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Motivazione sul lavoro: quali esempi di ispirano e queli demotivano? Scegli quelli adatti a te!
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Video della Pagina Facebook di Lavorare col Sorriso: padronanza di sè, gestione rapporti lavorativi con capi/colleghi/collaboratori, equilibrio lavoro/vita privata e gestione cambiamenti.
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La prima intervista Radiofonica di Lavorare col sorriso: migliorare la cultura del lavoro migliorando la propria vita lavorativa!
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RAPPORTI TRA COLLEGHI: 7 MODI PER FARSI ODIARE. QUANTO CI METTI DEL TUO?
Ciao e Benvenuto a Lavorare col Sorriso!
Rapporti tra colleghi: ecco 7 modi per farsi odiare, se ci tieni a trasformare il tuo posto di lavoro nel set di un film di Quentin Tarantino! Come fare invece a costruire rapporti tra colleghi efficaci e funzionali tanto al tuo benessere quanto alla tua crescita professionale? Ti spiegherò quali sono i benefici dell’evitare spargimento di odio in ufficio e come l’uso e sviluppo dell’intelligenza emotiva ti può venire in aiuto!
[Tweet ““ L’amore spesso non è ricambiato. L’odio lo è sempre!” – cit. U. Bernasconi”]1 – Mentire sempre e comunque.
In funzione dei tuoi obiettivi, menti sempre, non essere mai onesto sulle tue scadenze e non essere mai trasparente.
Occulta i problemi da superare le cui soluzioni andrebbero pianificate per tempo per avvantaggiare te stesso.
Nascondi le informazioni disponibili, o diffondile ma in modo parziale a chi ne sarebbe interessato così da rallentare il tuo lavoro e a cascata compromettere quello altrui.
Sorridi fintamente, sempre. Tu sei Dio. Non sbagli mai. Non hai mai crolli di nervi. Sei immune da qualsiasi sentimento umano.
2 – Esiste un problema? Creane altri 100.
Se c’è un problema da risolvere, passa tutto il tempo che hai a lamentarti del problema con chiunque.
Sparla di chi l’ha creato, di come tu l’avresti affrontato meglio (ovviamente col senno di poi), e, possibilmente, portane sul piatto altri 100 e butta benzina sul fuoco.
3 – Hai sbagliato? Non ammetterlo mai.
Se ti accorgi di avere sbagliato qualcosa e aver causato un problema a qualche collega, non chiedere scusa e non ammettere i tuoi errori.
Chiedere scusa non è da persone educate, ma deboli. Tu mica lavori in un ufficio con persone civili? Sei in trincea, e l’imperativo è vincere.
4 – Non dare alcuna importanza allo sviluppo delle capacità necessarie a gestire i rapporti tra colleghi
Comportati con tutti i colleghi, indipendentemente dal tipo di carattere, dal ruolo e dal momento, sempre nello stesso modo. Nasconditi dietro alla più bella delle scuse “io sono fatto così”!
Un ottimo modo per farsi odiare è relazionarsi agli altri senza considerare che esistono delle differenze “emotive” fra esseri umani, di cui sarebbe bene tenere conto.
Un altro ottimo modo per relazionarsi ai colleghi è pensare che tu sei il solo detentore della verità assoluta e che il tuo modo di vedere le cose è il più giusto di tutti, e l’unico ammissibile.
Urla ad un timido introverso, oppure critica di continuo una persona permalosa, parla male di Dio al tuo capo credente prima di esporgli una idea. Biasima un collega in riunione davanti a tutti.
Dì sempre la parola meno opportuna nel momento meno opportuno.
5 – Prendere sul personale qualsiasi cosa.
Voi non siete pagati per risolvere problemi e trovare soluzioni efficaci, ma per prendere sul personale qualsiasi problema, offendervi e fomentare liti e discussioni alla caccia di colpevoli da esporre alla pubblica gogna.
Oppure per cogliere qualsiasi occasione per screditare qualcuno che vi ha mosso una critica al vostro lavoro.
6 – Invadere lo spazio vitale di tutti.
Occupati dei fatti altrui di continuo, spettegola, deridi, carpisci informazioni della vita privata dei colleghi e diffondila sotto banco.
Invadi anche lo spazio altrui, prendi a prestito cose senza chiedere permesso. Usa la prepotenza.
7 – Non essere mai nè gentile, nè cortese, nè rispettoso.
Parla sempre con tono astioso, evita di ringraziare se qualcuno fa qualcosa di gradito, tu devi dare tutto per scontato come se fossi Giulio Cesare.
Calpesta volutamente il prossimo facendo esattamente le cose che sai bene possono infastidire i tuoi capi o colleghi.
Ridi poco o solo alle battute dei capi. Ridere ti conferisce quell’aria da essere umano che è bene in ufficio sia occultata.
Adesso che ti ho dato 7 ingredienti per la ricetta dell’odio in ufficio, come fare a gestire efficacemente i rapporti tra colleghi costruendo un ambiente sano?
Beh è palese che per creare un clima di benessere lavorativo occorre fare l’esatto contrario di quanto elencato prima.
Può accadere sia che tu abbia a volte, anche involontariamente, agito comportamenti come quelli sopra.
Può accadere che tu li subisca.
In entrambi i casi parliamo sempre di modalità di rapportarsi fra persone diverse.
Il costo di atteggiamenti simili è alto in termini di stress lavoro correlato, energie sprecate, tempo mal riposto, inefficienza e inefficacia lavorativa, negatività sparsa a “ quantine”.
L’ufficio rischia di diventare l’equivalente di un incubo ad occhi aperti.
Chi mai vorrebbe lavorare in un posto con colleghi che si comportano così?
Come gestire efficacemente quindi i rapporti tra colleghi? Sviluppando l’intelligenza emotiva!
Cosa è l’intelligenza emotiva e perché è un pilastro fondamentale per una gestione efficace e costruttiva dei rapporti tra colleghi.
Il concetto di intelligenza emotiva, è stato trattato per la prima volta intorno agli anni ’90 ed è “sbarcato” in Italia nel 1995 con l’omonimo testo di Daniel Goleman “Emotional Intelligence”.
Senza entrare troppo nei costrutti teorici, sintetizzo il concetto con parole mie dicendo che la competenza emotiva è l’insieme di abilità pratiche volte alla consapevolezza e padronanza di sè per essere efficaci nelle interazioni sociali e quindi, lavorative, con conseguenti ripercussioni positive anche in termini di carriera o percorsi professionali di crescita.
I modelli organizzativi aziendali passati, più orientati ad una elevata gerarchizzazione dei ruoli, stanno via via cambiando, anche a seguito dell’avvento di internet, delle nuove tecnologie, e alla velocità di riposta che è imposta dalle regole di mercato.
Per usare una metafora oserei dire che un elefante difficilmente potrà partecipare ad una competizione di iron man.
Il modello in base al quale una sola persone decide e tutte le altre devono eseguire si sta dimostrando desueto, motivo per il quale per affrontare le sfide della modernità anche le organizzazioni hanno iniziato a prestare più attenzione alle softskill delle quali l’intelligenza emotiva fa parte.
Inesorabilmente tu sei inserito in un contesto le cui dinamiche relazionali costituiscono la fetta più significativa da dover gestire, tant’è che in qualsiasi contesto, lo sviluppo professionale e quindi a possibilità di fare carriera passa attraverso 4 fasi:
1 – il sapere legato al percorso di studi e all’ingresso nel mondo lavorativo;
2 – il saper fare ossia sapere applicare in ambito professionale le conoscenze acquisite;
3 – sapere saper fare ossia applicare in modo efficace le competenze migliori per una determinata attività discriminandole fra mille altre;
4 – il saper essere ossia essere consapevoli di te, del tuo modo di porti, dell’effetto che susciti negli altri, e capaci di gestire con “intelligenza emotiva” i rapporti tra colleghi in modo costruttivo per se stessi e l’organizzazione di cui fai parte.
Quest’ultima fase è, alla fine dei conti, la più “energivora” di tutte, soprattutto se ti interessa una “scalata al potere”, e quella che può differenziarti nel tuo percorso lavorativo avvantaggiandoti rispetto ad altri colleghi che ancora non hanno acquisito una maturità tale da saper essere, in modo costruttivo, la persona adatta a determinati ruoli, in un certo momento professionale.
Il saper essere è a sua volta strettamente legato allo sviluppo dell’intelligenza emotiva, come soft skills chiave.
A scanso di ipocrisie, vero è anche che talvolta, pur con l’acquisizione di una migliore consapevolezza dei nostri vissuti istintivi, emotivi e cognitivi, in rapporto con capi, colleghi, collaboratori, fornitori, clienti etc.. l’unica via per migliorare la propria qualità della vita si rivela necessariamente quella di cambiare, o mansione, o lavoro, o azienda, o vita. Ma se questo fosse il tuo caso, ti darò gli strumenti per scoprirlo.
Nei miei articoli di questa categoria ti darò strumenti utili per usare l’intelligenza emotiva per comunicare efficacemente, per gestire i conflitti sul lavoro, per gestire i rapporti con i colleghi e/o capi difficili e imparare a difendertene, per abbattere lo stress legato alla gestione di questi rapporti, per affrontare discorsi in pubblico qualora ne avessi la necessità per il ruolo che svolgi.
Elemento costitutivo n° 1 dell’intelligenza emotiva: la consapevolezza di te stesso.
La capacità di utilizzare l’intelligenza emotiva per gestire i rapporti tra colleghi di lavoro, è strettamente connessa con il grado di consapevolezza e padronanza che hai di te stesso, a cui dedico una intera sezione di questo blog con i miei articoli.
Hai sempre ottenuto quello che volevi sul lavoro? Si? No? A che prezzo?
Hai mai pensato che tu stesso per primo potresti generare certi tipi di comportamenti “antipatici” nei tuoi riguardi dagli altri?
O hai mai pensato che è possibile cambiare il tuo atteggiamento per prendere le distanze dai comportamenti di colleghi difficili che di norma ti danneggiano, demotivano ed irritano?
Difficilmente potrai essere sul luogo di lavoro persona totalmente avulsa da quello che sei “là fuori nel mondo” , in quanto portatore di dinamiche, vissuti e tratti caratteriali che sono sempre e comunque frutto delle tue esperienze di vita.
Fatta questa doverosa premessa, quanto: rabbia, stress, nervoso, ansia, senso di inadeguatezza, irritazione o qualsivoglia stato negativo, sono non solo, e sottolineo non solo, determinata dalle persone con cui devi rapportarti, ma anche determinati in parte dalle tue modalità apprese di risposta ai contesti?
Acquisire una migliore consapevolezza e padronanza di te stesso e delle tue risposte ai contesti, consente un notevole risparmio di energie mentali, una migliorata capacità di rapportarti anche con le persone più difficili e di conseguenza anche di aumentare le tue probabilità di crescita professionale esercitando un maggior distacco da quello che rischia di nuocere al tuo benessere.
Negli articoli dedicati alla consapevolezza di te stesso ti fornisco un sacco di spunti utili per venirne a capo qualora tu stesso per primo voglia “smussare” alcuni tuoi tratti caratteriali, o rompere schemi di comportamento ripetitivi e che tu vivi come disfunzionali (cioè che ti allontanano da quello che vuoi davvero) che ti hanno portato più grane che soddisfazioni, per gestire al meglio i tuoi rapporti tra colleghi e con i capi.
