
IL CORPO, MENTE? L’IMPORTANZA DI ASCOLTARE IL CORPO
Ciao e Bentornata/o a Lavorare col Sorriso!
Oggi ti parlo dell’importanza di imparare ad ascoltare il corpo per preservare il benessere, evitare di adeguarsi ad un livello di sopportazione dello stress troppo elevato per noi stessi ed evitare di considerare il corpo come una appendice scontata di noi stessi.
L’ansia di fare brutta figura, di commettere errori, di perdere il lavoro, di essere inadeguati o di incorrere nel giudizio negativo di altri sono alcuni degli esempi di pensieri che a tutti capita di fare.
L’eccesso di intellettualizzazione tipico del nostro mondo occidentale, ci porta spesso ad utilizzare questa qualità straordinaria, che è la capacità di pensare, in modo disfunzionale per il nostro benessere …quando in realtà, sarebbe bene poterla utilizzare a nostro vantaggio.
Perché usare spesso e solo la mente, senza mai ascoltare il corpo? Oppure rispettandolo poco?
Misuriamo il nostro dispendio energetico in termini di metabolismo e calorie accumulate e bruciate: siamo dunque produttori e consumatori di energia , anche se per questa attività per fortuna ancora non paghiamo tasse o “bollette”. Non diciamolo troppo forte, sia mai che qualcuno arrivi a tassare anche il metabolismo …
La vita mediamente sedentaria di un lavoratore in azienda, costretto spesso: a stare davanti al PC per buona parte della giornata, a mangiare spesso fuori per trasferte lavorative, a saltare pranzi o cene per rispettare scadenze, orari, riunioni incide sul nostro sistema energetico e sul metabolismo.
Non ultimo trascurare il corpo può anche avere riverberi sulla struttura muscolare che nel tempo a causa della sedentaretà prevalente perde di flessibilità, mobilità e resistenza originando magari cervicali, lombalgie croniche (solo per citarne alcune) che sono fastidi tipici di chi sta molto spesso seduto.
L’affollamento di attività da svolgere, accompagnato da eccessi di ansie ed insicurezze può rendere molto stanchi, spossati, come se ci avessero messo dentro ad una lavatrice, eppure, normalmente nè spostiamo carichi pesanti, nè facciamo lavori di fatica fisica così pesanti da giustificare questo senso di stanchezza.
Ma quante delle cose che ti sono richieste giornalmente le fai realmente utilizzando quella parte di pensiero utile e funzionale al da farsi, e quanto invece con una produzione eccessiva di pensieri collaterali a quello che realmente sarebbero richiesti dal “qui e ora” di quello che stai facendo?
E quanto tempo spendi invece ad ascoltare il corpo facendo un po’ di silenzio mentale?
Scommetto poco, a meno che qualche fastidio non ti costringa a farlo.
Noi SIAMO un corpo. Il corpo non è quella cosa che ci porta a spasso ma quello di cui siamo fatti. Sembra banale ma non lo è.
Quale affermazione ti viene spontanea se pensi al tuo corpo? Sono un corpo oppure ho un corpo?
Nella mia esperienza di counselor la maggior parte delle persone usa l’espressione HO UN CORPO. Penso che questo sia molto indicativo di quanto ci identifichiamo solo con la mente.
Comincia a farci caso ripensando magari ai disturbi fisici di salute che hai avuto nel tempo.
In alcuni casi li hai avuti in corrispondenza di periodi di stress, di nervoso sul lavoro, o magari dopo qualche litigata con capi/colleghi/famigliari etc?
Vista l’importanza che ha ascoltare il corpo, nei miei percorsi, quando la situazione lo richiede, utilizzo degli esercizi di bioenergetica per favorire l’eliminazione di rigidità fisiche.
Cos’è la Bioenergetica?
Vivere nel piacere e godersi la vita: questo quello che rappresenta per me la Bioenergetica che racchiude di fatti in sé le parole vita (bio) ed energia.
Oggi applicata nel trattamento dello stress e delle rigidità muscolari anche al di fuori dell’ambito strettamente psico-terapeutico, la Bioenergetica nasce come una psicoterapie corporea.
È stata messa a punto da Alexander Lowen, un avvocato e sportivo, con la passione per l’atletica leggera prima, divenuto poi anche psicoterapeuta e psichiatra statunitense, nato nel 1910 e deceduto nel 2008 a ben 98 anni.
