
COLLEGHI OSTILI? SPIEGAZIONI E COSA FARE!
Colleghi ostili: Cosa fanno, cosa vuoi, cosa evitare? Una riflessione per imparare a difendersi emotivamente.
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PENSIERI NEGATIVI SUL LAVORO: LIBERATI DAL LORO VELENO – Parte III
Ciao Bentornato a Lavorare col Sorriso!
Oggi continuo a parlarti di come liberarti da altri 3 tipi di pensieri negativi velenosi, dopo averne trattati altri 6 nei miei 2 articoli precedenti articolI: la tendenza a drammatizzare le situazioni, a prevedere solo disastri, a personalizzare qualsiasi fatto (Pensieri negativi sul lavoro: liberati dal loro veleno– parte I) e la tendenza a confondere le emozioni con la ragione, a generalizzare gli eventi negativi, e la “tolleranza zero” (Pensieri negativi sul lavoro: liberati dal loro veleno– parte II).
Se non lo hai ancora letto, cosa sono i pensieri negativi velenosi? Sono quei pensieri che nascono automaticamente al di fuori del tuo controllo, a fonte di stimoli esterni, generano sentimenti ed emozioni negative, e sono del tutto inutili e disfunzionali rispetto all’obiettivo che ti prefiggi.
Come la “gramigna”, pianta normalmente associata ad un effetto invadente e fastidioso, questi pensieri occupano la tua mente sottraendoti una enorme quantità di energie psichiche, senza che tu riesca ad opporti, proprio come un veleno paralizzante.
Vediamo quali altri tipi di gramigne esistono e come potertene liberare.
7 – La gramigna della paranoia
Accade a tutti noi di “proiettare” sugli altri quelle che sono le nostre paure e i nostri più grandi timori, attribuendo a colleghi e capi pensieri negativi rispetto a quello che diciamo e/o facciamo.
Ci sentiamo arrabbiati o offesi? Tendiamo a vedere questo tipo di comportamento negli altri verso di noi.
Abbiamo il terrore di essere stati sgarbati? O poco accurati? Ecco subito a immaginare che il capo e collega, nel dirci una cosa stiano pensando “ma quanto è sgarbato/ ma che lavoro fatto male”.
Quante volte ti accade di immaginarti brutte opinioni, pensieri che gli altri possono fare verso di te? Sei così convinto di poter leggere la mente altrui? E se la leggi, quando lo fai, leggi sempre pensieri negativi nei tuoi confronti?
Oppure ogni tanto leggi anche cose buone per te?
A cosa ti serve pensare che altri pensino male di te a tutti i costi?
8 –La gramigna etichettatrice
Viviamo in un modo intriso di giudizio: qualsiasi cosa accada, tendiamo a volerla etichettare come buona/cattiva, bella/brutta, bianca/nera, perdendo di vista “i fatti”.
Il giudizio, o pre-giudizio che abbiamo soprattutto rispetto alle persone, quando si parla di lavoro, può condurre molto spesso a “deformare” i fatti in base ai preconcetti che abbiamo e a influenzare il modo con cui si ascoltano gli altri.
Quanto spesso invece ti limiti ad osservare quello che accade, senza necessariamente attribuirgli una qualche connotazione per forza totalmente o positiva o negativa? Quante volte qualifichi con aggettivi fatti, parole, persone invece che limitarti a descriverli?
9 –La gramigna della ricerca di conferma
Normalmente tendiamo tutti quanti a cercare fatti che confermino le nostre convinzioni. Questo modo di fare esclude a priori dal campo dell’esperienza tutta una serie di altri fatti, invece, che se osservati meglio smentirebbero le nostre convinzioni.
Sei convinto che il tuo collega sia scorretto? Ecco che, alla prima cosa che fa, vai a cercare le prove della sua scorrettezza. Ma magari osservando il fatto in sè, scevro dal giudizio, ti accorgi che quello stesso fatto potrebbe non essere carico dell’accezione negativa che tu gli associ.
Su cosa normalmente poni l’attenzione? E nel farlo, cosa stai evitando di prendere in considerazione? Per quale motivo lo fai? E in che modo il motivo per cui lo fai, condiziona quello che vedi?
Questi 9 atteggiamenti nell’uso del pensiero, (uniti quindi ai 6 degli articoli precedenti) diffusi fra noi esseri umani, in taluni casi, soprattutto se adottati molto frequentemente, proprio perché sono tutti pensieri negativi, non fanno altro che innescare meccanismi di difesa spesso del tutto inutili, e che contribuiscono ad aumentare il livello di stress, con ripercussioni anche sul corpo, che secerne sostanze chimiche nocive, indebolendo l’organismo.