INIZIA DA QUI a rafforzare la consapevolezza di te stesso leggendo questi articoli :

Nell’articolo “Manager o Leader: quale tipo sei?” ti parlo di 9 tratti caratteriali con cui è possibile muoversi nel mondo. Ogni tratto caratteriale è un modo differente di vivere le emozioni, di pensare, di relazionarsi agli altri, con tutti i pro e contro del caso. Questo è un primo articolo introduttivo ai 9 caratteri. In futuro tratterò molto più approfonditamente tutti i pro e contro di ogni carattere per aiutarti a disporre di molte più energie a tuo vantaggio.
“Ripeti sempre gli stessi errori? Come trasformarli in successo”. In questo articolo ti illustro 11 passi per trasformare a tuo vantaggio i tuoi errori “ripetitivi”, cioè quelle abitudini comportamentali radicate che riconosci essere aspetti di te “detestabili” senza riuscire a modificarli e che ti suscitano un senso di fallimento.

“Vuoi diventare capo? 6 segreti per riuscirci”. In questo articolo ti svelo 6 segreti se ambisci ad un percorso di crescita professionale. Avrai modo di valutare quanto il tuo attuale modo di fare ti sta agevolando o meno verso gli obiettivi di carriera che ti sei prefissato, e in caso contrario a regolarti di conseguenza.
Elemento costitutivo n° 2 dell’intelligenza emotiva: la capacità di gestire i rapporti tra colleghi e con i capi.
L’utilizzo dell’intelligenza emotiva è anche strettamente connesso con la capacità di osservare e riconoscere gli altri, e modulare la comunicazione con empatia in modo da instaurare buoni rapporti tra colleghi .
Tutti i giorni hai da rapportarti con persone differenti e, diciamolo pure, alcune volte, magari anche spesso, con colleghi difficili che hanno atteggiamenti esasperati in termini di arrivismo a discapito di altri, prepotenza, scarsa empatia e capacità di collaborare, eccessivamente serie, manipolatorie, voltagabbana, o tirapiedi.
Comunicare, farti capire, ottenere quello che vuoi, a volte, diventa difficile, soprattutto se non sai bene come fare. Oppure, anche nell’ipotesi che sia semplice, è comunque una attività che richiede un grande impiego di energie per tutto il tempo di permanenza in ufficio e probabilmente, te le sottrae per il tempo rimanente.
Se invece ti senti costretto dalle circostanze a “dover accettare” atteggiamenti poco gradevoli da parte di colleghi o capi difficili, allora sempre in questa categoria troverai il modo per difenderti imparando ad entrare in relazione con colleghi difficili solo per quanto ti è utile con il giusto distacco emotivo. Potresti anche scoprire che il tuo peggior nemico potrebbe rivelarsi il tuo migliore alleato.
INIZIA DA QUESTI ARTICOLI a rafforzare la tua intelligenza emotiva nella gestione dei rapporti tra colleghi e con i capi:

“L’empatia è uomo o donna? Scoprilo e usala!”. Un pilastro fondamentale dell’intelligenza emotiva per una comunicazione efficace fra colleghi è l’uso dell’empatia, ossia la capacità di guardare le cose anche dal punto di vista degli altri. In questo articolo ti parlo delle differenze esistenti nella comunicazione fra uomini e donne sul lavoro e di come la comprensione dei reciproci mondi aiuti a sviluppare un ponte comunicativo realistico e consapevole.

“Conflitti sul lavoro: li risolvi o cerchi colpevoli?” Come entrare in relazione efficacemente con i colleghi, soprattutto quando le cose si fanno difficili e ci sono momenti di conflitto da gestire? Esistono 2 modi di affrontare i conflitti: uno più costruttivo, proiettato alla ricerca di soluzioni, usando l’empatia, e l’altro non costruttivo, rivolto alla sola ricerca di colpevoli, senza risolvere nulla. Tu quale sei solito adoperare? Nel mio articolo ti guido a capire quale dei due sei solito usare e come porre rimedio per un migliorato benessere in ufficio.

“Colleghi difficili: i melliflui. Cosa fare?”. Come ti comporti con colleghi difficili, in particolare i voltafaccia melliflui? Li gestisci, li subisci? Hanno il potere di inquinare le tue giornate? In questo articoli ti faccio guardare a questa tipologia di colleghi in modo differente per neutralizzare l’effetto negativo che hanno su di te. Se poi ad essere mellifluo e voltafaccia non è un collega ma il tuo capo, nell’articolo “Capo difficile: il voltafaccia. 2 strade possibili” ti guido ad esplorare 2 strade per ritrovare il tuo benessere in ufficio.

In questo articolo “Capo accentratore? Conquista autonomia in 6 passi” ti spiego che caratteristiche ha un capo accentratore, cosa può nascondersi dietro a questo comportamento che non ha nulla a che vedere con la sfiducia nelle tue capacità e nell’affidarti attività, e come conquistare autonomia in 6 passi.

“Informazioni nascoste. A volte ti sembra di lavorare per i servizi segreti?” : come rapportarsi con una particolare e diffusa categoria di colleghi difficili che insabbiano le informazioni a loro vantaggio. Una riflessione in 8 passi per imparare a gestirli.
Ti ho parlato di come l’uso dell‘intelligenza emotiva per gestire i rapporti tra colleghi e con i capi possa incidere sulla tua crescita professionale e sulla qualità del tuo tempo lavorativo e di vita in generale.
Ti ho anche detto che nei miei articoli troverai spunti utili a capire se ti trovi davvero nel posto di lavoro giusto per te anche in relazione ai colleghi con cui “co-abiti”.
Hai capito cosa hai da fare per non farti odiare, cos’è l’intelligenza emotiva e perchè svilupparla migliora la tua capacità di gestire efficamente i rapporti tra colleghi e con i capi.
Sapere che ti parlerò di rapporti tra colleghi e con i capi a lungo e diffusamente per regalarti benessere, ti regala un “sorriso di sollievo?”
Fammi conoscere le tue riflessioni lasciandomi un commento.
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Grazie!
A presto!
Federica Crudeli

BENESSERE IN UFFICIO: QUESTO SCONOSCIUTO? 5 RISPOSTE!
Ciao e Benvenuto a Lavorare col Sorriso!
Il benessere in ufficio … questo sconosciuto? L’ l’80% delle malattie è fortemente influenzato dallo stress lavorativo secondo alcune recenti ricerche su stress e malattia! Come puoi abbattere lo stress? Imparare ad ascoltare il corpo, gestire le emozioni, zittire la mente, comunicare efficacemente con capi e colleghi, capire chi sei e dove sei davvero aiutano a sviluppare la consapevolezza del buono o cattivo uso che fai del tuo corpo, della tua mente, delle tue emozioni, delle tue capacità e risorse. Perché dovresti occupartene? Ti do 5 ottimi motivi per iniziare a farlo!
[Tweet ” La salute è uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale, e non semplicemente l’assenza di malattia o infermità.” – Organizzazione Mondiale della Sanità “]
Metaforicamente, quanto sei consapevole del fatto che spesso guidi la tua macchina con la testa girata verso il finestrino sinistro e rischi di schiantarti da solo? Perché lo fai senza accorgertene?
Se sei solito pensare: se solo potessi eliminare quel capo, vaporizzare i colleghi odiosi, se solo avessi più soldi, se solo avessi più tempo, se solo avessi quel ruolo, se solo, se solo, se solo … preoccupati!
Bene, ogni volta che parli come sopra, di fatto, stai facendo quello: porti l’attenzione dalla parte sbagliata e rischi lo schianto!
Ti darò 5 ottime ragioni per le quali è fondamentale avere un assetto della tua macchina perfetto per guidare qualsiasi strada guardando dalla parte giusta e concedendoti gli sguardi al panorama, senza però che il panorama diventi la tua ossessione energivora.
Ecco 5 motivi per i quali è importante per il tuo benessere in ufficio essere consapevole e fare un buon uso del tuo corpo, dei tuoi pensieri e delle tue emozioni, sviluppando quindi un’ottima consapevolezza di te stesso, a cui dedico una intera categoria di articoli del blog.
Motivo n° 1 – Il tuo corpo, mente? Sviluppare la capacità di ascoltarlo.
Sai che alcuni disturbi potrebbero essere somatizzazioni psichiche o disagi emotivi che il corpo ti segnala con il suo personale motto di “ribellione” per ottenere l’attenzione laddove sei solito non prestarla?
Li ignori, li ascolti, o proprio non ci fai mai caso e soprassiedi per l’urgenza di turno?
Hai un corpo o sei un corpo?
Ti consideri immortale: dai per scontato che avrai sempre il corpo a tua completa disposizione?
Quale è il tuo livello generale di energia, in media? Ti senti energico?
O più spesso ti senti spossato?
Quali emozioni provi più frequentemente?
Noti una connessione fra il tuo livello di energia e i tuoi stati d’animo?
Soffri di disturbi fisici cronici?
In quali parti del corpo?
Da quanto tempo convivi o ignori questi sintomi?
Hai mai considerato che continuare ad ignorarli, un giorno, potrebbe costarti un conto ben più salato delle tante ore che passi a lavorare?
La vita di un impiegato in azienda è mediamente sedentaria, costretto alla scrivania per buona parte della giornata, o saltare pranzi/cene per rispettare le scadenze o gli orari stabiliti dai contratti di lavoro.
Ciò incide sul nostro sistema energetico, sul metabolismo, e in ultima analisi anche sulla struttura muscolare, che spesso manifesta cronicizzazioni fisiche (emicranie, cervicali, lombalgie, gastriti, coliti, ulcere, solo per citarne alcune).
Accade di sentirsi stanchi, spossati, come se ci avessero messo dentro ad una lavatrice, eppure, normalmente nè spostiamo carichi pesanti, o facciamo lavori di fatica fisica così pesanti, da giustificare questo senso di stanchezza.
In aggiunta… Non sono io a dirlo, ma esistono molteplici studi che dimostrano innanzitutto l’impossibilità per qualsiasi umano di sostenere uno stress elevato per periodi prolungati, salvo crolli fisici e psicologici di varia entità e natura, così come il calo del rendimento o produttività con conseguenti ripercussioni anche per tutti coloro che ci ruotano attorno.
In ultima analisi un peggioramento per tutto il sistema di cui facciamo parte. Lo stress ha difatti impatti sulle manifestazioni emotive, cognitive, comportamentali, talvolta uscendo dalla qualificazione di quanto è fisiologico, per sfociare nel patologico.
Tant’è che il D. Lgs. 81/2008 – Testo Unico per la Salute e Sicurezza dei Lavoratori – definisce la condizione di salute di un lavoratore all’articolo 2 comma 1 come “lo stato di completo benessere fisico, mentale e sociale, che non consistente solo in un’assenza di malattia o infermità” .
L’articolo n° 3, nella descrizione dello stress lavoro correlato recita che “lo stress lavoro correlato può essere causato da fattori diversi come il contenuto del lavoro, l’eventuale inadeguatezza nella gestione dell’organizzazione del lavoro e dell’ambiente di lavoro, carenze nella comunicazione etc.”
Il fatto che sia una legge a definire che cosa sia il benessere, è qualcosa di sufficiente per motivare perché dovrebbe starti a cuore la consapevolezza di come tu disponi delle tue risorse fisiche, mentali, ed emotive? Oppure non sei convinto abbastanza?
