ a più persone possibili, come ho fatto fin ora (nelle scuole, negli ospedali, negli eventi sportivi e istituzionali ) continuare ad aiutare le persone che non ce la fanno o meglio che credono, che pensano di non farcela a raggiungere i loro obiettivi, i loro traguardi per migliorare la loro qualità di vita.
Vorrei trovare nuove sfide, perché se non mi pongo nuovi obiettivi mi sento piatto e mi annoio: quando ho finito di organizzare un evento non ho neanche il tempo di riposarmi perché penso subito al prossimo perché non mi piace fermarmi .
Vorrei conseguire risultati di prestigio nel tennis che ormai è il mio sport, il mio modo per sfogarmi, per sentirmi sempre vivo e in competizione.
Vorrei organizzare altri spettacoli col mio amico mago Erix Logan: lo scorso anno sono stato il primo uomo al mondo a “volare “ su una carrozzina.
Lo show si chiudeva col messaggio: “Se io posso “ volare “ con la sedia voi potete farlo con la testa”.
È stata una grandissima emozione sia per me, sia per le persone che hanno assistito agli eventi.
F – Domanda 7
Direi di si … direi che se tu hai potuto volare sulla tua carozzina, noi “normodotati” possiamo volare con la mente ovunque e andarci a prendere dalla vita quello che vogliamo senza scuse. Quale messaggio vorresti lasciare a chi sta leggendo, sulla vita in generale?
N – Risposta 7
Il messaggio che vorrei lanciare è tutto nel titolo dei miei libri “ Sempre in piedi”.
La vita è come un palcoscenico: voi, e solo voi, dovete decidere se essere attori protagonisti o semplici comparse, se indirizzare la vostra vita o se lasciarvi trasportare dagli eventi.
Dovete guardare voi stessi, solo voi, non rincorrete miti o presunti tali ….pensate che le persone famose siano tutte felici perché possono avere ciò che vogliono quando e come vogliono ?
Spesso sono le persone più tristi, basta vedere in quante si son tolte la vita, perché sono circondate da gente, gente e ancora gente, hanno 10.000.000 di followers sui social ma in realtà sono le più sole perché quelli che gli stanno intorno lo fanno solo per la loro notorietà e non per come sono dentro. Perché quando ottengono una cosa non sono soddisfatti ma ne vogliono subito un’altra.
Trovano un partner al minuto ma difficilmente troveranno quello per tutta la vita, quello/a che li ama per come sono.
Vorrebbero vedere il sorriso sincero e gli occhi lucidi della vostra lei /lui quando vi dicono ti amo.
Possono comprarsi ciò che vogliono ma che soddisfazione hanno ad avere tutto ciò che desiderano?
Volete paragonare tutto ciò alla gioia che provate voi a comprarvi la vostra macchina coi soldi che vi siete guadagnati col vostro lavoro o quando estinguerete il mutuo e finalmente la casa sarà vostra?
In queste persone ci potrebbe essere anche il vostro capo: cercato e ricercato in continuazione in azienda ma solo per il ruolo che occupa. Magari quando torna a casa la sera è sempre solo o ha pochi amici, mentre voi che vi contattano sempre e solo i soliti colleghi, fuori dal lavoro siete pieni di interessi e di amicizie.
Ènormale che ci sia dell’ invidia per il collega più bravo o per il capo per la posizione che occupa ma non deve essere un limite o un muro, dovete esser bravi voi a trasformare l’invidia in ammirazione e in stimolo per fare sempre meglio e diventare migliori di loro.
Anche perché in tutte le aziende se non si è in pace con se stessi non si può esserlo con gli altri, le altre persone percepiscono subito il vostro malessere e si finisce col rovinare l’atmosfera, l’aria si fa sempre più pesante e tutto l’ufficio ne risente.
Vi lascio con la mia frase: cercate di stare SEMPRE IN PIEDI non tanto con le gambe ma anche e soprattutto con la vostra testa perché solo così riuscirete ad avere una vita migliore.
Ringrazio Nicola per avermi dato la possibilità di lasciare nel mio sito la sua testimonianza su temi quali la gestione di rapporti difficili, lo sport, le scelte, le sfide future, le paure, la forza interiore. Sono onorata e commossa, anche se dalla tastiera non si può vedere.
Auguro a Nicola di continuare così, con questa forza che ai miei occhi appare sovraumana, con questa voglia di porsi sempre nuove sfide, con questo desiderio di tratte il meglio dalla situazione che vive, con questo suo essere di esempio per tutti.
E a te lettore, alle prese con le tue difficoltà, domando: quali scuse decidi di accantonare oggi, per brillare davvero quanto potresti?
Quando pensi di non farcela, o ti senti stanco, torna a rileggerti questo articolo e chiediti se la tua disabilità è reale, o solo frutto dei brutti pensieri che fai in merito alle esperienze che vivi.
Se vuoi acquistare i libri scritti da Nicola puoi contattarlo all’indirizzo mail:
nicola150672@gmail.com
Iscriviti alla Newsletter di Lavorare col Sorriso per scaricare la mia Guida Gratuita “Il lavoro Giusto per te” e per ricevere i miei nuovi articoli appena saranno pubblicati!
Iscriviti alla newsletter:
Attendo commenti, riflessioni, suggermenti sugli articoli e sulla mia Guida!
Condivi il post se ti è piaciuto cliccando i pulsanti in alto a sinistra dell’articolo!
A presto e grazie!
Federica Crudeli
Learn More
LA VERA DISABILITÀ È FISICA O MENTALE? UNA LEZIONE DI VITA E 2 RISPOSTE – PARTE I
Ciao Bentornata/o a Lavorare col Sorriso!
Dopo la pausa estiva, ecco un articolo dal titolo volutamente provocatorio che cambierà in meglio la tua giornata e spero anche i giorni a venire soprattutto per contrastare stress nocivi.
Oggi ospito una intervista a Nicola Codega, 46 anni, un mio ex compagno di università ex atleta, che dal 1998 è paralizzato su una sedia a rotelle dopo un brutto incidente procuratogli da un guidatore distratto.
[Tweet ““ Se io posso volare con la mia sedia, voi potere volare con la mente”– cit. Nicola Codega “]
Durante le ferie mi sono incontrata con Nicola per prendere un caffè, dopo anni che non lo vedevo di persona.
Da quella chiaccherata è nato il desiderio di parlare di lui e farlo parlare in questo blog.
Perché?
Perché in un’ora di conversazione con lui ho trovato più autenticità, vitalità, voglia di vivere, curiosità verso il mondo, coraggio ed energia mentale di quella che trovo mediamente nella stragrande maggioranza di persone “normodotate” di cui faccio parte ma profondamente limitate nel loro vivere quotidiano da ansie, paure e problemi che esistono spesso solo nelle nostre teste.
Sono tornata a casa e ho pensato che raccontare la sua storia e lasciarlo parlare possa essere un grande esempio per tutti per affrontare le sfide quotidiane.
Da qui il titolo del post: a volte, molti “normodotati” come me, si auto-creano gabbie mentali inutili mentre altre persone, che hanno limitazioni fisiche reali, affrontano sfide impensabili tutti i giorni col sorriso, e le superano. Quindi fra le due categorie, chi è veramente “disabile”?
Nicola è assimilabile a personaggi quali Bebe Vio o Alex Zanardi. Solo che Bebe Vio e Alex Zanardi non li conosco, anche se li seguo sui social, mentre Nicola lo conosco in carne ed ossa.
Questo articolo vuole essere un “pungolo”, al rientro dalle ferie, a fare buon uso delle nostre energie mentali e ad allenarsi a relativizzare i problemi.
Tante volte, nei momenti di difficoltà, il mio pensiero va alla mia migliore amica Francesca, morta nel 2009 a 27 anni stroncata da una terribile leucemia dopo 3 anni di “agonia”.
