
COSA FARE SE UN COLLABORATORE È MOLTO DEMOTIVATO
Ciao e Bentornata/o a Lavorare col sorriso
Ipotizziamo che tu sia un capo/manager/responsabile alle prime esperienze e nel tuo team ci sia un/una collaboratore/trice particolarmente demotivato/a e che a tuo avviso sta lavorando controvoglia da un po’ di tempo.
Non è raro che di fronte a questo tipo di atteggiamento la tendenza generale sia quella di ignorare la situazione.
Dato che i risultati di un gruppo di persone sono strettamente correlati, evitare di prendere in carico la gestione di un collaboratore demotivato solo per non correre il rischio di sentire “brontolii o lamentele” è una finta risoluzione al problema.
Fare il capo comporta onori ma anche oneri.
Forse col tempo la situazione potrebbe degenerare e creare malumore a cascata anche fra le altre persone.
Dal mio punto di vista la prima cosa da fare è semplice: parlare e chiedere spiegazioni per capire l’origine del malcontento.
Se l’origine del malcontento risiede in questioni private (problemi famigliari o di altro tipo) tutto sommato e umanamente parlando, c’è poco da fare se non mostrare un po’ di empatia, solidarietà e comprensione, dato che tutti prima o poi, facciamo i conti con problemi che ci tolgono il sorriso, ci rattristano e ci rallentano nel fare quotidiano.
Qualora invece il malcontento avesse origine in un vissuto lavorativo vero e proprio suggerisco di capirne i motivi specifici per dare una risposta adeguata al ruolo di responsabilità ricoperto.
Generalmente le cause del collaboratore demotivato possono essere:
- la persona è scontenta delle mansioni che le sono state affidate
- la persona aveva aspettative di crescita deluse (es. aumenti di stipendio, promozioni)
- la persona ha difficoltà serie a interfacciarsi con qualche collega
Riporto nel seguito le possibili soluzioni utili che vedo in corrispondenza di ciascun punto:
Il collaboratore/la collaboratrice è scontento/a delle mansioni che le sono state affidate
Valutare e concordare una riattribuzione/redistribuzione delle attività che si avvicini a quello che la persona sente più confacente a se e che tu come capo valuti idonea.
Tenere il punto e non ascoltare l’esigenza manifestata è come un boomerang. Prima o poi tornerà indietro.
Ovvio, la valutazione dovrebbe avvenire considerando l’insieme delle attività d’ufficio.
Di norma esistono margini per ridistribuire le attività in modo che ciascuno sia soddisfatto di quanto deve fare.
La persona aveva aspettative di crescita che sono state deluse (es. aumenti di stipendio, promozioni)
La prima cosa che valuterei è quale sia il fondamento delle aspettative:
- erano basate su promesse esplicite fatte da te/altri poi non mantenute
- si tratta di convinzioni che la persona aveva maturato con se stessa
Nel caso a) ritengo opportuno affrontare apertamente i motivi per i quali la crescita stessa non è avvenuta circoscrivendo la parte che è in tuo potere esercitare a proposito.
Ci sono dei capi che appunto non possono disporre e decidere in totale autonomia aumenti di stipendio o avanzamenti di carriera, ma magari devono contendersi “le promozioni” per i collaboratori con altri capi di area che riferiscono ad un altro capo ancora, che ha opzione di veto finale.
Se invece il motivo risiede nel fatto che tu hai valutato la sua inidoneità all’ottenimento della sua crescita, ritengo opportuno tu gli fornisca un feed back che lo aiuti ad andare nella direzione desiderata con un piano di risultati tempificato da rivalutare in un secondo momento evitando di fare promesse indebite.
Nel caso b) invece è opportuno far esplicitare bene le aspettative del collaboratore e poi spiegare quali margini di autonomia hai tu nel poter accordare una promozione e quali condizione dovrebbe soddisfare lui per accedervi.
Il collaboratore ha difficoltà serie a interfacciarsi con qualche collega
In questo caso dopo aver ascoltato le difficoltà del collaboratore demotivato (uomo o donna), sarebbe opportuno ascoltare anche “la versione” del collega con cui i rapporti sono difficili, farti una idea della situazione e decidere come intervenire per ovviare alla problematica.
È nel tuo stesso interesse occupartene.
Magari potresti ridefinire l’attribuzione delle attività, magari potresti dare indicazioni che aumentino la zona di accordo fra le due persone volte a dirimere una eventuale controversia o dare indicazioni comportamentali volte ad incrementare la collaborazione reciproca.
Ti ricordo che essere un buon capo non equivale solo a fare bella figura, fregiarsi di titoli e godere di onori, ma anche farsi carico degli oneri che derivano da questo tipo di ruolo come spiego in questo articolo: Diventare Capo: 7 passi per non remare da solo.
Se sei un “capo” alle prime armi, nel mio percorso “Manager Efficace” ti trasferisco la mia esperienza per impostare la gestione delle attività in modo corretto in modo da prevenire anche problemi relazionali che sono fonte di stress.
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Buona riflessione!
Federica
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