
PENSIERI NEGATIVI SUL LAVORO: LIBERATI DAL LORO VELENO – Parte I
Ciao Bentornato a Lavorare col Sorriso!
Oggi ti parlo di come liberarti da 3 tipi di pensieri negativi velenosi. Intanto, cosa sono i pensieri negativi velenosi? Sono quei pensieri che nascono automaticamente al di fuori del tuo controllo, a fronte di stimoli esterni, generano sentimenti ed emozioni negative, e sono del tutto inutili e disfunzionali rispetto all’obiettivo che ti prefiggi.
Come la “gramigna”, pianta normalmente associata ad un effetto invadente e fastidioso, questi pensieri occupano la tua mente sottraendoti una enorme quantità di energie psichiche, senza che tu riesca ad opporti, proprio come un veleno paralizzante.
Vediamo quali tipi di gramigne esistono e come potertene liberare.
1 – La gramigna “napoletana”
Senza che me ne vogliano i lettori napoletani, uso questa dicitura per intendere la tendenza che abbiamo a drammatizzare un evento parzialmente negativo trasformandolo in una tragedia con tutte le possibili e infauste conseguenze del caso, come se stessimo vivendo la famosa “tragedia napoletana” (rifacendomi alla teatralità nota dei nostri concittadini che fra l’altro amo).
Ad esempio, il tuo capo con tono rabbioso e risentito ti manifesta la sua scontentezza per un lavoro che hai fatto?
Tu in automatico in 3 nanosecondi ti stai già immaginando in mezzo agli scatoloni di scartoffie da portare via per il tuo licenziamento. In sostanza ingoi ciuffi di gramigna di pensieri negativi e ansia da solo, senza neanche rendertene conto.
Ti riconosci questa tendenza? Intanto comincia a notare quali situazioni innescano questi pensieri negativi: critiche di colleghi? Imprevisti? Litigi? Discussioni? Si assomigliano queste circostanze che attivano i pensieri negativi in automatico? Rilevi elementi comuni?
Perché lo fai? A che fine? Quali altre conseguenze potresti trarre da quell’evento parzialmente negativo, oltre che quelle peggiori? Manifesti poi anche all’esterno questi pensieri, incupendo il tuo umore o il tuo atteggiamento verso gli altri?
2 –La gramigna veggente
Un’altra auto-flagellazione di pensieri negativi, questa volta slegata da un evento esterno parzialmente negativo a scatenarli, è quella di farsi film mentali sul futuro, e sempre negativi come se in te si fossero reincarnati tutti i registi più catastrofici e lugubri del cinema.
Questa tendenza a farti dei film futuri negativi, riguarda una qualche area specifica della tua vita? O qualche azione specifica? Ti sei mai fermato a ragionare su quanti dei tanti film negativi che ti sei fatto, realmente sono stati tali e quanti no? E pensare così in negativo a cosa ti è servito? A dirti “ se mi preparo al peggio almeno poi non rimarrò male?”. Oppure, ancora, fai pensieri negativi sul futuro perché “estrapoli” da eventi negativi del passato la convinzione che sarà così anche nel domani?
Lo sai che questo atteggiamento mentale è causa delle cosiddette “profezie auto-avveranti”? Siccome la nostra mente va cercando nel mondo conferma di ciò che crede, tu stesso potresti, con queste convinzioni negative, creare i presupposti affinchè poi le cose vadano davvero male per poi poterti dire “beh, avevo ragione!”
3 –La gramigna con l’ego a mongolfiera
Questa tipologia di pensieri negativi è molta diffusa nelle aziende, ed è la tendenza a personalizzare qualsiasi fatto come se tutto l’universo cospirasse a tuo danno.
Un collega che ti sta particolarmente simpatico risponde male? Subito a pensare “oddio cosa gli avrò fatto” senza pensare che magari è semplicemente incazzato per motivi suoi.
Oppure se qualcuno fa una critica al tuo lavoro ti senti intaccato nella tua identità, perdendo di vista che hai ricevuto una critica da un collega (dei tanti) ad una attività (e non alla tua persona) 1 volta su 220 giorni lavorativi.