Quando mi sento “giù” rivedo lei che, già malata, con un enorme sorriso mi ripeteva “Fede, vai tranquilla, non c’è niente di cui preoccuparsi”.
Non sono mai riuscita a spiegarmi dove prendesse quella serenità in un momento così difficile.
La sua morte mi ha cambiato la vita. Il dolore della perdita non è mai scomparso: eravamo come sorelle; ho imparato a conviverci.
Ma paradossalmente quell’evento ha segnato un grosso “discrimine” nella decisione di voler capire a fondo cosa poteva dare veramente un senso alla mia vita e cosa no, cosa era per me veramente importante e cosa no.
Anche essere obbligata a stare ferma a letto per un mese per un mio problema fisico nel 2015 mi ha fatto riflettere tanto. “Bazzecole” confronto all’esperienza di Nicola.
Ricordo quanto sono stata felice il primo giorno che ho rimesso il naso fuori dalla porta di casa. Il cielo non lo avevo mai visto così bello, immenso e celeste. E avevo tante farfalle nello stomaco come se fossi innamorata – mi rivolgo soprattutto alle donne in mezzo a tempeste sentimentali convinte che solo l’amore possa regalare emozioni … non è vero 🙂 – dicevo, mi sentivo irrequieta e desiderosa di fare mille cose.
Mi impegno a tenere a mente quella sensazione ogni volta che rischio di cadere nelle mie trappole mentali.
Penso che una sensazione simile l’abbiate provata tutti voi nel corso della vita. Un evento che vi abbia improvvisamente fatto relativizzare problemi che sembravano insormontabili e scomparire ansie inutili.
Noi umani siamo strani: tante volte abbiamo bisogno di toccare con mano la “perdita” di qualcuno o qualcosa, per renderci conto delle fortune che abbiamo e che sappiamo apprezzare meno di quanto potremmo, e di quante cose potremmo fare, se sapessimo sfruttare al meglio le nostre potenzialità.
Poi però si rientra nella routine. Si dimentica. E le piccole “rotture quotidiane” tornano ad essere “giganti insuperabili”.
Ultimamente, mentre riflettevo su una scelta da fare, mi sono “imbattuta” in un post su Facebook di Nicola che parlava di una delle tante “sfide” sportive che ha affrontato.
Mi sono detta “se riesce lui a fare tutte queste cose, io non ho scuse”.
Da lì a pochi giorni abbiamo preso quel famoso caffè.
Nicola, dopo quell’incidente e 13 operazioni, ha reagito. Ha pubblicato 2 libri che ironicamente ha intitolato “Sempre in piedi” e “Sempre in piedi – diario di viaggio” ed è tornato ad essere un atleta facendo vela e tennis.
Si è “buttato” anche nell’improvvisazione teatrale.
Inoltre ha portato la sua esperienza di vita nelle scuole, nelle carceri, negli ospedali.
Nicola organizza un evento No –Profit a difesa dei diritti dei disabili che si chiama “carrozzABILE”. (www.carrozzabile.it)
Addirittura è stato il primo uomo al mondo a partecipare ad uno spettacolo del mago Erix Logan e a levitare in aria con la sua carrozzina.
Ho chiesto quindi a Nicola se aveva voglia di partecipare a questa intervista dato che ama scrivere, e lui generosamente mi ha detto “si”.
L’ho fatto per dare spazio a una straordinaria storia di umanità positiva in un mondo che ci tartassa in continuo di schifezze: omicidi, guerre, violenze, razzismo, odio diffuso e tante altre manifestazioni pessime e basse.
N.d.r – Tutti drammi diffusi ad arte: la gente così rincitrullisce, diventa passiva e convinta di vivere in un mondo terribile e minaccioso nel quale non vale la pena impegnarsi in nessuna causa, tanto fa tutto schifo.
In realtà non è così: esistono anche tanti esempi di vita positivi.
Ecco quindi le 6 domande che ho posto a Nicola e le sue risposte.
In questo articolo potrete leggere le prime 2 domande e nel prossimo le altre 4.
F – Domanda 1
Nicola, questo blog è rivolto a dipendenti di aziende piccole/medie/grandi italiane impiegati a qualsiasi livello organizzativo che quotidianamente dividono tempo e spazio con capi e colleghi.
Per me, come per tutti i lettori, la vita d’azienda a volte può essere molto stressante e snervante, oltrechè per le scadenze, soprattutto per la gestione dei rapporti umani.
C’è pieno di diversamente simpatici con cui lavorare, “sgomitatori sociali”, persone che più o meno consapevolmente e più o meno in buona fede, complicano la vita agli altri.
Cosa diresti alle persone che quotidianamente si stressano e avvelenano le giornate a causa di queste persone o di problemi simili?
Nel tuo libro ho letto che anche tu in modo diverso ti rapporti ogni giorno con molte manifestazioni di ignoranza umana, mancanza di rispetto, bassezze.
Con che spirito oggi affronti le tue difficoltà?
N – Risposta 1
Ciao a tutti e grazie a Fede per avermi ospitato.
Spero che la mia testimonianza possa farvi amare la vita almeno la metà di quanto la amo io.
Ora la risposta alla prima domanda:
Quando si è a contatto con persone antipatiche, inutili, arriviste o che ci stanno sull’anima il comportamento migliore ma anche il più difficile da mettere in atto è l’indifferenza.
Ricordatevi sempre che è la cosa che fa più male a qualsiasi persona: fate vedere (anche se non e’ così) che quel tizio/a che ci sia o non ci sia per voi è la stessa cosa, non dategli peso.
Non vale la pena rovinarsi l’umore per una persona che ci sta anche sull’anima.
Bisogna prendersela quando a farci un torto e’ un’amico/a al/alla quale teniamo in particolar modo, allora si che dobbiamo farci delle domande.
L’indifferenza è l’ atteggiamento migliore anche nei rapporti sentimentali: è la cosa che fa più male ed è la soluzione migliore per testare se e quanto una persona tiene ancora a voi .
Come affronto io le difficoltà?
Dopo 13 interventi, 2 anni di ospedale e 20 anni di sedia affronto la vita sempre col sorriso: i problemi che mi trovo ad affrontare ora in confronto a ciò che ho passato sono bazzecole.
Me la prendo al momento e poi mi passa … tanto è inutile incazzarsi per le cose da poco, stiamo male solo noi e le cose non cambiano.
Intendiamoci non sono un super uomo, non ho ancora il mantello e, come ha fatto Fede con la sua amica, non ho superato ma convivo col mio trauma perché un episodio tragico come può essere il mio, come può essere la mancanza di una persona cara o di un grande amore non si supera ma bisogna imparare a conviverci.
Qualcuno mi ha chiesto dove si trova la forza dopo tutto quello che ho passato.Un grave trauma o ti ammazza dentro o paradossalmente ti rende invulnerabile: io ho fatto e faccio cose “da seduto” che mai avrei pensato di fare ” in piedi” .
Secondo me ognuno di noi dentro se stesso ha la forza per reagire ad una tragedia.
La difficoltà sta nel riuscire a tirarla fuori: c’è chi ci riesce da solo, c’è chi ha bisogno di un’aiuto (e se è così non ha da vergognarsi a chiderlo), c’è chi ci mette dei mesi, chi degli anni e chi non ne viene fuori … noi e solo noi ci conosciamo davvero, sappiamo cosa vogliamo e di cosa abbiamo bisogno.
F – Domanda 2
So che lo sport, in quanto ex atleta, ti ha aiutato molto. Che ruolo pensi abbia lo sport per abbattere lo stress lavorativo, soprattutto per persone come me e tanti “dipendenti” che passano la maggior parte del loro tempo seduti? E cosa ti ha insegnato lo sport che metti in pratica ancora oggi?