Per rompere questi schemi di pensiero disfunzionali hai da: identificare le situazioni in cui “reagisci” così somministrandoti negatività, riflettere sul perché e quando lo fai, capire come lo fai, fermarti a ragionare ogni volta che ti trovi in queste circostanze ampliando il tuo punto di vista con le domande che ti ho suggerito sopra e ripetere ripetere ripetere fino ad educarti in modo differente e più salutare per te stesso.
Piano piano rimpiazzerai i pensieri negativi automatici e “reattivi” , con la capacità di essere “proattivo” cioè di scegliere una risposta più funzionale agli stimoli esterni, senza cadere nella negatività e nel pessimismo cosmico.
Costa impegno farlo? Si. Hai da scegliere fra un meccanismo appreso e gratuito che ti innesca stress e negatività senza fatica alcuna, ad uno più impegnativo che però è fonte di benessere, che una volta conquistato, resterà con te.
Leggere nella “testa altrui” solo cose negative, etichettare qualsiasi cosa, o cercare conferme dei nostri pensieri, drammatizzare le situazioni, prevedere solo disastri, personalizzare qualsiasi fatto, confondere i fatti con le emozioni, generalizzare gli eventi spiacevoli, e considerare insopportabili le situazioni sono tutti filtri cognitivi che quando applicati automaticamente e diffusamente, limitano l’accesso alle tue risorse personali, limitando anche il tipo di “risposte” che sarai in grado di utilizzare a tuo vantaggio nei differenti contesti, magari allontanandoti dall’obiettivo che ti eri prefissato.
Al prossimo articolo fra 2 settimane!
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Federica Crudeli
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PENSIERI NEGATIVI SUL LAVORO: LIBERATI DAL LORO VELENO – Parte II
Ciao Bentornato a Lavorare col Sorriso!
Oggi continuo a parlarti di come liberarti da altri 3 tipi di pensieri negativi velenosi, dopo averne trattati altri 3 nel mio precedente articolo: la tendenza a drammatizzare le situazioni, a prevedere solo disastri, a personalizzare qualsiasi fatto.
Se non lo hai ancora letto, cosa sono i pensieri negativi velenosi?
Sono quei pensieri che nascono automaticamente al di fuori del tuo controllo, a fonte di stimoli esterni, generano sentimenti ed emozioni negative, e sono del tutto inutili e disfunzionali rispetto all’obiettivo che ti prefiggi.
Come la “gramigna”, pianta normalmente associata ad un effetto invadente e fastidioso, questi pensieri occupano la tua mente sottraendoti una enorme quantità di energie psichiche, senza che tu riesca ad opporti, proprio come un veleno paralizzante.
Vediamo quali altri tipi di gramigne (pensieri negativi e disfunzionali) esistono e come potertene liberare.
4 – La gramigna della confusione emozione/ragione
Un collega/capo ti parla, tu ti senti offeso/umiliato/deriso/criticato e confondi la tua emozione con i fatti arrivando a pensare che l’altro ti ha offeso/umiliato/deriso/criticato.
Ossia il capo ti dice “questo lavoro va rifatto, così non mi va bene” e tu associ a queste parole, in automatico, una offesa diretta alla tua persona, perché quel modo di dire ti fa sentire offeso, perdendo di vista che il fatto realmente accaduto è che ti è stato fatto notare che hai da rifare una determinata cosa, senza che questo implichi necessariamente la volontà della controparte di ferirti/offenderti/umiliarti.
A questo proposito una cosa è dire “hai fatto male un lavoro” altra cosa è sentirsi dire “tu sei un incapace”.
Nel primo caso la critica è rivolta ad una cosa, nel secondo in effetti, toccando l’identità di un altro essere umano, è una offesa! Se però ogni critica che viene mossa alle tue attività tu la trasformi dentro di te in un “sono un incapace/tu sei incapace” stai traducendo emotivamente un fatto in modo improprio.
Ti accade spesso di provare sensazioni/emozioni negative? Cosa le scatena? Adotti questo filtro cognitivo che ti porta a fare confusione fra la tua reazione emotiva e il fatto che accade?
5 –La gramigna generalizzatrice
Hai la tendenza a generalizzare eventi specifici e negativi e magari particolarizzare quelli positivi?
Ad esempio rispondi male ad un collega una volta e quindi ti etichetti come “ scorbutico” perdendo di vista quante volte magari in altre circostanze hai saputo mantenere la calma?
