
MOTIVAZIONE: QUAL È IL TUO PERCHÉ?
Ciao e bentornato/a a Lavorare col Sorriso!
Per proseguire l’anno con i passi giusti … Perché fai quello che fai? Perché faccio quello che faccio? Una storia ed un esercizio di riflessione per te.
Un post che parla a titolari d’azienda, manager, dipendenti, liberi professionisti o colleghi (formatori, coach, orientatori, consulenti) dato che esiste per tutti una motivazione che ci spinge a fare nella vita professionale e non, seppur diversa per ognuno.
“Se il perché è forte, si trova sempre un come”– A. Davì . Recita così un celebre aforisma.
Mettere a fuoco perché, che bisogni appaghiamo, nel fare alcune cose, è una leva motivazionale intrinseca forte per resistere alle difficoltà lavorative nel lungo periodo.
Ha a che vedere col senso di scopo o #purpouse di cui parliamo su Linkedin e che sembra essere diventato molto più importante di altri elementi (quali stipendio e ruolo) nel decidere della propria vita professionale.
E allora condivido perché faccio quello che faccio e come lo faccio (in sintesi) così mentre mi racconto, tirando nel contempo l’acqua al mulino del mio #personalbranding😊 ti invito ad esercitarti ad identificarne i “pattern”(o schemi) ricorsivi che trovi nel leggerli, e ti facilito la preparazione per un esercizio che ti lascio al termine, utile ad identificare i tuoi perché.
Se ti stai domandando: che valore ci dai nel condividere i tuoi perché con la rete? “La rete” esiste anche per farsi conoscere e magari attrarre persone simili, che ritrovandosi/rispecchiandosi/risuonando con quanto scrivo, hanno piacere ad uno scambio di idee o un caffè virtuale per condividere riflessioni sulle sfide quotidiane del lavoro da libera professionista, soprattutto se come me prima eri dipendente.
Poi perché leggere i perché di altri magari ri-attiva idee o qualche pungolo al fare che era finito nelle cantine della memoria.
Capita a tutti di smarrire lungo la strada i nostri perché a favore dei “devo”.
Perché credo nell’importanza di progettare ed erogare formazione (esperienziale e/o laboratoriale) sulle soft skills focalizzata sullo sviluppo della consapevolezza di sé e nelle relazioni?
- Perché le aziende sono fatte di persone. Pur trattandosi di affermazione assai inflazionata se le persone stanno bene, si sentono soddisfatte, sono risolte ed equilibrate, ne beneficia tutto il sistema, anzi i sistemi, di cui sono parte
- l’identificazione e analisi di un bisogno al disegno finale di un workshop, implica un processo creativo, che è sempre diverso, unico, non ripetitivo in quanto finalizzato a rispondere ad una specifica esigenza di uno specifico contesto
- le necessità spesso sono multiformi e confuse ma con l’ascolto attivo che alleno come coach& counselor contribuisco a farle diventare qualcosa di chiaro, ordinato e con delle priorità nella mente di chi parla, grazie a domande di specificazione
- Mi piace definire una scaletta formativa “mettendoci del mio” attingendo alle tecnicalità proprie del coaching, del counseling e della mia esperienza ventennale in azienda, per identificare il contenuto dei laboratori o delle esperienze da facilitare che sono più funzionali per raggiungere quello specifico obiettivo concordato
- mi diverte quindi anche scegliere il materiale da usare e più funzionale di altri rispetto all’obiettivo finale: quali cartelloni, post it, pennarelli colorati, oggetti, immagini. In questo senso la formazione come counselor e coach mi ha fornito una cassetta degli attrezzi davvero variegata
- l’interazione umana in aula, operare come docente/coach/facilitatrice arricchisce arricchendomi a mia volta, nel fornire input a scambi di opinioni, modi di vedere le cose differenti, contribuire a interrompere automatismi poco utili, assistere alla sorpresa e alla meraviglia di chi cambiando angolo di osservazione, guadagna punti a favore della propria consapevolezza che a tratti diventano veri e propri “insight”. Non ultimo mi piace il contatto, concetto peraltro caratterizzante dell’indirizzo gestaltico della mia formazione (ma te ne parlerò in altro momento).
- parlare in pubblico/aula per me è una scarica di adrenalina, che gestisco anche con auto-ironia, e trovo utile condividere le mie esperienze, anche quelle meno belle, nel racconto di ciò che vado a trattare. Ho sempre subito molto il fascino di chi ha reso i suoi interventi affascinanti tenendo il mio interesse vivo, e mi impegno sempre per sortire lo stesso effetto in chi segue me, anche grazie alla formazione teatrale in tal senso (il teatro aiuto a sviluppare una discreta disinvoltura o faccia di tolla che dir si voglia)
- Mi piace scoprirmi vigile e sfidarmi quando qualcuno, contravvenendo al patto d’aula, mi mette in difficoltà: anche in questo il teatro aiuta dato che l’improvvisazione è parte fisiologica del sapersela cavare quando qualcosa va storto in diretta
- facilitare il passaggio dall’ interpretare lo stare in azienda come lotta di supremazia e difesa dei particolarismi ad un posto in cui abbia la meglio la collaborazione nell’interesse comune risponde al mio bisogno di promuovere armonia
- Se il caso lo consente, trovo utile misurare e tracciare i progressi o miglioramenti che questo tipo di formazione produce nel tempo, trattandosi a tutti gli effetti di un investimento.
