
IL CORPO, MENTE? L’IMPORTANZA DI ASCOLTARE IL CORPO
Ciao e Bentornata/o a Lavorare col Sorriso!
Oggi ti parlo dell’importanza di imparare ad ascoltare il corpo per preservare il benessere, evitare di adeguarsi ad un livello di sopportazione dello stress troppo elevato per noi stessi ed evitare di considerare il corpo come una appendice scontata di noi stessi.
L’ansia di fare brutta figura, di commettere errori, di perdere il lavoro, di essere inadeguati o di incorrere nel giudizio negativo di altri sono alcuni degli esempi di pensieri che a tutti capita di fare.
L’eccesso di intellettualizzazione tipico del nostro mondo occidentale, ci porta spesso ad utilizzare questa qualità straordinaria, che è la capacità di pensare, in modo disfunzionale per il nostro benessere …quando in realtà, sarebbe bene poterla utilizzare a nostro vantaggio.
Perché usare spesso e solo la mente, senza mai ascoltare il corpo? Oppure rispettandolo poco?
Misuriamo il nostro dispendio energetico in termini di metabolismo e calorie accumulate e bruciate: siamo dunque produttori e consumatori di energia , anche se per questa attività per fortuna ancora non paghiamo tasse o “bollette”. Non diciamolo troppo forte, sia mai che qualcuno arrivi a tassare anche il metabolismo …
La vita mediamente sedentaria di un lavoratore in azienda, costretto spesso: a stare davanti al PC per buona parte della giornata, a mangiare spesso fuori per trasferte lavorative, a saltare pranzi o cene per rispettare scadenze, orari, riunioni incide sul nostro sistema energetico e sul metabolismo.
Non ultimo trascurare il corpo può anche avere riverberi sulla struttura muscolare che nel tempo a causa della sedentaretà prevalente perde di flessibilità, mobilità e resistenza originando magari cervicali, lombalgie croniche (solo per citarne alcune) che sono fastidi tipici di chi sta molto spesso seduto.
L’affollamento di attività da svolgere, accompagnato da eccessi di ansie ed insicurezze può rendere molto stanchi, spossati, come se ci avessero messo dentro ad una lavatrice, eppure, normalmente nè spostiamo carichi pesanti, nè facciamo lavori di fatica fisica così pesanti da giustificare questo senso di stanchezza.
Ma quante delle cose che ti sono richieste giornalmente le fai realmente utilizzando quella parte di pensiero utile e funzionale al da farsi, e quanto invece con una produzione eccessiva di pensieri collaterali a quello che realmente sarebbero richiesti dal “qui e ora” di quello che stai facendo?
E quanto tempo spendi invece ad ascoltare il corpo facendo un po’ di silenzio mentale?
Scommetto poco, a meno che qualche fastidio non ti costringa a farlo.
Noi SIAMO un corpo. Il corpo non è quella cosa che ci porta a spasso ma quello di cui siamo fatti. Sembra banale ma non lo è.
Quale affermazione ti viene spontanea se pensi al tuo corpo? Sono un corpo oppure ho un corpo?
Nella mia esperienza di counselor la maggior parte delle persone usa l’espressione HO UN CORPO. Penso che questo sia molto indicativo di quanto ci identifichiamo solo con la mente.
Comincia a farci caso ripensando magari ai disturbi fisici di salute che hai avuto nel tempo.
In alcuni casi li hai avuti in corrispondenza di periodi di stress, di nervoso sul lavoro, o magari dopo qualche litigata con capi/colleghi/famigliari etc?
Vista l’importanza che ha ascoltare il corpo, nei miei percorsi, quando la situazione lo richiede, utilizzo degli esercizi di bioenergetica per favorire l’eliminazione di rigidità fisiche.
Cos’è la Bioenergetica?
Vivere nel piacere e godersi la vita: questo quello che rappresenta per me la Bioenergetica che racchiude di fatti in sé le parole vita (bio) ed energia.
Oggi applicata nel trattamento dello stress e delle rigidità muscolari anche al di fuori dell’ambito strettamente psico-terapeutico, la Bioenergetica nasce come una psicoterapie corporea.
È stata messa a punto da Alexander Lowen, un avvocato e sportivo, con la passione per l’atletica leggera prima, divenuto poi anche psicoterapeuta e psichiatra statunitense, nato nel 1910 e deceduto nel 2008 a ben 98 anni.