A sostenere la causa, ti ricordo che misuriamo il nostro dispendio energetico in termini di metabolismo e calorie accumulate e bruciate: siamo dunque produttori e consumatori di energia , anche se per questa attività per fortuna ancora non paghiamo tasse o “bollette”.
Non diciamolo troppo forte, sia mai che qualche governante illuminato ci metta una tassa sul metabolismo o sulle calorie…
Io stessa per anni mi sono considerata solo “una mente” contenuta in un corpo che mi porta a spasso.
Solo molto più tardi, ho realizzato di “essere un corpo” e non “di avere un corpo”.
L’eccesso di intellettualizzazione tipico del nostro mondo occidentale, porta spesso ad identificarci solo con uno dei nostri elementi costitutivi, la mente, dimenticandoci che siamo un tutt’uno e che il corpo ha un suo linguaggio e una sua saggezza e che l’imparare a osservarlo, scoprirlo, o riscoprirlo, leggerne i segnali e rispettarlo, invece che usarlo come mezzo saltuario per fare sport, ci dà un enorme potere sulla possibilità di mantenere il benessere in ufficio e nella vita in generale.
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“Il qui e ora per uscire da giornate no” . Comincia a scoprire che rapporto hai con le tue emozioni: ti gestiscono o sei tu a gestirle? Nel mio articolo ti spiego in 5 fasi come, paradossalmente, il modo più efficace per superare momenti no è proprio quello di imparare ad accettarli. In questo modo, l’emotività negativa, invece che soffocarti o dominarti, fluirà liberamente e più velocemente, lasciando spazio ad una rinnovata carica ed energia!
Se il primo motivo non ti è bastato, passiamo al secondo!
Motivo n° 2 – La tua mente straparla a sproposito? Imparare a zittirla!
A discapito del tuo benessere in ufficio, quanti pensieri spendi rimuginando sul passato, sui tuoi errori, e quanto ne spendi preoccupandoti per le scadenze, la carriera, il futuro? A cascata quanto senso di colpa, inadeguatezza e ansia ti somministri quotidianamente?
Hai presente quella vocina che ti parla in testa spesso? Cosa ti dice? Parla di continuo?
Quante delle cose che ti sono richieste giornalmente le fai realmente utilizzando quella parte di pensiero utile e funzionale al da farsi, e quanto invece con una produzione eccessiva di pensieri collaterali a quello che realmente sarebbero richiesti dal “qui e ora” di quello che stai facendo?
Avere consapevolezza anche di questo tuo aspetto, imparare a gestire meglio i tuoi pensieri, è fonte di una liberazione infinita.
Lo sai che i pensieri incidono sulla produzione di sostanze chimiche nell’organismo?
Le neuroscienze hanno fatto enormi progressi in tal senso con scoperte strabilianti.
Lo sai che potenzialmente ogni volta che fai cattivo uso della tua mente fra ansie e sensi di colpa, collera, bisogno di approvazione, istanze di giustizia, ti stai intossicando da solo, e somministrando al tuo corpo dosi di tensioni di ogni genere?
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“Ripeti sempre gli stessi errori? Come trasformarli in successo” Vuoi un esempio di cattivo uso della tua mente? Ogni volta che di fronte ad un errore, ti demoralizzi, colpevolizzi e magari ti senti anche un fallimento totale, stai usando male la tua testa! In questo articolo ti illustro 11 passi per trasformare a tuo vantaggio i tuoi errori “ripetitivi”, cioè quelle abitudini comportamentali radicate che riconosci essere aspetti di te “detestabili” senza riuscire a modificarli.
“L’ansia da prestazione lavorativa ti divora? divorala tu in 5 bocconi”. Un altro pessimo modo di usare la tua mente sul lavoro è quello di vivere divorato dall’ansia di prestazione: perennemente in tensione nel tentativo di fare ogni cosa perfetta, di farti apprezzare, di essere impeccabile. Nel mio articolo attraverso 5 modi diversi di guardare alle cose, metterai fuori gioco questa fastidiosa nemica del tuo benessere in ufficio per vivere più serenamente e con molto molto meno stress di prima.
Non sei ancora convinto che ascoltare il corpo, gestire le emozioni, e zittire la mente sia importante per il tuo benessere in ufficio? Allora dal prossimo motivo non puoi scappare, perchè a che vedere con la tua capacità di gestire i rapporti con capi e colleghi!
Motivo n° 3 – L’ingresso dell’ Intelligenza Emotiva in azienda. Imparare a gestire i rapporti fra colleghi in modo efficace!
Il mondo si sta muovendo ad una velocità vorticosa su tutti i piani. Il contesto esterno è caratterizzato da cambiamenti repentini, innovazione tecnologica spinta, elevata incertezza. Se qualcosa, ora, sta funzionando, non è detto funzioni in eterno e neanche fra qualche settimana.
Le vecchie gerarchie aziendali, con il concetto di capo e sottoposto fantozziano, che forse potevano condurre a risultati in un contesto socio-economico stabile, sono desuete e stanno perdendo la loro ragione di esistere.
Non è più sufficiente una persona a comandare e tante ad eseguire, ma che ciascun individuo contribuisca apportando idee, innovazioni per restare competitivi sul mercato.
Si lavora più frequentemente in gruppo, per aree interfunzionali e trasversali alla propria area di business. Tutto questo necessita in media lo sviluppo di una maggiore flessibilità comportamentale, e lo sviluppo di più competenze rispetto a quelle che erano necessarie un tempo.
L’intelligenza emotiva si è fatta strada nelle aziende con l’introduzione di giochi di ruolo, formazione dedicata al Team Building, Problem Solving, alla Comunicazione Efficace, al Business Coaching e affini.
L’obiettivo di questo tipo di formazione normalmente è appunto lavorare sulle due dimensioni costitutive e interdipendenti dell’intelligenza emotiva: in primis la consapevolezza e padronanza di sè e poi la capacità di gestire, di conseguenza ed efficacemente, i rapporti tra colleghi sviluppando l’empatia.
È anche vero che a causa di molteplici fattori di profittabilità aziendale, non tutte le aziende possono investire nella formazione.
Questo blog vuole essere una risposta anche a chi, per ragioni di sopravvivenza economica, non può beneficiare in azienda di questo tipo di investimento e non ha denaro da spendere in privato per formare competenze che sono ormai indispensabili per farsi largo in questo caotico e sempre più complesso mondo (nel bene e nel male).
Ti aiuterò a sviluppare rispettivamente la consapevolezza di te stesso e la capacità di entrare in relazione con capi e colleghi in modo efficace e volto ad accrescere il tuo benessere in ufficio.
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“L’empatia è uomo o donna? Scoprilo e usala!”. Un pilastro fondamentale dell’intelligenza emotiva per una comunicazione efficace fra colleghi è l’uso dell’empatia, ossia la capacità di guardare le cose anche dal punto di vista degli altri. In questo articolo ti parlo delle differenze esistenti nella comunicazione fra uomini e donne sul lavoro e di come la comprensione dei reciproci mondi aiuti a sviluppare un ponte comunicativo realistico e consapevole.
“Conflitti sul lavoro: li risolvi o cerchi colpevoli?” Come entrare in relazione efficacemente con i colleghi, soprattutto quando le cose si fanno difficili e ci sono momenti di conflitto da gestire? Esistono 2 modi di affrontare i conflitti: uno più costruttivo, proiettato alla ricerca di soluzioni, usando l’empatia, e l’altro non costruttivo, rivolto alla sola ricerca di colpevoli, senza risolvere nulla. Tu quale sei solito adoperare? Nel mio articolo ti guido a capire quale dei due sei solito usare e come porre rimedio per un migliorato benessere in ufficio.
“Colleghi difficili: i melliflui. Cosa fare?”. Come ti comporti con colleghi difficili, in particolare i voltafaccia melliflui? Li gestisci, li subisci? Hanno il potere di inquinare le tue giornate? In questo articoli ti faccio guardare a questa tipologia di colleghi in modo differente per neutralizzare l’effetto negativo che hanno su di te. Se poi ad essere mellifluo e voltafaccia non è un collega ma il tuo capo, nell’articolo “Capo difficile: il voltafaccia. 2 strade possibili” ti guido ad esplorare 2 strade per ritrovare il tuo benessere in ufficio.
“Informazioni nascoste. A volte ti sembra di lavorare per i servizi segreti?” Come rapportarsi con una particolare e diffusa categoria di colleghi difficili che insabbiano le informazioni a loro vantaggio. Una riflessione in 8 passi per imparare a gestirli.
Se anche questa motivazioni ad occuparti di te stesso a tutto tondo per il tuo benessere in ufficio, non ti è sufficiente, te ne fornisco un’altra!
Motivo n° 4 – Obiettivi di carriera – imparare a capire dove sei davvero!
Ipotizziamo tu abbia degli obiettivi di crescita professionali. E’ probabile che quindi tu debba avere ben chiaro in testa quali sono, come li vuoi raggiungere, in quanto tempo…. E già stabilire efficacemente questo non è cosa facile!
Conoscere poi il punto di arrivo senza conoscere quello di partenza, o avendone una consapevolezza limitata, credi ti aiuti ad avere aspirazioni realmente concrete e realizzabili? Credi che contribuisca ad incrementare davvero il tuo benessere in ufficio?
Converrai con me che è difficile puntare ad una meta senza avere presente quale sia il punto di partenza, o avendone una consapevolezza limitata, o peggio ancora, essendo convinti di essere in un punto quando magari è evidente al resto del mondo che ti trovi da un’altra parte.
Per esperienza diretta posso dirti che a volte, la nostra percezione di chi siamo non è proprio allineata perfettamente a come agiamo nel mondo. E a volte, nemmeno i risultati che otteniamo sono quelli che ci aspettiamo.
Tendenzialmente quando le cose non vanno come vorremmo , siamo, in quanto esseri umani, abbastanza inclini a distribuire colpe e responsabilità al di fuori di noi stessi.
“Il capo non ci ha capito, il collega è insopportabile, fuori pioveva ed ero stanco (…)” solo per fare alcuni esempi. In effetti può anche essere così. Ma, c’è un ma…è anche vero che a volte a malapena ci rendiamo conto che il nostro modo di fare e l’immagine che diamo di noi stessi nel mondo, se solo ci concedessimo il lusso di domandare, non è proprio uguale all’ idea immaginifica, o terribile, che abbiamo di noi stessi.
In realtà, qualunque situazione tu debba affrontare nella vita, voluta, o forzata che sia, quello che costituisce un discrimine sull’esito finale delle esperienze sei sempre e solo tu, il tuo modo di essere, porti, e guardare alle cose.
A prescindere dal fatto che le tue ambizioni personali e professionali siano “basse” o “sconfinatamente alte”, nel vivere la quotidianità e nella gestione dei rapporti lavorativi con i colleghi, capi, collaboratori, il livello di consapevolezza che tu hai di te stesso fa una enorme differenza in termini di capacità di conseguire gli obiettivi desiderati in azienda e anche fuori, primo fra tutti la qualità del tuo tempo e il tuo benessere in ufficio.
Senza contare poi che una maggiore consapevolezza di te stesso è sinonimo anche di maggiore benessere e di una immensa libertà, ovunque con chiunque in qualsiasi situazione.
Inoltre, normalmente, la crescita professionale si accompagna poi all’assunzione di responsabilità crescenti e anche alla gestione di altre persone.
Tu ti affideresti per fare un viaggio di gruppo ad una guida turistica che è nota nell’ambiente per non essere capace ad organizzare nemmeno 8 ore della sua giornata?