- Mi piace poi fare sintesi, fuori dall’aula e a erogazione finita, con metodo e rigore per identificare temi ricorrenti che spesso emergono e che possono fornire input precisi all’azienda cliente per ulteriori miglioramenti verso l’integrazione organizzativa.
Se ti stai domandando che differenza c’è fra formazione laboratoriale ed esperienziale… chiedimi in privato.
La formazione che fruisci solitamente o che organizzi quanto si impernia sullo sviluppo della consapevolezza personale e quanto invece si basa solo sulla seconda dimensione dell’intelligenza emotiva ossia le relazione con gli altri?
Perché ho scelto di lavorare a progetti di consulenza per ottimizzare/efficientare i processi, che integro sempre con un approccio di business coaching?
Si dice che con l’avanzare degli anni noi umani tendiamo a sentirci gratificati dall’idea di lasciare qualcosa agli altri; non so se questo possa valere per tutti ma sicuramente vale per me (in realtà da sempre) l’idea di restituire conoscenze ed esperienze, così come di solito sono molto grata a chi lo fa con me.
- Mi soddisfa aiutare a trovare soluzioni ai problemi o soddisfare dei bisogni organizzativi che hanno come finalità ultima quella di garantire la sopravvivenza economica dell’impresa e quindi anche di chi ci lavora, testando il livello di coerenza gestionale rispetto agli obiettivi strategici definiti.
- Mi piace nell’ambito della cornice metodica e teorica propria del coaching e della revisione di processo, passare dai sintomi di un problema alle reali cause identificando innanzi tutto chi è più indicato per fornire un quadro descrittivo completo della realtà e chi invece ha le leve concrete per agire i cambiamenti, dato che spesso le due figure potrebbero non coincidere.
Nella mia esperienza anche in azienda, prima di lavorare come libera professionista, ho perso il conto dei “problemi” che mi sono stati riportati e che, approfonditi con metodo, mi hanno condotto da tutt’altra parte rispetto a quella che sembrava essere l’origine ma anche la sede per la risoluzione definitiva.
E anzi, ho visto a volte “rimbalzare problemi” perché senza un approccio strutturato e metodico, e del tempo investito ad approfondire, è difficile arrivare al cosiddetto “bandolo della matassa”. Nel frattempo però quello che si può generare è l’effetto valanga: cioè un piccolo problema gestionale trascurato che parte col causare inefficienze e dei mal di pancia e finisce per diventare qualcosa di irrimediabile o rimediabile ma solo ad alti costi in un clima che nel frattempo si è deteriorato del tutto nelle relazioni.
- Mi piace quindi condurre interviste strutturate con spazi anche per le risposte aperte e la raccolta di “sentiment” sul clima e su tutti quegli elementi intangibili che ostacolano la risoluzione del problema
- Mi piace trasportare da un interlocutore all’altro i punti di vista diversi dal suo e raccolti strada facendo, per facilitare lo sviluppo dell’empatia e della collaborazione
- Mi piace analizzare tutti gli input ricevuti, comprensivi di informazioni raccolte in via orale, ma anche di dati contabili e documenti a corredo, per ottenere un Walk-Through Test di processo e disporre di un quadro di insieme a cui ricondurre punti di forza e debolezze gestionali
- Mi piace farmi portatrice dei punti forza rilevati nei sotto-processi che compogono quello oggetto di indagine, in modo da eleggere le buone pratiche, che spesso rischiano di restare note alle sole persone che le agiscono, a modello anche per altri,
- Quando invece identifico delle debolezze gestionali, mi piace creare senso di coesione in merito alla loro risoluzione chiedendo a chi ha titolo e potere di incidere, di contribuire alla generazione di soluzioni, opportunamente indirizzate, in ottica costi-benefici,
- Questo incrementa il senso di responsabilità nella buona riuscita, il senso di fiducia in sé stessi e nelle proprie potenzialità, in sostituzione di un approccio consulenziale che vede la soluzione come qualcosa di fornito ed impacchettato “da fuori”.
In sintesi passo dal mappare la situazione per come è ora, analizzando processi, persone, e sistemi a supporto, integrando la mia esperienza economico gestionale con quella umanistica, per andare a ridefinire “il desiderata” coinvolgendo tutti gli attori del caso opportunamente pre-identificati e coinvolti affinché il lavoro abbia la sponsorship necessaria ad assicurarne la realizzazione.
C’è qualcuno nella tua azienda che si è mai posto il problema di acquisire maggiore consapevolezza su quanto la gestione d’impresa o di uno specifico processo sia coerente e adatta ad assicurare gli obiettivi strategici oppure si è soliti navigare un po’ a vista?