N – Risposta 2
Secondo me lo sport ha un ruolo fondamentale non solo nel lavoro ma nella vita di tutti noi, perché ci fa bene sia fiscalmente che mentalmente, ci fa distrarre, ci fa divertire, ci fa sfogare ci insegna a non mollare mai, insomma ci insegna a vivere meglio.
Consiglio vivamente a tutte le persone di praticare attività fisica anche se non a livello agonistico, in pausa pranzo o a fine giornata.
Ci fa uscire dalla solita noiosa routine dell’ufficio, dalle solite facce, dai diversamente simpatici come li chiama Fede, dai soliti orari e dal solito stress.
Posso capire che sia difficile iniziare soprattutto per chi non è abituato a far movimento. Allora cercate un amico/a con cui andare così tra una chiacchiera e l’altra l’ora vi passerà e vi sarete fatti la vostra “sudata”.
Avrete rassodato o tonificato il vostro fisico e staccato la spina: sarete stanchi, rientrerete a casa, vi rilasserete e vedrete che vi libererete la testa e dormirete anche più facilmente.
Le prime volte vi sembrerà più faticoso ma pian piano, come tutti, prenderete i vostri ritmi: non scoraggiatevi mai perché anche i grandi campioni hanno iniziato da zero e come diceva Totò “nessuno nasce imparato”.
Di volta in volta aumenterete le serie in quantità , in peso o in minuti a seconda dello sport che praticate.
È proprio questo l’aspetto più importante, perché vi serve da stimolo aumentare e riuscire sempre a migliorarsi fino a raggiungere il vostro obiettivo settimanale mensile o annuale.
Non serve diventare campioni basta migliorarsi secondo le nostre possibilità e capacità e vedrete che sarete orgogliosi quando avrete raggiunto i vostri traguardi.
Questa mentalità da atleta in erba vi servirà da stimolo nella vita di tutti i giorni per affrontare i vostri problemi e soprattutto nel lavoro: quando vi daranno un obiettivo da raggiungere sarete già pronti mentalmente a conseguirlo o perlomeno a provarci perché nella vita bisogna sempre buttarsi altrimenti non saprete mai come andrà a finire.
Vi continuerete a chiedere come sarebbe andata se aveste detto quella cosa se aveste compiuto quell’azione o tenuto quel comportamento.
Se ci provate e conseguite il vostro obiettivo sarete orgogliosi di voi stessi , se non lo raggiungerete almeno ci avete provato e non rimarrete mai col dubbio. Il fatto di averci provato la prima volta vi porterà a buttarvi le volte successive: il ghiaccio l’avete rotto e andrete avanti più determinati e sicuri di voi stessi.
Cos’è per me lo sport ?
Lo sport per me è come una droga: vengo da una famiglia di sportivi , i miei genitori sono stati dei maratoneti.
Mi hanno avviato all’ atletica leggera fin da bambino: partito dalle gare lunghe di tanti km, per poi passare all’attività agonistica in pista a 15 anni e fino a 22. Facevo i 1500 mt, 800, 400 e la staffetta 4×400.
L’atletica è uno sport individuale che ti rafforza tanto il carattere: se vinci una gara l’hai vinta te e solo te , se la perdi la perdi te e nessun altro.
Lo sport mi ha insegnato a non mollare mai, a capire cosa vuol dire sudare, lottare e faticare per raggiungere un obiettivo che nel mio caso era un tempo minimo o un piazzamento a seconda della gara.
Questa filosofia l’ho riportata nella vita di tutti i giorni e mi fa convivere col mio trauma.
Mentalmente mi ha aiutato nel recupero: da un giorno all’altro le gambe, che fino a quel momento mi avevano regalato tante soddisfazioni, non si muovevano più e dal petto in giù ho perso la sensibilità e la motilità (ho una lesione alla quarta vertebra dorsale).
Il mondo sembra cascarti addosso, come se si spegnesse improvvisamente la luce.
Poi, grazie alla mentalità da sportivo ho iniziato non a pensare che era meglio se non mi fosse successo niente, ma a pensare che avrei potuto non essere qui ora a raccontare a voiquello che è successo.
Non a pensare a quello che non ho più ma a cercare di fare il meglio con quello che mi è rimasto, come dovete fare voi: cercate di apprezzare ciò che avete e fatene buon uso, non pensate a ciò che non potete avere.
Lo sport mi ha salvato la vita anche fisicamente: subito dopo il primo intervento, nel quale ho rischiato la vita, ho passato quasi 2 mesi con la febbre tra 39 e 42. I medici mi hanno detto che se non avessi avuto il fisico da atleta agonista non avrei mai sopportato fisicamente tutto quel tempo immobilizzato su un letto ad una temperatura così alta.
Anche nel dopo incidente non poteva mancare lo sport: ho provato con lo sci ma è troppo pericoloso, ho provato con la vela e con la scherma ma sono sport troppo mentali per un tipo istintivo come me.
Avevo bisogno di uno sport che rispecchiasse il mio carattere: ho trovato tutto ciò nel tennis.
Ormai da 5 anni praticato attività agonistica a livello nazionale e internazionale: ho raggiunto la quarta posizione nel ranking italiano e la 57 esima in quello mondiale.
L’avrete capito che la mia vita è fatta di sfide: questa è l’ultima in ordine cronologico.
Rispetto alla “ mia” atletica nella quale dovevo dare tutto in 1 o 2 minuti, nel tennis ho a disposizione molto più tempo da un minimo di un’ora ad un massimo di circa 3 ore per una partita.
Quindi ho più tempo per rimediare ad un errore a due anche a tre, ma non devo mai mollare perché la partita non è finita finché non stringi la mano all’avversario.
In atletica dovevo concentrarmi solo per uno o due minuti quindi era più facile tenere alta l’attenzione.
Il tennis mi ha ridato la fame di competizione e di sfida che mi mancava da troppo tempo: non avrei mai pensato di poter praticare sport agonistico da “seduto”.
Ti ringrazio Nicola per la spontaneità con cui hai risposto … e vorrei tenere a mente queste tue parole per vincere la pigrizia fisica che a volte prende il sopravvento!
Lo sport soprattutto per chi fa un lavoro sedentario come “noi dipendenti” è importantissimo e soprattutto come dici tu , è altrettanto importante imparare a traslare gli insegnamenti che ci derivano dallo sport anche nelle altre sfere della vita.
Dove per insegnamenti, personalmente, non mi riferisco a competizioni o desiderio smodato di vincere, ma la perseveranza negli allenamenti e nel volersi “migliorare”, così come la capacità di trovare lo sport o situazione di vita/lavorativa che meglio si adatta alle nostre peculiarità valorizzandole.
Interromperei qui questa intervista che proseguirà con altre 4 domande e risposte da parte di Nicola nel prossimo articolo relative: a come affronta oggi le paure, come si muove per fare delle scelte, come trova la forza per affrontare le difficoltà che vive e ad un messaggio sulla vita in generale.
Intanto grazie a Nicola per essersi prestato a questa intervista!
Mi auguro che per te lettore, questa intervista possa essere un pungolo a fare qualche riflessione.
Condivi il post se ti è piaciuto cliccando i pulsanti in alto a sinistra dell’articolo!
Iscriviti alla Newsletter di Lavorare col Sorriso per scaricare la mia Guida Gratuita “Il lavoro Giusto per te” e per ricevere i miei nuovi articoli appena saranno pubblicati!
Iscriviti alla newsletter:
Commenta nel box in fondo alla pagina, lasciandomi le tue riflessioni.
Grazie
Federica Crudeli
Learn More

COME GESTISCI I TUOI 8 TEMPI NEGLI 86.400 SECONDI DI OGNI GIORNO?
