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GESTIRE COLLEGHI DIFFICILI: L’INFERNO SONO GLI ALTRI?
Ciao Bentornato a Lavorare col Sorriso!
Oggi ti parlo di come gestire colleghi difficili con una riflessione guidata attraverso 8 domande.
[Tweet ““ L’inferno sono gli altri”– cit. J.P. Sartre”]Intanto, come possiamo qualificare i colleghi difficili?
I colleghi difficili sono quelli con i quali fai fatica a collaborare per traguardare un obiettivo – in teoria – comune: in generale sono coloro con cui lavorare in modo fluido e scorrevole è un’utopia.
Sembrano nati apposta per complicare le cose inutilmente, sono poco trasparenti, sono bravissimi a girare frittate al punto che potrebbero aprire un ristorante, cambiano le carte in tavola senza grossi problemi, ritorcono i fatti sempre a loro favore e tengono tanti altri ameni comportamenti.
Sono quelli che ti tolgono la pazienza, e che ti fanno urlare con te stesso dal nervoso!
Ossia lavorarci per traguardare un obiettivo comune ti costa la stessa fatica che faresti se pretendessi di scalare il Monte Bianco a mani e piedi nudi senza protezioni (esagero un po’ volutamente).
E’ piacevole avere a che fare con queste persone? No.
Mi rifaccio al commento di una lettrice che riferita al mio precedente articolo “Colleghi difficili: i melliflui” ha scritto: “in definitiva, come si può fare a gestire i colleghi difficili?”.
Allora colgo questo suggerimento e mi spiego meglio, consapevole che mentre lo scrivo in realtà faccio un esercizio mentale che servirà anche a me stessa, dato che non sono immune dall’avere a che fare con persone simili.
L’obiettivo di questo articolo non è spiegare come riuscire a cambiare un collega difficile, quello è impossibile e credo di averlo ribadito più volte, quanto piuttosto spiegare come potersi “immunizzare” dall’effetto negativo che hanno su di noi.
L’obiettivo è individuare dei modi per Lavorare col Sorriso, ossia lavorare senza buttare nel water energie psichiche, emotive (e anche fisiche) inutilmente facendo guerre sterili e che non portano da nessuna parte se non a danneggiare te stesso.
Domanda n° 1 – il collega in questione è difficile solo con te o con chiunque?
Già rispondere a questa domanda può alleviare la quantità di energie emotive che un collega difficile può “risucchiarti” o meno: mettere a fuoco se è solo un problema tuo o di molti altri rapportarsi con lui efficacemente, penso potrebbe “sollevarti” da un eventuale senso di inadeguatezza.
Se osservi il comportamento della persona in più occasioni e con più persone, avrai modo di dare una risposta a questa domanda.
Dove voglio arrivare? Se il collega difficile in questione è difficile solo con te, inizia a mettere in conto che forse non hai ancora esplorato modi differenti per rapportatici in modo efficace.
E quindi, è più semplice di come sembra: identifica quello che altri fanno per gestire il collega difficile, e ottenere da lui quello che vogliono e usa lo stesso modo.
Studialo, osservalo, chiedi opinioni ad altre persone per capire cosa funziona meglio con questa persona.
Domanda n° 2 – se è un collega difficile con tutti, allora, cosa fai?
Intanto, nel caso tu sia una di quelle persone per cui è molto importante andare d’accordo con tutti, comincia a mettere in conto che in questo specifico caso, probabilmente, a inseguire questa meta rischi di avvelenarti e basta.
Non sta scritto da nessuna parte che io, te, o chiunque altro dobbiamo per forza piacere a qualcuno o che qualcuno debba piacerci per forza, e che dobbiamo essere tutti amici o amichevoli.
Abbandona l’idea di volerci andare d’accordo per forza e comincia a pensare che siete colleghi e che i rapporti possono restare civili e nei limiti del rispetto ma nulla di più.
E poi, fai mente locale allo stato emotivo che ti pervade quando hai a che fare con questa persona: perdi la pazienza? Ti angoscia? Ti irrita il sistema nervoso? Ti fa salire la collera? Ti rende triste? Ti mette ansia o paura?
Che effetto ti fa di solito? Che pensieri ti si agitano in testa quando hai a che fare con questa persona?
Domanda n° 3 – per quale motivo lavorativo hai bisogno di questa persona?
Identifica bene le ragioni lavorative per le quali hai bisogno del collega difficile e circoscrivi i rapporti il più possibile a queste circostanze.
Magari potresti addirittura identificare, dopo una attenta analisi, che lo stesso bisogno lavorativo potresti serenamente soddisfarlo con l’aiuto di altri colleghi meno difficili.
Domanda n° 4 – capisci le sue leve motivazionali?
Voglio dire, osservalo. Per quanto possa esser un collega difficile, se ti prendi un po’ di tempo e scrivi su carta e penna come si muove solitamente, identificherai dei “pattern” ossia dei modelli ricorsivi di comportamento (verso di te così come di altre persone) che lo muovono a fare/non fare delle cose.
Domanda n° 5 – come puoi usare a tuo vantaggio queste modalità comportamentali?
Qualsiasi comportamento che avrai identificato, molto probabilmente avrà degli svantaggi per te, ma anche dei vantaggi.
Cioè, quale è il lato positivo di cui potresti beneficiare dal comportamento “negativo” del collega difficile?
So che potrebbe sembrare strano, ma qui si tratta di diventare un po’ una specie di “giratore di frittate”: anche quando ti sembra di rilevare solo elementi negativi dall’interazione con questa persona, se ti prendi il tempo di pensare e scrivere (e sottolineo scrivere) un elenco di tutti i comportamenti che non sopporti, intanto emotivamente ti scarichi, poi ne prendi anche un maggior distacco, e poi visti tutti nell’insieme ti suggeriranno degli aspetti che fino ad oggi non avevi considerato.
Domanda n° 6 – come ti prepari?
Adesso che hai davanti un elenco di comportamenti osservati disdicevoli ai tuoi occhi, che gli hai abbinato lo svantaggio che portano a te, e il lato positivo che ne può derivare, puoi anche scegliere da quali di tutti questi comportamenti vuoi “proteggerti” in particolare.
E sarai anche in grado di sapere ogni volta che avrai a che fare con questa persona, che cosa ti potrai aspettare. Questa aiuta ad abbassare la tua tensione interiore.
Fidati, la storia si ripete. Tutti siamo più prevedibili di quanto crediamo, agli occhi di un osservatore attento.
Adesso che hai il quadro completo davanti, e che hai messo a fuoco quello che mediamente puoi aspettarti da questa persona, potresti anche sentirti sollevato e magari intravedere anche cosa lo “muove” nel bene e nel male a fare o meno cose che ti interessano.
Fai pace con l’idea che ti ritroverai spesso di fronte a un set pre-definito di “carognate”, cambieranno le circostanze, cambieranno i momenti, ma in media, adesso, sai cosa aspettarti e anche pensare prima a come “parare i colpi” oppure volgere a tuo favore le circostanze avverse, oppure ignorare del tutto le cose che farà, senza farti scalfire più di tanto.
Domanda n° 7 – ridefinisci il tuo obiettivo lavorativo ed emotivo verso il collega difficile.
Posto che hai fatto quanto ti ho detto sopra, adesso, alla luce di quello che vedi, che obiettivo cognitivo, emotivo e lavorativo ti dai verso questa persona?
Come vorresti essere ogni volta che avrai a che fare con lui/lei?
Sereno, distaccato, freddo, ironico, indifferente?
Cosa vuoi che ti scivoli di dosso?
E di che risorse disponi (pazienza, diplomazia, ironia, allegria, entusiasmo) per ottenere questo risultato?
Quanta importanza vuoi che abbia in futuro? Tanta o poca?
Domanda n° 7 – respiri?
Avere a che fare con colleghi difficili, può essere sfibrante.
Magari la tentazione di mandarlo a fare un giro del mondo con uno schiaffo sono alte, ma per pacifica convivenza è bene che non si arrivi a questi punti.
Quindi, quando ti ci rapporti, respira profondamente. Respirare profondamente con il diaframma calma la mente e l’emotività.
Domanda n° 8 – cosa dice di te questo rapporto lavorativo?
Un modo per far fruttare questa situazione a tuo vantaggio è anche riflettere su quello che “ti smuove dentro” gestire il collega difficile.
Al di là del fatto che la situazione è quella che è, e che il collega difficile resta tale, e che valgono le riflessioni già fatte sopra, usa questa occasione per scendere più a fondo nella tua irritazione: potresti renderti conto che la tua insofferenza cela anche un conflitto irrisolto con te stesso e che tale conflitto “amplifica” ancora di più l’insofferenza che comunque normalmente avresti a gestire rapporti con il collega difficile in questione, per un qualche problema che hai perso di vista.
Vista in questo modo, potresti quindi anche mettere in luce una qualche fonte di insoddisfazione che magari involontariamente nascondi a te stesso, ma che si esaspera ogni volta che vieni a contatto con questo collega.
Se così è, adesso hai una occasione per guardare a questo tuo vissuto in modo più ampio e più costruttivo per rimettere a fuoco alcuni aspetti della tua vita lavorativa “celati” sotto questa irritabilità/insofferenza indotta dal collega difficile.
Considerazione finale: perché i colleghi difficili sono difficili?
In teoria nelle organizzazioni, sarebbe bene perseguire obiettivi win – win, ossia soluzioni che siano di vantaggio per te e per la persona con cui ti rapporti.
Questo presuppone apertura mentale, capacità di mettersi in discussione e di capire empaticamente il prossimo ed andare incontro anche ai punti di vista degli altri, senza che farlo sia vissuto come una minaccia.
Dico in teoria perché nella realtà – povero Nash – spesso alcune persone hanno il cervello che è rimasto sviluppato allo stadio rettile, cioè malgrado l’umanità si sia evoluta e il cervello sia arrivato a sviluppare la neo-corteccia, continuano a perseguire solo il loro interesse, spesso volontariamente o inconsapevolmente, a scapito altrui, o senza prendersi “la briga” di mettersi minimamente in discussione.
In altre parole, se magari stai dubitando di te stesso e ci resti male a cercare collaborazione senza trovarla, ti ricordo che il problema è loro, non tuo.
Voglio dire, prima di dare a te stesso/a dell’incapace o di arrivare a dubitare delle tua capacità e qualità (perché questo rischio esiste a forza di rapportarsi con persone simili), metti dei confini “mentali” che ti preservino dal cadere in questa tentazione.
E per evitare che al mondo proliferino persone così, è bene evitare di cadere al loro stesso livello.
Il mio invito è quindi di innalzarti al di sopra delle bassezze altrui e fare buon uso della tua intelligenza.
E ogni qualvolta cadrai nella tentazione di avvelenarti la giornata, perché magari sarai stato oggetto di qualche tiro mancino, pensa che tu hai una grande fortuna: sei diverso, e non hai bisogno di “mezzucci ” (che siano voluti o agiti inconsciamente) per guadagnarti stima, collaborazione, fiducia di altre persone e raggiungere i tuoi obiettivi.
Menti piccole, azioni piccole, menti grandi, azioni grandi!
E’ evidente che se una persona adotta comportamenti poco collaborativi con chiunque, ha dei limiti. Magari legati a motivazioni ragionevoli, magari no, sta di fatto che li ha.
Non farli diventare tuoi, puoi scegliere di fare la differenza in positivo!
L’inferno sono gli altri, per parafrasare J.P. Sartre, non vuole significare che la causa del nostro inferno sono gli altri davvero, ma che è il nostro modo di vivere gli altri che diventa un inferno, se permettiamo a persone “negative” di assumere troppo potere sulle nostre vite.
Non è facile neanche per me vederla così e agire di conseguenza, ma ognuno può scegliere che parte vuole avere nel mondo: abbassarsi, o elevarsi al di sopra delle fragilità (o meschinità) altrui.
Continuo a sognare un mondo fatto di persone che scelgano la seconda strada!
Qualora invessi ti riconoscessi come collega difficile, le parle sopra forse ti avranno aiutato a capire quanto il tuo modo di fare possa essere irritante. Considerare l’ipotesi di modificarsi un po’? Cosa ne pensi?
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Grazie
Federica Crudeli

CARRIERA: TI SENTI SENZA GLORIA?
Ciao e Bentornato a Lavorare col Sorriso!
Oggi parliamo di carriera: ti senti poco valorizzato/a, ad un punto morto, di stallo, della tua carriera?
Ecco 9 domande a cui è bene tu dia una risposta se vuoi lavorare col sorriso. Seguimi!
Ti avviso: non ci andrò molto per il sottile. Se ti senti fragile smettila di leggere.
Sei nella seguente situazione:
Hai dato, dato, dato … il tuo tempo, le tue energie, raggiunto obiettivi sfidanti, regalato il tuo equilibrio emotivo impeccabile, eppure non ti vedi riconosciuto alcuno scatto di carriera (di ruolo e/o economico).
Sei fermo/a sempre al solito punto. E “covi” un misto di rabbia, nervoso, frustrazione.
Ricevi solo pacche sulle spalle e apprezzamenti per il lavoro svolto dal parte del tuo capo (avolte).
Diciamo che hai attestazioni di stima.
Sappiamo bene però che con la stima non ci compri la casa e neppure paghi le bollette (ormai quadruplicate).
Ti senti un/una bastardo/a senza gloria (per citare in modo un po’ forte il mio amato Tarantino): né infamie, poche lodi, e magari vedi il tuo vicino di scrivania lanciato per le dune siderali della carriera.
Magari ti confronti e ti rendi anche conto che tu non hai poi così tante meno capacità di altri, eppure, sei lì, immobile come una statua di sale nel Mar Morto.
Ti senti avvilito/a, frustrato/a, e pieno di sacchettini di veleno magari, che non disdegni di somministrare a chi ti capita a tiro.
Che fare per tornare a sorridere? Intanto farti almeno 3 domande, che possono apparire banali, ma per esperienza, non lo sono affatto.
Quando le cose nella vita non si mettono come vogliamo tutti tendiamo a sprofondare nel nostro orticello di negatività perdendo di vista il contesto più generale, che può allargare gli orizzonti e aiutare a vivere meglio.
