
CONFLITTI SUL POSTO DI LAVORO: LI RISOLVI O CERCHI COLPEVOLI?
Ciao e Benvenuto a Lavorare col Sorriso!
Che tu sia uomo o donna, sei solito risolvere i conflitti sul posto di lavoro efficacemente usando l’intelligenza emotiva per migliorare la tua leadership oppure vai accusando in cerca di colpevoli, o della ragione costi quel che costi? In questo articolo ti parlo di questi due diversi atteggiamenti nell’affrontare i conflitti sul posto di lavoro e ti parlo delle softskills utili anche per la vita, dato che i conflitti o le divergenze fra colleghi, uomini, donne e umani in generale sono assai frequenti.
[Tweet ““I più grandi conflitti non sono tra due persone ma tra una persona e se stessa.” – cit. T.G. Brooks”]
La gestione dei conflitti sul posto di lavoro, può avere una finalità utile o non utile.
La finalità utile della gestione dei conflitti sul lavoro è quella di capire, esprimersi, farsi rispettare, trovare punti di accordo.
La finalità non utile della gestione dei conflitti è quella di manipolare (spesso inconsapevolmente), cercare colpevoli, accusare, difendersi, avere ragione.
Per quali motivi discuti, di solito? E quanto sei consapevole di come il tuo modo di gestire i conflitti sul posto di lavoro impatta sulla buona riuscita dei rapporti tra colleghi?
Ipotizziamo che Alice e Marco, che rappresentano due unità aziendali differenti nell’ambito di un gruppo di lavoro composto da più impiegati, abbiano da consegnare un lavoro finito per una certa scadenza.
Ognuno di loro è portatore di interessi differenti e ovviamente, ha preferenze diverse sulle modalità con cui è possibile “risolvere” un dato “compito”o “task” per usare gli inglesismi che fanno molto moda.
Nel giorno della scadenza stabilita e per rispettare obiettivi sfidanti Alice, senza dire nulla a Marco che era impegnato in altre attività, presenta all’intero gruppo di lavoro il “task” finito e costruito, in parte, ma non del tutto, con il contributo anche di Marco, che viene a conoscenza della versione finale del lavoro a cose fatte.
Marco si sente salire un pò di rabbia, quando vede scritto su una mail quello che avrebbe dovuto essere frutto anche del suo lavoro: non solo vede i fatti compiuti, ma condivide solo in parte la soluzione proposta, e in ogni caso ci sono degli aspetti dati per decisi che lo mettono in difficoltà rispetto alla sua unità di business.
Marco è arrabbiato e dentro di lui si agitano questi pensieri: sono incavolato nero, non mi ha considerato, mi ha “scavalcato”, ha deciso una cosa che non condivido e in più l’ha fatto in mia assenza senza avvisarmi.
Non posso neanche arrabbiarmi apertamente, perché si sa che in azienda i conflitti sul posto di lavoro “aperti” sono malvisti e come uno manifesta un po’ di dissenso viene tacciato di essere un polemico rompiballe.
Come potrebbe comportarsi Marco?
Esempio di gestione del conflitto sul posto di lavoro con modalità comunicative finalizzate a manipolare, cercare colpevoli, accusare, difendere, avere ragione.
M – (con tono risentito e veemenza verbale, verso Alice) Ho visto la mail… bella sorpresa… siete proprio scorretti! Non solo avete deciso la versione finale senza di me, ma in più l’avete comunicata a tutto il gruppo e vi siete venduti una cosa che ora mi mette in difficoltà con altri miei colleghi!
Il tono “risentito” è umano, ci può anche stare…ma quello che segue si chiama accusa, prima ancora di capire se abbia affettivamente dei fondamenti o meno.
A – Marco, sei sempre assente, questa è la logica conseguenza del tuo modo di fare!
Alice si sente attaccata e di istinto, invece che smussare i toni, contro-accusa il collega.
M – Ma che assente e assente, non nasconderti dietro a delle scuse perchè hai torto e sei stata scorretta! Non è la prima volta che succede. Mancava poco alla versione finale. Hai il brutto vizio di non parlare!
A – Se non ti fai trovare!
M – Ma se ero in trasferta ieri!
A – …e comunque cosa vorresti insinuare con quel “non è la prima volta che succede?” vogliamo parlare di quando due mesi fa ti sei “venduto” la scadenza senza condividerla?
Ora….potete capire che gestire i conflitti sul posto di lavoro con questo rimbalzo di attacchi e accuse reciproche potrebbe durare più o meno all’infinito.