Per evitare di cadere in questa trappola, occorre che identifichi, di volta in volta, tutti gli elementi del mondo circostante che potrebbero essere cause altrettanto valide di quanto vedi e attribuisci a te stesso. E, se proprio proprio vuoi sentirti al centro del mondo sempre, almeno scegli di esserlo come causa/effetto di qualcosa di positivo.
Riepilogando ti ho parlato per questa volta di 3 gramigne, o atteggiamenti mentali, che causano pensieri negativi:la tendenza a esagerare e generalizzare eventi negativi, la tendenza a farsi film negativi sul futuro a prescindere da inneschi esterni, la tendenza a personalizzare gli eventi esterni come se l’unica causa possibile fossi tu.
Per rompere questi schemi di pensiero disfunzionali hai da: identificare le situazioni in cui “reagisci” così, riflettere sul perché lo fai, fermarti a ragionare ogni volta che ti trovi in queste circostanze ampliando il tuo punto di vista con le domande che ti ho suggerito sopra ed educarti a farlo tutte le volte.
Rimpiazzerai progressivamente i pensieri negativi automatici e “reattivi” , con la capacità di essere “proattivo” cioè di scegliere una riposta più funzionale agli stimoli esterni, senza cadere nella negatività e nel pessimismo cosmico.
Costa impegno farlo, prima di sostituire l’automatismo negativo con quello positivo? Si.
Hai da scegliere fra un meccanismo appreso e gratuito che ti innesca stress, negatività e ansia senza fatica alcuna, ad uno più impegnativo che però è fonte di benessere.
(A proposito di ansia, ecco un mio precedente articolo che parla di come gestirla!)
Ti parla una persona che ha sperimentato sulla sua pelle, o meglio, nella sua testa, questo approccio. Progressivamente ho messo a tacere quel coacervo di pensieri negativi che un tempo mi nascevano spontanei su una serie di inneschi esterni. Vivo molto meglio, con la testa più libera e leggera.
Sottolineo però che, qualora notassi che questi pensieri negativi siano per te diffusi a TUTTE le aree e situazioni della vita, tu abbia la convinzione che le cose stavano così in passato e staranno così per SEMPRE, e ritieni di essere TU LA CAUSA di tutti i mali del mondo con un enorme senso di impotenza, ti consiglio di rivolgerti ad uno psicoterapeuta: questi sono campanelli di allarme di un disagio che esula dalle “nevrosi” tipiche del nostro vivere e sono piuttosto sintomatici di problemi caratteriali ben più radicati e profondi.
Nei prossimi articoli, fra 2 settimane, continuerò a parlarti di altre tipologie di pensieri negativi! Segui quindi anche la Parte II e la Parte III!
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Federica Crudeli
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L’ANSIA DA PRESTAZIONE LAVORATIVA TI DIVORA? DIVORALA TU IN 5 BOCCONI!
Ciao e Benvenuto a Lavorare col Sorriso!
A proposito di stress lavorativo, sei un frequentatore assiduo di ansia da prestazione lavorativa, al punto che troppo spesso, te ne senti divorato? Divorala tu e scopri come farlo adesso in 5 bocconi!
“ Solo gli insicuri cercano la sicurezza” – cit. W. Dayer“
Intanto…cos’ è l’ansia da prestazione lavorativa?
Da vocabolario l’ansia è una affannosa agitazione interiore provocata da bramosia o da incertezza, dal verbo latino “ango” – stringere, soffocare.
L’ansia è infatti, di solito, accompagnata al respiro affannoso, uno stato di pensieri vorticosi , talvolta paralizzanti, e ha a che vedere con quello che deve ancora accadere: ossia è uno stato d’animo, mentale ed emotivo, rivolto al futuro, che ti blocca nel presente.
La paura di quello che sarà, non sarà, o potrà essere. La paura dell’incertezza. Se poi è ansia da prestazione lavorativa, è legata al tuo bisogno di essere perfetto lavorativamente parlando.
Boccone n° 1 – L’incertezza
L’incertezza. Questa bruttissima bestia.
Come vivresti bene se per ogni cosa che pensi e fai avessi la certezza matematica di poter prevedere con esattezza millesimale quello che accadrà ottenendo risultati e obiettivi certi, eliminando quella terribile ansia da prestazione lavorativa!
Mai nessun intoppo. Mai imprevisti. Tutto calcolato. Serenità a tutto spiano. Tutto prevedibile, uguale, fisso, immobile.
