
GENERAZIONE Z. ESSERE NESSUNO NELL’ERA DELL’HYPE. ALCUNI “NON DETTI” CHE FORSE È BENE ESPLICITARE?
Sei della generazione Z o Y? È di questi giorni il bombardamento mediatico che narra di una giovane ragazza che ha conseguito a tempo record un titolo di studio, con infinite polemiche a contorno.
Per quanto mi riguarda, buon per lei, nulla da dire.
Quello che mi piace meno in questo, come in molti altri casi, è la narrazione dominante che sceglie di dare ampio spazio a notizie nelle quali vengono osannati:
- dei modelli di eccellenza che in modo velato poi vorrebbero essere auspicabili per tutti
- casi di successo eclatante dove per successo intendo giovani ragazzi che ottengono sui social network un’enorme visibilità a cui spesso si accompagna poi anche la possibilità di guadagnare, apparentemente facendo niente.
Il fatto di dare ampio spazio a questa tipologia di notizie inevitabilmente condiziona e influenza l’idea di ciò che dovrebbe essere desiderabile, auspicabile, soprattutto per chi è più giovane (generazione z e y) e magari deve ancora trovare e costruire la sua strada.
Come #coach e #formatrice che si prefigge di migliorare la qualità di vita di persone e organizzazioni restituendo umanità all’economia, un tema che mi sta particolarmente a cuore è proprio lo sviluppo della consapevolezza individuale e aiutare le persone a fare chiarezza quando si trovano in difficoltà nel rispondere a domande quali: chi sono? cosa voglio?
Difficoltà che ho vissuto pure io, fra l’altro.
Sono domande apparentemente semplici che in realtà richiedono una certa laboriosità critica.
Perché il nostro essere, il modo in cui ci definiamo e percepiamo così come quello che scegliamo di volere o di desiderare, è sicuramente anche influenzato da tutto quello che ci circonda e dai modelli esterni.
Per cui ritengo che dare risposta a queste domande implichi una ricerca interiore lontano dal frastuono e dal bombardamento continuo dei modelli che vengono propinati come auspicabili e che potrebbero indurre tanti giovani:
· a “mollare” in principio
· a sentirsi inadeguati
· ad aderire acriticamente a quello che “va per la maggiore” compiendo azzardi non commisurati al senso di realtà, sull’onda di slogan simili al “sogna forte che puoi qualunque cosa”.
Intanto il problema principale di questa narrazione a mio avviso distorta e che ci sono dei NON DETTI importanti, e forse scontati, che spesso però nell’era della velocità e rapidità potrebbero restare sotto la soglia del vaglio critico. A titolo esemplificativo e non esaustivo:
· Studiare nelle università pubbliche spesso è diverso dallo studiare in quelle private. Il punto di partenza probabilmente, con specifico riferimento alle possibilità che si aprono e la rete di connessioni di cui si dispone per la costruzione del proprio futuro, sono diverse credo.
· Essere figli di famiglie medio-alto borghesi consente di avviare startup e vederle fallire, con un rischio che probabilmente in molti casi, non espone al non poter più soddisfare i bisogni primari quali mangiare, bere, avere un tetto sotto cui dormire.
Diversamente, senza un calcolo ragionato sulle disponibilità economiche, qualche giovane innocente sognatore della generazione z o y, desideroso di riscattarsi dalla vita lavorativa che ha visto fare dai suoi “vecchi”, potrebbe finire nei guai seguendo istigazioni diffuse del tipo “segui i tuoi sogni, credici, il mondo digitale è ai tuoi piedi” o cose simili pronunciate da persone che magari, forse, non so, ma vale la pena indagare un attimo, se anche facessero fallire 1.000 start up, potrebbero permettersi di dormire sonni più che tranquilli semplicemente perché hanno le spalle large e coperte.
La serenità psicologica con cui si possono approcciare le avventure, i tentativi e i fallimenti che impattano sul portafoglio, è molto differente in base a quanto grande è il portafoglio stesso (proprio, o preso in prestito dai famigliari).
· Avere un’idea che riscuote successo nel pubblico e la rende virale e magari anche remunerativa nell’immediato non è la stessa cosa che creare un business stabile, duraturo, che ruoti attorno allo sviluppo e il mantenimento di quella stessa idea con annessa necessità di impegno costante, conoscenze tecniche da applicare, e tutto quanto diventa necessario in termini economico gestionali per farlo crescere e/o mantenere.
· A prescindere dalle condizioni di partenza più o meno favorevoli, un’idea di successo che funzioni nel tempo richiede per CHIUNQUE impegno, costanza, sacrificio, abilità, conoscenze, applicazione sul campo. Non esistono risultati facili senza impegno anche se spesso questo è il messaggio che in qualche modo viene veicolato.
Non ultimo credo che una società migliore fatta di persone più appagate, sorridenti, serene, sia strettamente connessa con la volontà di “ricercarsi” e poi seguirsi, al di là delle mode del momento e sviluppando e mantenendo un pensiero critico che non assorbe tutto ciò con cui viene in contatto ma lo mastica, e se è il caso, impara anche a “risputare” fuori alcuni introietti, spesso distorti, indotti di continuo.
Insomma in un mondo che istiga di continuo i giovani della generazione z a essere QUALCUNO, o a ECCELLERE per forza secondo regole uguali per tutti, trovo molto più liberatorio sceglie di essere NESSUNO.
Anche perché l’esperienza personale mi dice che non sempre è tutto oro quello che luccica.
Anzi, pur non disponendo di un campione statisticamente rappresentativo, posso serenamente dire di aver visto diverse volte il contrario. Successo non va di pari passo con essere persone di valore. Essere persone di valore non va di pari passo con l’avere successo nell’accezione comunemente più diffusa.
E se una persone è davvero di valore (con o senza successo pubblico) per noi, lo si può stabilire solo conoscendola nella vita reale, frequentandola, avendoci a che fare.
Probabilmente la stragrande parte della quotidianità è composta da storie di straordinaria ordinarietà, di persone che fanno il miracolo di far studiare i figli con 1.200 € al mese in silenzio, fuori dal clamore. E annessi figli che se la cavano più che degnamente. Sempre in silenzio.
Di persone che trovano la loro strada comunque appagante, dignitosa, piena, senza dover per forza essere QUALCUNO di visibile e noto o senza per forza dover essere Batman o Catwoman.
Quindi il mio invito soprattutto ai giovani della generazione z o y è:
“Sii te stesso, ma non quello che gli altri ti dicono che dovresti essere. Abbi il coraggio di cercare la TUA STRADA, a prescindere dalla visibilità/notorietà e non solo mosso dal voler diventare QUALCUNO di noto e riconoscibile per forza, come se tutto ciò che è meno valesse niente”.
Che quello che è adeguato per CIASCUNO, non può essere una ricetta standard per chiunque, e scivolare nel senso di inadeguatezza o aderire “tout court” a dei modelli pubblicizzati di continuo, e di conseguenza smettere di cercare, dubitare, farsi domande, sperimentare strade interiori diverse, è la via più facile forse per diventare ciò di cui questo sistema economico temo abbia più bisogno: consumatori incalliti di modelli, di vite, di prodotti, che divorano in modo passivo e acritico qualunque cosa, e magari fanno pure scelte azzardate mossi dall’invidia sociale, sfumatura psicologica su cui spesso, si reggono molti business.
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Federica Crudeli
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