Volgendo la domanda a te, se tu per primo non hai la minima contezza di come gestire te stesso a tutto tondo, o ti sai gestire male, come pensi di poter “guidare” agevolmente ed efficacemente (ossia senza dissanguarti di energie con risultati appena sufficienti) un team fatto di tante persone?
Vuoi iniziare a fare pratica con lo sviluppo della tua consapevolezza, anche sui tuoi obiettivi?
INIZIA DA QUESTI ARTICOLI
“Vuoi diventare capo? 6 segreti per riuscirci”. In questo articolo ti svelo 6 segreti se ambisci ad un percorso di crescita professionale. Avrai modo di valutare quanto il tuo attuale modo di fare ti sta agevolando o meno verso gli obiettivi di carriera che ti sei prefissato, e in caso contrario a regolarti di conseguenza.
“Motivazione sotto ai piedi appena sveglio? Riportala su!”. Il tuo lavoro attuale quanto è fatto di motivazione intrinseca e quanto di motivazione estrinseca? Non sai quale differenza ci sia? Scoprilo! Capirlo è la base fondamentale per orientare al meglio i tuoi obiettivi di carriera risparmiando tempo ed energie e guadagnare benessere in ufficio.
“Carriera lavorativa: il potere è piacere? Come capirlo”. Spesso ambiamo tutti ad ottenere successo nella accezione più comune del termine: soldi e potere. Ma quanto realmente sei disposto a pagare il prezzo del successo? E che relazione esiste fra il potere e il piacere? Individua il mix di potere – piacere che è in sintonia con la tua natura. Ne guadagnerai in benessere in ufficio.
Un’ultima motivazione, ma non in ordine di importanza, qualora le 4 precedenti ancora non siano sufficienti a convincerti che la consapevolezza del buono o cattivo uso che fai delle tue risorse costituiscano il discrimine fra il benessere in ufficio e il malessere…
Perché n° 5 – Dentro l’ufficio/fuori l’ufficio – imparare a conoscere il tuo carattere e le tue capacità
La qualità della vita in ufficio influisce pesantemente sulla qualità della tua vita fuori, così come vale il viceversa.
Uno squilibrio, legato a qualsiasi motivo in una area della vita, si ripercuote immancabilmente su tutte le altre, seppure in maniera differente e con diverse gradazioni di pervasività.
In questo blog di fatti mi occupo nello specifico di tutto quanto ha a che vedere con la capacità di conquistare, (se non lo hai), mantenere o migliorare equilibrio interiore, benessere e serenità integrando efficacemente l’uso di corpo-mente ed emozioni, durante la giornata lavorativa in ufficio.
Tu sei una persona che si manifesta nel mondo con un carattere. Difficilmente sarai là fuori nel mondo qualcosa di profondamente diverso da quello che sei in ufficio.
Se invece sei solito attuare una spaccatura marcata tra il tuo modo di manifestarti sul lavoro e quello di manifestarti fuori, a maggior ragione dovrebbe interessarti la tua auto-consapevolezza: è fuori di dubbio che un simile comportamento conduce a consumare energie e spegnerti fino a quando ti sentirai una pila usata ed esaurita. Altro che benessere in ufficio!
Con i miei articoli di questa categoria ti guiderò in riflessioni che ti saranno utili a: mettere a fuoco come ti muovi nel mondo, quali pensieri, schemi comportamentali stati emotivi ti caratterizzano, a che punto sei della tua crescita professionale o a capire quale tipo di crescita professionale faccia la caso tuo anche in base al binomio potere – piacere, a valutare il tuo livello di energia e ad aumentare la tua autostima per farla fruttare al meglio nel tuo contesto lavorativo.
Se potessi guardati con gli occhi di una persona esterna, cosa scopriresti di te?
Che effetti susciti negli altri con il tuo modo di relazionarti?
Ogni “carattere” è connotato da caratteristiche affettive (il tuo rapporto con le emozioni e sentimenti), energetiche (quanta energia senti di avere per affrontare le tue giornate), somatiche (che struttura fisica hai), cognitive (quali sono i tuoi tipici modi di pensare) e relazionali (come ti poni rispetto agli altri) ben distinte e legate ai bisogni primari che hai percepito come negati o limitati: diritto di esistere, di avere bisogno di accudimento, di possedere te stesso, di importi, di essere autonomo e di amare sessualmente.
Nei miei articoli ti guiderò ad esplorare quali manifestazioni esteriori oggi ti caratterizzano per prendere coscienza di quali sono gli schemi ripetitivi che metti in atto nel lavoro e nella tua vita e che, qualora disfunzionali per il tuo benessere, ti allontanano piuttosto che avvicinarti, a quello che realmente vuoi.
Aumentare la propria consapevolezza quali vantaggi dà? La libertà. Sebbene talvolta possa sembrare una “fatica” investire del tempo per fermarsi a riflettere su alcuni aspetti di se stessi, e sebbene questa fatica l’abbia avvertita io stessa, con il tempo invece ho imparato a raccoglierne i frutti in termini di maggior benessere in ufficio e fuori.
Ti aiuterò a fare tutto questo da molteplici punti di vista, che sono certa saranno per te un enorme arricchimento, una grande sorpresa e scoperta che ti accompagneranno a lungo!
Vuoi iniziare a capire quale tratto caratteriale ti distingue e cosa ne consegue?
Nell’articolo “Manager o Leader: quale tipo sei?” ti parlo di 9 tratti caratteriali con cui è possibile muoversi nel mondo. Ogni tratto caratteriale è un modo differente di vivere le emozioni, di pensare, di relazionarsi agli altri, con tutti i pro e contro del caso. Questo è un primo articolo introduttivo ai 9 caratteri. In futuro tratterò molto più approfonditamente tutti i pro e contro di ogni carattere per aiutarti a disporre di molte più energie a tuo vantaggio.
Nell’articolo “Che capacità ho? Conoscerle ti aiuta” ti guido a valutare quali capacità senti più tue fra quelle cognitive, realizzative e relazionali. Conoscerle ti aiuta a verificare quali servono maggiormente per il tuo lavoro e per i tuoi obiettivi di carriera e ti consentono di risparmiare tempo focalizzandoti su quelle che pensi di dover migliorare.
Ti ho motivato a sufficienza perchè è bene, per il tuo benessere in ufficio, che tu impari ad ascoltare il corpo, gestire le emozioni, zittire la mente quando parla a sproposito, comunicare efficacemente, capire che carattere, capacità, risorse hai, in funzione dei tuoi obiettivi lavorativi?
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Federica Crudeli
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VUOI DIVENTARE CAPO? 6 CONSIDERAZIONI
Ciao e Bentornato a Lavorare col Sorriso!
Ecco 6 segreti da applicare se ambisci a diventare capo, ossia assumere un ruolo di maggiore responsabilità e quindi (di solito) anche più remunerato, nell’ambito dell’attività lavorativa che svolgi.
[Tweet ” Chi pensa di guidare gli altri e non ha nessuno che lo segue sta solo facendo una passeggiata.” – cit. John Maxwell “]Ipotizziamo tu sia entrato in azienda da poco oppure che tu abbia maturato già dell’esperienza e che tu voglia diventare capo.
Cosa vuol dire diventare capo di solito? Assumere un ruolo di responsabilità nella organizzazione, gestione e controllo di una attività, collaboratori compresi, normalmente rendendo di conto ad un altro capo.
Normalmente il diventare capo è in realtà il riconoscimento formale ed economico di un processo che, nei fatti, è avvenuto prima: ossia tu ti sei già messo nelle condizioni di essere un capo di fatto, perché ti sei costruito una credibilità, una tua autonomia e buone relazioni con capo e colleghi, e quindi l’azienda è “costretta” a riconoscerti quello che ti spetta.
Prima di condividere le 6 considerazioni sul diventare capo, affinchè ciò avvenga, due doverose premesse: una di tempo, l’altra di “spazio”.
La prime domande a cui a mio avviso è bene tu dia risposta sono: nella mia realtà aziendale, dopo quanto tempo una persona assume in media un ruolo di responsabilità e può quindi aspirare a diventare capo?
Dal punto di vista organizzativo, c’è già o è possibile creare lo spazio per un ruolo di capo?
In questo modo hai già una indicazione di come i tempi interni di crescita e la visione di lungo termine del tuo capo sulla possibile evoluzione organizzativa della tua attività, si sposino o meno con le tue aspettative.
Se vuoi diventare capo dopo 3 anni di esperienza e in media questo avviene nella tua azienda dopo almeno 5 anni, puoi applicare i seguenti 5 segreti come ti dico di seguito, con la consapevolezza che i tempi potrebbero comunque non essere maturi per il contesto generale in cui sei attualmente collocato.
Sono considerazioni di buon senso ma nella mia esperienza proprio perchè così essenziali e sotto gli occhi di tutti, quasi mai prese in considerazione quando si scalpita per qualcosa. Lo sguardo finisce per restare focalizzato sulla mancanza.
Va da se che se sei a conoscenza di un contesto esterno che ti “premia” nei tempi che tu ti sei prefissato, puoi proporti altrove e cambiare lavoro.
Le 6 considerazioni esposte di seguito restano comunque valide ovunque tu aspiri a diventare capo. La premessa è che come dico spesso mi piace aiutare le persone ad essere persone sostenibili e a difendersi da chi non lo è.
Quindi parlo di considerazioni volte ad essere persone migliori in un contesto sano.
Diversamente queste considerazioni potrebbero non essere adatte.
1 – Umiltà
Sei collocato in un contesto di business e organizzativo fatto di colleghi, ossia persone, di varia estrazione ed esperienza.
Il fatto che tu abbia una serie infinita di titoli di studio o master, ed esperienza, non significa in automatico porsi con saccenza ed arroganza verso i colleghi.
Mostrati disponibile ad imparare, ascoltare e capire chi ha più esperienza lavorativa di te: può essere una miniera preziosa di informazioni e conoscenze che ti torneranno utili.
Poniti con umiltà anche verso altri colleghi esterni alla tua unità di business. Sii collaborativo.
2 – Rispetta i confini
Impara a capire più velocemente possibile quali sono i limiti di autonomia che hai per muoverti all’interno della tua organizzazione, senza “pestare” i piedi o “tentare di scavalcare” i colleghi e i capi.
Anche qualora tu fossi più veloce, efficace, efficiente di altri nello svolgere le attività, lascia che siano i fatti a parlare per te e non cadere nella tentazione di “sopraffare” i colleghi facendo la corsa a mostrarti come il meglio a loro discapito, usando mezzucci “infimi” per farti notare.
Ad esempio screditando il lavoro altrui, accaparrandoti i meriti quando fai le cose fatte bene (magari con il supporto altrui) e scaricando le colpe sugli altri accampando giustificazioni quando fai qualcosa di sbagliato.
Oppure estromettendo il tuo capo, o altri colleghi, dalle comunicazioni e/o scambi lavorativi con altri uffici per farti bello.
Questi atteggiamenti, solitamente, non sono premiati. Anzi, depongono notevolmente a tuo sfavore.
Se osservi, capisci e rispetti i confini formali ed informali che esistono nella gestione dei rapporti fra colleghi e con il tuo capo, la tua velocità, efficacia ed efficienza saranno riconosciute in automatico e verrà spontaneo affidarti incarichi via via più complessi che coinvolgono via via più interlocutori aziendali diversi.