L’età in cui ha lasciato questa terra credo sia una buona indicazione di come l’aver vissuto secondo l’approccio da lui stesso diffuso abbia funzionato in concreto.
La Bioenergetica parte dall’assunto che corpo e mente sono strettamente connessi, al punto che quanto accade nell’uno si riverbera sull’altro e viceversa. Un individuo sano è “fluido” nei suoi movimenti, nel senso che la sua energia fluisce in modo armonioso nel corpo senza “bloccarsi” in rigidità muscolari “cronicizzate”.
Specifici esercizi, praticabili anche da soli a casa, focalizzati sul respiro, sul “grounding” ossia la capacità di “essere radicati a terra” o assertivi, e su piccoli movimenti graduali e lenti, ti aiutano a migliorare la consapevolezza, padronanza ed espressività di te stesso, ad allentare tensioni muscolari e stress, riscoprendo delle spontanee e liberatorie “vibrazioni” nel corpo che sono indicatori di un corpo effettivamente “vivo”.
Non a caso, la morte viene normalmente indicata con il termine “rigor mortis” che sta a richiamare il concetto di “rigidità definitiva”.
Prendersi cura di se stessi significa evitare, da vivi, di restare intrappolati in eccessi di rigidità che impediscono ai normali processi energetici quali respiro e metabolismo, di fluire spontaneamente e liberamente.
Lo stress è la causa di uno di questi eccessi di rigidità.
Sottolineo che questa condizione di benessere vibrante (anche a livello muscolare), non coincide necessariamente con quella di uno sportivo. Alexander Lowen, che per primo ha gareggiato in competizioni di atletica leggera, ad un certo punto della sua vita, approfonditi gli studi sulle dinamiche caratteriali e somatiche, realizzò quanto poco conoscesse il suo corpo in termini di governo della propria capacità espressiva e conoscenza di sè aprendo di conseguenza anche una finestra sulle strette connessioni esistenti fra il corpo e i vissuti cognitivi ed emotivi.
Lo sport è un’ottimo modo per ricercare benessere e sfogare lo stress. Ma da questo ad imparare ad ascoltare il corpo e usarlo non per una competizione sportiva ma per prendere coscienza dei propri vissuti cognitivi – emotivi – e corporei nel QUI e ORA, volgendoli a nostro vantaggio ci passa una enorme differenza.
Oserei dire la stessa differenza che corre fra la cura di un sintomo e l’individuazione delle reali cause che determinano uno stato di mal-essere che tende a ripresentarsi se non anche a cronicizzarsi.
Comincia a dedicare un pò di tempo coltivando del sano ozio come suggerisco in questo articolo (link). Oziare è gratis!
Se invece senti di avere qualche disturbo cronicizzato o qualche sintomatologia ricorrente considera di fruire del mio percorso “Lavora col Sorriso”: possiamo esplorare il significato simbolico dei vissuti corporei e scoprire come uscire da situazioni di empasse.
Se ancora non lo hai fatto ti invito ad iscriverti alla Newsletter, oltre a ricevere una comoda notifica nella tua mail quando pubblicherò nuovi contenuti, riceverai un trattamento speciale per tutte le future iniziative che svilupperò e potrai scaricare la mia Guida Gratuita Fai il lavoro giusto per te che contiene agevolazioni sul valore dei miei percorsi .
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Grazie dell’attenzione
Federica Crudeli

VACANZE: “STACCARE” EFFICACEMENTE IN 8 MOSSE!
Ciao e Benvenuto a Lavorare col Sorriso!
Senti un gran bisogno di “staccare” e abbassare lo stress? Ecco il modo migliore per farlo, in vista delle tue ferie!
[Tweet ““Vorrei, ma non posto”– cit. Fedex – J. Ax”]Con tanta ironia, ecco 8 consigli per passare delle magnifiche e rilassanti ferie anti- stress:
- assicurati di essere telefonicamente reperibile per capi, colleghi, fornitori 24 h su 24 e per tutto il tempo che starai via! Se possibile, non allontanarti troppo per non creare problemi di fusi orario! Lavorando in pronto soccorso, ci sono migliaia di vita appese alla tua disponibilità! Poi, se lavori in una società quotata in borsa, mica vorrai che crollino le azioni per colpa della tua assenza? (a questo proposito vorrei ricordarti che esistono i concetti di “pianificazione” e “passaggi di consegne…”);
- leggi tutte le mail che arrivano subito, ossia entro 5 minuti, e rispondi prontamente. I colleghi ti giudicherebbero malissimo qualora le tue prestazioni scendessero sotto il livello solito. Senza contare che non puoi permettertelo, TU, lavoratore indefesso e instancabile sul quale si reggono le sorti di tutti!