Per ironizzare, in tre nanosecondi ogni collega ha già piazzato nella sua mente come arma di difesa tutto il Consiglio Superiore della Magistratura, con tanto di primo, secondo e terzo grado di giudizio, Cassazione compresa!
Si chiama anche “escalation of commitment” per usare un gergo psicologicamente “tecnico”.
Risoluzione finale? Animo amaro da entrambe le parti, e soprattutto, nessuno dei due probabilmente otterrà nulla di quello che realmente avrebbe voluto.
Esempio di gestione del conflitto sul posto di lavoro con modalità comunicative finalizzate a capire, esprimersi, farsi capire, rispettare il prossimo e trovare punti di incontro.
M – (con tono un po’ risentito) Ciao Alice! Ho visto lo scambio di mail e che hai presentato la versione finale del lavoro a tutto il gruppo quando non c’ero. Mi sento parecchio infastidito! Mi puoi spiegare cosa è successo?
In questo modo Marco applica l’intelligenza emotiva in 3 modi:
1 – saluta come accade fra esseri umani,
2 –manifesta il suo stato d’animo irritato che fa sempre bene, visto che reprimere le emozioni, alla lunga, fa più danni dell’uragano katrina, e non lo dico io ma la scienza,
3 -senza tirare conclusioni si attiene ai fatti che ha visto e chiede spiegazioni, per capire, prima di scegliere se permettersi di essere alterato del tutto o meno e di biasimare la collega.
A – Ciao Marco. Mi spiace vederti arrabbiato. E’ successo che ieri il Direttore ci ha chiesto entro le 16 di presentargli il lavoro proprio mentre stavamo valutando di chiedere un posticipo della scadenza di altri 3 giorni. Sono mancati i tempi tecnici sia per avvisarti prima, visto che ci hanno detto che eri fuori, sia dopo, e nel dubbio piuttosto che lasciare la cosa incompleta abbiamo preso quella che ci sembrava la decisione migliore ricordandoci anche le tue indicazioni. I modi in effetti non sono stati dei migliori ma almeno nella scelta finale ti ritrovi oppure no?
M – Ah ecco… volevo ben sperare che ci fosse una ragione valida per quello che ho visto. Diversamente, e lo specifico nel caso accada di nuovo in futuro, vorrei condividere le scelte prima e sapere quando saranno ricondivise nel team. In questo caso in effetti la decisione che avete preso mi mette in difficoltà per diversi motivi che ora ti spiego (…) come possiamo venirne fuori? Mi aiutate?
A – Si si tranquillo, a parte che non è da me, in ogni caso certo che condividerò le scelte future prima di presentarle a tutti qualora non ci fossi. Tu però le prossime volte, se dovessi sapere che a ridosso di una scadenza ti mandano fuori per lavoro, ci avvisi prima?
M – Ok sarà fatto. Anche io preso dalla fretta proprio mi sono dimenticato.. scusami. Quindi come ne veniamo fuori? Io ho questo problema adesso (…)
A– Beh credo che ci siano tempi e margini per rivedere la cosa!
Alice utilizza l’intelligenza emotiva nella gestione del conflitto lavorativo in questi modi:
1 – saluta;
2 – esprime dispiacere per il collega che vede risentito, con empatia;
3 – chiede se la soluzione individuata è condivisibile;
4 – chiede al collega per il futuro, di avvisare qualora fosse assente, usando quindi la sua assertività.
Marco a sua volta: esprime chiaramente la sua difficoltà e la necessità di trovare una soluzione, si prende l’impegno di avvisare qualora debba assentarsi vicino ad una scadenza, ed esprime cosa vorrebbe per se in futuro.
Nella tua quotidianità quante volte la gestione dei conflitti sul posto di lavoro assomiglia al primo caso e quante volte al secondo?
Quante volte “prendi la tangente” di fronte ad una situazione mal digerita e quante volte invece ti prendi del tempo per capire, prima di scegliere la riposta più opportuna usando la tua assertività?
La possibilità di scegliere la risposta di fronte ad una situazione di conflitto, prende il nome di proattività, ed è un concetto introdotto da V. Frankl, che ha condotto molteplici studi sul senso di scopo delle persone.
Reagire significa non interporre alcuna consapevolezza fra uno stimolo esterno e il nostro comportamento, rispondere significa invece prendere consapevolezza di quello che accade al nostro interno ed indirizzarlo con assertività in modo utile rispetto all’obiettivo che ci poniamo.