Tendiamo insomma a focalizzarci sul negativo, restringendo la visuale dai potenziali 360° a 35°, ad esempio.
1 – le tue aspettative di carriera, sono ragionevoli in termini di tempo, per il contesto aziendale di cui fai parte?
Voglio dire: sei talmente focalizzato/a sul volere quel ruolo, da perdere di vista che quel ruolo, in media, è accessibile in media dopo x anni? Se ti aspetti una promozione dopo 3 anni, supponiamo, mentre la media con cui ciò avviene è di 5, forse ti stai avvelenando per nulla. Il fatto che tu sia “super” potrebbe non sposarsi bene con il resto del contesto.
2 – esistono nel tuo contesto reali spazi di crescita orizzontale o verticale? Se la riposta è no, anche qui ti stai avvelenando inutilmente. Ci sono cose che non dipendono da te, e fino a quando le circostanze non si faranno più favorevoli, o tu non ti adopererai per crearle, è inutile che ti danni l’anima.
3 – se ambisci ad aumenti di stipendio o premi, quello che vorresti, è negato a te, o magari è in realtà negato a tutti coloro che sono in una situazione simile alla tua? Come funzionano le politiche retributive? Che periodicità anno? A chi sono rivolte?
Sto dando anche per scontato che tu sappia che esisterà sempre un fisiologico gap fra quello che pensi di meritarti e quello che ti viene riconosciuto. Questo caso non lo considero neppure.
Voglio dire … prima di “avvilirti” inutilmente, e sentirti una pecora nera, uno/una sfigato/a a cui va tutto storto, accertati di guardare alla situazione in modo più ampio. Magari ti accorgi che il mondo non è in combutta contro di te e che non c’è una cospirazione cosmica a tuo danno.
Ciò non toglie che la tua frustrazione resti, ma quantomeno potrebbe assumere dei connotati diversi, e magari al momento giusto, con le circostanze “buone”, quanto ti aspetti potrebbe esserti riconosciuto (sempre che tu lo abbia espresso a chi di dovere).
Se invece hai verificato che per tempi, spazi e politiche retributive quanto ti aspetti è più che ragionevole, allora la cosa si mette diversamente.
Ipotizziamo quindi che esistano le condizioni di contesto “giuste” e che tu abbia espresso le tue esigenze a chi di dovere e nulla si sia mosso.
Hai ricevuto come risposta, magari più e più volte, quelle promesse di carriera vaghe stile nebbia in Val Padana: lei è una persona seria, affidabile, puntiamo su di lei, la stimiamo, crediamo nelle sue potenzialità, continui così che arriverà il suo momento, il suo impegno sarà premiato. O qualcosa di simile.
Poniamo anche il caso che tu sia una persona abbastanza intelligente da sapere che una promessa vaga di carriera, senza una scadenza e senza una minima indicazione di contenuto plausibile, è una presa in giro.
E ipotizziamo pure che tu per mantenere certi equilibri, per educazione etc. abbia finto di credere a queste promesse, certo però del fatto che se anche sono vaghe, però in te ci credono sul serio e ti daranno davvero quello che vuoi appena possibile.
Sorge un problema: che questo “appena possibile” potrebbe anche non arrivare mai per “n” motivi. O magari la congiuntura aziendale potrebbe restarti avversa per un periodo non definibile. Questa parte da “senza gloria” ti piace tanto?
Invertiamo i “panni”: cosa faresti se fossi tu l’ imprenditore con risorse limitate e problemi di budget da gestire, a godere di lavoratori indefessi, meritevoli, preparati, competenti che risolvono problemi, sgobbano a man bassa senza fiatare, che magari fanno straordinari senza neppure farseli pagare, al costo lavoro fermo da anni?
Intuisci vero cosa intendo dire ? 🙂
Quindi … quali altre domande puoi farti, a parte “ingrugnirti” passivamente, per ritrovare il sorriso?
4 – Voglio continuare così?
Per quanto? A cosa sto rinunciando oggi? Penso ne valga la pena? È comunque un piacere oppure sono solo soffocato/a dal senso del dovere? Quanto è importante per me la carriera?
Se adesso ti senti senza gloria, secondo te andando avanti nel tempo il tuo livello di frustrazione potrà diminuire o pensi di saperlo accettare serenamente?
A parte chiamarmi per tagliare il nastro di inaugurazione quando ti dedicheranno la statua in onore al/la più grande martire del lavoro, l’importante è che tu sappia bene a cosa vai incontro e che tu lo scelga consapevolmente.
Fare una scelta consapevole e ponderata in questo senso, proprio perchè è una scelta, in teoria dovrebbe regalarti un sorriso di serenità. Non ha senso vivere male se sei tu a sceglierlo!
A questo proposito ti invito a testare il tuo livello di motivazione leggendo l’articolo “Motivazione sotto ai piedi appena sveglio? Riportala su!”
5 – voglio richiedere espressamente al mio capo o chi di competenza uno scatto di carriera/promozione/stipendio , stavolta strappando una indicazione di data certa, e percorso di crescita descritta non dico nei minimi dettagli, ma almeno che abbia un fondamento di realtà? (se ti promettono di farti responsabile all’ufficio marchi e brevetti industriali in una banca… ecco…serve che vado oltre? …).
Se vuoi muoverti in questo senso, per “rivendicare” quanto desideri è opportuno che ti prepari il tavolo delle trattative.
Anche questo può sembrare banale ma non lo è affatto! Se non hai una idea chiara, precisa, specifica, di cosa vorresti e quando lo vorresti e di tutti i fatti che supportano e sostanziano la validità della tua richiesta, sei fuori strada!
Preparati quindi un elenco di fatti, obiettivi raggiunti, attività che pensi di aver fatto oltre alla tua stretta competenza con buoni risultati, problemi che hai risolto efficacemente non solo a tuo parere ma anche di altri.
Fai mente locale a tutte le cose positive che hai fatto e che possono giustificare la tua richiesta. Non lasciare nulla al caso!
Preparati anche a gestire eventuali obiezioni, prevedendo in anticipo possibili risposte sensate alle possibili contro argomentazioni che pensi di poter ricevere.
6 – ho voglia di mandare il mio CV ad altre aziende?
Si è vero che c’è la crisi. Ma non escluderei altre strade a priori. Valutare quanto è apprezzata la tua professionalità sul mercato del lavoro pensi che sia inutile, anche per la tua autostima? Anche solo per misurarti in altro contesto?
Cosa ti trattiene dal farlo?
7 – se tentando le strade 1 e 2 nulla si muove… posso/voglio considerare l’ipotesi di “rallentare” il ritmo o iniziare a porre maggiori confini e limiti alla mia disponibilità infinita, un poco alla volta?
Smetterla di dare oltre misura energie e tempo che ti rendono frustrato, ti fa così paura? Ti fa sentire in colpa? Sei obbligato dalle circostanze?
Lo sai che il senso di colpa ha ragione di esistere solo se una persona non può dire a se stessa di aver dato il massimo per le circostanze (e abbiamo visto non essere il tuo caso) e che in caso contrario è solo un fardello inutile?
8 – Cosa ti impedisce di rallentare, se è questo che intendi fare? Sei spaventato dalle conseguenze?
Lo hai già iniziato a fare? Cosa è successo? Che effetti si producono? cataclismi? Crolli di palazzi? Utili ribassati in 3 giorni di milioni di dollari per colpa tua?
Molte persone sono oggettivamente obbligate a dare all’infinito, ma ne esistono anche molte altre che, schiave del loro senso del dovere, si auto-convincono di non poter rallentare il ritmo anche quando sarebbe possibile, magari cominciando a fare le cose con più calma, magari evitando di prendersi carichi non di propria competenza, magari iniziando a rivendicare un’orario di uscita “normale” almeno un giorno alla settimana.
Insomma ti suggerisco, se questo dare infinito dipende in gran parte da come ti sei sempre posto/a, di cominciare a dare piccoli segnali di miniore disponibilità, per riprendere progressivamente maggiore spazio vitale e porre dei confini più marcati e meno valicabili.
Altra via di fuga …
9 – In quale altro modo potresti investire tempo ed energie per ritrovare il sorriso e anche la carica per lavorare a cuore più leggero, prendendoti una pausa dall’avvelenamento quotidiano?
Ce le hai delle passioni? No??? Cercatele! È grave! La vita è una sola. Passarla lamentandoti senza cambiare una virgola, ti sembra costruttivo per te stesso? Pensi che possa magicamente renderti felice?
Se però hai dato talmente tanto te stesso sul lavoro negli ultimi tempi o anni al punto che non riesci ad uscire da questo loop, ma non perché non vorresti, ma perché non hai idea di cosa altro fare fuori dall’ufficio, tu hai un problema serio del quale è bene che ti occupi quanto prima.
Lo stress esagerato protratto nel tempo libera quantità di cortisolo nel sangue che fanno solo male. Senza contare quanto la negatività sparsa sia contagiosa e deleteria per te e tutti coloro che ti sono affianco, sul lavoro e fuori.
Hai valutato sino ad oggi quanto il tuo avvelenamento si ripercuota su altri settori della vita? Sei irritabile anche con i tuoi affetti? Con gli amici? Ti stai isolando? Cosa rischi di perdere su altri fronti?
Esistono gli amici, lo sport, gli hobby, i teatri, i cinema, le partite, i concerti, gli affetti, o più in generale quella cosa che si chiama vita. Ti fa così tanto schifo?
Ti identifichi al punto con il tuo lavoro che non riesci a connotarti se non come “futuro manager di x“?
Se così è, hai valutato che il lavoro è uno dei mezzi di realizzazione per sperimentare gli stati d’animo che più frequentemente desideriamo?
E gli stati d’animo che più frequentemente desideriamo vivere, non sono perseguibili solo tramite il lavoro?
Certo, per ognuno di noi il lavoro è una parte molto importante della vita. Nessuno intende negarlo. Ma proprio per questo, a maggior ragione, ha senso continuare a “dare” in un lavoro che ti spreme come un limone e ti fa sperimentare quantità di frustrazione su scala industriale crescenti?
Abbiamo visto assieme 9 domande a cui puoi dare riposta: hai intenzione di fare nulla e continuare così?
Alcune soluzioni esistono!
Se vuoi una mano ad uscire dal loop della disponibilità infinita prenotati una call gratuita qui. Ti ricontatterò entro 24 h.
Se pensi che nella tua azienda ci sia bisogno di formazione sulle soft skills per ampliare gli orizzonti e aiutare i capi ad organizzarsi meglio e a gestire meglio le persone, parla di me!
Commenta nel box in fondo alla pagina, lasciandomi le tue riflessioni.
Grazie
Federica Crudeli
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DIVENTARE CAPO: 7 PASSI PER NON REMARE LA BARCA DA SOLO/A!
Ciao e Bentornato a Lavorare col Sorriso!
Diventare capo di fresca nomina: ecco 7 passi per assicurarti che tutti i membri dell’equipaggio che guiderai remeranno con te!
Ti spiego come essere un buon manager, e guadagnarti la fiducia del tuo management di riferimento e dei collaboratori, gestendo efficacemente (ossia risparmiando tempo e stress) il cambiamento nell’ assumere un ruolo di maggiore responsabilità, magari anche in un nuovo tipo di lavoro e/o unità di business, e/o azienda, per farti apprezzare e stimare senza cadere nell’ ansia divorante da prestazione lavorativa, di cui ti ho già parlato nel mio precedente articolo!
[Tweet ““ Prima capisci, poi agisci” – cit. mia”]Diventare capo, diciamolo, mette sempre un misto di euforia per il traguardo raggiunto e le nuove sfide in vista, e anche un po’ di ansia per la paura di non essere all’ altezza delle aspettative, o per come ti vedranno i capi, colleghi e collaboratori.
Il primo errore da evitare è quello di voler strafare da subito.
I processi di cambiamento, come ti ho spiegato anche nel mio articolo “Cambiamenti lavorativi: battere l’effetto Trump in 2 mosse” spaventano, non tanto per il cambiamento in se stesso, quanto per gli effetti che produce.
Il cambiamento necessita di tempo per essere metabolizzato: da te che ti appresti ad indossare un nuovo vestito, e da chi avrà a che fare con te, che come ogni essere umano potrebbe rivestire speranze in un cambiamento in positivo, o essere diffidente nei tuoi confronti.
Per lavorare bene cosa devi avere a cuore? La fiducia del tuo nuovo capo (se ancora non la hai) e dei tuoi collaboratori. O remerai la barca da solo.
Va da se che il diventare capo a seguito di un promozione all’interno della stessa unità di business in cui sei già collocato e in cui conosci i colleghi, il contesto e il tuo superiore quello che segue sarà notevolmente semplificato, sebbene ti consiglio di leggerlo ugualmente, dal momento che il cambio di ruolo comporta sempre una ridefinizione di precedenti equilibri.
Diventare capo – Passo n° 1 – informati!
Per diventare capo e muoverti al meglio nella nuova realtà, è bene che tu raccolga più informazioni possibile sull’ambiente lavorativo in cui stai per calarti.
Ormai le aziende hanno tutte o quasi un sito internet dal quale è possibile evincere tantissime informazioni di contesto: mercato di riferimento, attività di business, clienti e fornitori, livello di organizzazione e strutturazione dell’azienda, dati economico – finanziari.
In particolare cerca nelle fonti esterne e pubbliche tutto quello che ha a che fare e caratterizza il tuo nuovo ruolo e ne costituisce una variabile chiave che ti troverai a gestire.
Diventare capo significa gestire problemi e trovare soluzioni. Prima capisci quali sono i tipici problemi caratteristici del tuo ruolo, prima diventi efficace nel padroneggiare le responsabilità che ti competono.
Diventare capo in un’area commerciale capisci bene che ha implicazioni diverse dal diventare capo in area amministrazione finanzia e controllo, dal diventarlo nell’area logistica e approvvigionamenti etc.
I principali temi e problemi da affrontare differiscono da area ad area e presuppongono delle caratteristiche tipiche di quel determinato ruolo: preparati!
Ipotizziamo adesso sia nella tua nuova realtà con il tuo nuovo ruolo: cosa fare?
Diventare capo – Passo n° 2 – Capisci il tuo capo: ti serve una bussola!