- spendi gran parte del tuo tempo a parlare a gran voce al telefono con i colleghi di modo che tutti i vicini nei paraggi sappiano quanto sei importante e che sei capace di risolvere almeno 10 problemi con cadenza quartoraria;
- stai perennemente collegato ai social, fotografa e posta ogni momento Top della giornata: quando ti svegli, la bellissima colazione con vista quello che più ti piace, poi tutti i piatti che mangi nei ristoranti a pranzo e cena e qualsiasi cosa meriti “audience”, a tuo avviso! Posta tutti i momenti Top con gli amici, o con la famiglia, e fai la cronistoria di ogni evento saliente: se poi lo monti in un filmato “collage” i like saliranno a dismisura!
- vai a caccia di Pokemon nel luogo in cui ti trovi con i tuoi figli e/o amici![/li-row][li-row]mi raccomando, interagisci e commenta tutti i post sui social che suscitano il tuo interesse. Evita di allontanartene troppo (anche dai gruppi wazzap), o, quando tornerai, nessuno si ricorderà più chi sei e soprattutto, rischierai di non riconoscere più le persone, dagli immani cambiamenti che saranno nel frattempo avvenuti;
- evita di stare fermo e in silenzio per più di 5 minuti: fai assolutamente qualcosa per dare un senso alle giornate, fosse anche contare i granelli di sabbia qualora tu non sappia cosa fare dato che sei disabituato al tempo libero! Oppure contati i capelli!
- non pensare minimamente di goderti il panorama, il silenzio o la vitalità dei posti in cui sei e le persone che hai scelto di portare con te. Il contatto con la natura e gli esseri umani in carne e ossa fa venire malattie gravissime e incurabili. Soprattutto quando sei in compagnia, assicurati che tutti, tu compreso, abbiate la testa “piantata” dentro allo smartphone e che fra di voi viga il più clericale dei silenzi. In vacanza non si conversa, non si parla, non si ride fra presenti, ma solo per commentare quello che succede nei vari mondi virtuali. E’ ormai scientificamente provato che la manifestazione e condivisione di pensieri, emozioni e contatto fisico con persone reali ha riportato in vita malattie infettive ormai considerate estinte dai tempi del mesozoico.
Ironia a parte…. La parola vacanza deriva dal latino “vacans”, il cui participio passato è “vacare” ossia essere libero e vuoto. La testa ha bisogno di “vuoto” per rigenerarsi. Quindi sarebbe bene tu ti goda questo “vuoto”, “disconnettendoti” quanto più possibile da tutto quanto non sia il “qui e ora” che stai realmente vivendo.
In sintesi: meno connessione, più partecipazione!
E ….a proposito di “disconnessione”: mi prendo una pausa estiva!
Ci risentiamo a settembre!
Ti ho regalato un sorriso con questo l’articolo?
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Grazie, a presto!
Federica Crudeli

IL QUI E ORA PER USCIRE DA GIORNATE NO: COME SI FA?
Ciao e Benvenuto a Lavorare col Sorriso!
Ti accade di vivere giornate NO ? Vuoi sapere come uscirne usando la capacità di stare nel qui e ora per ritrovare il tuo benessere?
Parlo di quelle giornate in cui basta una cosa da poco per scatenarti l’inferno emotivo, in cui ti senti col morale a terra, vedi tutto negativo, o va tutto storto, ma proprio tutto, e un piccolo evento cumulato con altri spiacevoli eventi negativi pregressi, crea l’effetto valanga e ti percepisci solo come una somma di errori.
Ti accade mai di sentirti così? Non è piacevole, soprattutto se hai da lavorare … Seguimi….
Oggi ti parlo di questo perchè oggi per me è stata una giornata decisamente NO, e voglio approfittarne per irrobustire la mia capacità di risollevarmi sfruttando tutto quello che si presenta nel mio qui e ora.
Infatti, se noti, questo articolo risulta pubblicato di martedì sera anziché di martedì mattina come faccio di solito.