Ciao e Benvenuto a Lavorare col Sorriso!
A proposito di gestione del tempo sul lavoro: hai 86.400 secondi ogni giorno che nessuno ti restituirà! Scopri cosa sono gli 8 tempi e cosa è il “tempo dei tempi” : un viaggio per aumentare la qualità del tuo tempo, lavorativo e non, e per abbattere lo stress attraverso tecniche che renderanno la tua vita decisamente migliore!
[Tweet “Se volete sentirvi ricchi, contate le cose che avete e che i soldi non possono comprare.” – cit. A. De Carlo”]
Ipotizziamo che tu lavori anche solo 8 ore al giorno, ben 28.880 minimo, in media, li impieghi lavorando, ossia il 50% del tuo tempo “da sveglio”.
Estendendo il concetto ad una intera vita o quasi, tu passi al lavoro il 50% della TUA VITA per guadagnarti i soldi che ti servono per vivere il resto degli 8 tempi (come minimo) che hai a disposizione.
Pensi che valga la pena scoprire dei modi per gestire il tempo lavorativo al meglio?
Pensi che valga la pena vivere un tempo “di qualità”?
O preferisci restare affogato di stress, nervoso, ansia da competizione e perfezione che ti trascini dietro da giornate impegnative fra meeting, discussioni andate a buon fine e anche no, scadenze impellenti, colleghi difficili, capi troppo esigenti o assenti, clienti snervanti, fornitori “furbi”?
E di tutti gli altri tempi, cosa ne fai? Come è la gestione dei tuoi tempi?
Di quali tempi parlo?
Parlo del restante 50% di tempo “da sveglio” che ti resta dopo una giornata di lavoro: come lo impieghi e con che livello di energia?
Gestione del tempo 2 – Spostamenti
Hai da gestire il tempo per gli spostamenti casa – lavoro, l’abbonamento al treno, alla metropolitana, al bus, la benzina dell’auto, l’assicurazione.
Gestione del tempo 3 – La casa
Hai da gestire il tempo per curare la casa, l’affitto, il mutuo, il condominio da pagare, le bollette, i tuoi coinquilini se condividi un appartamento…
Gestione del tempo 4 – Il denaro
Magari ti serve del tempo anche per pensare ai tuoi risparmi, se li hai, o a come metterti da parte dei soldi, se ancora non ne hai risparmiati.
O comunque ti serve tempo per pensare a come fare più soldi possibile se il modo che adotti adesso non ti è sufficiente per la qualità che vorresti per la tua vita. Ti serve tempo per pensare a come diventare multimiliardario!
Gestione del tempo 5 – Hobby e passioni
Poi magari avresti bisogno anche del tempo per seguire le tue passioni o degli hobby: quel corso che ami tanto, quel viaggio che vorresti fare, quel sogno nel cassetto che ti proponi di realizzare.
Oppure parliamo di preistoria, nel senso che praticamente non hai mai tempo per fare alcuna di queste cose, i tuoi sogni sono ammuffiti in mezzo a tante scartoffie dimenticate magari… oppure rimandi, rimandi sempre al giorno che avrai più tempo per fare queste cose.
Gestione del tempo 6 – Svago
Poi magari ti serve tempo per uscire a svagarti senza troppi pensieri o responsabilità con gli amici: partite, cinema, teatro, concerti, una bevuta al pub, una serata a cena. Anche questo è un altro tempo da gestire.
Gestione del Tempo 7 – Famigliari
Poi magari hai anche una famiglia a cui pensare: un partner, dei figli tuoi o “ereditati”, cani, gatti, un giardino con tutta la necessità di impegno che ne consegue…
Dopo una giornata di lavoro scapperesti da solo sulle cime dell’everest o su una spiaggia deserta piuttosto che dover gestire tutti questi rapporti, o piuttosto sono il tuo porto di salvezza?
E se lo sono, la qualità del tempo che gli dedichi come è?
Gestione del tempo 8 – Salute
E cosa ne dici? Della tua salute ne vogliamo parlare?
Magari ogni tanto hai bisogno di tempo anche per andare dal dentista, o fare una visita specialistica per un problemino o problemone, prenderti cura di te stesso, della tua schiena, che in media è quella che soffre di più per chi lavora seduto molte ore.
E magari ti serve il tempo per cercare un medico di fiducia, prendere l’appuntamento, e poi andare a farti visitare.
Che poi, quando esci dall’ufficio alla sera ti senti carico per affrontare il resto del tempo o ti senti come una pila usata?
Fermati a riflettere un attimo: hai il 50% del tuo tempo, in media, impegnato SOLO nel tuo lavoro (sempre se tutto va bene, perché se poi invece che 8 ore ne devi lavorare 10-12 la situazione cambia) per fare i soldi che spenderai nel restante 50% dei tuoi almeno altri 8 differenti tempi di vita per fare tutte le cose che vuoi/devi/puoi fare.
Sei ancora convinto che non valga la pena occuparti della gestione del tempo, lavorativo in particolare?
O di quanto e come tralasci o vivi tutto il resto del tempo?
INIZIA DA QUESTI ARTICOLI a valutare in base a quali criteri è bene gestire il tuo tempo! Sicuramente è modo per guardare al tempo un pò diverso dal solito, ma che credo costituisca il pilastro su cui possono poi innestarsi le tecniche/strumenti per la gestione del tempo sul lavoro.
Cosa è il “tempo dei tempi” o “padre di tutti i tempi”? In questi due articoli: “Un giorno lo farò: il tempo ti è nemico?” Parte I e Parte II ti parlo della gestione del tempo sul lavoro a partire da un approccio particolare per guidarti a scoprire quale dovrebbe essere per te il criterio principale in base al quale “ordinare” le priorità della tua vita, e conseguentemente, anche la gestione del tempo al lavoro e in tutti gli altri ambiti. Inoltre ti guido in una riflessione per capire come guadagnare tempo e risparmiare stress presupponga un cambio di approccio al lavoro, focalizzando l’attenzione su te stesso piuttosto che su tutto quello che ti circonda.
In questo articolo invece “Motivazione sotto ai piedi appena sveglio?Riportala su” ti parlo di altri 2 criteri per orientare la gestione del tempo sul lavoro: la motivazione intrinseca ed estrinseca. Conoscerle permette di dare differenti priorità al tempo che impieghi sul lavoro e l’investimento di energie che è più o meno opportuno fare per vivere una vita qualitativamente migliore.
In questo articolo “Carriera lavorativa: potere è piacere? Come capirlo” ti guido a riflettere su un altro criterio che è importante per dare una priorità al tempo che vivi sul lavoro. Il corpo è la sede del piacere. Ascoltarlo significa anche capire quale mix di potere è piacere è migliore per te in modo da investire bene il tuo tempo.
.
In questo articolo “Riunioni fiume: come gestire il tempo efficacemente” invece ti parlo ironicamente di 9 regole che dovrebbero essere seguite nella organizzazione/conduzione delle riunioni per evitare sprechi immensi di tempo. Se lavori in azienda sicuramente avrai avuto modo di assistere ad una dispersione del tempo che con qualche piccolo accorgimento può essere arginata.
Seguimi ancora nei miei articoli, ti fornirò tecniche/strumenti per l’organizzazione della tua giornata lavorativa e spunti utili ad affrontare la tua vita lavorativa per migliorarla e renderla “qualitativamente migliore”, a districarti fra incombenze, dubbi, priorità confuse, decisioni difficili, aiutandoti a fare ordine nel tempo che hai a disposizione per la tua vita.
Inoltre quanto più utilizzerai gli strumenti che ti fornirò per aumentare la consapevolezza di te stesso, tanto più aumenterà la tua velocità di decisione per raggiungere i tuoi obiettivi.