Mi annoio solo a scriverlo.
La certezza è un veleno. Per te. Per tutti. Eppure, viviamo aggrappati alla necessità di averne tante.
La ricerca della certezza o il tentativo (malsano) di eliminare l’incertezza dalla nostra vita, ha a che fare con l’enorme sforzo profuso a controllare qualcosa di incontrollabile: le reazioni degli altri, il mondo “là fuori”.
Doverosa premessa consolatoria: anche io per anni mi sono ostinata nel tentare di controllare tutto quanto fosse fuori da me, fino a quando, un giorno, illuminata dall’aver preso coscienza di quanto nulla la mia ansia da prestazione lavorativa abbia potuto su certi accadimenti, mi sono domandata: perchè non fare il contrario, e smetterla? Vediamo se accade qualcosa.
L’arrendermi all’evidenza contraria (non c’è verso di controllare nulla ma proprio nulla di esterno alla mia/tua persona) mi ha reso la vita più semplice.
Mi accade ancora di cadere nel tranello dell’ansia da prestazione lavorativa, ma sempre meno frequentemente, grazie all’attenzione che pongo sul gestire questo aspetto.
Ti sarà accaduto nella vita immagino, di passare del tempo a farti dei film mentali ipotizzando ennemila scenari fantastici in base ai quali alcune cose che ti pre-figuravi come fatti desiderabili sarebbero potuti accadere.
Ebbene, hai mai provato quell’avvilimento totale del fare i conti con il fatto che se ne avevi pensate 100, ti è successa proprio la 101esima? L’unica possibilità che non avevi contemplato?
Eppure avevi assoldato registi, sceneggiatori, costumisti, fattucchiere con le palle di cristallo … tutto in grande stile.
Ma la realtà non ne ha voluto sapere: ha superato la tua fantasia.
Tu non puoi controllare la realtà esterna (di situazioni, cose, persone): arrenditi all’evidenza e fattene una ragione.
Allora, dirai, visto che tanto non posso controllare niente, che senso ha fare progetti, avere obiettivi etc..?
Bocciato!!! Avere mete, obiettivi, scopi, progetti è sano. Ti guida e ti dà la giusta tensione energetica interna per tendere verso qualcosa di buono per te. Volerli realizzare con la pretesa che il cammino nel mezzo sarà privo di ostacoli, o demoralizzarsi eccessivamente se li si incontra, o restare immobilizzati nella paura, è folle.
Eppure riflettici: in questa società è considerato normale chi si pre-occupa (occupa prima di..), di tutto.
Più uno si pre-occupa, più appare come una persona coscienziosa e di buon cuore perché si interessa affinchè ogni cosa vada bene.
È invece considerato “anormale”, scellerato, incosciente, chi vive sereno e non mostra alcuna sorta di preoccupazione o paura per alcuna cosa futura, incerta e al di fuori del suo controllo (raro incontrarne di persone così).
Ribadisco: nessuno dei tuoi pensieri ansiolitici cambierà una virgola di quella che sarà la realtà futura.
Boccone n° 2 – La perfezione
La preoccupazione per il futuro e l’incertezza, quindi l’ansia sul lavoro, unita al concetto di prestazione, che per essere ansiolitica significa che tende alla perfezione, sono una bomba.
Tu stai in ansia da prestazione lavorativa perché hai una qualche paura, o timore, circa l’ottima/buona riuscita di una attività: fare bene una attività, organizzarla al meglio, consegnarla nei tempi, condurre una riunione perfettamente, esporre una nuova idea in modo irresistibile, affrontare un diverbio con un capo o collega con successo e così via.
Ti è mai successo di fare ad esempio una presentazione per un progetto, al meglio delle tue possibilità, accurata sotto tutti i punti di vista: grafico, di contenuto, nei tempi di esposizione? Insomma, di averci messo l’anima?
Ecco. Ti è mai successo di presentarla a qualcuno, capo, o collega, che alla prima parola della prima slide ti fa notare un errore ortografico o un totale numerico sbagliato?
Tu cosa fai? Inizi subito a darti addosso con la tua vocina interiore, perdendo magari di vista che hai fatto bene le restanti 25 slide, senza errori di sorta?