Oppure hai una vocina interiore che dice a te stesso “ecco..sei il solito ritardatario/ poco preciso/ collerico/rabbioso/ impaziente perché alcune volte arrivi non puntuale/ti arrabbi/perdi la pazienza?
Ossia tendi a connotarti negativamente e perennemente generalizzando uno specifico comportamento?
E magari quando ricevi un apprezzamento, la consideri “solo una fortuna”?
Quando generalizzi? In quali circostanze? Positive o negative? Cosa ci guadagni?
Come cambierebbe il tuo umore se in automatico, invece che condannarti con qualche appellativo infausto, avessi la prontezza di “particolarizzare”, anziché generalizzare, gli eventi negativi?
6 –la gramigna della tolleranza zero
Quando ti convinci che alcune situazioni sono insopportabili, intollerabili, inaccettabili, stai somministrando negatività alla tua mente (e di conseguenza anche al tuo corpo) dato che ti predisponi ad affrontarle con un livello di fiducia via via più basso.
Tendiamo un po’ tutti ad etichettare come “insopportabili” situazioni che in realtà sono “poco sopportabili” o “difficili da sopportare” caricandole anche di una “esasperazione emotiva” fuori luogo.
Il senso di “impotenza” di fronte ad un evento “insopportabile” infatti porta a focalizzarsi proprio sul disagio, più che sulla nostra capacità di saperlo gestire.
Inoltre questo atteggiamento mentale porta nel tempo ad abbassare la soglia di quello che riteniamo sopportabile o tollerabile.
Quante delle situazioni che vivi sono davvero insopportabili, inaccettabili, intollerabili?
E quando si sono verificate, sono state davvero così insopportabili? Come hai fatto a sopportarle? E come puoi utilizzare lo stesso modo in altre circostanze?
Per rompere questi schemi di pensiero disfunzionali hai da: identificare le situazioni in cui “reagisci” così somministrandoti negatività, riflettere sul perché e quando lo fai, capire come lo fai, fermarti a ragionare ogni volta che ti trovi in queste circostanze ampliando il tuo punto di vista con le domande che ti ho suggerito sopra e ripetere ripetere ripetere fino ad educarti in modo differente e più salutare per te stesso.
Piano piano rimpiazzerai i pensieri negativi automatici e “reattivi” , con la capacità di essere “proattivo” cioè di scegliere una risposta più funzionale agli stimoli esterni, senza cadere nella negatività e nel pessimismo cosmico.
Costa impegno farlo? Si. Hai da scegliere fra un meccanismo appreso e gratuito che ti innesca stress e negatività senza fatica alcuna, ad uno più impegnativo che però è fonte di benessere, che una volta conquistato, resterà con te.
Drammatizzare le situazioni, prevedere solo disastri, personalizzare qualsiasi fatto, confondere i fatti con le emozioni, generalizzare gli eventi spiacevoli, e considerare insopportabili le situazioni sono tutti filtri cognitivi che quando applicati automaticamente, limitano l’accesso alle tue risorse personali, limitando anche il tipo di “risposte” che sarai in grado di utilizzare a tuo vantaggio nei differenti contesti, magari allontanandoti dall’obiettivo che ti eri prefissato.
Nel prossimo articolo, fra 2 settimane, tratterò delle ultime tre tipologie di pensieri negativi legate all’uso dei nostri filtri cognitivi in modo parziale! Seguimi quindi!
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PENSIERI NEGATIVI SUL LAVORO: LIBERATI DAL LORO VELENO – Parte I
Ciao Bentornato a Lavorare col Sorriso!
Oggi ti parlo di come liberarti da 3 tipi di pensieri negativi velenosi. Intanto, cosa sono i pensieri negativi velenosi? Sono quei pensieri che nascono automaticamente al di fuori del tuo controllo, a fronte di stimoli esterni, generano sentimenti ed emozioni negative, e sono del tutto inutili e disfunzionali rispetto all’obiettivo che ti prefiggi.
Come la “gramigna”, pianta normalmente associata ad un effetto invadente e fastidioso, questi pensieri occupano la tua mente sottraendoti una enorme quantità di energie psichiche, senza che tu riesca ad opporti, proprio come un veleno paralizzante.
Vediamo quali tipi di gramigne esistono e come potertene liberare.
1 – La gramigna “napoletana”
Senza che me ne vogliano i lettori napoletani, uso questa dicitura per intendere la tendenza che abbiamo a drammatizzare un evento parzialmente negativo trasformandolo in una tragedia con tutte le possibili e infauste conseguenze del caso, come se stessimo vivendo la famosa “tragedia napoletana” (rifacendomi alla teatralità nota dei nostri concittadini che fra l’altro amo).