Diventare capo significa avere delle responsabilità su determinate attività.
Di norma avrai a tua volta un capo a cui riferire che ti aiuterà (si spera) ad inserirti nel nuovo contesto.
Le sue aspettative su di te è giusto che siano la tua bussola: tu renderai di conto a lui, quindi è bene che ti occupi immediatamente di capire quali risultati vuole assicurati, nel modo più specifico possibile.
La prima domanda a cui devi dare riposta è: cosa si attende da te? Se tu sei subentrato a qualcun altro, si aspetta cose diverse? Quali?
Quali miglioramenti si attende, per cosa, in che tempi?
Quali sono le cose per lui più importanti/prioritarie che ti chiede siano assicurate?
Se invece assumi un ruolo in una nuova attività precedentemente non formalizzata come unità di business, comunque, quali aspettative ha? Quali sfide ti aspettano? Quali sono le più importanti e le più urgenti per le quali è richiesto il tuo contributo?
Diventare capo – Passo n° 3 – Capisci il tuo ruolo efficacemente
Attraverso colloqui con il tuo capo/supervisore, letture di mansionari, procedure, o altri strumenti organizzativi che in base al contesto possono essere più o meno formalizzati, il puzzle che devi arrivare a comporre risponde alle seguenti domande:
Cosa devo fare? Preoccupati di censire tutte le macro-attività che competono alla tua responsabilità.
Con che frequenza? Ogni attività avrà una sua programmazione. Distinguere da subito le attività routinarie (che sono quindi da eseguire con cadenza giornaliera, mensile, trimestrale, semestrale e così via ) da progetti speciali o attività ad hoc (che di norma hanno una data di inizio e fine prevista) ti consente di disporre da subito di criteri per organizzarle al meglio partendo dalla prima che necessita di essere portata a termine dopo il tuo arrivo.
Con quale obiettivo? Ogni attività si prefigge di raggiungere un determinato obiettivo. Chiedi da subito quale sia.
Come si fanno le attività? Altra cosa che hai da capire subito sono i riferimenti procedurali esistenti per lo svolgimento delle attività. Se non ne esistono attraverso i colloqui con i collaboratori fatti descrivere come vengono usualmente svolte le attività che ti sono state assegnate.
Chi sono i miei fornitori interni? Mappa subito chi sono gli interlocutori principali che forniscono gli input ad ognuna delle tue attività.
Chi sono i miei clienti interni? Mappa subito chi sono gli interlocutori principali che beneficeranno degli output delle tue attività.
Se lo valuti opportuno, in un secondo momento, puoi pianificare incontri con i clienti/fornitori interni per ascoltare anche il loro punto di vista allo scopo di identificare punti di miglioramento.
Esistono criteri strutturati di misurazione delle performance per ogni attività?
Se si, è bene che tu sappia da subito quali siano.
Diventare capo – Passo n° 4 – Parla con i collaboratori!
Dato che hai dei collaboratori, e che sei nuovo nella veste di capo, è bene che ti prenda il tempo di parlare singolarmente con ognuno di loro.
Si lo so cosa stai pensando, è impegnativo. Ti espone. Ma se sei sicuro di te stesso, dove è il problema? Ti spaventa eventualmente sentire “qualche lamento?”
L’obiettivo di questi colloqui è: conoscerli come esseri umani, capire le loro aspettative e il loro grado di motivazione, cosa li gratifica e cosa no, stato delle politiche retributive a loro attribuite, storia lavorativa pregressa, compreso il rapporto con il precedente capo.
Queste informazioni saranno utili a comprendere le loro leve motivazionali e a valorizzarli al meglio nella gestione delle tue attività. Sarà produttivo ed efficace per te, saranno contenti loro.
Questo atteggiamento è di per sé motivante per i tuoi futuri collaboratori: significa che gli dai attenzione e che sei disposto ad ascoltarli (sempre che poi tu dia seguito a quanto hai raccolto).
Interessati di capire cosa facevano fino a prima del tuo arrivo: ti servirà per acquisire informazioni e poter valutare una eventuale re-distribuzione delle attività e dei carichi di lavoro, anche in funzione delle loro risorse e del loro potenziale, ed a capire il loro punto di vista su cosa funziona bene e cosa meno.
Interessati di capire il loro punto di vista sullo stato dei rapporti con i vostri clienti e fornitori interni, cosa funziona bene e cosa no nella gestione di questi rapporti.
Diventare capo – Passo n° 5 – comprendi bene la cultura aziendale
Questo passo, acquisisce maggiore importanza se “vieni da fuori”, e in ogni caso, anche qualora la tua nomina a capo sia avvenuta all’interno dell’azienda in cui già lavori, il cambio di ruolo presuppone comunque una redistribuzione di vecchi equilibri.
Qui si tratta di investire del tempo per capire come muoverti all’interno delle regole non scritte della tua azienda ma che sono determinanti per la tua buona riuscita come capo.
Quindi cerca di capire (e puoi farlo prevalentemente osservando le dinamiche relazionali e chiedendo con discrezione) come è opportuno muoverti nella gestione dei rapporti con i colleghi. In parte lo avrai già capito raccogliendo le informazioni dei punti precedenti, ma, qualora il puzzle non ti sia ancora chiaro è bene che ti adoperi per completarlo.
In sostanza devi darti una riposta a questa domanda: cosa è opportuno che io faccia e cosa no, in funzione dei miei obiettivi, per non urtare troppo la suscettibilità di chi mi circonda?
Questo non perché necessariamente nulla debba essere cambiato, ma semplicemente perché, se hai dei cambiamenti da attuare, è bene che siano nei limiti del possibile, graduali, in modo da essere digeriti da chi ha da farci i conti.
Ti ricordo che il tuo obiettivo guida è guadagnarti la fiducia di chi ha il potere di incidere sulla buona riuscita del tuo incarico: guidare una barca con n persone sopra che non remano o che remano contro capisci bene che è uno sforzo immane e poco intelligente.
Se cominci facendoti tabula rasa intorno, va da se che ti stai scavando la fossa con le tue mani.
Magari resterei capo di nomina, ma non nei fatti, perché tutti ti remeranno contro.
Diventare capo – Passo n° 6 – Tira le somme e osserva!
Dopo aver compiuto i 5 precedenti passi (non necessariamente in ordine sequenziale) hai: acquisito informazioni su cosa si aspetta il tuo capo da te, quali attività devi gestire, con che obiettivi, con che frequenza, con quali risorse.
Hai compreso aspettative, motivazione, risorse e potenziale dei tuoi collaboratori.
Hai mappato i tuoi interlocutori interni, e le principali criticità nella gestione delle relative attività e rapporti.
Adesso prenditi un po’ di tempo per valutare tutti questi elementi nell’insieme e farti una idea circa l’opportunità che le cose possano o meno proseguire in armonia con la gestione precedente.
Inizia a pensare quali attività possono essere fatte meglio, quali possono essere eliminate, quali possono essere fatte in modo più efficace e chi può farle: andava bene la precedente distribuzione delle attività fra collaboratori oppure è pensabile una re-distribuzione che valorizzi meglio le loro risorse e vada incontro maggiormente alle loro aspettative in modo da motivarli?
Diventare capo – Passo n° 7 – Agisci
Con il quadro della situazione sotto mano, e passato un minimo di tempo ad osservare come funzionano le cose, puoi stendere un piano di azione funzionale all’assolvimento delle tue responsabilità e al contempo, a soddisfare le aspettative del tuo management di riferimento.
Individua le attività che a tuo parere necessitano di essere ripensate.
E’ bene che tu inizi da quelle più importanti: quali sono? Quel 20% di attività che assicurano l’80% dei risultati , usando il criterio di Pareto.
Come individui quelle più importanti? In termini di conseguenze/effetti che avrebbero sull’obiettivo finale se tu non le affrontassi per prime.
Come metti in pratica le tue valutazioni sulle cose da cambiare? Coinvolgendo nei cambiamenti più impattanti i collaboratori e tutti coloro che ne sono impattati. Condividi con loro le tue proposte, ascolta i loro parari, sii disponibile a rivedere le tue posizioni con apertura mentale.
Ci vuole tempo per muoversi in questo modo? Si.
Ma se pensi di risparmiare tempo agendo cambiamenti con totale noncuranza di chi ne farà le spese, o in teoria di chi dovrebbe assicurarti la sua collaborazione, quello che spenderai in futuro e a lungo per rimediare a questo errore ti costerà molto stress, energie buttate e malumore diffuso.
In sintesi, se stai per diventare capo, acquisire informazioni sul contesto in cui andrai ad operare, capire la cultura aziendale, capire le aspettative di capi e collaboratori, clienti e fornitori interni ti consente di agire e gestire le tue responsabilità guadagnandoti la fiducia di tutti coloro che dovranno remare la barca con te!
Non lasciare a terra nessuno prima di partire!
Pronto a salpare adesso?
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Non ultimo, se alle prese con le responsabilità ti senti in affanno, non trascurare l’approccio micro-organizzativo che adotti e che se mal gestito può essere fonte di rischi (di inadempienza contrattuale) e di cattive relazioni.
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Commenta nel box in fondo alla pagina, lasciandomi le tue riflessioni.
Grazie
Federica Crudeli

RAPPORTI TRA COLLEGHI: 7 MODI PER FARSI ODIARE. QUANTO CI METTI DEL TUO?
Ciao e Benvenuto a Lavorare col Sorriso!
Rapporti tra colleghi: ecco 7 modi per farsi odiare, se ci tieni a trasformare il tuo posto di lavoro nel set di un film di Quentin Tarantino! Come fare invece a costruire rapporti tra colleghi efficaci e funzionali tanto al tuo benessere quanto alla tua crescita professionale? Ti spiegherò quali sono i benefici dell’evitare spargimento di odio in ufficio e come l’uso e sviluppo dell’intelligenza emotiva ti può venire in aiuto!
[Tweet ““ L’amore spesso non è ricambiato. L’odio lo è sempre!” – cit. U. Bernasconi”]1 – Mentire sempre e comunque.
In funzione dei tuoi obiettivi, menti sempre, non essere mai onesto sulle tue scadenze e non essere mai trasparente.
Occulta i problemi da superare le cui soluzioni andrebbero pianificate per tempo per avvantaggiare te stesso.
Nascondi le informazioni disponibili, o diffondile ma in modo parziale a chi ne sarebbe interessato così da rallentare il tuo lavoro e a cascata compromettere quello altrui.
Sorridi fintamente, sempre. Tu sei Dio. Non sbagli mai. Non hai mai crolli di nervi. Sei immune da qualsiasi sentimento umano.
2 – Esiste un problema? Creane altri 100.
Se c’è un problema da risolvere, passa tutto il tempo che hai a lamentarti del problema con chiunque.
Sparla di chi l’ha creato, di come tu l’avresti affrontato meglio (ovviamente col senno di poi), e, possibilmente, portane sul piatto altri 100 e butta benzina sul fuoco.
3 – Hai sbagliato? Non ammetterlo mai.
Se ti accorgi di avere sbagliato qualcosa e aver causato un problema a qualche collega, non chiedere scusa e non ammettere i tuoi errori.
Chiedere scusa non è da persone educate, ma deboli. Tu mica lavori in un ufficio con persone civili? Sei in trincea, e l’imperativo è vincere.
4 – Non dare alcuna importanza allo sviluppo delle capacità necessarie a gestire i rapporti tra colleghi
Comportati con tutti i colleghi, indipendentemente dal tipo di carattere, dal ruolo e dal momento, sempre nello stesso modo. Nasconditi dietro alla più bella delle scuse “io sono fatto così”!
Un ottimo modo per farsi odiare è relazionarsi agli altri senza considerare che esistono delle differenze “emotive” fra esseri umani, di cui sarebbe bene tenere conto.
Un altro ottimo modo per relazionarsi ai colleghi è pensare che tu sei il solo detentore della verità assoluta e che il tuo modo di vedere le cose è il più giusto di tutti, e l’unico ammissibile.
Urla ad un timido introverso, oppure critica di continuo una persona permalosa, parla male di Dio al tuo capo credente prima di esporgli una idea. Biasima un collega in riunione davanti a tutti.
Dì sempre la parola meno opportuna nel momento meno opportuno.
5 – Prendere sul personale qualsiasi cosa.
Voi non siete pagati per risolvere problemi e trovare soluzioni efficaci, ma per prendere sul personale qualsiasi problema, offendervi e fomentare liti e discussioni alla caccia di colpevoli da esporre alla pubblica gogna.
Oppure per cogliere qualsiasi occasione per screditare qualcuno che vi ha mosso una critica al vostro lavoro.
6 – Invadere lo spazio vitale di tutti.
Occupati dei fatti altrui di continuo, spettegola, deridi, carpisci informazioni della vita privata dei colleghi e diffondila sotto banco.
Invadi anche lo spazio altrui, prendi a prestito cose senza chiedere permesso. Usa la prepotenza.
7 – Non essere mai nè gentile, nè cortese, nè rispettoso.
Parla sempre con tono astioso, evita di ringraziare se qualcuno fa qualcosa di gradito, tu devi dare tutto per scontato come se fossi Giulio Cesare.
Calpesta volutamente il prossimo facendo esattamente le cose che sai bene possono infastidire i tuoi capi o colleghi.
Ridi poco o solo alle battute dei capi. Ridere ti conferisce quell’aria da essere umano che è bene in ufficio sia occultata.
Adesso che ti ho dato 7 ingredienti per la ricetta dell’odio in ufficio, come fare a gestire efficacemente i rapporti tra colleghi costruendo un ambiente sano?
Beh è palese che per creare un clima di benessere lavorativo occorre fare l’esatto contrario di quanto elencato prima.
Può accadere sia che tu abbia a volte, anche involontariamente, agito comportamenti come quelli sopra.
Può accadere che tu li subisca.
In entrambi i casi parliamo sempre di modalità di rapportarsi fra persone diverse.
Il costo di atteggiamenti simili è alto in termini di stress lavoro correlato, energie sprecate, tempo mal riposto, inefficienza e inefficacia lavorativa, negatività sparsa a “ quantine”.
L’ufficio rischia di diventare l’equivalente di un incubo ad occhi aperti.