Oppure ti è mai successo che il tuo capo ti faccia cambiare dei contenuti di quello che hai fatto perché così come tu li hai esposti, a lui non vanno bene, o per lui non sono funzionali al messaggio che vuole far passare?
Partendo dal presupposto che è atteggiamento predominante nella nostra cultura notare quello che non va, e non lodare invece quello che funziona, dove sta il problema reale di questo atteggiamento?
La realtà è che fare le cose che hai da fare al meglio, è l’unica cosa sensata che dovrebbe interessarti.
Dopodichè, la valutazione o il giudizio altrui, sono, appunto, valutazione e giudizio altrui, sul quale non solo non hai controllo, ma che sono funzione di uno sguardo sul mondo diverso dal tuo: magari per il tuo collega o capo, la perfezione rispetto a quello stesso oggetto, è un’altra cosa.
Quindi la tua ansia da prestazione lavorativa, rispetto a quale concetto di perfezione la valuti?
Se è il tuo e hai fatto del tuo meglio, è inutile preoccuparsi, hai fatto quanto potevi.
Se invece speri nella perfezione secondo gli occhi di chi guarda e valuta, significa che in teoria dovresti conoscere a menadito i modelli di perfezione di tutta l’umanità per non sbagliare mai un colpo. Ti sembra sensato?
Ora è bene che tu faccia mente locale a tutte le cose che fai nella vita, lavorativa e non, e che ti ponga questa domanda: ogni volta che faccio qualcosa, il criterio con cui la valuto, è mio, interno a me, o esterno?
Ossia, ho dei criteri in base ai quali, durante e al termine della cosa che sto facendo, sento di averla fatta al meglio?
Se tendi a valutarti in funzione di un criterio esterno a te, sei fritto, vivrai sempre in un continuo stato di ansia da prestazione.
La stessa cosa vale quando i film mentali che ti fai sono negativi: se temi che accada qualcosa di sgradevole, quanto volte poi effettivamente ti sono successe le cose in modo così disastroso come le avevi pensate?
La cosa divertente è che noi umani abbiamo questa malsana inclinazione a pensare che, pre-figurandoci gli scenari peggiori, in qualche modo ci preserviamo dall’illusione infranta qualora le cose non vadano bene.
In realtà non solo ci avveleniamo il corpo (perché certi pensieri stimolano la produzione di sostanze tossiche nell’organismo) ma magari creiamo noi stessi i presupposti affinchè le cose vadano effettivamente male.
E comunque, anche male che vadano le cose, ti invito a pensare a quante volte sono andate nel modo peggiore e cosa voleva dire questo “modo peggiore”.
Hai mai sentito di lavoratori lapidati per un errore in una presentazione, oppure licenziati per aver commesso un errore?
O comunque, il fatto di commettere errori, lo vivi come “un fallimento personale”?
Senti intaccato il valore della tua persona per una cosa che non è andata come volevi in una situazione e in un dato momento, generalizzandola a tutto il tuo essere?
Non ti sembra di esagerare un po’ con le catastrofi?
Eventuali errori lavorativi, possono in realtà costituire uno stimolo a fare meglio la prossima volta, o a migliorarti rispetto alle tue aspettative o rispetto a quello che tu valuti poter essere “il massimo che puoi dare”.
Boccone n° 3 – Respira!
Compreso che voler controllare tutto e ambire alla perfezione nel fare tutto (esterno da te) è una auto-tortura che ti infliggi, quale può essere una soluzione pronto uso quando ti senti salire l’ansia sul lavoro?
Respirare… in modo corretto!!!
L’ansia da prestazione lavorativa è accompagnata dal respiro affannoso e corto, facci caso. Quando sei in ansia sul lavoro, come respiri? Male, spesso con la parte alta del petto!
Quindi quando ti senti così, usa il diaframma per respirare, quello che usano i bambini, e che usano gli adulti, ma solo se e quando dormono bene: inspira l’aria dal naso arrivando a gonfiare l’addome a livello dell’ombelico come se volessi portarci un palloncino. Poi espira l’aria svuotandoti a partire sempre dalla pancia.
Il respiro calma l’ansia da prestazione lavorativa e i pensieri associati.
Per assicurarti che questa operazione ti riesca bene mettiti una mano sulla pancia altezza ombelico e assicurati che nell’ispirare, tutta l’aria confluisca in quella zona, e nell’espirare tutta l’aria defluisca a partire da quella zona.