Usando da qui in avanti un po’ di ironia, (che considero la mia salvezza), malgrado la giornata NO, non ho alcuna intenzione di arredarmi un tunnel di negatività, anche se l’effetto valanga è stato molto più forte di qualsiasi altra cosa, anche piacevole, che ha popolato la mia giornata.
Come ne sono uscita, allora? E come puoi uscirne tu, quando vivi giornate di questo genere?
I guru del pensiero positivo che vanno tanto di moda, per i quali l’imperativo presente è essere positivi, brillanti, e felici anche quando ti arrivano sassate in faccia dalla vita, ti direbbero, appunto, di pensare positivo, di ridimensionare quello che ti è successo, di cambiare punto di vista e pensare che non è proprio “marrone” quello che vivi nel qui e ora, e che le disgrazie vanno benedette e che esiste sempre un lato positivo in qualsiasi situazione.
Per carità, può anche essere vero. Anzi, diciamo che lo è, ma solo dopo, quando la valanga è passata, e non mentre ci sei nel mezzo. Quando ci sei nel mezzo l’aria che respiri nel qui e ora non è né di rosa né di gelsomino. E’ putrida. Punto.
Ecco, io non sono d’accordo con il pensiero positivo a tutti i costi per un semplice motivo: perché se sei incavolato nero, o in preda a un momento di tristezza, sei nero o in un momento di tristezza. Punto.
Inutile negarselo, si disperdono il quadruplo delle energie nel tentativo di contrastare o reprimere i propri stato d’animo che si presentano nel qui e ora del momento.
Anche se è molto umano voler sfuggire al qui e ora di negatività, in ultima analisi, la fuga come soluzione a questi momenti, alla lunga, è soltanto controproducente.
I momenti NO, di rabbia, tristezza, sfiducia, paura o di sentimenti negativi connotabili con mille altre sfumature, fanno parte della vita. Non raccontiamoci le favole.
La moda dilagante del mostrarsi sempre felici a tutti i costi è una moda a mio avviso superficiale che serve solo a fomentare l’industria del benessere a basso costo, per me. Anzi, credo che questo atteggiamento, unito alla convinzione di dover essere sempre Top, sia proprio la principale causa di infelicità dei tempi moderni.
Il volersi obbligare a mostrarsi diversi da quel che si è e da quel che si vive nel qui e ora di un dato momento specifico. Assecondare le attese e le aspettative convenzionali. Tutti modi di essere dei prigionieri a cielo aperto.
Attenzione, con questo lungi da me affermare che un momento NO debba diventare un pretesto per sguazzarci dentro e vivere di lagnanza ad oltranza!
Bene, cosa ho fatto per superare la mia valanga piena di No?
Niente. Ci sono rimasta sotto e ho vissuto, attraversando, il mio qui ed ora con tutto quello che mi ha portato. E ho fatto anche una cosa, udite, udite, che non va molto di moda dire: ho pianto. Si ho pianto a intermittenza tutte le lacrime che avevo da tirare fuori.
In ufficio, per la strada, a casa fino a quando, vedendo che i barattoli di sale e zucchero della cucina cominciavano a galleggiare…i miei occhi hanno pensato fosse il caso di smetterla di far uscir fuori lacrime se non volevo rischiare una denuncia condominiale. Sono soggetti responsabili i miei occhi … e anche le mie lacrime!!! (Ps – esagero volutamente!).
Già perché in questo mondo spesso e volentieri patinato e pettinato, dove l’obbligo latente è essere dei vincitori sempre, mostrarsi forti, sorridere a 56 denti , il fatto di piangere o essere tristi, o arrabbiati è diventato una piaga sociale da curare.
Come conseguenza forse, a forza di reprimere tutto quanto è naturale, per assurdo, è aumentata la prescrizione di antidepressivi. Forse ci siamo dimenticati di essere umani, e come tali, per dirla con le parole di Marco Giallini nel film “Perfetti sconosciuti”, siamo tutti “frangibili”. Già … siamo frangibili, ma nessuno vuole fare i conti con questa “frangibilità”e fa di tutto per di evitare il presente, il qui e ora, soprattutto quando è noioso, doloroso, o spiacevole.
A nessuno piace essere triste, o vivere emozioni negative. A nessuno. Un peccato però che capita di provarle. Un peccato che pensare di spendere una vita come se si fosse nati nel “Wallalla” è da idioti, e non è realistico.