Ad esempio, il tuo capo con tono rabbioso e risentito ti manifesta la sua scontentezza per un lavoro che hai fatto?
Tu in automatico in 3 nanosecondi ti stai già immaginando in mezzo agli scatoloni di scartoffie da portare via per il tuo licenziamento. In sostanza ingoi ciuffi di gramigna di pensieri negativi e ansia da solo, senza neanche rendertene conto.
Ti riconosci questa tendenza? Intanto comincia a notare quali situazioni innescano questi pensieri negativi: critiche di colleghi? Imprevisti? Litigi? Discussioni? Si assomigliano queste circostanze che attivano i pensieri negativi in automatico? Rilevi elementi comuni?
Perché lo fai? A che fine? Quali altre conseguenze potresti trarre da quell’evento parzialmente negativo, oltre che quelle peggiori? Manifesti poi anche all’esterno questi pensieri, incupendo il tuo umore o il tuo atteggiamento verso gli altri?
2 –La gramigna veggente
Un’altra auto-flagellazione di pensieri negativi, questa volta slegata da un evento esterno parzialmente negativo a scatenarli, è quella di farsi film mentali sul futuro, e sempre negativi come se in te si fossero reincarnati tutti i registi più catastrofici e lugubri del cinema.
Questa tendenza a farti dei film futuri negativi, riguarda una qualche area specifica della tua vita? O qualche azione specifica? Ti sei mai fermato a ragionare su quanti dei tanti film negativi che ti sei fatto, realmente sono stati tali e quanti no? E pensare così in negativo a cosa ti è servito? A dirti “ se mi preparo al peggio almeno poi non rimarrò male?”. Oppure, ancora, fai pensieri negativi sul futuro perché “estrapoli” da eventi negativi del passato la convinzione che sarà così anche nel domani?
Lo sai che questo atteggiamento mentale è causa delle cosiddette “profezie auto-avveranti”? Siccome la nostra mente va cercando nel mondo conferma di ciò che crede, tu stesso potresti, con queste convinzioni negative, creare i presupposti affinchè poi le cose vadano davvero male per poi poterti dire “beh, avevo ragione!”
3 –La gramigna con l’ego a mongolfiera
Questa tipologia di pensieri negativi è molta diffusa nelle aziende, ed è la tendenza a personalizzare qualsiasi fatto come se tutto l’universo cospirasse a tuo danno.
Un collega che ti sta particolarmente simpatico risponde male? Subito a pensare “oddio cosa gli avrò fatto” senza pensare che magari è semplicemente incazzato per motivi suoi.
Oppure se qualcuno fa una critica al tuo lavoro ti senti intaccato nella tua identità, perdendo di vista che hai ricevuto una critica da un collega (dei tanti) ad una attività (e non alla tua persona) 1 volta su 220 giorni lavorativi.
Per evitare di cadere in questa trappola, occorre che identifichi, di volta in volta, tutti gli elementi del mondo circostante che potrebbero essere cause altrettanto valide di quanto vedi e attribuisci a te stesso. E, se proprio proprio vuoi sentirti al centro del mondo sempre, almeno scegli di esserlo come causa/effetto di qualcosa di positivo.
Riepilogando ti ho parlato per questa volta di 3 gramigne, o atteggiamenti mentali, che causano pensieri negativi:la tendenza a esagerare e generalizzare eventi negativi, la tendenza a farsi film negativi sul futuro a prescindere da inneschi esterni, la tendenza a personalizzare gli eventi esterni come se l’unica causa possibile fossi tu.
Per rompere questi schemi di pensiero disfunzionali hai da: identificare le situazioni in cui “reagisci” così, riflettere sul perché lo fai, fermarti a ragionare ogni volta che ti trovi in queste circostanze ampliando il tuo punto di vista con le domande che ti ho suggerito sopra ed educarti a farlo tutte le volte.
Rimpiazzerai progressivamente i pensieri negativi automatici e “reattivi” , con la capacità di essere “proattivo” cioè di scegliere una riposta più funzionale agli stimoli esterni, senza cadere nella negatività e nel pessimismo cosmico.
Costa impegno farlo, prima di sostituire l’automatismo negativo con quello positivo? Si.
Hai da scegliere fra un meccanismo appreso e gratuito che ti innesca stress, negatività e ansia senza fatica alcuna, ad uno più impegnativo che però è fonte di benessere.
(A proposito di ansia, ecco un mio precedente articolo che parla di come gestirla!)
