
COLLEGHI OSTILI? SPIEGAZIONI E COSA FARE!
Colleghi ostili. Che fare coi cactus? Cosa fanno, cosa vuoi, cosa evitare?
Nel mio cammino per migliorare la vita a lavoratori e organizzazioni ecco il mio punto di vista sul tema colleghi ostili e spinosi.
Esistono tanti tipi di ostilità sul lavoro.
Una di queste potrebbe essere legata a colleghi che:
- inviano frecciatine di continuo neanche giocassero al tiro a segno
- sono primi al campionato di pettegolezzo d’assalto e fanno gli haters aziendali di professione parlando male di altre persone
- criticano di continuo il lavoro di altri e lo banalizzano
- accendono i led a 2000 watt per far notare ed evidenziare gli errori davanti al titolare (ho una distorsione cognitiva energetica venendo da quel mondo)
Risultato finale: intossicare il clima lavorativo.
Tentando di dare una spiegazione (ma non giustificazione) general generica a questo comportamento, alcuni motivi potrebbero essere legati:
- ad una insicurezza di fondo che porta a vedere minacce ovunque
- a voler primeggiare sempre e comunque nei riguardi di chiunque vivendo la vita lavorativa come una competizione perenne
- a voler difendere la propria immagine
- alla constatazione che questo tipo di comportamento paga (in termini di avanzamenti di ruolo e trattamento economico) perché apprezzato da titolari o altri
- alla paura di perdere il lavoro o di essere accantonati o superati
- a insoddisfazione di altro tipo che si riversa sul lavoro
Questi colleghi ostili fanno cose “per i loro motivi” che spesso nulla hanno a che vedere “con noi”.
Hanno a che vedere con il loro mondo interiore che assomiglia ad un giardino un po’ incolto più che a qualcosa di sano e fiorente.
Però, non è compito tuo o mio curare i giardini di altri.
Se una persona sta bene piena di cactus interiori, sono cactus suoi.
Tu che puoi fare quindi?
Rispondere! E non reagire!
C’è una bella differenza (Victor Frankl insegna – a tal proposito… suggerisco il libro “Un uomo in cerca di senso” sempre per assecondare l’altro mio proposito di contaminare l’economia con un po’ di umanità).
Tornando al punto, puoi:
1 – osservarti e capire che effetto ti generano queste persone e quale è la tua reazione usuale in termini di comportamento
2 – osservare bene il comportamento ostile: con chi e in quali circostanze si attiva?
2 – identificare e circoscrivere bene perché, quando e come sei obbligato/a a dipendere da lui/lei per le attività lavorative e ridefinire come vuoi sentirti a livello cognitivo ed emotivo in questa relazione (andarci totalmente d’accordo, molto d’accordo, parzialmente d’accordo, restare indifferente, oppure vuoi andarci d’accordo il poco che basta, se non addirittura vorresti vivere sereno pur non andandoci minimamente d’accordo)
3 – usare il gioco delle intenzioni positive ossia invece che personalizzare queste ostilità come dirette contro di te pensarle come a tutela di qualcosa di suo (magari non è così, magari vuole davvero arrecare danno a te)
3 – agire in questa direzione.
Gli errori più comuni che si frappongo fra il punto 1) e 3)alcuni dei quali commessi da me medesima e che ti evito volentieri sono:
1 – ti attribuisci interamente la colpa per una relazione non proficua. Il problema non necessariamente sei tutto tu, anche gli altri fanno la loro parte nella relazione
2 – voler andare d’accordo e farsi accettare da persone che tu per primo magari non stimi
3 – perdere di vista che spessissimo, queste persone sono cactus con tutti, non solo con te. E di solito anche gli altri se ne accorgono e li tollerano quel tanto che basta per questioni di sopravvivenza mentale e pacifica convivenza col vicinato
4 – fartene una malattia dando eccessivo peso ed importanza ad UNA SOLA persona concentrandosi quindi su “una mancanza” piuttosto che spendere tempo ed energie a rafforzare alleanze con persone nei riguardi delle quali è possibili costruire relazioni più proficue e appaganti e collaborative
5 – voler emulare Ethan Hunt in “Mission Impossible” – ossia voler portare a termine la missione impossibile di cambiare questa persona! Noi donne, non sempre, ma spesso, per retaggio culturale, siamo campionesse neanche mondiali, ma fino alla Galassia di Andromeda per il primato di energie disperse in questo giochetto al massacro.
Il mondo lavorativo è popolato spesso di persone così.
Ancora sto cercando di comprendere i disegni dell’Altissimo in quanto a modelli di distribuzione statistici.
Quanti ne toccano in sorte ad ognuno di noi?
Alcune persone che ho a cuore hanno vissuto anni di angherie.
Qualcuno si è saputo difendere bene, qualcuno meno, qualcuno è riuscito a cambiare lavoro. I costi emotivi in ogni caso sono stati da medio a medio-alti in molti dei casi che ho visto da vicino.
Personalmente mi sono emancipata da queste gabbie emotive anche se non si diventa mai immuni fino in fondo alle spinosità umane, e per immunizzarmi ho attraversato un processo di cambiamento, appunto, perché non potendo cambiare i cactus ho dovuto trovare il modo di difendermi emotivamente.
Work in progress. Perché le consapevolezze non sono mai qualcosa di stabile ma cambiano con le sperienze. E ciò che percepiamo come spinoso fra l’altro cambia nel corso degli anni.
Perché è così diffuso questo atteggiamento?
Beh perché molto più facile demolire gli altri che migliorare se stessi.
Ti sei sentito/a chiamato in causa?
Considera l’ipotesi di affiancare ai tuoi cactus interiori, qualche pianta colorata, piena di foglie verdi anziché spine e di darti più nutrimento fatto anche di acqua (che ossigena e rigenera le cellule).
Che vantaggi ottieni sul lungo periodo a comportarti così?
Sicuro/a di vivere bene, sereno/a, appagato/a?
Ps = il giardino di casa mi ha concesso l’uso della foto del cactus 🙂
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Federica
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