Tanto più migliorerai la tua efficacia nella gestione dei rapporti lavorativi, anche con un occhio di riguardo alle differenze fra uomini e donne, tanto migliore sarà la qualità del tuo tempo; tanto più sarai aperto al cambiamento, tanto più percepirai il tuo tempo come un tempo di valore.
Hai trovato interessante quanto ho scritto?
Ti suggerisce qualche riflessione su come spendi il tuo tempo?
Lasciami i tuoi commenti qui sotto e fammi conoscere la tua opinione.
Iscriviti alla Newsletter di Lavorare col Sorriso per essere avvisato appena pubblicherò un nuovo articolo.
Grazie!
Federica Crudeli
Learn More

L’ANSIA DA PRESTAZIONE LAVORATIVA TI DIVORA? DIVORALA TU IN 5 BOCCONI!
Ciao e Benvenuto a Lavorare col Sorriso!
A proposito di stress lavorativo, sei un frequentatore assiduo di ansia da prestazione lavorativa, al punto che troppo spesso, te ne senti divorato? Divorala tu e scopri come farlo adesso in 5 bocconi!
“ Solo gli insicuri cercano la sicurezza” – cit. W. Dayer“
Intanto…cos’ è l’ansia da prestazione lavorativa?
Da vocabolario l’ansia è una affannosa agitazione interiore provocata da bramosia o da incertezza, dal verbo latino “ango” – stringere, soffocare.
L’ansia è infatti, di solito, accompagnata al respiro affannoso, uno stato di pensieri vorticosi , talvolta paralizzanti, e ha a che vedere con quello che deve ancora accadere: ossia è uno stato d’animo, mentale ed emotivo, rivolto al futuro, che ti blocca nel presente.
La paura di quello che sarà, non sarà, o potrà essere. La paura dell’incertezza. Se poi è ansia da prestazione lavorativa, è legata al tuo bisogno di essere perfetto lavorativamente parlando.
Boccone n° 1 – L’incertezza
L’incertezza. Questa bruttissima bestia.
Come vivresti bene se per ogni cosa che pensi e fai avessi la certezza matematica di poter prevedere con esattezza millesimale quello che accadrà ottenendo risultati e obiettivi certi, eliminando quella terribile ansia da prestazione lavorativa!
Mai nessun intoppo. Mai imprevisti. Tutto calcolato. Serenità a tutto spiano. Tutto prevedibile, uguale, fisso, immobile.
Mi annoio solo a scriverlo.
La certezza è un veleno. Per te. Per tutti. Eppure, viviamo aggrappati alla necessità di averne tante.
La ricerca della certezza o il tentativo (malsano) di eliminare l’incertezza dalla nostra vita, ha a che fare con l’enorme sforzo profuso a controllare qualcosa di incontrollabile: le reazioni degli altri, il mondo “là fuori”.
Doverosa premessa consolatoria: anche io per anni mi sono ostinata nel tentare di controllare tutto quanto fosse fuori da me, fino a quando, un giorno, illuminata dall’aver preso coscienza di quanto nulla la mia ansia da prestazione lavorativa abbia potuto su certi accadimenti, mi sono domandata: perchè non fare il contrario, e smetterla? Vediamo se accade qualcosa.
L’arrendermi all’evidenza contraria (non c’è verso di controllare nulla ma proprio nulla di esterno alla mia/tua persona) mi ha reso la vita più semplice.
Mi accade ancora di cadere nel tranello dell’ansia da prestazione lavorativa, ma sempre meno frequentemente, grazie all’attenzione che pongo sul gestire questo aspetto.
Ti sarà accaduto nella vita immagino, di passare del tempo a farti dei film mentali ipotizzando ennemila scenari fantastici in base ai quali alcune cose che ti pre-figuravi come fatti desiderabili sarebbero potuti accadere.
Ebbene, hai mai provato quell’avvilimento totale del fare i conti con il fatto che se ne avevi pensate 100, ti è successa proprio la 101esima? L’unica possibilità che non avevi contemplato?
Eppure avevi assoldato registi, sceneggiatori, costumisti, fattucchiere con le palle di cristallo … tutto in grande stile.
Ma la realtà non ne ha voluto sapere: ha superato la tua fantasia.
Tu non puoi controllare la realtà esterna (di situazioni, cose, persone): arrenditi all’evidenza e fattene una ragione.
Allora, dirai, visto che tanto non posso controllare niente, che senso ha fare progetti, avere obiettivi etc..?
Bocciato!!! Avere mete, obiettivi, scopi, progetti è sano. Ti guida e ti dà la giusta tensione energetica interna per tendere verso qualcosa di buono per te. Volerli realizzare con la pretesa che il cammino nel mezzo sarà privo di ostacoli, o demoralizzarsi eccessivamente se li si incontra, o restare immobilizzati nella paura, è folle.
Eppure riflettici: in questa società è considerato normale chi si pre-occupa (occupa prima di..), di tutto.
Più uno si pre-occupa, più appare come una persona coscienziosa e di buon cuore perché si interessa affinchè ogni cosa vada bene.
È invece considerato “anormale”, scellerato, incosciente, chi vive sereno e non mostra alcuna sorta di preoccupazione o paura per alcuna cosa futura, incerta e al di fuori del suo controllo (raro incontrarne di persone così).
Ribadisco: nessuno dei tuoi pensieri ansiolitici cambierà una virgola di quella che sarà la realtà futura.
Boccone n° 2 – La perfezione
La preoccupazione per il futuro e l’incertezza, quindi l’ansia sul lavoro, unita al concetto di prestazione, che per essere ansiolitica significa che tende alla perfezione, sono una bomba.
Tu stai in ansia da prestazione lavorativa perché hai una qualche paura, o timore, circa l’ottima/buona riuscita di una attività: fare bene una attività, organizzarla al meglio, consegnarla nei tempi, condurre una riunione perfettamente, esporre una nuova idea in modo irresistibile, affrontare un diverbio con un capo o collega con successo e così via.
Ti è mai successo di fare ad esempio una presentazione per un progetto, al meglio delle tue possibilità, accurata sotto tutti i punti di vista: grafico, di contenuto, nei tempi di esposizione? Insomma, di averci messo l’anima?
Ecco. Ti è mai successo di presentarla a qualcuno, capo, o collega, che alla prima parola della prima slide ti fa notare un errore ortografico o un totale numerico sbagliato?
Tu cosa fai? Inizi subito a darti addosso con la tua vocina interiore, perdendo magari di vista che hai fatto bene le restanti 25 slide, senza errori di sorta?
Oppure ti è mai successo che il tuo capo ti faccia cambiare dei contenuti di quello che hai fatto perché così come tu li hai esposti, a lui non vanno bene, o per lui non sono funzionali al messaggio che vuole far passare?
Partendo dal presupposto che è atteggiamento predominante nella nostra cultura notare quello che non va, e non lodare invece quello che funziona, dove sta il problema reale di questo atteggiamento?
La realtà è che fare le cose che hai da fare al meglio, è l’unica cosa sensata che dovrebbe interessarti.
Dopodichè, la valutazione o il giudizio altrui, sono, appunto, valutazione e giudizio altrui, sul quale non solo non hai controllo, ma che sono funzione di uno sguardo sul mondo diverso dal tuo: magari per il tuo collega o capo, la perfezione rispetto a quello stesso oggetto, è un’altra cosa.
Quindi la tua ansia da prestazione lavorativa, rispetto a quale concetto di perfezione la valuti?
Se è il tuo e hai fatto del tuo meglio, è inutile preoccuparsi, hai fatto quanto potevi.
Se invece speri nella perfezione secondo gli occhi di chi guarda e valuta, significa che in teoria dovresti conoscere a menadito i modelli di perfezione di tutta l’umanità per non sbagliare mai un colpo. Ti sembra sensato?