Ti parla una persona che ha sperimentato sulla sua pelle, o meglio, nella sua testa, questo approccio. Progressivamente ho messo a tacere quel coacervo di pensieri negativi che un tempo mi nascevano spontanei su una serie di inneschi esterni. Vivo molto meglio, con la testa più libera e leggera.
Sottolineo però che, qualora notassi che questi pensieri negativi siano per te diffusi a TUTTE le aree e situazioni della vita, tu abbia la convinzione che le cose stavano così in passato e staranno così per SEMPRE, e ritieni di essere TU LA CAUSA di tutti i mali del mondo con un enorme senso di impotenza, ti consiglio di rivolgerti ad uno psicoterapeuta: questi sono campanelli di allarme di un disagio che esula dalle “nevrosi” tipiche del nostro vivere e sono piuttosto sintomatici di problemi caratteriali ben più radicati e profondi.
Nei prossimi articoli, fra 2 settimane, continuerò a parlarti di altre tipologie di pensieri negativi! Segui quindi anche la Parte II e la Parte III!
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CAMBIAMENTI LAVORATIVI: BATTERE L’EFFETTO TRUMP IN 2 MOSSE!
Ciao e Benvenuto a Lavorare col Sorriso!
Cosa è l’effetto Trump in tema di cambiamenti lavorativi? Negli ultimi giorni, a seguito dell’elezione del nuovo Presidente USA credo che tutti abbiamo assistito ad una specie di isteria emotiva collettiva ovunque, specialmente sui social network. Si sono scatenati commenti di ogni sorta e una specie di panico diffuso sui timori di quello che succederà da adesso in poi. Un pò lo stesso panico diffuso visto in occasione della Brexit …sembrava dovesse crollare il mondo, a partire dalle borse! Il cambiamento in ambito lavorativo ha su di te gli stessi effetti? Entri nel panico da effetto TRUMP? L’onda d’urto emotiva è tale da offuscarti la ragione, e buttarti in uno stato di ansia da quello che succederà? Oppure ti entusiasma?
Ecco, tanto per cominciare ad inquadrare come gestisci/affronti gli effetti dei cambiamenti, e quanto l’emotività a volte possa schiacciare la razionalità o oggettività dei fatti … a proposito di Brexit … quali e quanti fatti, ad oggi, supportano i nefasti effetti che avrebbe dovuto avere quella scelta?
Come puoi affrontare il cambiamento lavorativo mantenendo il tuo benessere, evitando di cadere intrappolato in stati d’animo di apprensione/panico/paura o emotività invadente al punto da limitare la tua capacità di gestire e affrontare al meglio il contesto? In due modi:
1 – mantenendo il focus sulla tua “direzione”
2 – imparando innanzi tutto a capire come sei solito reagire ai cambiamenti!
Come? Seguimi!
[Tweet “Quella che il bruco chiama fine del mondo, il resto del mondo chiama farfalla.” – cit. Lao Tzu “]
1 – Mantieni il focus sulla tua direzione
Sebbene gli avvenimenti esterni alla tua persona, quali l’elezione del Presidente USA o altri avvenimenti importanti, possano avere una enorme risonanza, e un contagio emotivo forte fra persone e colleghi, (lo stesso che si ha normalmente nelle aziende quando subentra un nuovo Amministratore Delegato o Direttore o Top Manager), di fatto, continua a contare solo una cosa per te: la tua meta/direzione, i tuoi obiettivi di lungo termine.
Il fatto che cambino cose “là fuori” implica che tu abbia magari da prendere scelte, provvedimenti, decidere se “subire” una situazione che ha impatti, se li ha, su di te poco gradevoli (reagire), oppure “rispondere”, ossia definire un piano di azione e agire un comportamento che ti avvicini a quello che desideri.
Per identificare quale sia la direzione, il tuo senso di scopo, l’elemento irremovibile che ti sostiene anche se tutto quello che ti sta attorno cambia, mettendoti quindi in condizione di affrontare qualsiasi stato d’animo, ti rimando a leggere il mio articolo “Un giorno lo farò: il tempo ti è nemico?” – Parte I e II.
2 – Osserva come sei solito reagire/rispondere ai cambiamenti
Ferma restando l’importanza del punto 1) poichè nell’arco della vita lavorativa ti troverai ad affrontare molti cambiamenti, alcuni che ti riguarderanno in prima persona, alcuni che riguarderanno quello che si muove attorno a te, è importante non solo avere presente la tua meta/direzione, ma anche come sei solito comportarti.
Tu potresti trovarti nella condizione di dovere/volere cambiare mansione, attività, funzione aziendale (cambiamento orizzontale) oppure ruolo diventando ad esempio capo (cambiamento verticale).