Chi mai vorrebbe lavorare in un posto con colleghi che si comportano così?
Come gestire efficacemente quindi i rapporti tra colleghi? Sviluppando l’intelligenza emotiva!
Cosa è l’intelligenza emotiva e perché è un pilastro fondamentale per una gestione efficace e costruttiva dei rapporti tra colleghi.
Il concetto di intelligenza emotiva, è stato trattato per la prima volta intorno agli anni ’90 ed è “sbarcato” in Italia nel 1995 con l’omonimo testo di Daniel Goleman “Emotional Intelligence”.
Senza entrare troppo nei costrutti teorici, sintetizzo il concetto con parole mie dicendo che la competenza emotiva è l’insieme di abilità pratiche volte alla consapevolezza e padronanza di sè per essere efficaci nelle interazioni sociali e quindi, lavorative, con conseguenti ripercussioni positive anche in termini di carriera o percorsi professionali di crescita.
I modelli organizzativi aziendali passati, più orientati ad una elevata gerarchizzazione dei ruoli, stanno via via cambiando, anche a seguito dell’avvento di internet, delle nuove tecnologie, e alla velocità di riposta che è imposta dalle regole di mercato.
Per usare una metafora oserei dire che un elefante difficilmente potrà partecipare ad una competizione di iron man.
Il modello in base al quale una sola persone decide e tutte le altre devono eseguire si sta dimostrando desueto, motivo per il quale per affrontare le sfide della modernità anche le organizzazioni hanno iniziato a prestare più attenzione alle softskill delle quali l’intelligenza emotiva fa parte.
Inesorabilmente tu sei inserito in un contesto le cui dinamiche relazionali costituiscono la fetta più significativa da dover gestire, tant’è che in qualsiasi contesto, lo sviluppo professionale e quindi a possibilità di fare carriera passa attraverso 4 fasi:
1 – il sapere legato al percorso di studi e all’ingresso nel mondo lavorativo;
2 – il saper fare ossia sapere applicare in ambito professionale le conoscenze acquisite;
3 – sapere saper fare ossia applicare in modo efficace le competenze migliori per una determinata attività discriminandole fra mille altre;
4 – il saper essere ossia essere consapevoli di te, del tuo modo di porti, dell’effetto che susciti negli altri, e capaci di gestire con “intelligenza emotiva” i rapporti tra colleghi in modo costruttivo per se stessi e l’organizzazione di cui fai parte.
Quest’ultima fase è, alla fine dei conti, la più “energivora” di tutte, soprattutto se ti interessa una “scalata al potere”, e quella che può differenziarti nel tuo percorso lavorativo avvantaggiandoti rispetto ad altri colleghi che ancora non hanno acquisito una maturità tale da saper essere, in modo costruttivo, la persona adatta a determinati ruoli, in un certo momento professionale.
Il saper essere è a sua volta strettamente legato allo sviluppo dell’intelligenza emotiva, come soft skills chiave.
A scanso di ipocrisie, vero è anche che talvolta, pur con l’acquisizione di una migliore consapevolezza dei nostri vissuti istintivi, emotivi e cognitivi, in rapporto con capi, colleghi, collaboratori, fornitori, clienti etc.. l’unica via per migliorare la propria qualità della vita si rivela necessariamente quella di cambiare, o mansione, o lavoro, o azienda, o vita. Ma se questo fosse il tuo caso, ti darò gli strumenti per scoprirlo.
Nei miei articoli di questa categoria ti darò strumenti utili per usare l’intelligenza emotiva per comunicare efficacemente, per gestire i conflitti sul lavoro, per gestire i rapporti con i colleghi e/o capi difficili e imparare a difendertene, per abbattere lo stress legato alla gestione di questi rapporti, per affrontare discorsi in pubblico qualora ne avessi la necessità per il ruolo che svolgi.
Elemento costitutivo n° 1 dell’intelligenza emotiva: la consapevolezza di te stesso.
La capacità di utilizzare l’intelligenza emotiva per gestire i rapporti tra colleghi di lavoro, è strettamente connessa con il grado di consapevolezza e padronanza che hai di te stesso, a cui dedico una intera sezione di questo blog con i miei articoli.
Hai sempre ottenuto quello che volevi sul lavoro? Si? No? A che prezzo?
Hai mai pensato che tu stesso per primo potresti generare certi tipi di comportamenti “antipatici” nei tuoi riguardi dagli altri?
O hai mai pensato che è possibile cambiare il tuo atteggiamento per prendere le distanze dai comportamenti di colleghi difficili che di norma ti danneggiano, demotivano ed irritano?
Difficilmente potrai essere sul luogo di lavoro persona totalmente avulsa da quello che sei “là fuori nel mondo” , in quanto portatore di dinamiche, vissuti e tratti caratteriali che sono sempre e comunque frutto delle tue esperienze di vita.
Fatta questa doverosa premessa, quanto: rabbia, stress, nervoso, ansia, senso di inadeguatezza, irritazione o qualsivoglia stato negativo, sono non solo, e sottolineo non solo, determinata dalle persone con cui devi rapportarti, ma anche determinati in parte dalle tue modalità apprese di risposta ai contesti?
Acquisire una migliore consapevolezza e padronanza di te stesso e delle tue risposte ai contesti, consente un notevole risparmio di energie mentali, una migliorata capacità di rapportarti anche con le persone più difficili e di conseguenza anche di aumentare le tue probabilità di crescita professionale esercitando un maggior distacco da quello che rischia di nuocere al tuo benessere.
Negli articoli dedicati alla consapevolezza di te stesso ti fornisco un sacco di spunti utili per venirne a capo qualora tu stesso per primo voglia “smussare” alcuni tuoi tratti caratteriali, o rompere schemi di comportamento ripetitivi e che tu vivi come disfunzionali (cioè che ti allontanano da quello che vuoi davvero) che ti hanno portato più grane che soddisfazioni, per gestire al meglio i tuoi rapporti tra colleghi e con i capi.
INIZIA DA QUI a rafforzare la consapevolezza di te stesso leggendo questi articoli :

Nell’articolo “Manager o Leader: quale tipo sei?” ti parlo di 9 tratti caratteriali con cui è possibile muoversi nel mondo. Ogni tratto caratteriale è un modo differente di vivere le emozioni, di pensare, di relazionarsi agli altri, con tutti i pro e contro del caso. Questo è un primo articolo introduttivo ai 9 caratteri. In futuro tratterò molto più approfonditamente tutti i pro e contro di ogni carattere per aiutarti a disporre di molte più energie a tuo vantaggio.
“Ripeti sempre gli stessi errori? Come trasformarli in successo”. In questo articolo ti illustro 11 passi per trasformare a tuo vantaggio i tuoi errori “ripetitivi”, cioè quelle abitudini comportamentali radicate che riconosci essere aspetti di te “detestabili” senza riuscire a modificarli e che ti suscitano un senso di fallimento.

“Vuoi diventare capo? 6 segreti per riuscirci”. In questo articolo ti svelo 6 segreti se ambisci ad un percorso di crescita professionale. Avrai modo di valutare quanto il tuo attuale modo di fare ti sta agevolando o meno verso gli obiettivi di carriera che ti sei prefissato, e in caso contrario a regolarti di conseguenza.
Elemento costitutivo n° 2 dell’intelligenza emotiva: la capacità di gestire i rapporti tra colleghi e con i capi.
L’utilizzo dell’intelligenza emotiva è anche strettamente connesso con la capacità di osservare e riconoscere gli altri, e modulare la comunicazione con empatia in modo da instaurare buoni rapporti tra colleghi .
Tutti i giorni hai da rapportarti con persone differenti e, diciamolo pure, alcune volte, magari anche spesso, con colleghi difficili che hanno atteggiamenti esasperati in termini di arrivismo a discapito di altri, prepotenza, scarsa empatia e capacità di collaborare, eccessivamente serie, manipolatorie, voltagabbana, o tirapiedi.
Comunicare, farti capire, ottenere quello che vuoi, a volte, diventa difficile, soprattutto se non sai bene come fare. Oppure, anche nell’ipotesi che sia semplice, è comunque una attività che richiede un grande impiego di energie per tutto il tempo di permanenza in ufficio e probabilmente, te le sottrae per il tempo rimanente.
Se invece ti senti costretto dalle circostanze a “dover accettare” atteggiamenti poco gradevoli da parte di colleghi o capi difficili, allora sempre in questa categoria troverai il modo per difenderti imparando ad entrare in relazione con colleghi difficili solo per quanto ti è utile con il giusto distacco emotivo. Potresti anche scoprire che il tuo peggior nemico potrebbe rivelarsi il tuo migliore alleato.
INIZIA DA QUESTI ARTICOLI a rafforzare la tua intelligenza emotiva nella gestione dei rapporti tra colleghi e con i capi:

“L’empatia è uomo o donna? Scoprilo e usala!”. Un pilastro fondamentale dell’intelligenza emotiva per una comunicazione efficace fra colleghi è l’uso dell’empatia, ossia la capacità di guardare le cose anche dal punto di vista degli altri. In questo articolo ti parlo delle differenze esistenti nella comunicazione fra uomini e donne sul lavoro e di come la comprensione dei reciproci mondi aiuti a sviluppare un ponte comunicativo realistico e consapevole.

“Conflitti sul lavoro: li risolvi o cerchi colpevoli?” Come entrare in relazione efficacemente con i colleghi, soprattutto quando le cose si fanno difficili e ci sono momenti di conflitto da gestire? Esistono 2 modi di affrontare i conflitti: uno più costruttivo, proiettato alla ricerca di soluzioni, usando l’empatia, e l’altro non costruttivo, rivolto alla sola ricerca di colpevoli, senza risolvere nulla. Tu quale sei solito adoperare? Nel mio articolo ti guido a capire quale dei due sei solito usare e come porre rimedio per un migliorato benessere in ufficio.

“Colleghi difficili: i melliflui. Cosa fare?”. Come ti comporti con colleghi difficili, in particolare i voltafaccia melliflui? Li gestisci, li subisci? Hanno il potere di inquinare le tue giornate? In questo articoli ti faccio guardare a questa tipologia di colleghi in modo differente per neutralizzare l’effetto negativo che hanno su di te. Se poi ad essere mellifluo e voltafaccia non è un collega ma il tuo capo, nell’articolo “Capo difficile: il voltafaccia. 2 strade possibili” ti guido ad esplorare 2 strade per ritrovare il tuo benessere in ufficio.

In questo articolo “Capo accentratore? Conquista autonomia in 6 passi” ti spiego che caratteristiche ha un capo accentratore, cosa può nascondersi dietro a questo comportamento che non ha nulla a che vedere con la sfiducia nelle tue capacità e nell’affidarti attività, e come conquistare autonomia in 6 passi.

“Informazioni nascoste. A volte ti sembra di lavorare per i servizi segreti?” : come rapportarsi con una particolare e diffusa categoria di colleghi difficili che insabbiano le informazioni a loro vantaggio. Una riflessione in 8 passi per imparare a gestirli.
Ti ho parlato di come l’uso dell‘intelligenza emotiva per gestire i rapporti tra colleghi e con i capi possa incidere sulla tua crescita professionale e sulla qualità del tuo tempo lavorativo e di vita in generale.
Ti ho anche detto che nei miei articoli troverai spunti utili a capire se ti trovi davvero nel posto di lavoro giusto per te anche in relazione ai colleghi con cui “co-abiti”.
Hai capito cosa hai da fare per non farti odiare, cos’è l’intelligenza emotiva e perchè svilupparla migliora la tua capacità di gestire efficamente i rapporti tra colleghi e con i capi.
Sapere che ti parlerò di rapporti tra colleghi e con i capi a lungo e diffusamente per regalarti benessere, ti regala un “sorriso di sollievo?”
Fammi conoscere le tue riflessioni lasciandomi un commento.
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Grazie!
A presto!
Federica Crudeli

BENESSERE IN UFFICIO: QUESTO SCONOSCIUTO? 5 RISPOSTE!
Ciao e Benvenuto a Lavorare col Sorriso!
Il benessere in ufficio … questo sconosciuto? L’ l’80% delle malattie è fortemente influenzato dallo stress lavorativo secondo alcune recenti ricerche su stress e malattia! Come puoi abbattere lo stress? Imparare ad ascoltare il corpo, gestire le emozioni, zittire la mente, comunicare efficacemente con capi e colleghi, capire chi sei e dove sei davvero aiutano a sviluppare la consapevolezza del buono o cattivo uso che fai del tuo corpo, della tua mente, delle tue emozioni, delle tue capacità e risorse. Perché dovresti occupartene? Ti do 5 ottimi motivi per iniziare a farlo!
[Tweet ” La salute è uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale, e non semplicemente l’assenza di malattia o infermità.” – Organizzazione Mondiale della Sanità “]
Metaforicamente, quanto sei consapevole del fatto che spesso guidi la tua macchina con la testa girata verso il finestrino sinistro e rischi di schiantarti da solo? Perché lo fai senza accorgertene?
Se sei solito pensare: se solo potessi eliminare quel capo, vaporizzare i colleghi odiosi, se solo avessi più soldi, se solo avessi più tempo, se solo avessi quel ruolo, se solo, se solo, se solo … preoccupati!
Bene, ogni volta che parli come sopra, di fatto, stai facendo quello: porti l’attenzione dalla parte sbagliata e rischi lo schianto!
Ti darò 5 ottime ragioni per le quali è fondamentale avere un assetto della tua macchina perfetto per guidare qualsiasi strada guardando dalla parte giusta e concedendoti gli sguardi al panorama, senza però che il panorama diventi la tua ossessione energivora.
Ecco 5 motivi per i quali è importante per il tuo benessere in ufficio essere consapevole e fare un buon uso del tuo corpo, dei tuoi pensieri e delle tue emozioni, sviluppando quindi un’ottima consapevolezza di te stesso, a cui dedico una intera categoria di articoli del blog.
Motivo n° 1 – Il tuo corpo, mente? Sviluppare la capacità di ascoltarlo.
Sai che alcuni disturbi potrebbero essere somatizzazioni psichiche o disagi emotivi che il corpo ti segnala con il suo personale motto di “ribellione” per ottenere l’attenzione laddove sei solito non prestarla?