3 – Capisci le capacità chiave da sviluppare nella tua attività!
Ogni tipo di lavoro presuppone un uso più o meno marcato di alcune capacità fra quelle realizzative, cognitive e relazionali.
Se vuoi diventare capo devi fare in modo che quelle necessarie alla tipologia di lavoro che fai siano progressivamente sviluppate e/o rinforzate.
Come? Identificando quelle che senti come più deboli e rafforzandole con comportamenti fattivi, o valorizzando al massimo quelle necessarie che già possiedi e in cui ti senti forte.
Ad esempio se ambisci a diventare capo nel settore ricerca e sviluppo di una farmaceutica, le capacità relazionali avranno meno importanza per la crescita professionale di quanta ne abbiano per chi ambisce a diventare un “commerciale puro”, per intenderci.
Per riflettere sulle tue capacità cognitive, realizzative e relazionali ti rimando al mio articolo: Che capacità ho? Conoscerle ti aiuta!
4 – Comprendi le aspettative del tuo capo!
Tu lavori per una azienda e poi per un capo che ne rappresenta le “volontà” in uno specifico ambito.
Sembra banale ma nella mia esperienza non lo è: può capitare che alcune attività che ti siano affidate siano per te di poco valore.
Sta di fatto che se ti sono richieste, servono a qualcuno: se non ne comprendi i motivi (anche se di norma qualcuno dovrebbe spiegarteli) chiedili con garbo, non essere passivo!
Capire il contesto generale in cui si innestano le attività e che finalità hanno, aiuta a sviluppare il pensiero sistemico, una capacità indispensabile per assumere ruoli di responsabilità crescente e diventare un capo.
Il tuo attuale capo o supervisore diretto si aspetta da te delle cose: chiedigli direttamente cosa, precisamente, oppure osserva i risultati che lui apprezza particolarmente conseguiti da altri.
Impara o chiedi cosa vuole che sia fatto, in che tempi, con che priorità e come vuole che gli siano presentati i risultati che si aspetta da te.
Se non ti è possibile chiedere sempre, assicurati di comprendere bene l’obiettivo che ti viene di volta in volta affidato, e la sua priorità rispetto ad altre attività più o meno urgenti.
Fare un lavoro fatto benissimo, ma consegnato tardi, magari a discapito di attività più urgenti, non è saggio.
Quando il tuo capo ti fa notare un errore, invece che mugugnare alle spalle o maledirlo, vedi di capire cosa puoi fare meglio la prossima volta. Sii costruttivo.
Non affezionarti troppo al tuo lavoro al punto di volerlo difendere oltremodo se il tuo capo o un supervisore lo contestano o ti chiedono di cambiare qualcosa che hai già fatto: piuttosto cerca di capirne i motivi.
Rispondere subito “NO” a una richiesta che ti appare poco sensata è controproducente: da un lato perché potrebbero mancarti informazioni di contesto che la renderebbero sensata, dall’altro perché capita anche ai capi di sbagliare o valutare male alcuni compiti, priorità, implicazioni.
Se tu ti dimostri aperto ad ascoltare e capire, e hai già intuito che quanto ti chiede rischia di non avere concretamente senso, fai domande specifiche per condurlo a capire che quanto vuole da te contrasta/non è coerente con altre attività, o che allontana invece di avvicinare al risultato che lui si prefigge di ottenere con il tuo aiuto.
In questo modo vedrà da un lato un atteggiamento di apertura, dall’altro la capacità di condurlo a valutare che la strada proposta non è quella più efficace o efficiente, e per questo ti ringrazierà.
5 – Trova soluzioni a problemi che ancora non esistono
Le probabilità di diventare capo facendo sempre e solo alla perfezione il compitino che ti viene affidato, magari esigendo che ti sia spiegato anche il modo per farlo, sono ridotte.
Nell’ambito di una delega ben esercitata, tu riceverai attività da fare, lasciando a te la scelta del modo: non chiedere di essere seguito minuziosamente in ogni micro – step da fare.
Buttati, prenditi l’iniziativa, organizzati e pianifica le cose da fare, trova tu il modo per portare dei risultati, purchè siano quelli attesi nella finalità e nei tempi richiesti.
Se nel fare una attività noti qualcosa che non funziona, o che potrebbe essere fatto meglio, in minor tempo, e in modo più efficiente, prendi l’iniziativa e proponi una soluzione condividendola prima con i tuoi colleghi o chi sarebbe impattato dalla tua proposta. Opera un “fine tuning” raccogliendo anche idee e osservazioni altrui. Se la tua idea riscuote il consenso di chi ne è impattato, la strada con il tuo capo sarà spianata.
Inoltre considera che il capo solitamente apprezza chi si fa portatore di innovazioni. Poi per “n” motivi può decidere di non dare seguito alle tue proposte, ma tu proponiti con decisione! Sempre nel rispetto e con il consenso di chi è impattato dalla tua proposta di modifica “operativa”.
Ancora meglio se riesci a guardare oltre all’orizzonte di un singolo compito o di attività consolidate e ripetitive che possono essere fatte meglio, identificando in anticipo qualcosa che ritieni possa diventare un problema per il tuo ufficio se non gestito per tempo!
Il fatto di risparmiare problemi futuri è una dei modi più efficaci per farsi apprezzare e crescere professionalmente.
Quindi prendi l’iniziativa con una buona dosa di fiducia nelle tue capacità!
6 – Ascolto, trasparenza, empatia e simpatia
Forse nelle aziende c’è una diffusa convinzione che possa diventare capo solo chi è serio e non ride mai: sicuramente è bene osservare il contesto prima di compiere “imprudenze”, ma in media regalare un sorriso, una battuta amichevole, scherzare, rende il clima più leggero, incrementa il senso di reciproca fiducia e genera consenso.
Ti augureresti mai un capo che è sempre triste, nervoso, irascibile, critico con tutti e verso tutto? Sii come il capo che vorresti avere!
Non fomentare discussioni inutili!
Se hai qualche problema relazionale con qualche tuo collega difficile o antipatico, vedi di risolvertelo da solo.
Sul lavoro è fisiologico non andare d’amore e d’accordo con tutti o non essere simpatici a tutti. Fintanto che questo non intacca i tuoi risultati, resta un problema di carattere relazionale “gestibile” con il buon senso.
Il tuo capo non è lì a fare da genitore – arbitro: cerca un confronto, trova un modo di andare d’accordo o risolvere un problema con i colleghi autonomamente.
I capi normalmente sanno bene quali sono i collaboratori difficili. E apprezzano chi riesce a rapportarsi in modo maturo senza sollevare inutili sommosse o fare le guerre ai mulini a vento per cambiare ciò che non è cambiabile: il carattere altrui.
Si tratta di trovare un giusto equilibrio di convivenza senza farne un caso di stato.
Se dopo numerosi tentativi falliti proprio non ottieni risultati, o malgrado tentativi di pacifica convivenza vedi boicottati i tuoi risultati, e compromessa la buona riuscita delle tue attività, allora valuta di ricorrere al tuo capo che è l’unico che può effettivamente dirimere “la controversia” come ultima istanza.
Ricorda però che essere aperto di vedute nell’atteggiamento, empatico, sorridente, costruttivo (e non quindi un lamentoso che borbotta come una pentola di fagioli piuttosto che proporre rimedi alle cose che non vanno) fa si che tu in automatico possa diventare il punto di riferimento spontaneo per molti colleghi e per molte attività.
Se noti qualcosa che funziona male, proponi una soluzione piuttosto che lamentarti di continuo!
Poniti in modo trasparente nei rapporti con i colleghi.
In conclusione
Ti ho fatto 6 considerazioni, che poi sono atteggiamenti/comportamenti che se attuati preparano il terreno, creando quel seguito spontaneo che ti è necessario per un salto di responsabilità.
Certo, forse penserai, guardandoti attorno, che non tutti coloro che conosci e che sono responsabili di qualche attività, abbiano mai attuato questi comportamenti.
Qui però stiamo parlando di buone regole per diventare un capo che sia un buon esempio e non di come, eccezionalmente e chissà per quali altri motivi, alcune persone possono diventare capo malgrado difettino di umiltà, capacità realizzative, relazionali, empatia, trasparenza e capacità di ascolto.
Quindi, sei pronto a diventare capo?
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Federica Crudeli

CAPO DIFFICILE: IL “VOLTAFACCIA”! 2 STRADE POSSIBILI
Ciao e Benvenuto a Lavorare col Sorriso!
E se ad essere mellifluo e voltafaccia, questa volta, fosse il tuo capo difficile e non un collega qualsiasi? Le cose si complicano, vista la “disparità” di “potere” nel rapporto. Esistono altre strade percorribili per neutralizzarlo, oltre a quelle di cui ti ho già parlato?
Si, almeno altre due… scoprile!
[Tweet ““ Per ogni carnefice c’è una vittima pronta a rendersi tale” – cit. “]
Nel precedente articolo “Colleghi difficili: i melliflui. Cosa fare?” ti ho parlato infatti di una particolare categoria di colleghi difficili, in particolare i melliflui voltafaccia. Ti ho profilato una loro caratterizzazione, e aiutato a capire come li vivi (o subisci), come puoi vederli con occhi diversi e gestirli di conseguenza.
Se il soggetto in questione è il tuo capo, esistono almeno altre 2 strade percorribili e hanno a che vedere con una prospettiva di lungo termine, soprattutto se ti senti in una situazione lavorativa che, pur con tutto il tuo impegno per gestirla, ti sta stretta stretta.
Allarga l’orizzonte temporale!
Il presupposto di partenza che accompagna tutto quello che segue è che il capo difficile mellifluo o voltafaccia sia percepito come tale non solo da te ma anche da tutti i colleghi con cui lavori.
Ti chiedo questa volta di riflettere con un orizzonte temporale un po’ più allargato degli stati d’animo e mentali che in media, il rapportarti con quel capo difficile ti genera: in particolare, quelle negatività che solitamente vivi, da quanto tempo le vivi?
Se da un lato è vero che essere consapevoli di quello che ci accade dentro ci dà uno strumento in più per scegliere più liberamente come rapportarci in modo più vantaggioso per noi stessi, vero è anche che se fino ad oggi, e da molto tempo, non hai mai pensato a qualcosa di simile, è possibile che tu oggi stia sperimentando un generale abbassamento del livello di energia che sta andando ad intaccare anche gli altri aspetti della tua vita.
In fin dei conti lavori minimo 8 ore al giorno, considerando che 8 ne dormi, capisci bene che almeno il 50% del tuo tempo da sveglio è a contatto con un capo difficile che ti genera questi stati d’animo che devi gestire al meglio se non vuoi “soccombere”.
E magari sei più irascibile e nervoso con gli amici e i famigliari, o sei più svogliato, o più apatico, sorridi meno del solito, o comunque ti senti più “spento” e in generale , vivi con un generale senso di insoddisfazione latente perenne e crescente.
In particolare, se pensi a te stesso prima di lavorare in quel contesto lavorativo, noti delle differenze rispetto a come sei adesso nei termini di cui sopra?
Ti ammali spesso? Soffri di disturbi cronici? Da quando sono iniziati i disturbi? Hanno avuto qualche concomitanza con eventi spiacevoli?
Anche qui, ti faccio presente che il corpo manifesta tutto quello che non può essere manifestato altrove. Non lo ascolti? Parla lui per te.