Farlo significa rafforzare la propria leadership, ossia la consapevolezza e padronanza di sè stessi. Qualora l’obiettivo di una conversazione sia litigare con i colleghi in modo fine a se stesso allora la modalità n° 1 è quella giusta.
Qualora l’obiettivo invece sia trovare soluzioni condivise e ridefinire comportamenti accettabili per entrambe le parti in futuro, la modalità n° 2 è quella più adatta da seguire.
Qualora invece, dopo aver raccolto il punto di vista dell’altro ti trovi di fronte ad una vera e propria scorrettezza ingiustificabile ai tuoi occhi, considera che:
a – possono esserci colleghi che per differenti ragioni e motivi, vivono di bassezze. In questo caso intanto puoi avere una fortuna magari: non assomigliargli;
b – inoltre, quando hai a che fare con colleghi che deliberatamente fanno cose a danno altrui, o per metterti in cattiva luce, o per affermare se stessi, o per screditarti, tieni a mente che il problema è loro: quasi sempre soffrono di insicurezza cronica con un ego pari ad una mongolfiera, ed hanno bisogno di sminuire gli altri per emergere.
In questo senso, sempre a proposito di vivere per se stessi un tempo di qualità, prima di dare eccessiva importanza a questo tipo di colleghi e quello che fanno, ti ricordo che nell’articolo “Un giorno lo farò: il tempo ti è nemico? Parte I” ti ho parlato di investire il tempo in funzione del tuo scopo e dei tuoi principi.
Di conseguenza il tempo da dedicare a queste persone tossiche è bene che si riduca all’osso. Puoi sempre scegliere di averci a che fare per il tempo che è imposto dal contesto, ma nulla di più.
E poi lasciarti alle spalle la rabbia e il senso di sconfitta che a volte l’esito di questi conflitti sul posto di lavoro può generare.
Inoltre, se vivi in funzione dei tuoi principi guida, disponi di una bussola interna che ti conferisce sicurezza interiore e ti indirizza nelle scelte, ed è corretto che sia l’unico riferimento rispetto al quale misurarti, piuttosto che preoccuparti della figura da stupido che magari qualcuno ci tiene tanto a farti fare…la summa di questo pensiero è resa bene da questa celebre frase dei Beatles da tenere a mente di fronte a colleghi poco corretti:
[Tweet ““Live and let die”- cit. Beatles”]
In sintesi ti ho parlato di due modi di affrontare i conflitti sul posto di lavoro rispetto all’obiettivo di trovare punti di accordo: uno più utile ed uno non utile.
Ti ho quindi parlato della differenza fra la reattività e la capacità di risposta intesa come proattività: in questi casi le differenze fra uomini e donne non hanno alcuna relazione con la maggiore o minore padronanza di queste softskills!
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Federica Crudeli

UN GIORNO LO FARÒ: IL TEMPO TI È NEMICO ? Parte I
Ciao e Benvenuto a Lavorare col Sorriso!
Come sei messo con la gestione del tempo? Il tempo non ti basta mai? Scopri cosa è “il tempo dei tempi” se vuoi avere a disposizione più tempo, vuoi che il tuo tempo sia fatto di serenità, entusiasmo, passione, vuoi che sia speso a fare cose che ti piacciono con persone che apprezzi e vuoi imparare a gestire efficacemente il tuo tempo rendendolo un tempo di qualità e valore! Leggi questo articolo e scoprirai cosa è!
[Tweet ““Immaginati vecchio, in punto di morte, pieno di rimpianti e di rimorsi.” – cit. A. De Carlo”]
Questa citazione ha molto a che vedere con la gestione del tempo, è tratta da un libro che ho adorato leggere, “Due di due” di A. De Carlo, e ha sorvolato i miei pensieri per 15 anni, fino a quando non è atterrata nella mia mente e ci si è stabilita in modo stabile. Da quel momento sono cambiate tante cose. In meglio.
Cosa voglio dire? Nell’articolo “Come gestisci i tuoi 8 tempi negli 86.400 secondi di ogni giorno” ti ho parlato dell’importanza della gestione del tempo e dello stress.
Dopo aver sentito di recente l’affermazione “il tempo non basta mai”, abbastanza comune, ho deciso di scrivere questo articolo sulla gestione del tempo, partendo da un presupposto diverso.
E nel farlo ti racconto un mio segreto!