Allo stesso tempo magari a parità come no di ruolo, mansione, funzione, potresti vedere cambiamenti nelle persone con cui sei solito rapportarti a seguito di cambiamenti organizzativi che ti impattano indirettamente.
Tu cambi tutti i giorni. Ci hai mai pensato? E tutto quello che hai intorno muta di continuo.
Probabilmente se ti facessi le analisi del sangue, la conta dei globuli bianchi e rossi oggi sarebbe diversa da quella di ieri e di domani.
Se è vero che tu sei un corpo, non sei mai uguale a te stesso. Cambi di continuo.
Eppure… eppure quando hai da affrontare una situazione ex novo, dimmi se non è vero, ti parte il loop del “e ora, cosa succederà?” con tutta una serie di pre-occupazioni a cascata sul cambiamento in atto.
Certo, non tutti i cambiamenti destano enormi preoccupazioni. Ma a volte si. Soprattutto se si tratta di cambiamenti che tu consideri importanti. In qualche modo, un certo equilibrio fino a quel momento mantenuto “intatto” si “rompe” per fare spazio a qualcosa di nuovo ed incerto.
Tu come ti rapporti normalmente con il cambiamento? Come lo affronti?
Come lo hai affrontato fino ad oggi?
Ti spaventa? Passi ore a rimuginare e a valutare tutte le possibili conseguenze del caso? A immaginarti tutte le catastrofi che potrebbero succederti, a cosa potrebbe andare storto?
Oppure hai fiducia che tutto andrà per il meglio e ci pensi, si, ma non più di tanto? Anzi, non ci pensi affatto?
Da molti studi che sono stati condotti nelle organizzazioni, di fondo, si registra, in media, una resistenza al cambiamento. Questa resistenza è ricondotta, sostanzialmente, non tanto al cambiamento in se, quanto alle conseguenze del cambiamento. In effetti, anche io personalmente ho fatto i conti con questa dinamica.
Uso una metafora che mi piace molto: supponiamo tu debba cambiare gli abiti che indossi, ipotizziamo il tuo completo o taielleur da ufficio, per vestirti per andare in palestra, o al cinema con gli amici, o ad una partita.
Come fai?
Ti spogli, ti togli degli abiti e te ne metti degli altri. Semplice.
Il cambiamento, di qualsiasi genere, presuppone lo spogliarsi di qualcosa, per indossare qualcosa d’altro.
Annota le risposte a queste domande:
Quanto è facile/difficile per te spogliarti delle tue abitudini, modi di fare, rapporti consolidati, per fare spazio a qualcosa di nuovo, e diverso?
Dove incontri più resistenza, nello spogliarti o nel rivestirti con abiti diversi?
Quanto tempo ci metti a lasciar andare “il vecchio” e quanto ne metti di norma ad adattarti a nuovi contesti?
A chi rivolgi la tua attenzione: a quello che ti aspetta di diverso in un contesto nuovo, o alle energie che tu dovrai mettere in campo per affrontarlo?
In qualche modo il cambiamento ha comunque a che fare anche con la consapevolezza sè.
La consapevolezza di sè, mettitelo in testa, è il punto di partenza da cui nascono tutte le dinamiche lavorative, personali, di vita in generale.
Perché quando qualcosa cambia, tu cambi, con tutto te stesso e tutto il tuo corredo di entusiasmo, paure, gioie, rabbie, frustrazioni, tristezze, allegria, entusiasmo e di tutto un po’.
Questa prima riflessione ti suggerisce qualcosa?
Quanti cambiamenti lavorativi o di vita hai affrontato fino ad oggi nella tua vita?
Quali sono state le principali difficoltà che hai incontrato?
Che pensieri avevi? Quali emozioni hai provato?
In quale punto del processo? Prima, durante, o dopo?
Fai mente locale al tuo modo usuale di affrontare i cambiamenti.
Rileggi quanto hai scritto.
In questo modo potrai identificare paradossalmente le abitudini con cui affronti un cambiamento che scopri essere ripetitive ma deleterie per te e sostituirle con atteggiamenti più utili.
A questo proposito, per identificare e modificare comportamenti che valuti poco efficaci nella gestione del cambiamento, può tornarti utile il mio articolo “Ripeti sempre gli stessi errori? Come trasformarli in successo!”
Insomma, questo effetto TRUMP applicato ai cambiamenti lavorativi, adesso pensi di poterlo gestire meglio?
Hai voglia di farmi sapere qualcosa in proposito commentando nel box a fondo pagina?
Cosa vorresti che fosse trattato nei miei articoli sul tema del cambiamento lavorativo, rispetto alle dinamiche di cui ti ho parlato sopra?