In quali ambiti possono applicare un approccio simile a questo? Un assaggio: redazione di codici etici e stesura di modelli di organizzazione, gestione e controllo ex D.Lgs.231/2001, analisi e revisione di processi staff e business con focus particolare sul ciclo attivo, passivo, per incrementarne efficacia ed efficienza.
Perché mi piace riportare singoli professionisti in difficoltà a Lavorare col sorriso con il mio percorso di Cowalking?
(fruibile sia privatamente o anche come parte di un progetto aziendale in tal senso opportunamente costruito)
Di solito riservo un colloquio gratuito a chi si rivolge a me e i problemi che mi vengono raccontati sono più o meno in apparenza sempre gli stessi: demotivazione sul lavoro, ambienti tossici popolati da capi e/o colleghi insopportabili, difficoltà nei momenti di cambiamento (sia per blocchi nell’agire che per “nebbia” sulla strada da prendere).
Mi piace però osservare come noi umani, a parità di difficoltà vissuta, disponiamo di un campionario infinito nei modi di viverla, sentirla, pensarla e raccontarla.
Quindi nell’aiutare l’altro a sviluppare una rinnovata consapevolezza, e ad uscire da un “empasse”, anche io mi arricchisco di infiniti modi di interpretare la realtà, aumentando a mia volta l’empatia e incrementando il ventaglio di possibilità e chiavi di lettura di cui dispongo ad ogni nuova persona che conosco.
Mi piace poi pensare ad esercizi di facilitazione fra un incontro e quello successivo o in sessione direttamente, che trovo più adatti e consoni ad instillare un cambiamento, usando e combinando in modo creativo le tecnicalità di cui dispongo: a volte ricorro a disegni, a volte a sogni, a volte a esercizi scritti, a volte ad esercizi di immaginazione, a volte ad oggetti, a volte a foto, a volte a esercizi col corpo o di respirazione di derivazione bioenergetica (A. Lowen).
Mi piace osservare come lontano dalla necessità di “performare” o indossare la maschera difensiva usata per proteggersi in certi contesti, siamo tutti diversi nell’essere uguali, pieni di risorse che spesso non vediamo e non ci riconosciamo, così come pieni di fragilità e accomunati tutti, seppur in modo diverso, da due grandi bisogni: quello di sentirci apprezzati e amati per ciò che siamo.
E per questi stessi motivi appena citati che quindi provo soddisfazione e mi sento utile quando vedo che le persone si aprono con me, mi dicono di sentirsi accolte e non giudicate, vincono progressivamente la loro vergogna e si affidano, consentendo quindi una più rapida riuscita del processo di cambiamento.
Mi piace anche quando mi dicono: ho scelto te perché mi fai sorridere, sei diretta, senza tanti giri di parole e mi capisci al volo. Ossia sono percepita come penso e scelgo di essere: autentica.
Perché mi piace fare selezione del personale?
Nella selezione, un po’ come quando facevo audit/revisione ai processi, o mi occupavo di pubbliche relazioni in ambito associativo, soddisfo la mia vivace curiosità venendo a contatto con molte professionalità esercitate in contesti aziendali diversi, di cui magari non ero a conoscenza.
Mi piace osservare anche in questo caso l’ infinità di modi di raccontarsi delle persone a parità di job description: sto osservando persone molto brave a valorizzarsi e persone che lo sono molto meno.
Poter osservare da fuori queste differenze aiuta anche me a prendere spunto e riflettere.
Hai identificato i tratti comuni dei miei perché? Qualcuno risuona con te?
Come puoi fare per trovare i tuoi perché? (questo esercizio è di Tim Clark).
Ripercorri i tuoi ricordi dall’infanzia sino ad oggi e identifica quelli che consideri i momenti più belli vissuti riportandoli su una time -line su un foglio di carta.
Dopo averli segnati, per ognuno rispondi a queste domande segnandole in corrispondenza dei punti nella timeline:
- Cosa stavi facendo? Come lo stavi facendo?
- Che emozione provavi?
- Con chi eri? Dove?
- Arricchisci la descrizione con tutti gli elementi che valuti salienti e caratterizzanti l’evento
Lascia passare un giorno, poi riprendi la descrizione di tutti gli eventi che hai segnato e osserva:
cosa hanno in comune questi momenti?
Per chiudere, quali sono i perché alla base della mia motivazione alle attività che ho scelto di fare?
- analizzare e osservare i comportamenti umani da un lato e i processi dall’altro per acquisirne i meccanismi di funzionamento
- aumentarne la consapevolezza
- ottenere, attraverso processi di facilitazione, mediazione ed integrazione, nel 1° caso un miglioramento della relazione con sé stessi e con gli altri, nel 2° caso una soluzione a problemi gestionali
- espressione della creatività
- varietà e curiosità
- parlare in pubblico
- condividere conoscenze, esperienze, informazioni – attraverso la relazione e la comunicazione
- sentirmi utile
- arricchire nell’arricchirmi io stessa
Quali sono i perché alla base della tua #motivazione?
Se ti ritrovi in qualcuno dei miei, mi farebbe piacere mi scrivessi in quale.
Se hai difficolà a mettere a fuoco i tuoi perchè contattami.
Cosa aspetti?
Ciao!
Federica
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