Potrei mettermi qui a scrivere tecniche che ho appreso e che uso per la gestione del tempo in modo efficace e che in effetti, se applicate, funzionano.
E ammetto anche che in passato, ho lasciato che trascorresse molto tempo, troppo tempo, fra la lettura di un concetto e la sua applicazione… perché applicarsi comporta fatica e senso di responsabilità, mentre lasciare che le cose vadano un po’ a caso è sempre un buon modo per alleggerirsi distribuendo colpe “a destra e a manca” o al famigerato “destino”.
Sono sempre stata una procrastinatrice incallita con un concetto della gestione del tempo, a volte, un po’ tanto diluito.
Il “poi lo farò” è stato per anni il mio amico immaginario a colazione, pranzo, cena, dopocena, in vacanza. Sapete perché? Perché io, e con me scommetto molti altri esseri umani, in realtà abbiamo una paura mostruosa di capire che certe cose funzionano davvero se applicate, perché significa fare i conti con il concetto “io posso”, e fare i conti con questo concetto significa che la responsabilità di fare cose nella vita è solo e soltanto nelle nostre mani, con i venti a favore o contro.
Abbiamo fatto delle conversazioni luuuuuunghe lunghe inimmaginabili io e il “poi lo farò”. Fino a quando un giorno, molto prepotentemente il “se non ora, quando?” ha soppiantato il “poi lo farò”.
Ci ha pensato la vita a operare questo processo di subentro con dei messaggi inequivocabili a chiare lettere e ha preso “il poi lo farò” per un braccio e lo ha messo all’angolo delle stanze della mia mente.
Devo ringraziare il “se non ora quando” se ho aperto questo blog. Non avrò una seconda vita per fare una delle cose che amo e per realizzare un sogno: ossia scrivere.
Adesso il “se non ora quando” e il “poi lo farò” convivono nella mia testa, fanno ancora a pugni ogni tanto, ma hanno capito che è utile per me che co-esistano. Il “poi lo farò” adesso prende il sopravvento per rimandare questioni poco importanti o quando rischio di tirare troppo la corda e vuole farmi riposare il corpo e la mente.
Quindi per oggi, azzardo e vado oltre al semplice parlarti delle tecniche per la gestione del tempo perché so che quanto leggerai ti porterà a rivedere il tuo concetto di tempo.
E solo dopo questo “reframing” avrà senso parlare di tecniche efficaci di gestione del tempo e dello stress.
Per usare una metafora: pensi abbia senso capire come si usa il cambio automatico della tua macchina, se ancora non hai capito bene quale direzione vuoi che segua la tua macchina e quindi nemmeno come distribuire il tempo che ti serve per arrivare alla meta?
Prendi del tempo per te. Non fare come me, che ne ho fatto passare molto fra la lettura di questo consiglio e il momento della messa in pratica (e mi “mangio i gomiti” ancora adesso per questa indolenza stupida).
Mettiti da solo in silenzio in una stanza e prendi questo esercizio molto sul serio. E’ potentissimo.
Immagina di essere ad un funerale: IL TUO! Sei … morto!
Immagina per filo e per segno chi ci sarà e cosa vorresti che dicessero di te, famigliari, amici, colleghi e le principali cerchie di cui fai parte.
Come vorresti essere ricordato? Scrivi a penna tutto quello che immagini e che vorresti che le persone presenti al tuo funerale dicessero di te: chi vorresti essere stato, cosa vorresti aver realizzato, per cosa vorresti essere ricordato? Osa per favore con l’immaginazione.
Ti stai domandando che senso ha farlo? Ha il senso che in media nella vita tutti noi calchiamo le scene del palcoscenico secondo un copione che a volte abbiamo scelto molto consapevolmente, a volte invece è un “introietto” delle aspettative di: famiglia, chiesa, scuola, società in generale.
Mi sembra inutile dirlo, ma lo dico comunque, che siamo nati nell’era dell’apparenza con tutto quello che ne consegue. Qui adesso ti stai ritagliando da solo l’opportunità e la libertà di immaginarti dentro la vita che TU hai voluto per te. Magari coincide del tutto o in parte con quella che stai vivendo, magari no.
Tutto quello che viviamo, lo costruiamo sempre due volte: la prima nella testa, la seconda nei i fatti.
Quello che vivi adesso infatti, anche se non lo sai, è frutto, a sua volta, di quello che ti sei costruito nella mente prima, solo che non sempre questa creazione mentale è avvenuta consapevolmente.