L’età in cui ha lasciato questa terra credo sia una buona indicazione di come l’aver vissuto secondo l’approccio da lui stesso diffuso abbia funzionato in concreto.
La Bioenergetica parte dall’assunto che corpo e mente sono strettamente connessi, al punto che quanto accade nell’uno si riverbera sull’altro e viceversa. Un individuo sano è “fluido” nei suoi movimenti, nel senso che la sua energia fluisce in modo armonioso nel corpo senza “bloccarsi” in rigidità muscolari “cronicizzate”.
Specifici esercizi, praticabili anche da soli a casa, focalizzati sul respiro, sul “grounding” ossia la capacità di “essere radicati a terra” o assertivi, e su piccoli movimenti graduali e lenti, ti aiutano a migliorare la consapevolezza, padronanza ed espressività di te stesso, ad allentare tensioni muscolari e stress, riscoprendo delle spontanee e liberatorie “vibrazioni” nel corpo che sono indicatori di un corpo effettivamente “vivo”.
Non a caso, la morte viene normalmente indicata con il termine “rigor mortis” che sta a richiamare il concetto di “rigidità definitiva”.
Prendersi cura di se stessi significa evitare, da vivi, di restare intrappolati in eccessi di rigidità che impediscono ai normali processi energetici quali respiro e metabolismo, di fluire spontaneamente e liberamente.
Lo stress è la causa di uno di questi eccessi di rigidità.
Sottolineo che questa condizione di benessere vibrante (anche a livello muscolare), non coincide necessariamente con quella di uno sportivo. Alexander Lowen, che per primo ha gareggiato in competizioni di atletica leggera, ad un certo punto della sua vita, approfonditi gli studi sulle dinamiche caratteriali e somatiche, realizzò quanto poco conoscesse il suo corpo in termini di governo della propria capacità espressiva e conoscenza di sè aprendo di conseguenza anche una finestra sulle strette connessioni esistenti fra il corpo e i vissuti cognitivi ed emotivi.
Lo sport è un’ottimo modo per ricercare benessere e sfogare lo stress. Ma da questo ad imparare ad ascoltare il corpo e usarlo non per una competizione sportiva ma per prendere coscienza dei propri vissuti cognitivi – emotivi – e corporei nel QUI e ORA, volgendoli a nostro vantaggio ci passa una enorme differenza.
Oserei dire la stessa differenza che corre fra la cura di un sintomo e l’individuazione delle reali cause che determinano uno stato di mal-essere che tende a ripresentarsi se non anche a cronicizzarsi.
Comincia a dedicare un pò di tempo coltivando del sano ozio come suggerisco in questo articolo (link). Oziare è gratis!
Se invece senti di avere qualche disturbo cronicizzato o qualche sintomatologia ricorrente considera di fruire del mio percorso “Lavora col Sorriso”: possiamo esplorare il significato simbolico dei vissuti corporei e scoprire come uscire da situazioni di empasse.
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Federica Crudeli
LA VERA DISABILITÀ È FISICA O MENTALE? UNA LEZIONE DI VITA E 5 RISPOSTE – PARTE II
Ciao Bentornata/o a Lavorare col Sorriso!
Proseguo questa settimana l’articolo “La vera disabilità è fisica o mentale? Una lezione di vita e 2 riposte – Parte I” iniziato la scorsa settimana per indurre un riflessione sulla vita lavorativa e non, e su come valorizzare al meglio il nostro tempo.
Oggi ospito le successive 5 domande che ho posto a Nicola Codega, 46 anni, un mio ex compagno di università, ex atleta, che dal 1998 è paralizzato su una sedia a rotelle dopo un brutto incidente procuratogli da un guidatore distratto.
[Tweet ““ Se io posso volare con la mia sedia, voi potere volare con la mente”– cit. Nicola Codega “]
La scorsa volta ci hai parlato di come affronti oggi le sue difficoltà e dell’importanza che ha avuto per te lo sport prima dell’incidente e che ha ancora adesso.
Mi colpisce molto il fatto che tu abbia provato più sport da poter praticare da seduto: sei andato per tentativi fino a trovare quello che, come dici tu, rispecchia meglio l’istintività del tuo carattere. Insomma, ti sei buttato e hai agito!
Una bella lezione rispetto alla colpevolizzazione che possiamo attuare verso noi stessi quando pensiamo di “arrivare troppo tardi” a capire delle cose di noi, dimenticandoci che la vita è un percorso che procede per tentativi ed errori attraverso lo sperimentare concreto delle esperienze.