Li ignori, li ascolti, o proprio non ci fai mai caso e soprassiedi per l’urgenza di turno?
Hai un corpo o sei un corpo?
Ti consideri immortale: dai per scontato che avrai sempre il corpo a tua completa disposizione?
Quale è il tuo livello generale di energia, in media? Ti senti energico?
O più spesso ti senti spossato?
Quali emozioni provi più frequentemente?
Noti una connessione fra il tuo livello di energia e i tuoi stati d’animo?
Soffri di disturbi fisici cronici?
In quali parti del corpo?
Da quanto tempo convivi o ignori questi sintomi?
Hai mai considerato che continuare ad ignorarli, un giorno, potrebbe costarti un conto ben più salato delle tante ore che passi a lavorare?
La vita di un impiegato in azienda è mediamente sedentaria, costretto alla scrivania per buona parte della giornata, o saltare pranzi/cene per rispettare le scadenze o gli orari stabiliti dai contratti di lavoro.
Ciò incide sul nostro sistema energetico, sul metabolismo, e in ultima analisi anche sulla struttura muscolare, che spesso manifesta cronicizzazioni fisiche (emicranie, cervicali, lombalgie, gastriti, coliti, ulcere, solo per citarne alcune).
Accade di sentirsi stanchi, spossati, come se ci avessero messo dentro ad una lavatrice, eppure, normalmente nè spostiamo carichi pesanti, o facciamo lavori di fatica fisica così pesanti, da giustificare questo senso di stanchezza.
In aggiunta… Non sono io a dirlo, ma esistono molteplici studi che dimostrano innanzitutto l’impossibilità per qualsiasi umano di sostenere uno stress elevato per periodi prolungati, salvo crolli fisici e psicologici di varia entità e natura, così come il calo del rendimento o produttività con conseguenti ripercussioni anche per tutti coloro che ci ruotano attorno.
In ultima analisi un peggioramento per tutto il sistema di cui facciamo parte. Lo stress ha difatti impatti sulle manifestazioni emotive, cognitive, comportamentali, talvolta uscendo dalla qualificazione di quanto è fisiologico, per sfociare nel patologico.
Tant’è che il D. Lgs. 81/2008 – Testo Unico per la Salute e Sicurezza dei Lavoratori – definisce la condizione di salute di un lavoratore all’articolo 2 comma 1 come “lo stato di completo benessere fisico, mentale e sociale, che non consistente solo in un’assenza di malattia o infermità” .
L’articolo n° 3, nella descrizione dello stress lavoro correlato recita che “lo stress lavoro correlato può essere causato da fattori diversi come il contenuto del lavoro, l’eventuale inadeguatezza nella gestione dell’organizzazione del lavoro e dell’ambiente di lavoro, carenze nella comunicazione etc.”
Il fatto che sia una legge a definire che cosa sia il benessere, è qualcosa di sufficiente per motivare perché dovrebbe starti a cuore la consapevolezza di come tu disponi delle tue risorse fisiche, mentali, ed emotive? Oppure non sei convinto abbastanza?
A sostenere la causa, ti ricordo che misuriamo il nostro dispendio energetico in termini di metabolismo e calorie accumulate e bruciate: siamo dunque produttori e consumatori di energia , anche se per questa attività per fortuna ancora non paghiamo tasse o “bollette”.
Non diciamolo troppo forte, sia mai che qualche governante illuminato ci metta una tassa sul metabolismo o sulle calorie…
Io stessa per anni mi sono considerata solo “una mente” contenuta in un corpo che mi porta a spasso.
Solo molto più tardi, ho realizzato di “essere un corpo” e non “di avere un corpo”.
L’eccesso di intellettualizzazione tipico del nostro mondo occidentale, porta spesso ad identificarci solo con uno dei nostri elementi costitutivi, la mente, dimenticandoci che siamo un tutt’uno e che il corpo ha un suo linguaggio e una sua saggezza e che l’imparare a osservarlo, scoprirlo, o riscoprirlo, leggerne i segnali e rispettarlo, invece che usarlo come mezzo saltuario per fare sport, ci dà un enorme potere sulla possibilità di mantenere il benessere in ufficio e nella vita in generale.
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“Il qui e ora per uscire da giornate no” . Comincia a scoprire che rapporto hai con le tue emozioni: ti gestiscono o sei tu a gestirle? Nel mio articolo ti spiego in 5 fasi come, paradossalmente, il modo più efficace per superare momenti no è proprio quello di imparare ad accettarli. In questo modo, l’emotività negativa, invece che soffocarti o dominarti, fluirà liberamente e più velocemente, lasciando spazio ad una rinnovata carica ed energia!
Se il primo motivo non ti è bastato, passiamo al secondo!
Motivo n° 2 – La tua mente straparla a sproposito? Imparare a zittirla!
A discapito del tuo benessere in ufficio, quanti pensieri spendi rimuginando sul passato, sui tuoi errori, e quanto ne spendi preoccupandoti per le scadenze, la carriera, il futuro? A cascata quanto senso di colpa, inadeguatezza e ansia ti somministri quotidianamente?
Hai presente quella vocina che ti parla in testa spesso? Cosa ti dice? Parla di continuo?
Quante delle cose che ti sono richieste giornalmente le fai realmente utilizzando quella parte di pensiero utile e funzionale al da farsi, e quanto invece con una produzione eccessiva di pensieri collaterali a quello che realmente sarebbero richiesti dal “qui e ora” di quello che stai facendo?
Avere consapevolezza anche di questo tuo aspetto, imparare a gestire meglio i tuoi pensieri, è fonte di una liberazione infinita.
Lo sai che i pensieri incidono sulla produzione di sostanze chimiche nell’organismo?
Le neuroscienze hanno fatto enormi progressi in tal senso con scoperte strabilianti.
Lo sai che potenzialmente ogni volta che fai cattivo uso della tua mente fra ansie e sensi di colpa, collera, bisogno di approvazione, istanze di giustizia, ti stai intossicando da solo, e somministrando al tuo corpo dosi di tensioni di ogni genere?
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“Ripeti sempre gli stessi errori? Come trasformarli in successo” Vuoi un esempio di cattivo uso della tua mente? Ogni volta che di fronte ad un errore, ti demoralizzi, colpevolizzi e magari ti senti anche un fallimento totale, stai usando male la tua testa! In questo articolo ti illustro 11 passi per trasformare a tuo vantaggio i tuoi errori “ripetitivi”, cioè quelle abitudini comportamentali radicate che riconosci essere aspetti di te “detestabili” senza riuscire a modificarli.
“L’ansia da prestazione lavorativa ti divora? divorala tu in 5 bocconi”. Un altro pessimo modo di usare la tua mente sul lavoro è quello di vivere divorato dall’ansia di prestazione: perennemente in tensione nel tentativo di fare ogni cosa perfetta, di farti apprezzare, di essere impeccabile. Nel mio articolo attraverso 5 modi diversi di guardare alle cose, metterai fuori gioco questa fastidiosa nemica del tuo benessere in ufficio per vivere più serenamente e con molto molto meno stress di prima.
Non sei ancora convinto che ascoltare il corpo, gestire le emozioni, e zittire la mente sia importante per il tuo benessere in ufficio? Allora dal prossimo motivo non puoi scappare, perchè a che vedere con la tua capacità di gestire i rapporti con capi e colleghi!
Motivo n° 3 – L’ingresso dell’ Intelligenza Emotiva in azienda. Imparare a gestire i rapporti fra colleghi in modo efficace!
Il mondo si sta muovendo ad una velocità vorticosa su tutti i piani. Il contesto esterno è caratterizzato da cambiamenti repentini, innovazione tecnologica spinta, elevata incertezza. Se qualcosa, ora, sta funzionando, non è detto funzioni in eterno e neanche fra qualche settimana.
Le vecchie gerarchie aziendali, con il concetto di capo e sottoposto fantozziano, che forse potevano condurre a risultati in un contesto socio-economico stabile, sono desuete e stanno perdendo la loro ragione di esistere.
Non è più sufficiente una persona a comandare e tante ad eseguire, ma che ciascun individuo contribuisca apportando idee, innovazioni per restare competitivi sul mercato.
Si lavora più frequentemente in gruppo, per aree interfunzionali e trasversali alla propria area di business. Tutto questo necessita in media lo sviluppo di una maggiore flessibilità comportamentale, e lo sviluppo di più competenze rispetto a quelle che erano necessarie un tempo.
L’intelligenza emotiva si è fatta strada nelle aziende con l’introduzione di giochi di ruolo, formazione dedicata al Team Building, Problem Solving, alla Comunicazione Efficace, al Business Coaching e affini.
L’obiettivo di questo tipo di formazione normalmente è appunto lavorare sulle due dimensioni costitutive e interdipendenti dell’intelligenza emotiva: in primis la consapevolezza e padronanza di sè e poi la capacità di gestire, di conseguenza ed efficacemente, i rapporti tra colleghi sviluppando l’empatia.
È anche vero che a causa di molteplici fattori di profittabilità aziendale, non tutte le aziende possono investire nella formazione.
Questo blog vuole essere una risposta anche a chi, per ragioni di sopravvivenza economica, non può beneficiare in azienda di questo tipo di investimento e non ha denaro da spendere in privato per formare competenze che sono ormai indispensabili per farsi largo in questo caotico e sempre più complesso mondo (nel bene e nel male).
Ti aiuterò a sviluppare rispettivamente la consapevolezza di te stesso e la capacità di entrare in relazione con capi e colleghi in modo efficace e volto ad accrescere il tuo benessere in ufficio.
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“L’empatia è uomo o donna? Scoprilo e usala!”. Un pilastro fondamentale dell’intelligenza emotiva per una comunicazione efficace fra colleghi è l’uso dell’empatia, ossia la capacità di guardare le cose anche dal punto di vista degli altri. In questo articolo ti parlo delle differenze esistenti nella comunicazione fra uomini e donne sul lavoro e di come la comprensione dei reciproci mondi aiuti a sviluppare un ponte comunicativo realistico e consapevole.
“Conflitti sul lavoro: li risolvi o cerchi colpevoli?” Come entrare in relazione efficacemente con i colleghi, soprattutto quando le cose si fanno difficili e ci sono momenti di conflitto da gestire? Esistono 2 modi di affrontare i conflitti: uno più costruttivo, proiettato alla ricerca di soluzioni, usando l’empatia, e l’altro non costruttivo, rivolto alla sola ricerca di colpevoli, senza risolvere nulla. Tu quale sei solito adoperare? Nel mio articolo ti guido a capire quale dei due sei solito usare e come porre rimedio per un migliorato benessere in ufficio.
“Colleghi difficili: i melliflui. Cosa fare?”. Come ti comporti con colleghi difficili, in particolare i voltafaccia melliflui? Li gestisci, li subisci? Hanno il potere di inquinare le tue giornate? In questo articoli ti faccio guardare a questa tipologia di colleghi in modo differente per neutralizzare l’effetto negativo che hanno su di te. Se poi ad essere mellifluo e voltafaccia non è un collega ma il tuo capo, nell’articolo “Capo difficile: il voltafaccia. 2 strade possibili” ti guido ad esplorare 2 strade per ritrovare il tuo benessere in ufficio.
“Informazioni nascoste. A volte ti sembra di lavorare per i servizi segreti?” Come rapportarsi con una particolare e diffusa categoria di colleghi difficili che insabbiano le informazioni a loro vantaggio. Una riflessione in 8 passi per imparare a gestirli.
Se anche questa motivazioni ad occuparti di te stesso a tutto tondo per il tuo benessere in ufficio, non ti è sufficiente, te ne fornisco un’altra!
Motivo n° 4 – Obiettivi di carriera – imparare a capire dove sei davvero!
Ipotizziamo tu abbia degli obiettivi di crescita professionali. E’ probabile che quindi tu debba avere ben chiaro in testa quali sono, come li vuoi raggiungere, in quanto tempo…. E già stabilire efficacemente questo non è cosa facile!
Conoscere poi il punto di arrivo senza conoscere quello di partenza, o avendone una consapevolezza limitata, credi ti aiuti ad avere aspirazioni realmente concrete e realizzabili? Credi che contribuisca ad incrementare davvero il tuo benessere in ufficio?
Converrai con me che è difficile puntare ad una meta senza avere presente quale sia il punto di partenza, o avendone una consapevolezza limitata, o peggio ancora, essendo convinti di essere in un punto quando magari è evidente al resto del mondo che ti trovi da un’altra parte.
Per esperienza diretta posso dirti che a volte, la nostra percezione di chi siamo non è proprio allineata perfettamente a come agiamo nel mondo. E a volte, nemmeno i risultati che otteniamo sono quelli che ci aspettiamo.
Tendenzialmente quando le cose non vanno come vorremmo , siamo, in quanto esseri umani, abbastanza inclini a distribuire colpe e responsabilità al di fuori di noi stessi.
“Il capo non ci ha capito, il collega è insopportabile, fuori pioveva ed ero stanco (…)” solo per fare alcuni esempi. In effetti può anche essere così. Ma, c’è un ma…è anche vero che a volte a malapena ci rendiamo conto che il nostro modo di fare e l’immagine che diamo di noi stessi nel mondo, se solo ci concedessimo il lusso di domandare, non è proprio uguale all’ idea immaginifica, o terribile, che abbiamo di noi stessi.
In realtà, qualunque situazione tu debba affrontare nella vita, voluta, o forzata che sia, quello che costituisce un discrimine sull’esito finale delle esperienze sei sempre e solo tu, il tuo modo di essere, porti, e guardare alle cose.
A prescindere dal fatto che le tue ambizioni personali e professionali siano “basse” o “sconfinatamente alte”, nel vivere la quotidianità e nella gestione dei rapporti lavorativi con i colleghi, capi, collaboratori, il livello di consapevolezza che tu hai di te stesso fa una enorme differenza in termini di capacità di conseguire gli obiettivi desiderati in azienda e anche fuori, primo fra tutti la qualità del tuo tempo e il tuo benessere in ufficio.
Senza contare poi che una maggiore consapevolezza di te stesso è sinonimo anche di maggiore benessere e di una immensa libertà, ovunque con chiunque in qualsiasi situazione.