Puoi farlo ovunque, anche chiuso nel bagno per 5 minuti.
Per inciso, questo modo di placare il pensiero lo puoi applicare sempre, anche ad esempio quando sei in riunione fermo immobile e non puoi fare altro che ascoltare.
Più ti eserciti a respirare così, più calmi la mente, più irrori il tuo organismo di ossigeno, e allo stesso tempo consenti al respiro di massaggiare i tuoi organi interni e i muscoli.
Peraltro la tecnica di portare la concentrazione sul respiro profondo e diaframmatico ogni qual volta tu ne abbia bisogno, farà diminuire nel tempo la creazione di questi pensieri ossessivi rivolti al futuro, diminuendo la tua ansia da prestazione lavorativa. Penserai sempre meno, se non per quanto è necessario a fare cose nel tempo presente.
Per tua informazione: i bambini respirano in questo modo, e anche tu respiri così! Probabilmente solo mentre dormi. L’allenamento del respiro profondo diaframmatico, per altro, è usato dagli attori come tecnica di concentrazione e preparazione all’uso della voce, e dai più celebri public speaker prima di salire sul palco.
Boccone n° 4 – Cosa eviti? Che vantaggi/svantaggi ti dà la tua ansia da prestazione lavorativa?
Riempirsi di ansia da prestazione lavorativa, in effetti un vantaggio lo ha. Più stai fissato nei tuoi pensieri, più eviti il presente. Quindi la domanda che ti faccio è: cosa eviti e per quale motivo?
A volte, ad esempio, caricarsi di ansie da prestazione lavorativa consente di non affrontare quello che c’è nel tuo presente: magari una attività che non hai voglia di fare, magari quella telefonata al collega che detesti, magari pensare in modo più produttivo per trovare una soluzione concreta ad un problema e così via…
Riempirsi di ansia da prestazione lavorativa consente di non agire e non correre rischi.
Agire comporta il rischio di sbagliare, sbagliare consente di imparare per le volte future. Chi non fa, non sbaglia, ma nemmeno cresce, impara e migliora.
Riempirsi di ansia da prestazione lavorativa suscita la compassione altrui: a molte persone piace essere compatite continuamente.
Svantaggi dell’ansia da prestazione lavorativa perenne? Ulcere, ipertensioni, dolori alla schiena, emicranie.
Boccone n° 5 – Quante cose sai fare bene?
Giusto per aiutarti a “sradicare” la gramigna dell’ansia da prestazione, ogni giorno, nota le cose che fai bene e che passano inosservate e dì a te stesso “bravo”.
Regalati delle ricompense per ogni cosa che fai bene secondo i tuoi criteri. Noterai che molto probabilmente sono molte di più le volte in cui fai le cose fatte bene (ai tuoi occhi e anche degli altri) e nessuno ti dice nulla, delle volte in cui magari qualcuno dal suo punto di vista ti fa notare un errore. Vedrai che “gli errori” assumeranno una valenza diversa e anche la paura di farne, in futuro, si ridimensionerà notevolmente.
Riepilogando, che fare con l’ansia da prestazione lavorativa?
1 – cambiare focus nel guardare alle cose spostandolo da fuori a dentro: più coltivi la fiducia in te stesso, più saprai affrontare l’inevitabile incertezza del mondo attingendo alle tue risorse invece che aspettare miracoli inesistenti, più resti focalizzato sul tuo concetto di fare le cose al meglio delle tue possibilità, più smetti di essere in balia del giudizio altrui sulle tue prestazioni;
2 – agire piuttosto che pensare;
3 – esercitarsi a respirare profondamente in tutte le circostanze possibili;
4 – portare l’attenzione, ogni giorno, a tutte le cose che fai bene;
5 – nel caso di errori, fare tesoro della lezione per le prossime volte.
L’unica cosa di cui disponi realmente è il tempo presente, vuoi continuare a rovinartelo per inseguire inconsistenti ansie da prestazione lavorativa per il futuro?
E se quello che hai sempre fatto non ha migliorato la tua situazione, perché non fare qualcosa di diverso?
Ti ho regalato un respiro di sollievo con questo l’articolo?
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Federica Crudeli
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