Uno dei problemi che più frequentemente mi riportano i lettori è l’ansia: ossia la paura di non essere all’altezza di attività o incarichi, o la paura di sbagliare, o il timore del giudizio altrui. Insomma una “paralisi” mentale a fronte di una qualche necessità di “buttarsi”.
Paure che limitano, bloccano e inibiscono il fare concreto con una certa serenità.
Oltre ad aver sperimentato il teatro e nuove sfide sportive, hai tenuto molti discorsi in pubblico e quindi ti sei esposto anche alla paura di non dire le cose giuste, al timore di cosa avrebbero pensato gli altri di te …
F – Domanda 3
Che rapporto hai con la paura nel fare cose nuove e come ti rapporti al “giudizio altrui” oggi?
N – Risposta 3
L’ansia fa parte di me, fa parte di voi, fa parte di tutti.
Quelli che dicono che non ne soffrono magari ne soffrono più di noi ma non lo vogliono ammettere.
Quando viviamo l’ attesa di un appuntamento importante che sia di lavoro che sia sentimentale che sia di qualsivoglia natura è normalissimo che ci sia l’ansia perché se non ci fosse significherebbe che in realtà quello che aspettiamo non è per noi così rilevante.
L’ ansia, il timore di non farcela, l’ho provato tantissime volte: prima di una gara importante, di una partita, prima di salire sul palco per recitare e prima di parlare ad un evento.
Il l timore c’è sempre ma poi riesco a trasformare l’ emozione in adrenalina e in energia che esterno dando il meglio di me.
È questo che dovete fare: buttarvi, lanciarvi, come dicevo prima, altrimenti mai e poi mai saprete come sarebbe andata a finire.
Se ci provate potete anche sbagliare ma almeno l’avete fatto e vedrete che la prossima volta andrà sicuramente meglio, soprattutto per i nuovi incarichi.
Se rimanete al vostro posticino, la vostra sedia sarà sempre quella, i colleghi sempre quelli: la scrivania al solito posto, il cestino al solito posto, il pc nella stessa posizione.
L’incarico nuovo è tutto nuovo, ufficio nuovo, scrivania nuova: voi potreste essere migliori, potreste trovarvi meglio coi colleghi, soprattutto potreste trovare nuovi stimoli e mettervi in gioco perché la vita è fatta di sfide sia nel lavoro che nel privato e se non vi mettete in gioco non saprete mai in fondo chi siete voi, chi siete realmente e cosa volete e difficilmente riuscirete a dare tutto ciò che volete sia nel lavoro che a un vostro partner e non avrete successo nella vita … rimarrete a coltivare il vostro piccolo orticello senza aver scoperto in realtà quanto valete e quanto avete da dare come persona.
F – Domanda 4
Condivido questo punto di vista. Siamo abituati a pensare che l’ansia sia uno stato d’animo di cui liberarsi, senza renderci conto che intanto la proviamo in quanto vivi, e poi che anche quella può essere un motore positivo, una spinta e non qualcosa da debellare, se trasformata in adrenalina anzichè in terrore.
Ho una curiosità … a proposito di adrenalina. Quando devi fare una scelta, cosa ti guida?
N – Risposta 4
Quando devo fare una scelta cerco di essere il più possibile razionale, perché il mio carattere istintivo mi porterebbe a decidere in fretta: da ragazzo, essendo una persona impulsiva, ho preso molto fregature.
Poi, un po’ per l’incidente, un po’ per l’avanzare dell’età, sono diventato molto più riflessivo sia nella vita privata che al lavoro.
Quando mi trovo davanti ad un bivio, prima cerco di prendere più tempo possibile per rimandare la decisione e pensarci bene, nel frattempo pondero i pro e i contro di entrambe le strade che mi si prospettano davanti.
Alla fine cerco sempre di metterci un pochino di razionalità, ma non troppa, perché qualsiasi cosa tu faccia se non ci metti un minimo di passione è molto difficile che tu ottenga dei buoni risultati.
Paradossalmente la mia nuova condizione fisica mi ha aiutato ad usare più la testa soprattutto nel quotidiano, a esser più ordinato e attento: non muovendo più le gambe e non controllando più intestino e vescica prima di uscire di casa, prima di spostarmi dalla sedia al divano, al letto o alla macchina devo prestare molta attenzione perché le conseguenze possono significare interventi e mesi e mesi di ospedale.