Ora è bene che tu faccia mente locale a tutte le cose che fai nella vita, lavorativa e non, e che ti ponga questa domanda: ogni volta che faccio qualcosa, il criterio con cui la valuto, è mio, interno a me, o esterno?
Ossia, ho dei criteri in base ai quali, durante e al termine della cosa che sto facendo, sento di averla fatta al meglio?
Se tendi a valutarti in funzione di un criterio esterno a te, sei fritto, vivrai sempre in un continuo stato di ansia da prestazione.
La stessa cosa vale quando i film mentali che ti fai sono negativi: se temi che accada qualcosa di sgradevole, quanto volte poi effettivamente ti sono successe le cose in modo così disastroso come le avevi pensate?
La cosa divertente è che noi umani abbiamo questa malsana inclinazione a pensare che, pre-figurandoci gli scenari peggiori, in qualche modo ci preserviamo dall’illusione infranta qualora le cose non vadano bene.
In realtà non solo ci avveleniamo il corpo (perché certi pensieri stimolano la produzione di sostanze tossiche nell’organismo) ma magari creiamo noi stessi i presupposti affinchè le cose vadano effettivamente male.
E comunque, anche male che vadano le cose, ti invito a pensare a quante volte sono andate nel modo peggiore e cosa voleva dire questo “modo peggiore”.
Hai mai sentito di lavoratori lapidati per un errore in una presentazione, oppure licenziati per aver commesso un errore?
O comunque, il fatto di commettere errori, lo vivi come “un fallimento personale”?
Senti intaccato il valore della tua persona per una cosa che non è andata come volevi in una situazione e in un dato momento, generalizzandola a tutto il tuo essere?
Non ti sembra di esagerare un po’ con le catastrofi?
Eventuali errori lavorativi, possono in realtà costituire uno stimolo a fare meglio la prossima volta, o a migliorarti rispetto alle tue aspettative o rispetto a quello che tu valuti poter essere “il massimo che puoi dare”.
Boccone n° 3 – Respira!
Compreso che voler controllare tutto e ambire alla perfezione nel fare tutto (esterno da te) è una auto-tortura che ti infliggi, quale può essere una soluzione pronto uso quando ti senti salire l’ansia sul lavoro?
Respirare… in modo corretto!!!
L’ansia da prestazione lavorativa è accompagnata dal respiro affannoso e corto, facci caso. Quando sei in ansia sul lavoro, come respiri? Male, spesso con la parte alta del petto!
Quindi quando ti senti così, usa il diaframma per respirare, quello che usano i bambini, e che usano gli adulti, ma solo se e quando dormono bene: inspira l’aria dal naso arrivando a gonfiare l’addome a livello dell’ombelico come se volessi portarci un palloncino. Poi espira l’aria svuotandoti a partire sempre dalla pancia.
Il respiro calma l’ansia da prestazione lavorativa e i pensieri associati.
Per assicurarti che questa operazione ti riesca bene mettiti una mano sulla pancia altezza ombelico e assicurati che nell’ispirare, tutta l’aria confluisca in quella zona, e nell’espirare tutta l’aria defluisca a partire da quella zona.
Puoi farlo ovunque, anche chiuso nel bagno per 5 minuti.
Per inciso, questo modo di placare il pensiero lo puoi applicare sempre, anche ad esempio quando sei in riunione fermo immobile e non puoi fare altro che ascoltare.
Più ti eserciti a respirare così, più calmi la mente, più irrori il tuo organismo di ossigeno, e allo stesso tempo consenti al respiro di massaggiare i tuoi organi interni e i muscoli.
Peraltro la tecnica di portare la concentrazione sul respiro profondo e diaframmatico ogni qual volta tu ne abbia bisogno, farà diminuire nel tempo la creazione di questi pensieri ossessivi rivolti al futuro, diminuendo la tua ansia da prestazione lavorativa. Penserai sempre meno, se non per quanto è necessario a fare cose nel tempo presente.
Per tua informazione: i bambini respirano in questo modo, e anche tu respiri così! Probabilmente solo mentre dormi. L’allenamento del respiro profondo diaframmatico, per altro, è usato dagli attori come tecnica di concentrazione e preparazione all’uso della voce, e dai più celebri public speaker prima di salire sul palco.
Boccone n° 4 – Cosa eviti? Che vantaggi/svantaggi ti dà la tua ansia da prestazione lavorativa?
Riempirsi di ansia da prestazione lavorativa, in effetti un vantaggio lo ha. Più stai fissato nei tuoi pensieri, più eviti il presente. Quindi la domanda che ti faccio è: cosa eviti e per quale motivo?
A volte, ad esempio, caricarsi di ansie da prestazione lavorativa consente di non affrontare quello che c’è nel tuo presente: magari una attività che non hai voglia di fare, magari quella telefonata al collega che detesti, magari pensare in modo più produttivo per trovare una soluzione concreta ad un problema e così via…
Riempirsi di ansia da prestazione lavorativa consente di non agire e non correre rischi.
Agire comporta il rischio di sbagliare, sbagliare consente di imparare per le volte future. Chi non fa, non sbaglia, ma nemmeno cresce, impara e migliora.
Riempirsi di ansia da prestazione lavorativa suscita la compassione altrui: a molte persone piace essere compatite continuamente.
Svantaggi dell’ansia da prestazione lavorativa perenne? Ulcere, ipertensioni, dolori alla schiena, emicranie.
Boccone n° 5 – Quante cose sai fare bene?
Giusto per aiutarti a “sradicare” la gramigna dell’ansia da prestazione, ogni giorno, nota le cose che fai bene e che passano inosservate e dì a te stesso “bravo”.
Regalati delle ricompense per ogni cosa che fai bene secondo i tuoi criteri. Noterai che molto probabilmente sono molte di più le volte in cui fai le cose fatte bene (ai tuoi occhi e anche degli altri) e nessuno ti dice nulla, delle volte in cui magari qualcuno dal suo punto di vista ti fa notare un errore. Vedrai che “gli errori” assumeranno una valenza diversa e anche la paura di farne, in futuro, si ridimensionerà notevolmente.
Riepilogando, che fare con l’ansia da prestazione lavorativa?
1 – cambiare focus nel guardare alle cose spostandolo da fuori a dentro: più coltivi la fiducia in te stesso, più saprai affrontare l’inevitabile incertezza del mondo attingendo alle tue risorse invece che aspettare miracoli inesistenti, più resti focalizzato sul tuo concetto di fare le cose al meglio delle tue possibilità, più smetti di essere in balia del giudizio altrui sulle tue prestazioni;
2 – agire piuttosto che pensare;
3 – esercitarsi a respirare profondamente in tutte le circostanze possibili;
4 – portare l’attenzione, ogni giorno, a tutte le cose che fai bene;
5 – nel caso di errori, fare tesoro della lezione per le prossime volte.
L’unica cosa di cui disponi realmente è il tempo presente, vuoi continuare a rovinartelo per inseguire inconsistenti ansie da prestazione lavorativa per il futuro?
E se quello che hai sempre fatto non ha migliorato la tua situazione, perché non fare qualcosa di diverso?
Ti ho regalato un respiro di sollievo con questo l’articolo?
Condividilo sui social se ti è piaciuto! E parla di me nella tua azienda se pensi che ci sia bisogno di qualcuno che si occupi di formazione in ambito soft skills!
Iscriviti alla Newsletter di Lavorare col Sorriso:
- riceverai comoda notifica settimanale nella tua casella mail per tutti gli aggiornamenti, sia di nuovi articoli che di nuovi contenuti social (post, video, dirette)!