Se ti trovi in questa condizione, o non ti ci trovi ancora ma pensi che le circostanze “ambientali” inevitabilmente ti ci porteranno perché pur con tutto te stesso, proprio non sopporti il contesto, è meglio correre ai ripari prima possibile.
Strada n° 1: parlare con il capo del capo difficile e mellifluo. Attenzione!
Premetto che un capo difficile e mellifluo normalmente, se è percepito come tale non solo da te, ma da più persone, ha “nevrosi” di cui non è cosciente (in realtà in media tutti ne abbiamo, solo che alcune nuocciono più di altre nei contesti lavorativi).
Tu non sei tenuto nè a capirle, nè a subirle, altrimenti lavoreresti in un consultorio ASL.
Sta di fatto che se quella persona sta lì dove è indisturbata da anni, pur rappresentando una fonte di malessere non solo per te ma per tutti, è perché è funzionale a qualcun altro, che è possibile, ipotizzo, incarni lo stesso modello relazionale vittima – carnefice, dove questa volta è proprio il tuo capo difficile tiranno e mellifluo a subire a sua volta la “tirannia” del suo capo.
Che allegriaaaa!!! avrebbe detto Mike Bongiorno.
Nessun capo di un capo realmente centrato e con una psiche equilibrata si circonderebbe di un capo difficile e mellifluo se non perché quel tipo di capo è esattamente quello che lui stesso pretende e cerca: sottomissione..
Persone che hanno un sana considerazione di sè e una “centratura”, non hanno alcuna necessità di innescare dinamiche di questo tipo per gestire i loro rapporti lavorativi.
Qui potrei aprire un capitolo infinito sulla trattazione dei modelli relazionali sadico/masochisti, o carnefice/vittima, ma mi riservo di farlo in futuro come ti ho anticipato nel mio articolo “Manager o Leader, quale tipo sei’” (puoi sbirciare lì per conoscere le caratterizzazioni di comportamenti che approfondirò anche in seguito).
Sappi però che esiste anche il cosiddetto masochismo sociale.
Il problema nasce quando un “masochista sociale” pretende che tutti si adeguino al suo modello (distorto in negativo) di vedere la vita lavorativa: “mi sacrifico io, si devono sacrificare tutti”.
Alla luce di quanto sopra, va da se che ricorrere ai ripari andando a cercare conforto nel capo del capo difficile e mellifluo equivale al suicidio lavorativo.
Potrebbe invece essere che il capo del capo difficile e mellifluo è li da poco, non ha ancora conoscenza del capo mellifluo e deve ancora prendere le misure.
Allora hai speranza, da un lato che se ne accorga lui per primo e prenda provvedimenti, dall’altro che quanto meno potresti avere un alleato a cui rivolgerti per chiedere spostamenti o cambi di attività o fare presente il tuo malcontento.
La strada ultima, se parlare col capo del capo difficile e mellifluo non da risultati o non è possibile, è andare a parlare con la persona a ciò preposta della funzione HR.
In fin dei conti, chiedere di cambiare lavoro dopo un po’ di tempo è sano e funzionale alla tua crescita lavorativa, non necessariamente devi porla come una questione di “non sopportazione” del tuo capo difficile.
Ed è bene che tu lo faccia dopo aver fatto la stessa richiesta al tuo capo difficile e mellifluo e al relativo superiore: e non perché loro ti daranno ascolto se sono caratterizzati come ti ho già descritto, ma solo perché non possano dirti un giorno “ma a noi non l’avevi detto” e perché elevarsi significa fare la differenza.
Bypassarli sarebbe attuare lo stesso comportamento che loro applicano a te. Ma tu, sei meglio di loro.
Strada n° 2 – cambiare lavoro internamente/cercarlo altrove
Al di là del percorrere queste strade, quello che mi preme farti presente ora è il danno che stai facendo a te stesso, subendo questa situazione che vivi come intensamente negativa, senza cercare rimedi, quali chiedere un cambio di lavoro interno,o fosse anche cercare lavoro presso altre aziende se non lo hai già tentato.
Se non lo fai è interessante capire cosa ti frena o cosa ti frena dal cercare altre strade in generale.
Visto che questa convivenza forzata con il capo difficile porterà irrimediabilmente al peggioramento della tua vita e imbruttimento della tua persona, quello su cui ti invito a riflettere è: che cosa ti impedisce di “ribellarti” o di fare qualcosa di diverso da quello che hai fatto sino ad ora, compreso, appunto, cercare lavoro altrove internamente o esternamente, qualora la situazione sia per te insostenibile?
Cosa ti spaventa? Cosa ti frena?
Le possibili ripercussioni?
Guardati attorno: a chi ha osato ribellarsi al capo difficile, se hai degli esempi intorno, che cosa è successo?
Ha risultati così tanto peggiori di chi come te invece “sopporta” il capo difficile e mellifluo? O magari uguali o simili?
Pensaci bene, anche nel lungo termine, se vuoi restare dove sei, cosa è che premia nella tua famiglia professionale in questo momento e con i capi che ci sono?
E quello che tu vedi essere un comportamento premiato per crescere professionalmente, saresti in grado di sopportarlo o attuarlo?
Risponde alle tue aspettative di carriera e monetarie? Sarebbe in sintonia con il tuo ideale di vita e con i tuoi valori? Se no, cosa hai da perdere a tentare altre strade?
Conosci qualcuno che da dove sei tu se ne è andato? Come ha fatto? Sta meglio, sta peggio, lo conosci, gli hai mai chiesto un confronto per capire come ha ottenuto ciò che voleva?
Usare e “modellare” il “come” delle esperienze altrui è sempre un ottimo modo per uscire fuori da situazioni difficili.
Ti spingo al limite: immagina la tua situazione attuale di scontentezza protratta fino alla pensione!
Pensi di poterla sopportare? Se la riposta è no, ti faccio presente che più tempo resti dove sei, più aumenti le probabilità che accada esattamente questo, e che tu possa passare da un ufficio all’altro con poca capacità di decidere delle tue sorti.
E’ quello che vuoi? Benissimo.
Non è quello che vuoi? Fai qualcosa. Ora. Non fra 1,2,3 o 4 anni. Ora. Comincia a pensarci ora e a farlo ora.
Soprattutto nella nostra cultura è diffuso il concetto della sopportazione e del sacrificio, per cui l’idea di sopportare e sacrificarsi diventa quasi un “must” e “fa molto figo”.
Spesso è una cultura diffusa nelle aziende italiane considerare “dei grandi” quelli che lavorano ad oltranza.
Sappiamo bene che nei paesi del Nord Europa non è così, in media. La domanda che sarebbe opportuno porsi invece è: se c’è tutta questa necessità di lavorare oltre ogni limite, non è che serve un rinforzo di organico?
O magari si tratta di disorganizzazione allo stato pure e basta? E se così fosse, ne devi fare le spese per forza tu? Dove sta scritto? Tirartene fuori quali conseguenze potrebbe avere? E’ temporanea o strutturale questa situazione?
Inoltre, una cosa è sacrificarsi e sforzarsi in funzione di un obiettivo che si concretizza o ha alte probabilità di concretizzarsi, altra cosa è sacrificarsi per la patria, senza infamia, senza lode, per la gloria di nessuno e pure digerendo tonnellate di bocconi amari subendo un capo difficile…
Ecco..nel nostro paese questa seconda accezione di sacrificio e sforzo è diventata la normalità, per questo, credo, siamo il paese con la tassazione più alta d’Europa…
Diciamo che sarebbe bene tu ti prefissassi una data limite entro la quale vedere realizzati i tuoi obiettivi di crescita professionale, per cambiare rotta al non verificarsi di certe condizioni. Non lo hai ancora fatto? Comincia.
Ogni giorno deve avere la sua ricompensa.
Se stai pensando che è una affermazione banale, ti domando: ogni giorno quante ricompense ti regali?
Il fatto di sentirci immortali o di pensare che le cose brutte del mondo possano accadere solo agli altri, potrebbero indurti a passare giorni senza dedicarti a quella passione a cui tieni tanto (se ne hai una, se non la hai ti invito a farti qualche domanda), senza ridere con qualcuno, senza fare quella telefonata/visita a chi vorresti, senza oziare, o più in generale, senza il piacere di fare/non fare qualcosa che ti regali quello che tu consideri godimento puro.
Più giorni passi senza darti una ricompensa, più rischi di assomigliare ad una pianta che non è annaffiata.
Sai vero che fine fanno le piante senza ricevere acqua? Ora non venirmi a dire “si ma io sono una pianta grassa e le piante grasse possono stare anche senza acqua” perché parli ad una che è riuscita a far morire pure quelle, sebbene ne richiedessero molta meno delle altre …
Il darti una ricompensa quotidiana è un buon modo per conferire qualità alla tua vita in attesa di capire cosa sia meglio per te, nel medio e lungo periodo.
Una volta capito poi, hai solo da passare all’azione. Inoltre aumenta comunque anche la tua resa in ufficio. Non lo dico io. Le persone serene, lavorano meglio.
Richard Branson, fondatore della Virgin è balzato alle cronache per aver abolito gli orari di lavoro.
Lo fa per il bene dei suoi dipendenti? No, lo fa per il suo tornaconto, perché le persone serene lavorano di più e meglio e ha capito che il suo tornaconto dipende strettamente da quanto a loro volta, i suoi dipendenti, trovino soddisfazione nella loro vita in senso più ampio.
In Italia siamo anni luce da un modello simile, ma, per dovere di cronaca, lo riporto perché è un elemento informativo a sostegno di quanto dico.
Ricapitolo: ti ho fatto ragionare sulle conseguenze di lungo termine qualora tu, adesso, viva una situazione lavorativa che consideri insopportabile o insoddisfacente a contatto con un capo difficile.
Abbiamo vagliato diverse possibilità di scelta su come agire, ti ho parlato di come ogni giorno debba avere la sua ricompensa .
Adesso cosa fai, accampi scuse o ti muovi?
Esiste sempre una possibilità di scegliere. Ma le scelte siamo noi a crearle.
Non esiste meta che non sia stata raggiunta da chi aveva una motivazione forte e un obiettivo ben preciso in mente.
Ti ho regalato un sorriso con questo articolo?
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Federica Crudeli

CHE CAPACITÀ HO? CONOSCERLE TI AIUTA
Ciao e Benvenuto a Lavorare col Sorriso!
Oggi ti guido in una auto-riflessione pratica sulle principali capacità (o soft skills) cognitive, realizzative e relazionali, ossia inerenti la gestione dei rapporti lavorativi, che sono tipicamente oggetto di “valutazione” da parte dei capi e delle Risorse Umane in ambito aziendale. Capire quali capacità hai più sviluppate e quali meno, rispetto ai tuoi obiettivi di crescita professionale o carriera, può aiutarti a focalizzare efficacemente tempo ed energie mentali rispetto a quanto ti viene richiesto dal tipo di ruolo che ricopri e/o mansione che svolgi.
[Tweet ““Se facessimo tutto quello di cui siamo capaci sorprenderemmo davvero noi stessi” cit. T. Jefferson”]
Ti ho già introdotto ad una prima riflessione sul carattere nel mio articolo “Manager o Leader. Quale tipo sei?”e continuo questa volta focalizzandomi su un aspetto con cui il carattere si manifesta nel mondo: le capacità, appunto.
Prendi un foglio di carta, una penna e scrivi. Scrivere ha un enorme potere liberatorio a prescindere da cosa scrivi e aiuta ad imprimere bene nella testa i concetti.