Inoltre, normalmente, la crescita professionale si accompagna poi all’assunzione di responsabilità crescenti e anche alla gestione di altre persone.
Tu ti affideresti per fare un viaggio di gruppo ad una guida turistica che è nota nell’ambiente per non essere capace ad organizzare nemmeno 8 ore della sua giornata?
Volgendo la domanda a te, se tu per primo non hai la minima contezza di come gestire te stesso a tutto tondo, o ti sai gestire male, come pensi di poter “guidare” agevolmente ed efficacemente (ossia senza dissanguarti di energie con risultati appena sufficienti) un team fatto di tante persone?
Vuoi iniziare a fare pratica con lo sviluppo della tua consapevolezza, anche sui tuoi obiettivi?
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“Vuoi diventare capo? 6 segreti per riuscirci”. In questo articolo ti svelo 6 segreti se ambisci ad un percorso di crescita professionale. Avrai modo di valutare quanto il tuo attuale modo di fare ti sta agevolando o meno verso gli obiettivi di carriera che ti sei prefissato, e in caso contrario a regolarti di conseguenza.
“Motivazione sotto ai piedi appena sveglio? Riportala su!”. Il tuo lavoro attuale quanto è fatto di motivazione intrinseca e quanto di motivazione estrinseca? Non sai quale differenza ci sia? Scoprilo! Capirlo è la base fondamentale per orientare al meglio i tuoi obiettivi di carriera risparmiando tempo ed energie e guadagnare benessere in ufficio.
“Carriera lavorativa: il potere è piacere? Come capirlo”. Spesso ambiamo tutti ad ottenere successo nella accezione più comune del termine: soldi e potere. Ma quanto realmente sei disposto a pagare il prezzo del successo? E che relazione esiste fra il potere e il piacere? Individua il mix di potere – piacere che è in sintonia con la tua natura. Ne guadagnerai in benessere in ufficio.
Un’ultima motivazione, ma non in ordine di importanza, qualora le 4 precedenti ancora non siano sufficienti a convincerti che la consapevolezza del buono o cattivo uso che fai delle tue risorse costituiscano il discrimine fra il benessere in ufficio e il malessere…
Perché n° 5 – Dentro l’ufficio/fuori l’ufficio – imparare a conoscere il tuo carattere e le tue capacità
La qualità della vita in ufficio influisce pesantemente sulla qualità della tua vita fuori, così come vale il viceversa.
Uno squilibrio, legato a qualsiasi motivo in una area della vita, si ripercuote immancabilmente su tutte le altre, seppure in maniera differente e con diverse gradazioni di pervasività.
In questo blog di fatti mi occupo nello specifico di tutto quanto ha a che vedere con la capacità di conquistare, (se non lo hai), mantenere o migliorare equilibrio interiore, benessere e serenità integrando efficacemente l’uso di corpo-mente ed emozioni, durante la giornata lavorativa in ufficio.
Tu sei una persona che si manifesta nel mondo con un carattere. Difficilmente sarai là fuori nel mondo qualcosa di profondamente diverso da quello che sei in ufficio.
Se invece sei solito attuare una spaccatura marcata tra il tuo modo di manifestarti sul lavoro e quello di manifestarti fuori, a maggior ragione dovrebbe interessarti la tua auto-consapevolezza: è fuori di dubbio che un simile comportamento conduce a consumare energie e spegnerti fino a quando ti sentirai una pila usata ed esaurita. Altro che benessere in ufficio!
Con i miei articoli di questa categoria ti guiderò in riflessioni che ti saranno utili a: mettere a fuoco come ti muovi nel mondo, quali pensieri, schemi comportamentali stati emotivi ti caratterizzano, a che punto sei della tua crescita professionale o a capire quale tipo di crescita professionale faccia la caso tuo anche in base al binomio potere – piacere, a valutare il tuo livello di energia e ad aumentare la tua autostima per farla fruttare al meglio nel tuo contesto lavorativo.
Se potessi guardati con gli occhi di una persona esterna, cosa scopriresti di te?
Che effetti susciti negli altri con il tuo modo di relazionarti?
Ogni “carattere” è connotato da caratteristiche affettive (il tuo rapporto con le emozioni e sentimenti), energetiche (quanta energia senti di avere per affrontare le tue giornate), somatiche (che struttura fisica hai), cognitive (quali sono i tuoi tipici modi di pensare) e relazionali (come ti poni rispetto agli altri) ben distinte e legate ai bisogni primari che hai percepito come negati o limitati: diritto di esistere, di avere bisogno di accudimento, di possedere te stesso, di importi, di essere autonomo e di amare sessualmente.
Nei miei articoli ti guiderò ad esplorare quali manifestazioni esteriori oggi ti caratterizzano per prendere coscienza di quali sono gli schemi ripetitivi che metti in atto nel lavoro e nella tua vita e che, qualora disfunzionali per il tuo benessere, ti allontanano piuttosto che avvicinarti, a quello che realmente vuoi.
Aumentare la propria consapevolezza quali vantaggi dà? La libertà. Sebbene talvolta possa sembrare una “fatica” investire del tempo per fermarsi a riflettere su alcuni aspetti di se stessi, e sebbene questa fatica l’abbia avvertita io stessa, con il tempo invece ho imparato a raccoglierne i frutti in termini di maggior benessere in ufficio e fuori.
Ti aiuterò a fare tutto questo da molteplici punti di vista, che sono certa saranno per te un enorme arricchimento, una grande sorpresa e scoperta che ti accompagneranno a lungo!
Vuoi iniziare a capire quale tratto caratteriale ti distingue e cosa ne consegue?
Nell’articolo “Manager o Leader: quale tipo sei?” ti parlo di 9 tratti caratteriali con cui è possibile muoversi nel mondo. Ogni tratto caratteriale è un modo differente di vivere le emozioni, di pensare, di relazionarsi agli altri, con tutti i pro e contro del caso. Questo è un primo articolo introduttivo ai 9 caratteri. In futuro tratterò molto più approfonditamente tutti i pro e contro di ogni carattere per aiutarti a disporre di molte più energie a tuo vantaggio.
Nell’articolo “Che capacità ho? Conoscerle ti aiuta” ti guido a valutare quali capacità senti più tue fra quelle cognitive, realizzative e relazionali. Conoscerle ti aiuta a verificare quali servono maggiormente per il tuo lavoro e per i tuoi obiettivi di carriera e ti consentono di risparmiare tempo focalizzandoti su quelle che pensi di dover migliorare.
Ti ho motivato a sufficienza perchè è bene, per il tuo benessere in ufficio, che tu impari ad ascoltare il corpo, gestire le emozioni, zittire la mente quando parla a sproposito, comunicare efficacemente, capire che carattere, capacità, risorse hai, in funzione dei tuoi obiettivi lavorativi?
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Federica Crudeli
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CAPO DIFFICILE: IL “VOLTAFACCIA”! 2 STRADE POSSIBILI
Ciao e Benvenuto a Lavorare col Sorriso!
E se ad essere mellifluo e voltafaccia, questa volta, fosse il tuo capo difficile e non un collega qualsiasi? Le cose si complicano, vista la “disparità” di “potere” nel rapporto. Esistono altre strade percorribili per neutralizzarlo, oltre a quelle di cui ti ho già parlato?
Si, almeno altre due… scoprile!
[Tweet ““ Per ogni carnefice c’è una vittima pronta a rendersi tale” – cit. “]
Nel precedente articolo “Colleghi difficili: i melliflui. Cosa fare?” ti ho parlato infatti di una particolare categoria di colleghi difficili, in particolare i melliflui voltafaccia. Ti ho profilato una loro caratterizzazione, e aiutato a capire come li vivi (o subisci), come puoi vederli con occhi diversi e gestirli di conseguenza.
Se il soggetto in questione è il tuo capo, esistono almeno altre 2 strade percorribili e hanno a che vedere con una prospettiva di lungo termine, soprattutto se ti senti in una situazione lavorativa che, pur con tutto il tuo impegno per gestirla, ti sta stretta stretta.
Allarga l’orizzonte temporale!
Il presupposto di partenza che accompagna tutto quello che segue è che il capo difficile mellifluo o voltafaccia sia percepito come tale non solo da te ma anche da tutti i colleghi con cui lavori.
Ti chiedo questa volta di riflettere con un orizzonte temporale un po’ più allargato degli stati d’animo e mentali che in media, il rapportarti con quel capo difficile ti genera: in particolare, quelle negatività che solitamente vivi, da quanto tempo le vivi?
Se da un lato è vero che essere consapevoli di quello che ci accade dentro ci dà uno strumento in più per scegliere più liberamente come rapportarci in modo più vantaggioso per noi stessi, vero è anche che se fino ad oggi, e da molto tempo, non hai mai pensato a qualcosa di simile, è possibile che tu oggi stia sperimentando un generale abbassamento del livello di energia che sta andando ad intaccare anche gli altri aspetti della tua vita.
In fin dei conti lavori minimo 8 ore al giorno, considerando che 8 ne dormi, capisci bene che almeno il 50% del tuo tempo da sveglio è a contatto con un capo difficile che ti genera questi stati d’animo che devi gestire al meglio se non vuoi “soccombere”.
E magari sei più irascibile e nervoso con gli amici e i famigliari, o sei più svogliato, o più apatico, sorridi meno del solito, o comunque ti senti più “spento” e in generale , vivi con un generale senso di insoddisfazione latente perenne e crescente.
In particolare, se pensi a te stesso prima di lavorare in quel contesto lavorativo, noti delle differenze rispetto a come sei adesso nei termini di cui sopra?
Ti ammali spesso? Soffri di disturbi cronici? Da quando sono iniziati i disturbi? Hanno avuto qualche concomitanza con eventi spiacevoli?
Anche qui, ti faccio presente che il corpo manifesta tutto quello che non può essere manifestato altrove. Non lo ascolti? Parla lui per te.
Se ti trovi in questa condizione, o non ti ci trovi ancora ma pensi che le circostanze “ambientali” inevitabilmente ti ci porteranno perché pur con tutto te stesso, proprio non sopporti il contesto, è meglio correre ai ripari prima possibile.
Strada n° 1: parlare con il capo del capo difficile e mellifluo. Attenzione!
Premetto che un capo difficile e mellifluo normalmente, se è percepito come tale non solo da te, ma da più persone, ha “nevrosi” di cui non è cosciente (in realtà in media tutti ne abbiamo, solo che alcune nuocciono più di altre nei contesti lavorativi).
Tu non sei tenuto nè a capirle, nè a subirle, altrimenti lavoreresti in un consultorio ASL.
Sta di fatto che se quella persona sta lì dove è indisturbata da anni, pur rappresentando una fonte di malessere non solo per te ma per tutti, è perché è funzionale a qualcun altro, che è possibile, ipotizzo, incarni lo stesso modello relazionale vittima – carnefice, dove questa volta è proprio il tuo capo difficile tiranno e mellifluo a subire a sua volta la “tirannia” del suo capo.
Che allegriaaaa!!! avrebbe detto Mike Bongiorno.
Nessun capo di un capo realmente centrato e con una psiche equilibrata si circonderebbe di un capo difficile e mellifluo se non perché quel tipo di capo è esattamente quello che lui stesso pretende e cerca: sottomissione..
Persone che hanno un sana considerazione di sè e una “centratura”, non hanno alcuna necessità di innescare dinamiche di questo tipo per gestire i loro rapporti lavorativi.
Qui potrei aprire un capitolo infinito sulla trattazione dei modelli relazionali sadico/masochisti, o carnefice/vittima, ma mi riservo di farlo in futuro come ti ho anticipato nel mio articolo “Manager o Leader, quale tipo sei’” (puoi sbirciare lì per conoscere le caratterizzazioni di comportamenti che approfondirò anche in seguito).
Sappi però che esiste anche il cosiddetto masochismo sociale.
Il problema nasce quando un “masochista sociale” pretende che tutti si adeguino al suo modello (distorto in negativo) di vedere la vita lavorativa: “mi sacrifico io, si devono sacrificare tutti”.
Alla luce di quanto sopra, va da se che ricorrere ai ripari andando a cercare conforto nel capo del capo difficile e mellifluo equivale al suicidio lavorativo.
Potrebbe invece essere che il capo del capo difficile e mellifluo è li da poco, non ha ancora conoscenza del capo mellifluo e deve ancora prendere le misure.
Allora hai speranza, da un lato che se ne accorga lui per primo e prenda provvedimenti, dall’altro che quanto meno potresti avere un alleato a cui rivolgerti per chiedere spostamenti o cambi di attività o fare presente il tuo malcontento.
La strada ultima, se parlare col capo del capo difficile e mellifluo non da risultati o non è possibile, è andare a parlare con la persona a ciò preposta della funzione HR.
In fin dei conti, chiedere di cambiare lavoro dopo un po’ di tempo è sano e funzionale alla tua crescita lavorativa, non necessariamente devi porla come una questione di “non sopportazione” del tuo capo difficile.
Ed è bene che tu lo faccia dopo aver fatto la stessa richiesta al tuo capo difficile e mellifluo e al relativo superiore: e non perché loro ti daranno ascolto se sono caratterizzati come ti ho già descritto, ma solo perché non possano dirti un giorno “ma a noi non l’avevi detto” e perché elevarsi significa fare la differenza.
Bypassarli sarebbe attuare lo stesso comportamento che loro applicano a te. Ma tu, sei meglio di loro.
Strada n° 2 – cambiare lavoro internamente/cercarlo altrove
Al di là del percorrere queste strade, quello che mi preme farti presente ora è il danno che stai facendo a te stesso, subendo questa situazione che vivi come intensamente negativa, senza cercare rimedi, quali chiedere un cambio di lavoro interno,o fosse anche cercare lavoro presso altre aziende se non lo hai già tentato.
Se non lo fai è interessante capire cosa ti frena o cosa ti frena dal cercare altre strade in generale.
Visto che questa convivenza forzata con il capo difficile porterà irrimediabilmente al peggioramento della tua vita e imbruttimento della tua persona, quello su cui ti invito a riflettere è: che cosa ti impedisce di “ribellarti” o di fare qualcosa di diverso da quello che hai fatto sino ad ora, compreso, appunto, cercare lavoro altrove internamente o esternamente, qualora la situazione sia per te insostenibile?