- Senza contare che riceverai gratuitamente la mia Guida “Fai il lavoro giusto per te?” : che tu voglia o meno cambiare lavoro, ti può essere di grande aiuto a fare una rifllessione sulla tua vita lavorativa
- disporrai di 4 Bonus di agevolazione sui miei percorsi qualora in futuro decidessi di fruirne!
Iscriviti alla newsletter:
Qualora poi volessi un COLLOQUIO GRATUITO senza impegno – via web e di aiuto per la gestione della tua ansia/insicurezza – lascia la tua mail a questa pagina:
https://marketing.lavorarecolsorriso.it/optin1640601962707
Ti ricontatterò entro 24 h.
Commenta nel box in fondo alla pagina, lasciandomi le tue riflessioni.
Grazie
Federica Crudeli
Learn More

VACANZE: “STACCARE” EFFICACEMENTE IN 8 MOSSE!
Ciao e Benvenuto a Lavorare col Sorriso!
Senti un gran bisogno di “staccare” e abbassare lo stress? Ecco il modo migliore per farlo, in vista delle tue ferie!
[Tweet ““Vorrei, ma non posto”– cit. Fedex – J. Ax”]Con tanta ironia, ecco 8 consigli per passare delle magnifiche e rilassanti ferie anti- stress:
- assicurati di essere telefonicamente reperibile per capi, colleghi, fornitori 24 h su 24 e per tutto il tempo che starai via! Se possibile, non allontanarti troppo per non creare problemi di fusi orario! Lavorando in pronto soccorso, ci sono migliaia di vita appese alla tua disponibilità! Poi, se lavori in una società quotata in borsa, mica vorrai che crollino le azioni per colpa della tua assenza? (a questo proposito vorrei ricordarti che esistono i concetti di “pianificazione” e “passaggi di consegne…”);
- leggi tutte le mail che arrivano subito, ossia entro 5 minuti, e rispondi prontamente. I colleghi ti giudicherebbero malissimo qualora le tue prestazioni scendessero sotto il livello solito. Senza contare che non puoi permettertelo, TU, lavoratore indefesso e instancabile sul quale si reggono le sorti di tutti!
- spendi gran parte del tuo tempo a parlare a gran voce al telefono con i colleghi di modo che tutti i vicini nei paraggi sappiano quanto sei importante e che sei capace di risolvere almeno 10 problemi con cadenza quartoraria;
- stai perennemente collegato ai social, fotografa e posta ogni momento Top della giornata: quando ti svegli, la bellissima colazione con vista quello che più ti piace, poi tutti i piatti che mangi nei ristoranti a pranzo e cena e qualsiasi cosa meriti “audience”, a tuo avviso! Posta tutti i momenti Top con gli amici, o con la famiglia, e fai la cronistoria di ogni evento saliente: se poi lo monti in un filmato “collage” i like saliranno a dismisura!
- vai a caccia di Pokemon nel luogo in cui ti trovi con i tuoi figli e/o amici![/li-row][li-row]mi raccomando, interagisci e commenta tutti i post sui social che suscitano il tuo interesse. Evita di allontanartene troppo (anche dai gruppi wazzap), o, quando tornerai, nessuno si ricorderà più chi sei e soprattutto, rischierai di non riconoscere più le persone, dagli immani cambiamenti che saranno nel frattempo avvenuti;
- evita di stare fermo e in silenzio per più di 5 minuti: fai assolutamente qualcosa per dare un senso alle giornate, fosse anche contare i granelli di sabbia qualora tu non sappia cosa fare dato che sei disabituato al tempo libero! Oppure contati i capelli!
- non pensare minimamente di goderti il panorama, il silenzio o la vitalità dei posti in cui sei e le persone che hai scelto di portare con te. Il contatto con la natura e gli esseri umani in carne e ossa fa venire malattie gravissime e incurabili. Soprattutto quando sei in compagnia, assicurati che tutti, tu compreso, abbiate la testa “piantata” dentro allo smartphone e che fra di voi viga il più clericale dei silenzi. In vacanza non si conversa, non si parla, non si ride fra presenti, ma solo per commentare quello che succede nei vari mondi virtuali. E’ ormai scientificamente provato che la manifestazione e condivisione di pensieri, emozioni e contatto fisico con persone reali ha riportato in vita malattie infettive ormai considerate estinte dai tempi del mesozoico.
Ironia a parte…. La parola vacanza deriva dal latino “vacans”, il cui participio passato è “vacare” ossia essere libero e vuoto. La testa ha bisogno di “vuoto” per rigenerarsi. Quindi sarebbe bene tu ti goda questo “vuoto”, “disconnettendoti” quanto più possibile da tutto quanto non sia il “qui e ora” che stai realmente vivendo.
In sintesi: meno connessione, più partecipazione!
E ….a proposito di “disconnessione”: mi prendo una pausa estiva!
Ci risentiamo a settembre!
Ti ho regalato un sorriso con questo l’articolo?
Condividilo sui social se ti è piaciuto!
Iscriviti alla Newsletter di Lavorare col Sorriso per ricevere i miei nuovi articoli a settembre, appena saranno pubblicati!
Grazie, a presto!
Federica Crudeli

RIUNIONI FIUME? COME GESTIRE IL TEMPO EFFICACEMENTE
Ciao e Benvenuto a Lavorarecolsorriso!
Oggi ti parlo della gestione del tempo per riunioni efficaci, per evitare meeting fiume dai quali esci con le idee confuse, stress a mille, senza sapere bene cosa devi fare e soprattutto dopo aver speso una bella fetta di tempo che avresti potuto dedicare ad altro accumulando arretrati su arretrati lavorativi, senza concludere qualcosa di concreto, sottraendo tempo prezioso agli 86.400 secondi di cui è composta la tua giornata.
Circola nel Web il detto ironico:
[Tweet ““Quando non hai niente da fare, organizza una riunione”– cit. Web”]
Ti succede? Oggi ti parlo quindi di come migliorare la gestione del tempo nell’organizzazione o partecipazione ad una riunione, usando un pò di ironia e partendo dalla descrizione di quello che è l’ esatto contrario di una riunione efficace… allo scopo di regalarti un sorriso!
Immagina con me questa situazione volutamente caricaturale e grottesca.
Qualcuno ha convocato una riunione ad una certa ora, facciamo le 14.30 presumibilmente per risolvere un problema o trovare un accordo su qualche cosa, o per avviare un nuovo progetto.
Alle 14.15 c’è qualcuno che prende seriamente l’impegno e si posiziona nella stanza in attesa che arrivino gli altri.
E normalmente è indaffarato con la testa dentro al PC intento a smaltire qualche altro lavoro, e non la alza mai, nemmeno per salutare chi entra nella sala dato che l’attrazione fatale che esiste fra la REM del suo cervello umano e la RAM del PC è simile a quella fra Glenn Close e Michael Douglas nell’omonimo film.
Gli altri partecipanti arrivano in serie e a singhiozzo come in processione.
C’è qualcuno invece che si affaccia nella stanza alle 14:32 precise, chiede “ci siamo tutti?” e se la riposta è no, ritiene di non poter attendere 5 minuti del suo preziosissimo tempo e si “smaterializza”, dicendo “chiamatemi quando ci siamo tutti che ho altro da fare” (si perché in 5 minuti in effetti fai in tempo a progettare le piramidi di Egitto) di modo che puntualmente, ripetendo questo ragionamento a cascata, si alternano per circa 45 minuti persone che arrivano e se ne vanno in attesa che tutti arrivino.
Più o meno alle 15 si riesce ad esser tutti intorno al tavolo…con quei 45 minuti medi di ritardo rispetto all’ora stabilita.
Naturalmente potrebbe esserci un collega capitano di turno che spontaneamente inizia a richiamare all’ordine uno a uno i partecipanti, e la cosa bella è che non sempre è colui che l’ha organizzata, ma magari solo un collega che passava di lì per caso, non aveva di meglio da fare, o comunque non avendo urgenze particolari, sentendosi attratto per qualche motivo dalla simpatia di qualcuno, ha scelto di dirigere il traffico nei corridoi.