A maggior ragione se lo fai con un obiettivo specifico: quello di mettere nero su bianco le capacità che usi in modo più naturale e quelle capacità che senti più distanti da te. Può essere di aiuto auto-valutarti con una scala di giudizio da 0 a 10. Inizia a stendere la lista ripensando a te stesso anche al di fuori dell’ambito lavorativo.
A titolo esemplificativo e non esaustivo ragiona su questi aspetti identificando i comportamenti che senti più vicini:
Capacità realizzative
Ti hanno affidato un progetto complesso:
[list-ul type=”arrow”][li-row]l’ idea di organizzare le attività, pianificarle, tempificarle, quanto ti manda in panico oppure quanto agevolmente riesci a chiarirti le idee su cosa fare, come e quando e stendi subito un programma di massima?;[/li-row][li-row]preferisci che sia qualcuno a identificare un tuo compito preciso per poterlo eseguire al meglio senza dover pensare a tutta la pianificazione e organizzazione delle attività;[/li-row][li-row]sei determinato a portarlo a termine costi quel che costi;[/li-row][li-row]in media, vedi il percorso già irto in partenza di difficoltà e ti abbatti subito;[/li-row][/list-ul][distance1]
Immagina di dover prendere una decisione che impatterà sull’organizzazione del lavoro nel tuo ufficio:
[list-ul type=”arrow”][li-row]decidi in poco tempo e in autonomia e con le informazioni di cui disponi;[/li-row][li-row]tendi ad accumulare più informazioni possibili per essere sicuro di avere valutato tutti i pro e contro, coinvolgi tutti i possibili interessati e fino a quando non lo hai fatto non sei sereno, non decidi.[/li-row][/list-ul][distance1]
Come te la cavi con gli imprevisti? Un telefonata mentre sei impegnato in quella attività importante, una riunione spostata all’ultimo minuto, un collega che ti si presenta alla scrivania e ti coinvolge a fare dell’altro:
[list-ul type=”arrow”][li-row]Ti irritano molto;[/li-row][li-row]le vivi come imprevisti fisiologici da gestire.[/li-row][/list-ul][distance1]
Vedi diverse cose nel tuo ufficio che funzionano meno bene di come potrebbero:
[list-ul type=”arrow”][li-row]ti fai promotore di un cambiamento verso il tuo capo;[/li-row][li-row]aspetti che qualcun altro sollevi il problema.[/li-row][/list-ul][distance1]
Capacità cognitive
Devi analizzare un documento molte tecnico, lungo, inerente una dinamica complessa per identificare la soluzione ad un problema:
[list-ul type=”arrow”][li-row]alla 3° riga della prima pagina hai già la testa che ti divaga alle spiagge del Brasile tanto hai già capito il contesto generale e le dinamiche principali dell’argomento, quindi il dettaglio ti annoia;[/li-row][li-row]ami perderti nei dettagli e anzi, sei tranquillo quando hai accumulato tutte le informazioni possibili che puoi acquisire;[/li-row][li-row]hai bisogno di vedere e capire tutte le interrelazioni all’interno di un problema.[/li-row][/list-ul][distance1]
Stai facendo una attività fino a quando qualcuno ti fa notare che esiste un modo migliore e più efficace per portarla a termine:
[list-ul type=”arrow”][li-row]sei disposto di buon grado a rivedere le tue idee e a confrontarti con chi può darti un punto di vista differente;[/li-row][li-row]tendi a perseverare sulla tua strada.[/li-row][/list-ul][distance1]
Se ti proponessero di fare cose poco attinenti o diverse da quelle di cui solitamente ti occupi:
[list-ul type=”arrow”][li-row]ti dimostri disponibile e collaborativo;[/li-row][li-row]ti infastidisce che qualcuno ti richieda cose diverse da quelle per cui sei pagato;[/li-row][li-row]identifichi in autonomia e frequentemente modi diversi di fare le stesse cose.[/li-row][/list-ul][distance1]
Capacità relazionali
Durante la giornata il capo ti fa notare una mancanza, o un collega ti critica per una cosa che hai detto/fatto, un altro collega ti coinvolge in una discussione accesa. Il tuo umore come cambia?
[list-ul type=”arrow”][li-row]resta pressoché stabilmente simile a quello che avevi prima della critica;[/li-row][li-row]risente pesantemente da questi “intoppi” al punto che perdi di lucidità e magari entri in un loop di autoaccuse e senso di insicurezza.[/li-row][/list-ul][distance1]
Quando hai delle attività da fare:
[list-ul type=”arrow”][li-row]ami farle da solo in pace;[/li-row][li-row]trovi più stimolante e divertente lavorare in gruppo.[/li-row][/list-ul][distance1]
Vedi diverse cose nel tuo ufficio che funzionano meno bene di come potrebbero:
[list-ul type=”arrow”][li-row]Se sei tu a farti promotore del cambiamento, insisti fino a quando non trovi il modo di far passare la tua idea;[/li-row][li-row]al primo no che ricevi “molli il colpo”;[/li-row][li-row]proponi la tua idea alla sperindio senza pensarci troppo;[/li-row][li-row]valuti come sia il caso di comunicarla in base all’interlocutore e all’obiettivo che ti prefiggi e ti accerti che quanto proponi sia stato compreso nei termini giusti;[/li-row][li-row]ti accade spesso di essere frainteso? Inascoltato? Fai fatica a comunicare le cose che pensi in modo chiaro e assertivo?[/li-row][/list-ul][distance1]
Quanta attenzione riservi all’identificazione dei modi più efficaci da usare verso i tuoi principali interlocutori per raggiungere i tuoi obiettivi?
Adesso che per ciascuno di questi punti ti sei auto-valutato nella scala da 0 a 10 noti per caso delle sorprese? In quali capacità ti senti più forte e in quali più debole?
Ti ho guidato in una riflessione relativa alle capacità cognitive (analisi, sintesi, flessibilità di pensiero) realizzative (responsabilità, programmazione e organizzazione, iniziativa, decisione, tensione all’obiettivo) relazionali (negoziazione, persuasività, comunicazione efficace, team working, stabilità emotiva).
Quali capacità pensi siano più importanti per fare carriera nel tuo lavoro fra quelle realizzative, cognitive, relazionali? E all’interno di ciascuna categoria, quali sono le più importanti da usare?
Se rispetto alla tua autovalutazione, identifichi delle capacità importanti per il tuo lavoro in cui ti senti debole, cosa puoi fare?
Identificare subito quelle più importanti ad esempio scegliendo una capacità in cui ti senti più fragile e che valuti importante per il tuo lavoro e decidere di volerla migliorare: poniamo la tua autovalutazione su una capacità sia 4 e che tu ritenga di volerla portare a 6 o 7 o 10 in un arco di tempo che tu stabilisci.
Quali azioni concrete puoi porre in essere per fare questo piccolo salto in avanti? Focalizzati per il tempo che hai deciso, ad agire un comportamento che ti porti a questo miglioramento, che sia misurabile e quantificabile, con dei piccoli step. Misurati nel tempo, prendendo nota dei progressi che fai.
Supponiamo invece che tu veda una enorme distanza fra le capacità che ti sono richieste dal tuo lavoro e quelle in cui ti senti forte, e per la maggior parte delle capacità valutate. Quanto valuti che valga la pena impegnarsi a migliorare per tutte o quanto piuttosto individuare un tipo di lavoro che sia più vicino alla maggioranza di capacità che agisci in modo più naturale?
Hai mai pensato di chiedere al tuo capo di sviluppare queste capacità con un percorso formativo?
Sia chiaro, non esistono capacità giuste o sbagliate in assoluto da usare. …tutto sta a capire in quale contesto, in che momento, con quale persona e a quale fine vale la pena mettere in gioco alcune capacità piuttosto che altre in funzione di un determinato obiettivo.
Un altro esercizio che puoi fare è, una volta stesa la tua lista, di chiedere a qualche persona di tua fiducia e che stimi (almeno 3), anche fuori dal lavoro, di darti la sua opinione. Se per più persone quello che ad esempio tu vivi come un tuo punto di forza/debolezza non ti è riconosciuto, forse hai qualche riflessione da fare. Quale convinzione ti spinge a valutare in modo così tanto differente dalla percezione degli altri, una specifica capacità?
E ancora, ipotizziamo che ti venga difficile programmare o organizzare le attività per la tua giornata o per un progetto mentre invece organizzare cene, eventi, viaggi ti venga estremamente facile. Ripercorri mentalmente tutto l’iter che segui nell’uno e nell’altro caso e identifica cosa c’è di differente che ti spinge ad agire dei comportamenti che invece sul lavoro trovi difficili da applicare. Lo sai che, una volta individuate, puoi applicare quelle stesse strategie che sono efficaci in altri contesti “replicandole” sul lavoro?
Per tornare all’affermazione iniziale: sei un po’ sorpreso delle capacità che hai?
Pensi che sia impossibile migliorarle? Cambiare completamente la propria natura si. Ma ricordati che qui stiamo parlando di capacità che possono esser sviluppate pur nel rispetto della propria natura.
Infatti se sei una di quelle persone che, a prescindere, si nasconde dietro al “sono fatto così” e lo usi come scusa per non fare mai la minima fatica di far “evolvere” alcune tue capacità per poter raggiungere la crescita professionale o carriera a cui ambisci, oppure se sei una di quelle persone che dice a se stessa “tanto io non ce la posso fare” allora ti faccio presente che hai delle convinzioni molto limitanti su te stesso, tema del quale tornerò a parlare nei prossimi articoli.
Il fatto di averle messe a fuoco e di aver capito che nessuna di queste capacità è giusta o sbagliata, ma solo più o meno efficace rispetto a qualcosa di specifico e relativo, ti aiuta a Lavorare col Sorriso o no?
Sono le stesse che avevi bene a mente anche prima di fare questa riflessione, o adesso noti cose di te che prima ignoravi? Che effetto ti fa? Come pensi di poterle usare in futuro?
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Grazie, a presto!
Federica Crudeli
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CARRIERA LAVORATIVA: IL POTERE È PIACERE? COME CAPIRLO
Ciao e Benvenuto a Lavorare col Sorriso!
Rincorrere il potere nella carriera lavorativa è davvero fonte di piacere? In questo articolo ti guido a valutare il potere in modo provocatorio: sul suo significato, sulle sue implicazioni, su come lo vivi, gestisci, ambisci o subisci, e sulla quantità di PIACERE che vuoi per la tua vita.
[Tweet “”Il potere logora chi non ce l’ha. ” cit. Giulio Andreotti”]Il concetto di potere nella carriera lavorativa è sempre andato di pari passo con il genere maschile, mentre negli ultimi 50 anni le rivendicazioni di parità delle donne hanno insinuato una grossa crepa nel potere concepito in modo patriarcale, in tutti i settori lavorativi.
Oggi la rincorsa al potere nella carriera lavorativa non è più una prerogativa solo degli uomini, ma anche delle donne, e questa modificazione culturale ha condotto, probabilmente, anche ad una modificazione del rapporto di potere fra i due generi, ad oggi, ancora non ben digerita e metabolizzata, a leggere quanto ci offrono le cronache.
Ma andiamo per gradi, in questo articolo voglio restare focalizzata sul rapporto che i lavoratori in genere, uomini e donne, hanno con il potere e sul rapportoi che esiste fra potere e piacere.