Adesso invece, questo esercizio ti mette in condizione, se prima non è stato così, di fare la tua costruzione mentale consapevole.
Ed ha molto a che fare con la stessa differenza che esiste fra la leadership e il management: nel primo caso si stabilisce una direzione, nel secondo si gestisce un percorso efficace verso una meta.
Bene. Fatto l’esercizio? Quello che hai scritto ha molto a che fare con la tua mission o scopo nella vita: chi vuoi essere là fuori, con che carattere vuoi manifestarti nel mondo, cosa vuoi realizzare, quali contributi vuoi lasciare.
Per perfezionare questo esercizio e dare valore al tuo passato, (soprattutto qualora il tuo senso di “scopo” evidenzi una distanza sostanziale fra quello che vivi e quello che vorresti vivere in questo momento presente e per il futuro), puoi fare anche un’altra cosa…
Ripensa al tuo passato ricercando tutti i momenti che ricordi come belli o felici. Segnali con calma e guardali: uniti a quello che hai scritto sul tuo funerale hanno qualcosa in comune?
Terminata questa riflessione è tempo di sintetizzarla in un dichiarazione di intenti con te stesso, inquadrandola nella prospettiva che ti restano 365 giorni prima di passare all’altra vita.
Essendo io una amante della corrente pittorica futurista l’ho ribattezzata “Manifesto Futurista” anziché Elogio Funebre come vorrebbe la fonte letteraria da cui è tratto l’esercizio (Le 7 regole del successo di S. Covey”).
Puoi declinarla poi rispetto ai vari ambiti della vita: chi vorresti essere, cosa vorresti realizzare, che contributi vorresti aver dato, cominciando dalla fine, e considerando che ti restano 365 giorni di vita, sul lavoro, in famiglia, con gli amici e così via?
La gestione del tempo come si inquadra in questo discorso? Beh credo che adesso che ti sei costruito una immagine della vita che vuoi per te per filo e per segno, che hai chiarito chi vorrai essere, cosa vorrai aver fatto, con la tua “mission” per realizzarla, hai da impiegare e gestire il tempo secondo il grado di importanza che ne consegue, e ti guiderò a metterlo a punto.
Questa riflessione non finisce qua, ma per il momento, visto che ho sperimentato la potenza di questo esercizio fatto da sola in un luogo e momento scelti per essere concentratissima con l’immaginazione, il corpo, le emozioni, i suoni, i colori, per fare questa visualizzazione, direi che preferisco fermarmi e lasciarti “a decantare” con quanto sarà emerso.
Se invece hai difficoltà a fare l’esercizio stai tranquillo. E’ possibile, soprattutto se non sei abituato, trovare difficili queste visualizzazioni guidate. O magari ti arrivano troppi stimoli tutti in una volta. Stai sereno. L’ordine fra tanto caos arriverà da solo. Basta darsi tempo.
Torniamo alla metafora della macchina, che ho preso in prestito da uno psicoterapeuta che conosco:
- oggi ci siamo occupati di identificare la direzione che vuole seguire la macchina, e ha senso occuparsi della gestione del tempo di viaggio una volta che la meta diventa se non chiarissima da subito, almeno delineata, visto che il concetto di tempo è si oggettivo nel suo scorrere, ma anche molto relativo nella soggettività del viverlo;
- nel prossimo articolo mi occuperò dell’assetto della macchina: capisci bene che una macchina “scarcassata e non manutenuta” farà fatica a percorrere qualsiasi strada e perderà un sacco di tempo;
- dopo ancora, una volta capito come sistemare l’assetto della macchina perché abbia quanto sufficiente e necessario per funzionare (a questo proposito sono comunque utili tutti gli articoli della categoria padronanza e gestione di sè), potremo interessarci delle tecniche vere e proprie di gestione del tempo, per migliorare le prestazioni del motore,
- e poi potremo persino interessarci delle condizioni meteo e stradali del mondo là fuori (e a questo proposito gli articoli della categoria Rapporti Lavorativi hanno a che fare con lo sviluppo di queste skills).
Ti ho parlato della gestione del tempo partendo da un presupposto insolito che però è “il tempo dei tempi”, cioè del senso che acquisisce il tempo in funzione di qualcosa di ben preciso come il tuo “senso di scopo” nella vita.
Adesso che hai realizzato quale scopo sostiene la tua vita, quanto tempo stimi di avere buttato via dietro a cose senza senso?
E quanto pensi da oggi in poi di investirlo in cose che hanno senso per te?
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Federica Crudeli
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