La cosa ancora più bella è quando colui/colei che convoca la riunione, fagocitato dall’urgenza del’ultimo minuto, per il principio dell’ubi maior minor cessat, si presenta direttamente due ore dopo, se possibile anche a riunione conclusa, la quale si auto conduce da sola per un po’ con persone che fra il serio e il faceto, discutono.
Una volta che tutti gli invitati sono stati finalmente e faticosamente ricondotti al tavolo, si inizia a parlare: di qualcosa. Più o meno c’è un oggetto del contendere e qualcuno inizia ad esporre il suo punto di vista su quel documento di 50 pagine. Normalmente se i soggetti sono in numero superiore al 5, la riunione diventa fiume: meno di 4 ore non dura.
In queste 4 ore, in ordine spesso sparso e casuale, ognuno prende la parola ed espone il suo punto di vista sul presunto problema in discussione. In genere chi convoca una riunione (se è presente) può avere un amore smodato per quello di cui deve parlare, e allora le dissertazioni filosofiche relative alla quarta riga della prima pagina delle 50 da scorrere assorbono almeno 2 ore.
Inevitabilmente poi può succedere che per superati ragionevoli limiti di tempo, le successiva 45 pagine vengano passate in rassegna e con rassegnazione, in 45 minuti. 1 minuto per pagina.
Nel frattempo si verificano strani fenomeni: un collega si assenta per andare in bagno, e resta ingoiato dal WC, un altro collega è talmente insofferente a stare seduto per tanto tempo che tamburella il tavolo con le gambe come se avesse il morbo di tremens generando per vibrazione una scossa tellurica, un altro collega riceve telefonate, e si mette a parlare per 30 minuti creando l’effetto disturbo e chiedendo poi che venga ripetuto tutto quanto è stato detto mentre era al telefono, con annesso insorgere di istinti non sani da parte degli altri, o si mette d’accordo per farsi telefonare in modo da potersi assentare.
Magari accade anche che si creino sottogruppi che, prendendo “il là” da un argomento affrontato vi si agganciano, visto che sono finalmente seduti allo stesso tavolo, e tentano di risolvere altri problemi secondo le migliori regole del multitasking. Il brusio di fondo è fastidioso come le radio quando non funzionano.
Le stesse persone che si sono riunite, “a una certa”, iniziano a dissolversi per tornare ad altri doveri e la riunione in parte si chiude spontaneamente, oppure si chiude ufficialmente e formalmente con un “ci riaggiorniamo”.
Le leggi matematiche dicono che dopo l’entropia, subentra la sintropia. Bene, il “ci riaggiorniamo” non è sintropico, ma è solo un concetto vago che lascia presupporre che qualcosa di nuovo accadrà, poi, dopo, forse, un giorno. Ognuno se ne va con i suoi appunti, e le idee meno chiare della vista invernale in valpadana con la nebbia, un senso di scoramento e qualche istinto omicida represso.
Sto volutamente fantasticando ed esagerando. Ma vi accade mai di partecipare a delle riunioni e di avere la sensazione, a posteriori, di avere concluso poco o nulla?
Per quanto vorremmo tutti poter gestire 6 milioni di cose contemporaneamente, di fatto, arrendiamoci all’evidenza, è impossibile. Anche le CPU dei computer processano un input alla volta.
Se è vero che la capacità di concentrazione in media dicono possa durare al massimo 45 minuti, a maggior ragione potete immaginarvi cosa potrà mai essere affrontato o risolto da un gruppo di persone che sono riunite senza un motivo preciso, o comunque vago, e costrette a stare sedute per un tempo indefinito.
Una cosa alla volta. E’ così banale, ma così difficile da fare….
Mi direte, beh Federica, e quindi, veniamo al dunque cosa ci vuoi dire?
Voglio dire che una gestione del tempo efficace per l’organizzazione di riunioni (ossia che si prefigge di raggiungere un obiettivo senza sprecare tempo) ha i seguenti requisiti:
guarda un po’….un obiettivo da raggiungere, meglio se comunicato in anticipo (quando le condizioni lo consentono), in modo che ciascuno abbia il tempo di pre-digerire una serie di riflessioni da portare al tavolo evitando di farne la “digestione” in presa diretta real time con conseguente dispersione di tempo;
- un ordine del giorno con cui affrontare i vari temi necessari a confrontarsi su un problema;
- una ora di inizio e fine possibilmente prestabilita, affinchè ogni partecipante possa organizzarsi il resto della giornata;
- una discussione dei temi ordinata, dove l’organizzatore si prende anche la responsabilità di ricondurre “nei ranghi” le divagazioni non funzionali all’obiettivo dell’incontro;
- delle regole di funzionamento annunciate all’avvio dell’incontro: magari un ordine da rispettare nella sequenza degli argomenti e nel prendere la parola, e una distribuzione del tempo di parola equo, per assicurare che tutti parlino, soprattutto che abbiano diritto di parola anche coloro che, per natura sono più introversi, ma non per questo meno portatori di valide idee;
- un incaricato di prendere nota dei punti discussi, di divergenza e degli accordi presi in proposito e di condividerli successivamente magari con una mail;
- in teoria ogni partecipante sarebbe bene che aggiornasse altre persone della sua struttura organizzativa circa le “ricadute gestionali” legate alle tematiche affrontate, in modo da non generare asimmetrie informative;
- una call to action: ognuno dovrebbe uscire di li sapendo cosa deve fare, in che tempi, chi deve a sua volta coinvolgere, e quando è previsto un aggiornamento;
- sarebbe poi buona prassi chiedere che ogni partecipante identifichi una figura di “back up” che possa sostituirlo per dare continuità alle riunioni future sullo stesso progetto, per evitare le infinite procrastinazioni legate alla difficoltà di conciliare gli impegni nelle agende di tutti.
Sembrerebbe che io parli dell’acqua calda. In effetti è vero. Si tratta di buon senso e ovvietà. Ma applicare l’ovvio viene in media abbastanza complicato per noi umani.
Tutte le riunioni che organizzi o a cui partecipi seguono alcune o tutte le regole di buon senso elencate sopra? Se dovessi riflettere su quale elemento mancante di quelli elencati sopra sia la causa principale della dispersione di tempo delle riunioni, quali individueresti? Pensi di poter fare qualcosa per il futuro?
Quando è possibile gestire in questo modo le riunioni?
Solitamente se si tratta di riunioni per la gestione di progetti strutturati, di lunga durata, e con una composizione abbastanza stabile. In ogni caso, indipendentemente dai motivi per i quali è organizzata, una riunione che si prefigge di essere efficace dovrebbe: avere un obiettivo preciso dichiarato prima, avere una durata indicata e prevedere alla fine della sua esecuzione, una “call to action” chiara.
Quindi, qualora tu sia solitamente uno dei partecipanti ad una riunione convocata da altri, potresti scegliere se essere proattivo di fronte alla mancanza di qualcuno di questi elementi, e chiedere per tempo di conoscere quelli che vedi mancare, in modo da rendere la gestione del tuo tempo più efficace e regolarti di conseguenza. Qualora tu ne sia l’organizzatore, potresti cominciare (gradatamente, soprattutto se non è mai stato usuale nel tuo contesto) a fissare gli elementi principali per le riunioni future.
Hai trovato utile l’articolo?
Condividilo sui social se ti è piaciuto!
Condividi le tue riflessioni nel box in fondo alla pagina
Iscriviti alla Newsletter di Lavorare col Sorriso per continuare a leggere i miei articoli!
Grazie, a presto!
Federica Crudeli