Immaginati vestito/a di tutto punto, al meglio della tua forma fisica, che contempli il tramonto che si dispiega di fronte a te dalla stanza del tuo ufficio personale situato all’ ultimo piano di un fantastico grattacielo mentre stai per prendere una qualche decisione che impatterà pesantemente sulle sorti della tua azienda.
Hai la fortuna di sentire i rumori di sottofondo come un vago ricordo, perché da lassù, puoi permetterti di guardare il mondo dall’alto perso nei suoni ovattati. Hai una limousine che ti aspetta in strada con tanto di autista, e uno stuolo di uomini/donne pronti a scattare ad ogni tua richiesta.
Sei instancabile, gestisci problemi e difficoltà di ogni genere senza battere ciglio, senza perderti mai d’animo, con una energia infinita, sempre pronto, brillante, con la battuta pronta.
Sei distaccato quanto serve a non farti sopraffare dai mille impegni e responsabilità che hai. Hai persino una scrivania Skin Touch – quelle che a seconda del tocco con cui ti appoggi si trasformano in esecutori seriali .
Normalmente di districhi fra eventi VIP e personaggi noti e famosi e la tua presenza di per se stessa in qualche luogo, genera l’evento dell’anno.
A colazione mangi fette di pane con spalmati sopra gli indici Standar & Poor o Moody’s.
Cosa dici, ironia a parte, pensi che possa essere una descrizione “calzante” di uomo/donna di potere nella carriera lavorativa?
Tornando da Hollywood alla realtà, in media, accanto alla parola potere spesso le cronache accostano immagini di faccendieri di vario ordine e grado che già ricchi o arricchitisi dopo, già seduti su alte cariche continuano ad avere una smania infinita di soldi, titoli e imprese da compiere, non sempre degne di ammirazione… E magari alle spalle di poveri disgraziati.
Così come, sempre le cronache, possono regalarci esempi di esercizio del potere degni di ammirazione.
Sei d’accordo con la celebre affermazione che il potere logora chi non ce l’ha?
Il concetto di potere nella carriera lavorativa solitamente ruota intorno ad altri due concetti: denaro e posizione sociale di “rango/establishment elevato”nonché autorità.
Allora sono andata a rispolverarmi la definizione della parola potere il cui significato è “capacità di influenzare”.
E sono stata quindi costretta a domandarmi: a me piace influenzare o no le persone e le circostanze?
La riposta è stata si. Quindi a me piace il potere.
Tutto sta a vedere che tipo di potere, da esercitare in quali contesti, e a quale fine.
Ed è una valutazione del tutto soggettiva.
Che ti piaccia o meno, tutti noi, nelle nostre relazioni di lavoro, amicali, affettive, in qualche modo esercitiamo un potere.
Di per se, il concetto di influenzare l’ambiente che ci circonda è un dato di fatto. Né positivo, né negativo. Condizioniamo, plasmiamo, influenziamo in qualsiasi interazione della nostra vita.
Ma la riflessione che ti invito a fare è: mettiamo che tu abbia il legittimo diritto di vedere e vivere il tuo lavoro come un mezzo per ottenere una carriera lavorativa di potere.
E il potere, come si sposa con il concetto di piacere che penso sia una condizione nella quale noi tutti ambiamo a vivere, uomini e donne, indistintamente? (se invece amiamo il dolore, abbiamo più che qualche riflessione da fare e anche molto seriamente…)
Alexander Lowen (prima avvocato, poi medico chirurgo specializzato in psicologia…giusto per dirti che di vite rampanti pur qualcosa ne conosceva), nel suo libro “Il piacere” sostiene che “il lavoro può essere piacere quando le richieste che implica impegnano in maniera equa e libera le energie di un individuo”.
Dice anche che “il piacere è la forza creativa della vita. E’ l’unica forza abbastanza possente da opporsi alla potenziale distruttività del potere”.
Questo concetto implica che il potere possa essere potenzialmente anche distruttivo e quindi, in ultima analisi, allontanare dal piacere.
Sei caduto dalla sedia? Aspetta, continua a leggermi.
Nell’ambiziosa corsa verso il potere normalmente strettamente connesso con l’ottenere ruoli prestigiosi (ottenendo spesso a cascata anche denaro e un visibile riconoscimento sociale), implica anche il saper convivere armoniosamente con la tensione legata ai carichi di stress e responsabilità da gestire, e le decisioni da prendere.
Decidere fra l’altro è una delle attività più stressanti per un umano (penso sia abbastanza nota la storia di Zuckerberg che ha un armadio con x maglie tutte uguali dello stesso colore per evitare di dover spendere tempo a scegliere quale indossare, preservando le sue energie mentali per decisioni più impegnative).
Spesso darsi da fare per rincorrere il potere è ppunto una corsa verso il futuro.
Quando avrò lo yacht di 16 metri, quando avrò i soldi per fare tutte le vacanza nei resort di lusso, quando potrò iscrivermi ai più esclusivi club di golf, lancio del nano, (come nel film “The wolf of Wall Street”) quando avrò ai miei piedi tutte le donne che vorranno salire sulla mia Ferrari, quando avrò i soldi per comprare le Manolo Blanich di ultima generazione senza fare troppe rinunce come faccio ora, quando …, quando …, quando…. Appunto. Quando?
Ti dico un’altra cosa … toccando ferro nel dirla …hai mai considerato l’idea che a quel famoso quando potresti anche non arrivarci mai?
E che l’unica cosa di cui puoi essere sicuro è che sei vivo QUI e ORA? Scommetto di no.
Scommetto che, schiacciato dalla routine quotidiana, ti ricordi di non essere eterno/a solo se e quando la vita ti dà degli scossoni talmente forti che non puoi non fermarti per un attimo a pensare.
Poi la vita ricomincia. E passi le tue giornate procrastinando magari all’infinito qualcos’altro a cui tieni oltre al lavoro, nella tua convinzione che un giorno potrai fare la tal cosa, dato che sei eterno un pò come gli Dei della Grecia Antica.
Beh Federica, allora mi stai dicendo che nessuno deve più ambire ad una carriera lavorativa di potere? No.
Ti sto solo invitando a fare una riflessione sul significato del successo per come è comunemente inteso, e le implicazioni che il successo può avere sulla tua vita e farti riflettere su quanta dose di potere e quanta di piacere vuoi che siano presenti nella tua vita OGGI che è l’unico dato certo di cui disponi (almeno se stai leggendo adesso questo articolo).
Che rapporto hai con il potere e che influenza ha su di te il potere esercitato dagli altri?
Sei una di quelle persone talmente affascinate dal potere che faresti qualunque cosa in cambio di una carriera lavorativa fatta di denaro e successo?
Sei una di quelle persone che vive di luce riflessa del potere di altri, ossia provi piacere nel potere annoverare la tal persona di successo fra le tue frequentazioni?
Oppure ti piace relazionarti in ambito lavorativo preferibilmente (o solo) con chi ha raggiunto alti gradi nella carriera lavorativa e ricopre posizioni “alte” nell’organizzazione, altrimenti ti senti sminuito ad interloquire con i comuni mortali?
Se si, i colleghi con cui ambisci a relazionarti sono anche persone di valore? Ossia si distinguono per qualità personali, valori, conoscenze e competenze, oltre al fatto di aver fatto una gran carriera lavorativa?
Sotto sotto consideri inferiori le altre persone che non possono fregiarsi di qualche titolo, a prescindere dal valore che hanno come esseri umani?
Oppure ti senti succube del potere nel senso più negativo: o perché talvolta ti trasformi in una brutta copia in miniatura del potente di turno, da emulare, per poterne poi prendere il posto o guadagnarsi la scalata ai piani superiori.
Oppure perché lo subisci del tutto mettendoti in una posizione di sudditanza psicologica al punto che a volte dubiti della tua dignità?
Oppure, ancora, il concetto di potere ti lascia indifferente?
A te quanto piace poter influire sul tuo contesto lavorativo e sulle persone? Con quale finalità? In che modo?
Spostando ora il focus sul concetto di piacere, cosa significa provare piacere per te?
Ho detto piacere, non felicità, non divertimento, non intrattenimento, che sono concetti affini ma non identici…(di cui avrò occasione di parlare in futuro).
Il piacere innanzi tutto è “uno stato percepibile a livello fisico, è un modo di essere, è un fluire libero, creativo di energia, uno stato di eccitazione, un sentirsi pienamente vivi”, come lo definisce Alexander Lowen nel suo omonimo libro (-link di affiliazione).
Per capirci meglio…pensa a quando sei impegnato a fare la tua attività preferita… che quasi quasi il tempo passa senza che tu te ne accorga mentre provi “piacere” intrinseco da quello che stai facendo, e non esistono interruzioni di sorta, pensieri disturbanti.
Sei completamente e piacevolmente assorto in uno stato di “tranche” e leggerezza di spirito che avverti anche nel corpo. Caschi il mondo tu sei preso nella tua passione preferita. Ecco, quello si chiama piacere.
Questo piacere lo provi anche nell’ambito della tua corsa verso le vette della carriera lavorativa? Se si, sei a cavallo. Ti aspetta una vita meravigliosa.
Ipotizziamo che tu desideri il potere e l’autorità che ne consegue.
Hai mai pensato a come la necessità di mantenere una “posizione autorevole” possa entrare in conflitto con i tuoi sentimenti ed emozioni?
Perchè saprai meglio di me che arrivare a ricoprire nella carriera lavorativa ruoli di potere necessita un impiego di diplomaticità, ed equilibrio, come minimo, che poco hanno a che vedere con la spontaneità. Implica anche prendere decisioni, magari scomode e convivere sereni con il fatto di avere magari deluso qualcuno.
Se si, quanto ti costa? Ti viene agevole o fai una fatica immane?
Insegui il successo per poterti distinguere dalla “folla”?
Se si, hai mai considerato che in questo caso avrai sempre bisogno proprio di questa folla da cui vuoi distinguerti per poter mantenere il consenso che ti conferisce il “successo” che hai ottenuto o vuoi ottenere?
Perchè ti è utile rifletterci?
Perchè guardarti dentro e capire cosa fa al caso tuo o meno, capire quanto piacere intrinseco sperimenti seguendo una strada piuttosto che un’altra, influisce sensibilmente sulla qualità della tua vita lavorativa e non solo.
E tu, che genere di potere insegui? In quale ambito della tua vita? Verso chi lo vuoi esercitare? Come lo vuoi esercitare? Quali rinunce sei disposto/a a fare? Quali benefici ti attendi?
Quanto piacere vivi nel tuo presente, o speri di vivere nel tuo futuro?
Quale “mix” di potere e piacere pensi sia più consona al tuo benessere?
Pensi che ambire a ruoli di potere nella carriera lavorativa sia una prerogativa per entrambi i generi oppure sotto sotto, se sei donna, pensi di non potercela fare mai? Oppure se sei uomo ritieni che le posizioni di potere non siano adatte alle donne?
Ti ho parlato di potere e piacere, di cosa siano e che conseguenze possono avere sulla tua vita; nei prossimi articoli ti darò strumenti utili a capire meglio quale percorso di crescita professionale faccia al caso tuo, e a capire meglio quale mix di potere/piacere sia consona al tuo benessere.
Ti anticipo che questa valutazione ha molto a che fare anche con il tempo , con la consapevolezza che hai di te stesso, e con i tuoi valori ed ha poco a che vedere con le distinzioni di sesso.
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Federica Crudeli