Cosa ti spaventa? Cosa ti frena?
Le possibili ripercussioni?
Guardati attorno: a chi ha osato ribellarsi al capo difficile, se hai degli esempi intorno, che cosa è successo?
Ha risultati così tanto peggiori di chi come te invece “sopporta” il capo difficile e mellifluo? O magari uguali o simili?
Pensaci bene, anche nel lungo termine, se vuoi restare dove sei, cosa è che premia nella tua famiglia professionale in questo momento e con i capi che ci sono?
E quello che tu vedi essere un comportamento premiato per crescere professionalmente, saresti in grado di sopportarlo o attuarlo?
Risponde alle tue aspettative di carriera e monetarie? Sarebbe in sintonia con il tuo ideale di vita e con i tuoi valori? Se no, cosa hai da perdere a tentare altre strade?
Conosci qualcuno che da dove sei tu se ne è andato? Come ha fatto? Sta meglio, sta peggio, lo conosci, gli hai mai chiesto un confronto per capire come ha ottenuto ciò che voleva?
Usare e “modellare” il “come” delle esperienze altrui è sempre un ottimo modo per uscire fuori da situazioni difficili.
Ti spingo al limite: immagina la tua situazione attuale di scontentezza protratta fino alla pensione!
Pensi di poterla sopportare? Se la riposta è no, ti faccio presente che più tempo resti dove sei, più aumenti le probabilità che accada esattamente questo, e che tu possa passare da un ufficio all’altro con poca capacità di decidere delle tue sorti.
E’ quello che vuoi? Benissimo.
Non è quello che vuoi? Fai qualcosa. Ora. Non fra 1,2,3 o 4 anni. Ora. Comincia a pensarci ora e a farlo ora.
Soprattutto nella nostra cultura è diffuso il concetto della sopportazione e del sacrificio, per cui l’idea di sopportare e sacrificarsi diventa quasi un “must” e “fa molto figo”.
Spesso è una cultura diffusa nelle aziende italiane considerare “dei grandi” quelli che lavorano ad oltranza.
Sappiamo bene che nei paesi del Nord Europa non è così, in media. La domanda che sarebbe opportuno porsi invece è: se c’è tutta questa necessità di lavorare oltre ogni limite, non è che serve un rinforzo di organico?
O magari si tratta di disorganizzazione allo stato pure e basta? E se così fosse, ne devi fare le spese per forza tu? Dove sta scritto? Tirartene fuori quali conseguenze potrebbe avere? E’ temporanea o strutturale questa situazione?
Inoltre, una cosa è sacrificarsi e sforzarsi in funzione di un obiettivo che si concretizza o ha alte probabilità di concretizzarsi, altra cosa è sacrificarsi per la patria, senza infamia, senza lode, per la gloria di nessuno e pure digerendo tonnellate di bocconi amari subendo un capo difficile…
Ecco..nel nostro paese questa seconda accezione di sacrificio e sforzo è diventata la normalità, per questo, credo, siamo il paese con la tassazione più alta d’Europa…
Diciamo che sarebbe bene tu ti prefissassi una data limite entro la quale vedere realizzati i tuoi obiettivi di crescita professionale, per cambiare rotta al non verificarsi di certe condizioni. Non lo hai ancora fatto? Comincia.
Ogni giorno deve avere la sua ricompensa.
Se stai pensando che è una affermazione banale, ti domando: ogni giorno quante ricompense ti regali?
Il fatto di sentirci immortali o di pensare che le cose brutte del mondo possano accadere solo agli altri, potrebbero indurti a passare giorni senza dedicarti a quella passione a cui tieni tanto (se ne hai una, se non la hai ti invito a farti qualche domanda), senza ridere con qualcuno, senza fare quella telefonata/visita a chi vorresti, senza oziare, o più in generale, senza il piacere di fare/non fare qualcosa che ti regali quello che tu consideri godimento puro.
Più giorni passi senza darti una ricompensa, più rischi di assomigliare ad una pianta che non è annaffiata.
Sai vero che fine fanno le piante senza ricevere acqua? Ora non venirmi a dire “si ma io sono una pianta grassa e le piante grasse possono stare anche senza acqua” perché parli ad una che è riuscita a far morire pure quelle, sebbene ne richiedessero molta meno delle altre …
Il darti una ricompensa quotidiana è un buon modo per conferire qualità alla tua vita in attesa di capire cosa sia meglio per te, nel medio e lungo periodo.
Una volta capito poi, hai solo da passare all’azione. Inoltre aumenta comunque anche la tua resa in ufficio. Non lo dico io. Le persone serene, lavorano meglio.
Richard Branson, fondatore della Virgin è balzato alle cronache per aver abolito gli orari di lavoro.
Lo fa per il bene dei suoi dipendenti? No, lo fa per il suo tornaconto, perché le persone serene lavorano di più e meglio e ha capito che il suo tornaconto dipende strettamente da quanto a loro volta, i suoi dipendenti, trovino soddisfazione nella loro vita in senso più ampio.
In Italia siamo anni luce da un modello simile, ma, per dovere di cronaca, lo riporto perché è un elemento informativo a sostegno di quanto dico.
Ricapitolo: ti ho fatto ragionare sulle conseguenze di lungo termine qualora tu, adesso, viva una situazione lavorativa che consideri insopportabile o insoddisfacente a contatto con un capo difficile.
Abbiamo vagliato diverse possibilità di scelta su come agire, ti ho parlato di come ogni giorno debba avere la sua ricompensa .
Adesso cosa fai, accampi scuse o ti muovi?
Esiste sempre una possibilità di scegliere. Ma le scelte siamo noi a crearle.
Non esiste meta che non sia stata raggiunta da chi aveva una motivazione forte e un obiettivo ben preciso in mente.
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Federica Crudeli

CONFLITTI SUL POSTO DI LAVORO: LI RISOLVI O CERCHI COLPEVOLI?
Ciao e Benvenuto a Lavorare col Sorriso!
Che tu sia uomo o donna, sei solito risolvere i conflitti sul posto di lavoro efficacemente usando l’intelligenza emotiva per migliorare la tua leadership oppure vai accusando in cerca di colpevoli, o della ragione costi quel che costi? In questo articolo ti parlo di questi due diversi atteggiamenti nell’affrontare i conflitti sul posto di lavoro e ti parlo delle softskills utili anche per la vita, dato che i conflitti o le divergenze fra colleghi, uomini, donne e umani in generale sono assai frequenti.
[Tweet ““I più grandi conflitti non sono tra due persone ma tra una persona e se stessa.” – cit. T.G. Brooks”]
La gestione dei conflitti sul posto di lavoro, può avere una finalità utile o non utile.
La finalità utile della gestione dei conflitti sul lavoro è quella di capire, esprimersi, farsi rispettare, trovare punti di accordo.
La finalità non utile della gestione dei conflitti è quella di manipolare (spesso inconsapevolmente), cercare colpevoli, accusare, difendersi, avere ragione.
Per quali motivi discuti, di solito? E quanto sei consapevole di come il tuo modo di gestire i conflitti sul posto di lavoro impatta sulla buona riuscita dei rapporti tra colleghi?
Ipotizziamo che Alice e Marco, che rappresentano due unità aziendali differenti nell’ambito di un gruppo di lavoro composto da più impiegati, abbiano da consegnare un lavoro finito per una certa scadenza.
Ognuno di loro è portatore di interessi differenti e ovviamente, ha preferenze diverse sulle modalità con cui è possibile “risolvere” un dato “compito”o “task” per usare gli inglesismi che fanno molto moda.
Nel giorno della scadenza stabilita e per rispettare obiettivi sfidanti Alice, senza dire nulla a Marco che era impegnato in altre attività, presenta all’intero gruppo di lavoro il “task” finito e costruito, in parte, ma non del tutto, con il contributo anche di Marco, che viene a conoscenza della versione finale del lavoro a cose fatte.
Marco si sente salire un pò di rabbia, quando vede scritto su una mail quello che avrebbe dovuto essere frutto anche del suo lavoro: non solo vede i fatti compiuti, ma condivide solo in parte la soluzione proposta, e in ogni caso ci sono degli aspetti dati per decisi che lo mettono in difficoltà rispetto alla sua unità di business.
Marco è arrabbiato e dentro di lui si agitano questi pensieri: sono incavolato nero, non mi ha considerato, mi ha “scavalcato”, ha deciso una cosa che non condivido e in più l’ha fatto in mia assenza senza avvisarmi.
Non posso neanche arrabbiarmi apertamente, perché si sa che in azienda i conflitti sul posto di lavoro “aperti” sono malvisti e come uno manifesta un po’ di dissenso viene tacciato di essere un polemico rompiballe.
Come potrebbe comportarsi Marco?
Esempio di gestione del conflitto sul posto di lavoro con modalità comunicative finalizzate a manipolare, cercare colpevoli, accusare, difendere, avere ragione.
M – (con tono risentito e veemenza verbale, verso Alice) Ho visto la mail… bella sorpresa… siete proprio scorretti! Non solo avete deciso la versione finale senza di me, ma in più l’avete comunicata a tutto il gruppo e vi siete venduti una cosa che ora mi mette in difficoltà con altri miei colleghi!
Il tono “risentito” è umano, ci può anche stare…ma quello che segue si chiama accusa, prima ancora di capire se abbia affettivamente dei fondamenti o meno.
A – Marco, sei sempre assente, questa è la logica conseguenza del tuo modo di fare!
Alice si sente attaccata e di istinto, invece che smussare i toni, contro-accusa il collega.
M – Ma che assente e assente, non nasconderti dietro a delle scuse perchè hai torto e sei stata scorretta! Non è la prima volta che succede. Mancava poco alla versione finale. Hai il brutto vizio di non parlare!
A – Se non ti fai trovare!
M – Ma se ero in trasferta ieri!
A – …e comunque cosa vorresti insinuare con quel “non è la prima volta che succede?” vogliamo parlare di quando due mesi fa ti sei “venduto” la scadenza senza condividerla?
Ora….potete capire che gestire i conflitti sul posto di lavoro con questo rimbalzo di attacchi e accuse reciproche potrebbe durare più o meno all’infinito.
Per ironizzare, in tre nanosecondi ogni collega ha già piazzato nella sua mente come arma di difesa tutto il Consiglio Superiore della Magistratura, con tanto di primo, secondo e terzo grado di giudizio, Cassazione compresa!
Si chiama anche “escalation of commitment” per usare un gergo psicologicamente “tecnico”.
Risoluzione finale? Animo amaro da entrambe le parti, e soprattutto, nessuno dei due probabilmente otterrà nulla di quello che realmente avrebbe voluto.
Esempio di gestione del conflitto sul posto di lavoro con modalità comunicative finalizzate a capire, esprimersi, farsi capire, rispettare il prossimo e trovare punti di incontro.
M – (con tono un po’ risentito) Ciao Alice! Ho visto lo scambio di mail e che hai presentato la versione finale del lavoro a tutto il gruppo quando non c’ero. Mi sento parecchio infastidito! Mi puoi spiegare cosa è successo?
In questo modo Marco applica l’intelligenza emotiva in 3 modi:
1 – saluta come accade fra esseri umani,
2 –manifesta il suo stato d’animo irritato che fa sempre bene, visto che reprimere le emozioni, alla lunga, fa più danni dell’uragano katrina, e non lo dico io ma la scienza,
3 -senza tirare conclusioni si attiene ai fatti che ha visto e chiede spiegazioni, per capire, prima di scegliere se permettersi di essere alterato del tutto o meno e di biasimare la collega.
A – Ciao Marco. Mi spiace vederti arrabbiato. E’ successo che ieri il Direttore ci ha chiesto entro le 16 di presentargli il lavoro proprio mentre stavamo valutando di chiedere un posticipo della scadenza di altri 3 giorni. Sono mancati i tempi tecnici sia per avvisarti prima, visto che ci hanno detto che eri fuori, sia dopo, e nel dubbio piuttosto che lasciare la cosa incompleta abbiamo preso quella che ci sembrava la decisione migliore ricordandoci anche le tue indicazioni. I modi in effetti non sono stati dei migliori ma almeno nella scelta finale ti ritrovi oppure no?
M – Ah ecco… volevo ben sperare che ci fosse una ragione valida per quello che ho visto. Diversamente, e lo specifico nel caso accada di nuovo in futuro, vorrei condividere le scelte prima e sapere quando saranno ricondivise nel team. In questo caso in effetti la decisione che avete preso mi mette in difficoltà per diversi motivi che ora ti spiego (…) come possiamo venirne fuori? Mi aiutate?
A – Si si tranquillo, a parte che non è da me, in ogni caso certo che condividerò le scelte future prima di presentarle a tutti qualora non ci fossi. Tu però le prossime volte, se dovessi sapere che a ridosso di una scadenza ti mandano fuori per lavoro, ci avvisi prima?
M – Ok sarà fatto. Anche io preso dalla fretta proprio mi sono dimenticato.. scusami. Quindi come ne veniamo fuori? Io ho questo problema adesso (…)
A– Beh credo che ci siano tempi e margini per rivedere la cosa!
Alice utilizza l’intelligenza emotiva nella gestione del conflitto lavorativo in questi modi:
1 – saluta;
2 – esprime dispiacere per il collega che vede risentito, con empatia;
3 – chiede se la soluzione individuata è condivisibile;
4 – chiede al collega per il futuro, di avvisare qualora fosse assente, usando quindi la sua assertività.
Marco a sua volta: esprime chiaramente la sua difficoltà e la necessità di trovare una soluzione, si prende l’impegno di avvisare qualora debba assentarsi vicino ad una scadenza, ed esprime cosa vorrebbe per se in futuro.
Nella tua quotidianità quante volte la gestione dei conflitti sul posto di lavoro assomiglia al primo caso e quante volte al secondo?
Quante volte “prendi la tangente” di fronte ad una situazione mal digerita e quante volte invece ti prendi del tempo per capire, prima di scegliere la riposta più opportuna usando la tua assertività?
La possibilità di scegliere la risposta di fronte ad una situazione di conflitto, prende il nome di proattività, ed è un concetto introdotto da V. Frankl, che ha condotto molteplici studi sul senso di scopo delle persone.