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A presto e grazie!
Federica Crudeli
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UN GIORNO LO FARÒ: IL TEMPO TI È NEMICO ? Parte II
Ciao e Benvenuto a Lavorare col Sorriso!
Sei convinto che la gestione del tempo e dello stress abbiano nulla a che fare con la tua sicurezza interiore (o centratura)? Sbagli, e anche tanto! Scopri invece come la tua sicurezza interiore o centratura impatta significativamente sulla possibilità di ridurre lo stress investendo energie e tempo in attività e rapporti lavorativi in modo coerente con te stesso, i tuoi principi, valori e il tuo scopo nella vita.
[Tweet ““Ciò che abbiamo dietro e davanti a noi è irrilevante rispetto a ciò che abbiamo dentro” – cit. O.W. Holmes”]
Ti parlo della gestione del tempo e dello stress da questa particolare angolatura perché credo che possa essere un presupposto indispensabile per trattare poi questi argomenti con delle vere e proprie tecniche.
Di fatti questo articolo è la prosecuzione del precedente “Un giorno lo farò: il tempo ti è nemico? – Parte I” , che ti consiglio di leggere prima di questo se ancora non lo hai fatto, nel quale ti ho guidato in una riflessione potentissima sul tuo senso di scopo nella vita.
Di conseguenza adesso sai come vale la pena investire il tuo tempo, giornata lavorativa compresa, ed anche i rapporti lavorativi secondo un ordine di importanza, che immagino adesso sia diverso o più chiaro di prima.
Nel primo articolo ho infatti posto le basi per una gestione del tempo e dello stress davvero efficaci!
Proseguo con la metafora della macchina (che ho appreso da uno psicoterapeuta): se nel precedente articolo ti ho guidato a scoprire dove vuoi andare con la tua macchina (scopo, direzione, mission) in questo invece ti faccio riflettere sulle dotazioni necessarie e sufficienti che è bene abbia il motore della tua macchina per affrontare il viaggio verso la tua meta senza sottoporlo a continue sollecitazioni inutili, fonti di perdite di tempo e aumento dello stress.
Quando il tuo motore (cioè TU) va in sovraccarico?
Ad esempio ogni volta che hai la tendenza al controllo del mondo esterno ovvero quando prima di partire per il tuo viaggio pretendi di affittare tutte le betoniere e asfaltatrici presenti in commercio e andate a tappare tutte le buche delle strade dissestate fino al traguardo, a rifare i cordoli, la segnaletica, a riposizionare i semafori oppure quando guidi guardando solo fuori dal finestrino quasi a garantirti lo schianto.
Tradotto fuori di metafora?
Pensa a tutte le volte che le tue azioni sono eccessivamente condizionate dal temere cosa pensano il capo, il collega, il collaboratore, dal timore del rifiuto o di non piacere, dall’ansia di apparire perfetti, dalla paura di ammettere o commettere gli errori, dalla rabbia o vergogna per aver sbagliato, tristezza o paura se qualcuno non asseconda le tue aspettative.
Agire con questi condizionamenti pensi equivalga ad una buona gestione del tempo e dello stress?
In tutti questi casi involontariamente molto probabilmente manipoli il mondo esterno al fine di controllarlo: armato di asfaltatrice e cemento sei lì che tenti di rendere lisce lisce tutte le strade che ti trovi di fronte.
Come? Ad esempio tutte le volte che di fronte a parole/comportamenti che non gradisci di un collega ti esprimi con un “tu mi fai arrabbiare” invece che con un “io mi sento arrabbiato per come ti sei comportato”.
Ti sembra sottile la differenza fra il guardare a te stesso e il guardare fuori?
Peccato. Perché è abissale. Ogni volta che accusi un collega di essere la causa di un tuo stato d’animo non solo eviti di pensare alla responsabilità/capacità che hai di scegliere una risposta ad un comportamento esterno altrui, (magari anche l’ indifferenza), non solo gli stai dando un enorme potere su di te, ma, in fondo stai anche avanzando la pretesa che quel collega debba comportarsi diversamente, per evitare che sia la causa della tua rabbia.
Manipoli e pretendi di controllare il prossimo, spesso, per indurlo ad essere così come fa piacere a te senza crearti alcun disturbo.
Questa è una gestione del tempo e dello stress pessima!
C’è solo un piccolo problema. Che nessuno di noi può alcun tipo di controllo su alcuna cosa vivente al di fuori di se stesso.