Ed è la principale causa di infelicità…quella di pretendere che la vita sia come un giro sulle giostre, sempre divertente, sempre Up.
La convinzione che la vita debba sempre essere un luna park, conduce a misurarsi costantemente fra quel che è realmente, e quello che dovrebbe essere.
La frustrazione da gap esistenziale, aumenta a livelli esponenziali. Invece fa parte della vita cadere e farsi male. Fa parte della vita affrontare dispiaceri e sofferenze, grandi o piccoli che siano.
Fa parte della vita incappare nelle difficoltà. E tutto questo comporta a volte, anche sperimentare emozioni negative, attraversarle e superarle proprio lasciandole vivere nel qui e ora, senza reprimerle.
Inoltre accettare il qui e ora dei vissuti negativi aiuta a lasciarli defluire più facilmente.
Saper accettare il qui e ora di una giornata NO, senza contrastarla, con tutte le gradazioni di nero, marrone e grigio che porta, penso sia saggio e intelligente e apre la porta alla trasformazione delle esperienze.
Molto più saggio che sforzarsi di mascherare, o dissimulare. L’ho sempre pensato e diciamo che ho conferito al mio pensiero più autorevolezza quando l’ho trovato condiviso nella sostanza nei testi di quelli che considero mostri sacri: J. Hillmann e A. Jodorowsky.
L’anima ha la sua saggezza e un suo codice per parlare, che non ha nulla a che vedere con il buon senso, l’educazione di maniera, le pose e le parole buone. E segue le sue strade.
Mettetevi contro il libero fluire della vostra anima, o rinnegate la vostra autenticità sempre e sistematicamente, e avrete assicurata una vita di inferno.
Bene quindi per tornare al “come ho superato il momento no”, mi sono concessa di piangere nel qui e ora che ho viussuto, cosa che in passato non avrei fatto perché il mio giudice interiore (n.d.r. quella vocina rognosa che mi parla in testa e che credo anche tu abbia) avrebbe detto “…che brutta figura piangere davanti ai colleghi, o per strada… se la gente ti vede…”
A dire il vero mi sono chiusa nel bagno dell’ufficio per piangere e ho lasciato scorrere le lacrime che volevano uscire a fare due passi.
Forse erano rinchiuse là dentro da troppo tempo, stavano strette, litigavano fra di loro per avere il posto in prima fila per guardare il mondo e hanno causato una ressa sul bordo del bulbo oculare che le ha spinte ad uscire…un po’ come i tifosi che si riversano sul campo di gioco travalicando le sbarre dello stadio. Sta di fatto, che volevano uscire e anche con prepotenza, a vedere bene da quante erano.
Ho provato un sollievo notevole, dopo essermi concessa la libertà di piangere, e un senso di liberazione immenso.
Anche scientificamente le lacrime hanno un potere “purificatore”. Reprimere invece le emozioni è uno dei modi per fare in modo che uno stato d’animo negativo si radichi come l’erba gramigna e reclami attenzioni in futuro, reiteratamente, e a sproposito.
Diffida di chi consiglia sempre di “appiccicarti” un sorriso addosso, risulteresti finto. E il rischio è che, da una giornata NO, te ne auto – fomenti altre 500 reprimendo tutto quello che invece scalpita per uscire fuori e che vuole esprimersi.
Per piangere di gusto ho anche messo a tacere il mio giudice interiore, ma non ho alcun capo di accusa per omicidio preterintenzionale o sequestro. Ogni tanto, in particolare quando ti rema contro, il giudice interno va ucciso. L’anima lo sa e non ti ascrive carichi penali pendenti.
Perché va taciuto in queste circostanze il giudice interiore?
Perché reprime, vuole sminuire quello che senti, dirti che sei stupido se piangi, ti arrabbi o sei triste, in ufficio come fuori, e se lo fai per quei motivi.
Zittirlo ti consente di legittimare di fronte a te stesso il tuo sacrosanto diritto di piangere, o di essere arrabbiato, o triste, e di farlo per qualsiasi motivo, se è così che vuole la tua anima.
Puoi permetterti di lavorare anche essendo triste, spaventato, arrabbiato e senza necessità di nasconderlo: basta dire qualcosa che suoni simile a questo “oggi mi sento triste/arrabbiato/spaventato, farò del mio meglio compatibilmente con il basso livello di energia che mi sento addosso”.