Reagire significa non interporre alcuna consapevolezza fra uno stimolo esterno e il nostro comportamento, rispondere significa invece prendere consapevolezza di quello che accade al nostro interno ed indirizzarlo con assertività in modo utile rispetto all’obiettivo che ci poniamo.
Farlo significa rafforzare la propria leadership, ossia la consapevolezza e padronanza di sè stessi. Qualora l’obiettivo di una conversazione sia litigare con i colleghi in modo fine a se stesso allora la modalità n° 1 è quella giusta.
Qualora l’obiettivo invece sia trovare soluzioni condivise e ridefinire comportamenti accettabili per entrambe le parti in futuro, la modalità n° 2 è quella più adatta da seguire.
Qualora invece, dopo aver raccolto il punto di vista dell’altro ti trovi di fronte ad una vera e propria scorrettezza ingiustificabile ai tuoi occhi, considera che:
a – possono esserci colleghi che per differenti ragioni e motivi, vivono di bassezze. In questo caso intanto puoi avere una fortuna magari: non assomigliargli;
b – inoltre, quando hai a che fare con colleghi che deliberatamente fanno cose a danno altrui, o per metterti in cattiva luce, o per affermare se stessi, o per screditarti, tieni a mente che il problema è loro: quasi sempre soffrono di insicurezza cronica con un ego pari ad una mongolfiera, ed hanno bisogno di sminuire gli altri per emergere.
In questo senso, sempre a proposito di vivere per se stessi un tempo di qualità, prima di dare eccessiva importanza a questo tipo di colleghi e quello che fanno, ti ricordo che nell’articolo “Un giorno lo farò: il tempo ti è nemico? Parte I” ti ho parlato di investire il tempo in funzione del tuo scopo e dei tuoi principi.
Di conseguenza il tempo da dedicare a queste persone tossiche è bene che si riduca all’osso. Puoi sempre scegliere di averci a che fare per il tempo che è imposto dal contesto, ma nulla di più.
E poi lasciarti alle spalle la rabbia e il senso di sconfitta che a volte l’esito di questi conflitti sul posto di lavoro può generare.
Inoltre, se vivi in funzione dei tuoi principi guida, disponi di una bussola interna che ti conferisce sicurezza interiore e ti indirizza nelle scelte, ed è corretto che sia l’unico riferimento rispetto al quale misurarti, piuttosto che preoccuparti della figura da stupido che magari qualcuno ci tiene tanto a farti fare…la summa di questo pensiero è resa bene da questa celebre frase dei Beatles da tenere a mente di fronte a colleghi poco corretti:
[Tweet ““Live and let die”- cit. Beatles”]
In sintesi ti ho parlato di due modi di affrontare i conflitti sul posto di lavoro rispetto all’obiettivo di trovare punti di accordo: uno più utile ed uno non utile.
Ti ho quindi parlato della differenza fra la reattività e la capacità di risposta intesa come proattività: in questi casi le differenze fra uomini e donne non hanno alcuna relazione con la maggiore o minore padronanza di queste softskills!
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Federica Crudeli

CHE CAPACITÀ HO? CONOSCERLE TI AIUTA
Ciao e Benvenuto a Lavorare col Sorriso!
Oggi ti guido in una auto-riflessione pratica sulle principali capacità (o soft skills) cognitive, realizzative e relazionali, ossia inerenti la gestione dei rapporti lavorativi, che sono tipicamente oggetto di “valutazione” da parte dei capi e delle Risorse Umane in ambito aziendale. Capire quali capacità hai più sviluppate e quali meno, rispetto ai tuoi obiettivi di crescita professionale o carriera, può aiutarti a focalizzare efficacemente tempo ed energie mentali rispetto a quanto ti viene richiesto dal tipo di ruolo che ricopri e/o mansione che svolgi.
[Tweet ““Se facessimo tutto quello di cui siamo capaci sorprenderemmo davvero noi stessi” cit. T. Jefferson”]
Ti ho già introdotto ad una prima riflessione sul carattere nel mio articolo “Manager o Leader. Quale tipo sei?”e continuo questa volta focalizzandomi su un aspetto con cui il carattere si manifesta nel mondo: le capacità, appunto.
Prendi un foglio di carta, una penna e scrivi. Scrivere ha un enorme potere liberatorio a prescindere da cosa scrivi e aiuta ad imprimere bene nella testa i concetti.
A maggior ragione se lo fai con un obiettivo specifico: quello di mettere nero su bianco le capacità che usi in modo più naturale e quelle capacità che senti più distanti da te. Può essere di aiuto auto-valutarti con una scala di giudizio da 0 a 10. Inizia a stendere la lista ripensando a te stesso anche al di fuori dell’ambito lavorativo.
A titolo esemplificativo e non esaustivo ragiona su questi aspetti identificando i comportamenti che senti più vicini:
Capacità realizzative
Ti hanno affidato un progetto complesso:
[list-ul type=”arrow”][li-row]l’ idea di organizzare le attività, pianificarle, tempificarle, quanto ti manda in panico oppure quanto agevolmente riesci a chiarirti le idee su cosa fare, come e quando e stendi subito un programma di massima?;[/li-row][li-row]preferisci che sia qualcuno a identificare un tuo compito preciso per poterlo eseguire al meglio senza dover pensare a tutta la pianificazione e organizzazione delle attività;[/li-row][li-row]sei determinato a portarlo a termine costi quel che costi;[/li-row][li-row]in media, vedi il percorso già irto in partenza di difficoltà e ti abbatti subito;[/li-row][/list-ul][distance1]
Immagina di dover prendere una decisione che impatterà sull’organizzazione del lavoro nel tuo ufficio:
[list-ul type=”arrow”][li-row]decidi in poco tempo e in autonomia e con le informazioni di cui disponi;[/li-row][li-row]tendi ad accumulare più informazioni possibili per essere sicuro di avere valutato tutti i pro e contro, coinvolgi tutti i possibili interessati e fino a quando non lo hai fatto non sei sereno, non decidi.[/li-row][/list-ul][distance1]
Come te la cavi con gli imprevisti? Un telefonata mentre sei impegnato in quella attività importante, una riunione spostata all’ultimo minuto, un collega che ti si presenta alla scrivania e ti coinvolge a fare dell’altro:
[list-ul type=”arrow”][li-row]Ti irritano molto;[/li-row][li-row]le vivi come imprevisti fisiologici da gestire.[/li-row][/list-ul][distance1]
Vedi diverse cose nel tuo ufficio che funzionano meno bene di come potrebbero:
[list-ul type=”arrow”][li-row]ti fai promotore di un cambiamento verso il tuo capo;[/li-row][li-row]aspetti che qualcun altro sollevi il problema.[/li-row][/list-ul][distance1]
Capacità cognitive
Devi analizzare un documento molte tecnico, lungo, inerente una dinamica complessa per identificare la soluzione ad un problema:
[list-ul type=”arrow”][li-row]alla 3° riga della prima pagina hai già la testa che ti divaga alle spiagge del Brasile tanto hai già capito il contesto generale e le dinamiche principali dell’argomento, quindi il dettaglio ti annoia;[/li-row][li-row]ami perderti nei dettagli e anzi, sei tranquillo quando hai accumulato tutte le informazioni possibili che puoi acquisire;[/li-row][li-row]hai bisogno di vedere e capire tutte le interrelazioni all’interno di un problema.[/li-row][/list-ul][distance1]
Stai facendo una attività fino a quando qualcuno ti fa notare che esiste un modo migliore e più efficace per portarla a termine:
[list-ul type=”arrow”][li-row]sei disposto di buon grado a rivedere le tue idee e a confrontarti con chi può darti un punto di vista differente;[/li-row][li-row]tendi a perseverare sulla tua strada.[/li-row][/list-ul][distance1]
Se ti proponessero di fare cose poco attinenti o diverse da quelle di cui solitamente ti occupi:
[list-ul type=”arrow”][li-row]ti dimostri disponibile e collaborativo;[/li-row][li-row]ti infastidisce che qualcuno ti richieda cose diverse da quelle per cui sei pagato;[/li-row][li-row]identifichi in autonomia e frequentemente modi diversi di fare le stesse cose.[/li-row][/list-ul][distance1]
Capacità relazionali
Durante la giornata il capo ti fa notare una mancanza, o un collega ti critica per una cosa che hai detto/fatto, un altro collega ti coinvolge in una discussione accesa. Il tuo umore come cambia?
[list-ul type=”arrow”][li-row]resta pressoché stabilmente simile a quello che avevi prima della critica;[/li-row][li-row]risente pesantemente da questi “intoppi” al punto che perdi di lucidità e magari entri in un loop di autoaccuse e senso di insicurezza.[/li-row][/list-ul][distance1]
Quando hai delle attività da fare:
[list-ul type=”arrow”][li-row]ami farle da solo in pace;[/li-row][li-row]trovi più stimolante e divertente lavorare in gruppo.[/li-row][/list-ul][distance1]
Vedi diverse cose nel tuo ufficio che funzionano meno bene di come potrebbero:
[list-ul type=”arrow”][li-row]Se sei tu a farti promotore del cambiamento, insisti fino a quando non trovi il modo di far passare la tua idea;[/li-row][li-row]al primo no che ricevi “molli il colpo”;[/li-row][li-row]proponi la tua idea alla sperindio senza pensarci troppo;[/li-row][li-row]valuti come sia il caso di comunicarla in base all’interlocutore e all’obiettivo che ti prefiggi e ti accerti che quanto proponi sia stato compreso nei termini giusti;[/li-row][li-row]ti accade spesso di essere frainteso? Inascoltato? Fai fatica a comunicare le cose che pensi in modo chiaro e assertivo?[/li-row][/list-ul][distance1]
Quanta attenzione riservi all’identificazione dei modi più efficaci da usare verso i tuoi principali interlocutori per raggiungere i tuoi obiettivi?
Adesso che per ciascuno di questi punti ti sei auto-valutato nella scala da 0 a 10 noti per caso delle sorprese? In quali capacità ti senti più forte e in quali più debole?
Ti ho guidato in una riflessione relativa alle capacità cognitive (analisi, sintesi, flessibilità di pensiero) realizzative (responsabilità, programmazione e organizzazione, iniziativa, decisione, tensione all’obiettivo) relazionali (negoziazione, persuasività, comunicazione efficace, team working, stabilità emotiva).
Quali capacità pensi siano più importanti per fare carriera nel tuo lavoro fra quelle realizzative, cognitive, relazionali? E all’interno di ciascuna categoria, quali sono le più importanti da usare?
Se rispetto alla tua autovalutazione, identifichi delle capacità importanti per il tuo lavoro in cui ti senti debole, cosa puoi fare?
Identificare subito quelle più importanti ad esempio scegliendo una capacità in cui ti senti più fragile e che valuti importante per il tuo lavoro e decidere di volerla migliorare: poniamo la tua autovalutazione su una capacità sia 4 e che tu ritenga di volerla portare a 6 o 7 o 10 in un arco di tempo che tu stabilisci.
Quali azioni concrete puoi porre in essere per fare questo piccolo salto in avanti? Focalizzati per il tempo che hai deciso, ad agire un comportamento che ti porti a questo miglioramento, che sia misurabile e quantificabile, con dei piccoli step. Misurati nel tempo, prendendo nota dei progressi che fai.
Supponiamo invece che tu veda una enorme distanza fra le capacità che ti sono richieste dal tuo lavoro e quelle in cui ti senti forte, e per la maggior parte delle capacità valutate. Quanto valuti che valga la pena impegnarsi a migliorare per tutte o quanto piuttosto individuare un tipo di lavoro che sia più vicino alla maggioranza di capacità che agisci in modo più naturale?
Hai mai pensato di chiedere al tuo capo di sviluppare queste capacità con un percorso formativo?
Sia chiaro, non esistono capacità giuste o sbagliate in assoluto da usare. …tutto sta a capire in quale contesto, in che momento, con quale persona e a quale fine vale la pena mettere in gioco alcune capacità piuttosto che altre in funzione di un determinato obiettivo.
Un altro esercizio che puoi fare è, una volta stesa la tua lista, di chiedere a qualche persona di tua fiducia e che stimi (almeno 3), anche fuori dal lavoro, di darti la sua opinione. Se per più persone quello che ad esempio tu vivi come un tuo punto di forza/debolezza non ti è riconosciuto, forse hai qualche riflessione da fare. Quale convinzione ti spinge a valutare in modo così tanto differente dalla percezione degli altri, una specifica capacità?
E ancora, ipotizziamo che ti venga difficile programmare o organizzare le attività per la tua giornata o per un progetto mentre invece organizzare cene, eventi, viaggi ti venga estremamente facile. Ripercorri mentalmente tutto l’iter che segui nell’uno e nell’altro caso e identifica cosa c’è di differente che ti spinge ad agire dei comportamenti che invece sul lavoro trovi difficili da applicare. Lo sai che, una volta individuate, puoi applicare quelle stesse strategie che sono efficaci in altri contesti “replicandole” sul lavoro?
Per tornare all’affermazione iniziale: sei un po’ sorpreso delle capacità che hai?
Pensi che sia impossibile migliorarle? Cambiare completamente la propria natura si. Ma ricordati che qui stiamo parlando di capacità che possono esser sviluppate pur nel rispetto della propria natura.
Infatti se sei una di quelle persone che, a prescindere, si nasconde dietro al “sono fatto così” e lo usi come scusa per non fare mai la minima fatica di far “evolvere” alcune tue capacità per poter raggiungere la crescita professionale o carriera a cui ambisci, oppure se sei una di quelle persone che dice a se stessa “tanto io non ce la posso fare” allora ti faccio presente che hai delle convinzioni molto limitanti su te stesso, tema del quale tornerò a parlare nei prossimi articoli.
Il fatto di averle messe a fuoco e di aver capito che nessuna di queste capacità è giusta o sbagliata, ma solo più o meno efficace rispetto a qualcosa di specifico e relativo, ti aiuta a Lavorare col Sorriso o no?
Sono le stesse che avevi bene a mente anche prima di fare questa riflessione, o adesso noti cose di te che prima ignoravi? Che effetto ti fa? Come pensi di poterle usare in futuro?
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Federica Crudeli
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