E’ di una banalità sconcertante il concetto, ma, se è così, ti chiedo di essere onesto con te stesso e di riflettere su quanta parte del tuo tempo lo spendi a “ripensare” a fatti spiacevoli accaduti, o nel tentativo di controllare, manipolare, cambiare qualcosa che è esterno alla tua persona: quel collega che vorresti più affabile, simpatico, silenzioso, il capo più disponibile … etc.
Insomma in media quanto tempo spendi ad accettare cose e persone per come sono e regolarti di conseguenza e quanto invece ne spendi nella fissazione di voler piegare la realtà esterna al tuo volere o a rivivere nella tua testa episodi lavorativi spiacevoli?
Bene. A cosa ti serve disperdere il tempo in questo senso? La riposta è solo una. Niente.
La differenza fra un atteggiamento e l’altro, di cui ti ho parlato anche nell’articolo “Conflitti sul lavoro: li risolvi o cerchi colpevoli?’” è la stessa che c’è fra l’essere persone proattive o reattive:
- I PROATTIVI si concentrano sulla loro SFERA di INFLUENZA ossia su fattori che possono essere da loro trasformati;
- I REATTIVI si focalizzano sulla SFERA DEL COINVOLGIMENTO ossia su debolezze altrui, problemi ambientali e circostanze sulle quali non hanno il loro controllo.
Quand’è quindi che la gestione del tempo e dello stress avviene efficacemente?
Quando, ogni volta che sei in difficoltà in una situazione, se invece che volgere lo sguardo fuori, lo rivolgi al tuo interno, verso i tuoi principi guida, i valori che sono per te importanti e che ti aiutano a ridimensionare subito situazioni e problemi e a trovare la forza per affrontarli, abbattendo di conseguenza anche lo stress.
Fritz Perls nel suo libro “La terapia Gestaltica parola per parola” spiega bene nelle sue prime 80 pagine questo concetto dello sguardo rivolto al proprio interno e all’avere fiducia in se stessi, che in Bioenergetica è assimilabile ai concetti di centratura e “grounding”.
Tu dirai…beh ma come si fa ad avere così tanta fiducia in se stessi?
Occorre che tu abbia presenti i tuoi valori, le cose che ritieni importanti realizzare e il come vuoi realizzarle, avere ben presenti i tuoi criteri rispetto ai quali “misurarti”e identificare la tua centratura, il tuo nucleo immutabile, i fattori che sostengono la tua vita: ascoltati, accettati e poi seguiti!
Agendo in questo modo non avrai più la necessità di dover disperdere tempo ed energie per incasellare le situazioni e le persone in qualche categoria precostituita che ti dia un falso senso di sicurezza e protezione vivendo l’illusione della prevedibilità altrui, e non avrai più la necessità di stressarti in questa lotta ai mulini a vento, persa in partenza.
Adottare questo atteggiamento mentale non significa passare il resto della vita in uno stato ebetale di felicità perenne. Sarebbe ipocrita affermarlo.
Ma avendo una meta ben precisa in testa, ed una propria centratura il tempo così investito avrà più valore di un tempo investito cercando continue rassicurazioni, certezze, prevedibilità nel mondo esterno.
Ripensa al tempo che hai speso a torturarti per discussioni o situazioni spiacevoli, con colleghi, capi, amici.
Inquadrandolo adesso, riperderesti il solito tempo o lo useresti, insieme alle tue energie, per uscire da “situazioni di empasse” restando focalizzato sulle cose per te davvero importanti e sulle possibili soluzioni?
E ti dà una idea dell’ordine di priorità che vuoi che alcune situazioni/persone abbiano nella tua vita lavorativa o no?
Tu quanto ti valuti proattivo o reattivo rispetto alle situazioni che affronti? Ci sono circostanze in cui adotti approcci diversi? Se si, in quali circostanze, in che modo e per quali motivi sei reattivo o proattivo?
Hai messo a fuoco i tuoi principi, valori e fattori che pensi ti sostengano nella vita? Hai trovato la tua centratura? Cosa aspetti a farlo?
Pensi di voler trasferire un po’ della tua proattività dalle circostanze in cui la agisci più agevolmente alle circostanze in cui ti viene più difficile praticarla?
In metafora ti ho parlato di quale sia il nucleo che serve a far funzionare bene il tuo motore e ti ho spiegato la differenza che esiste fra le persone che, in viaggio verso una meta, perdono tempo ed energie ad asfaltare tutte le buche lungo il percorso, da quelle che invece li investono ad aggiustare l’assetto della propria macchina per affrontare qualsiasi viaggio.
Questo è il presupposto indispensabile da conoscere per una gestione del tempo e dello stress intelligente!
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Federica Crudeli
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