Non serve entrare nei dettagli. I colleghi che hai intorno, umani fino a prova contraria come te, se sono persone di buon senso, capiranno e rispetteranno questo tuo stato d’animo prendendoti così come ti vedono.
Non solo, questo conferisce a te stesso, di conseguenza e per risonanza, la possibilità di creare un clima lavorativo di maggiore libertà emotiva e leggerezza (ovviamente nei limiti del rispetto altrui).
Passata la fase emotivo- depurativa, è affiorata verso sera, da sola, la fase razional – costruttiva a testimonianza di quanto ti ho detto sopra. Ossia spontaneamente, senza forzatura, la mia anima ha detto:
“Ok ho pianto, ok ho avuto motivi sensati per farlo, ok accetto che le cose stanno così come stanno per questa circostanza specifica: da schifo. Resta un piano di realtà con cui fare i conti. Una serie di cose che non mi piacciono, da cambiare. Come ne esco? Intanto scrivo” , cioè uso un mezzo che mi regala piacere perché voglio trasformare la mia “melma” in qualcosa di costruttivo che dia un senso alle cose.
Nel fare una cosa che mi piace mi sono regalata sollievo e piacere. Il qui e ora si è quindi trasformato da negativo e momento di sollievo spontaneo.
E poi mi sono detta “..accetto di convivere con una sorta di “fastidio” legato ad una situazione poco piacevole, e che mi svela un bisogno emergente che vuole trovare la strada per essere soddisfatto, e mi adopero per tenere la testa focalizzata ad agire una soluzione per trarre il meglio dalle giornate che verranno, verso quello che ho identificato essere un obiettivo”.
In sintesi, se vivi una giornata NO, esercita la tua capacità di restare nel qui e ora dell’esperienza:
- accetta il tuo stato d’animo negativo nel qui e ora come si presenta;[/li-row][li-row]lascia fluire in te il mare di sensazioni emotive che ne derivano;
- esprimi e riconosci a te stesso, ricavandoti un momento tutto tuo, il disagio che senti;
- se il contesto te lo consente, è di fiducia, ed è funzionale alla buona riuscita di quello che devi fare magari in un gruppo, puoi esprimere il tuo disagio anche agli altri colleghi, di modo che comprendano il tuo calo temporaneo di energie e umore (ovvio che se vivi in mezzo agli squali è più saggio tacere per preservarti, che fare il kamikaze);
- lascia che affiori spontaneamente “la luce in fondo al tunnel”. Se ti dai tempo, spontaneamente, ricomincerai a vedere le cose in modo diverso. E spesso ti accorgerai che quello stato emotivo negativo aveva bisogno di venire allo scoperto per metterti in luce qualcosa a cui non hai più prestato attenzione ma che reclama la sua “realizzazione”;
- gratificati con qualcosa che ti piace fare;
- affiorerà alla superficie, con i suoi tempi e altrettanto spontaneamente, una soluzione a quella che è stata la causa della tua giornata NO, e vedrai che le tue risorse saranno quindi mobilitate e rinvigorite perchè orientate a fare qualcosa di diverso per uscire dalla situazione di stallo e muoverti verso quel qualcosa di nuovo che, molto probabilmente, avrai identificato;
- se poi sei un pò “dissacrante” come me, fai una pernacchia alla vita e brindaci su con il motto liberatorio che preferisci.
Questo processo, che si lascia fare da sè, se gliene dai modo, esattamente come il fiume che scorre, ha molto a che fare con il rafforzamento della capacità di far fronte agli eventi negativi riorganizzando le esperienze in modo positivo.
Inoltre, nell’apparente passività del lasciar seguire alle emozioni il loro corso, proprio come i fiumi, questo atteggiamento ha molto a che vedere anche con la proattività, ossia la capacità di prendere attivamente in mano la propria vita, vissuti emotivi compresi.
Quante volte sei solito permetterti di sentire, convivere e attraversare le tue emozioni negative?
Quante volte fai si che il tuo giudice interiore abbia la meglio su di te censurando le più naturali manifestazioni del tuo essere?
Quante volte ti dai il tempo di vederle scorrere via e lasciare affiorare uno spazio nuovo dentro di te per superare le difficoltà?
Fammi sapere cosa ne pensi nel box dei commenti a fondo pagina.
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Federica Crudeli