La “sedia “ tanto mi ha tolto ma tanto mi ha dato: mi ha dato più maturità (sono sempre stato un eterno bambinone sia nei momenti di gioia che nei momenti difficili), mi ha fatto vincere molte paure, mi ha fatto vincere tante nuove sfide perché l’aver passato tanto tempo in camere di ospedale, in sale operatorie e in centri di riabilitazione, paradossalmente fortifica.
Ti senti grande perché ce l’hai fatta a inventarti una nuova vita, certamente diversa da quella di prima ma non per questo avara di soddisfazioni.
Quando riesci a ottenere qualcosa per il quale hai lottato tanto, da seduto c’è molta più gratifica che da normodotato: non scorderò mai le emozioni quando mi sono laureato, quando ho vinto le prime partite a tennis, i primi tornei, le prime volte che ho calcato il palco, che ho volato col mago e i tanti complimenti ricevuti dopo aver letto i miei libri o dopo avermi sentito parlare.
Ricordatevi sempre che le barriere più alte da superare, da scalvalcare, da abbattere non sono quelle che esistono, non sono quelle reali, ma sono quelle che la nostra mente crea.
F – Domanda 5
Insomma capisco che oggi di fronte ad una scelta usi un Mix fra cuore e ragione!
Ho letto i tuoi due libri: li ho trovati autentici, scritti col cuore, e che rispecchiano tutto il fermento mentale che ti caratterizza da sempre come persona, anche prima dell’incidente.
Nel tuo libro dici che la forza di andare avanti l’hai trovata in te stesso. Ci spieghi meglio cosa intendi dire?
N – Risposta 5
Se prima dell’ incidente mi aveste detto che sarei rimasto in carrozzina vi avrei riposto che non ce l’avrei fatta, invece mi è venuta fuori la forza, una forza che non immaginavo neanche di avere, ma l’ho trovata grazie ai miei genitori, grazie allo sport, grazie ai miei amici e grazie a me stesso …
Mi sono guardato dentro, ho scavato e ho trovato la forza per reagire e ora paradossalmente sono più forte di prima.
La forza mi è venuta anche guardando gli altri: vedevo che le altre persone reagivano, vedevo ragazzi più giovani di me , vedevo anziani che sorridevano anche se erano sulla sedia, pensavo a quelli che non ce l’avevano fatta mentre io ero ancora vivo e mi domandavo: “perché anch’io non ce la dovrei fare ?”
Lo stesso per le nuove “sfide” come tornare sugli sci o sott’acqua: all’inizio avevo paura, poi vedevo altri che ce la facevano così mi facevo forza, mi son buttato ed è stato più facile del previsto.
Come mi è capitato col libro: ho letto delle pubblicazioni di persone che hanno subito un trauma e mi son chiesto “Lo fanno loro perché non provarci anch’io?”.
Così è stato! Poi mi è andata bene e non ho scoperto solo le mie doti nascoste di scrittore, ma anche quelle di oratore.
Ho raccontato la mia storia ad eventi istituzionali, sportivi, negli ospedali e nelle scuole: notavo che la gente mi stava ad ascoltare interessata e coinvolta.
È bellissimo quando vengono da te e ti ringraziano perché dalla tue parole riescono a tirarsi su, a capire che quelli che loro chiamano problemi in realtà sono solo bazzecole in confronto ai miei.
Ti si riempie il cuore quando fai ritrovare il sorriso alle persone che soffrono per qualsiasi cosa. Il dolore è soggettivo: se subìto in prima persona è amplificato, io posso star male per un raffreddore, mentre un’altra persona non sta male neanche per una polmonite.
Io ho cambiato la mia vita dopo un trauma: mi sono reinventato trovando nuovi stimoli e nuove motivazioni ma altre persone con disabilità hanno cambiato il mondo.
Recentemente è venuto a mancare Stephen Hawking: cosmologo, matematico, astrofisico che con la teoria dei buchi neri ha rivoluzionato la fisica nonostante avesse la Sla.
Gli fu diagnostica a soli 13 anni , i medici gli diedero 2 anni di vita, ma visse fino a 76 anni e dall’età di 20 parlò tramite un pc installato sulla sua sedia a rotelle.
Nonostante tutto ciò dicevano che avesse lo stesso QI di Einstein e la sua immagine divenne un’icona: partecipò a film, documentari e pubblicità. Si sposò due volte ed ebbe 3 figli.
Altro genio fu Alan Turing: avete presente la mela della Apple?
Dicono che si siano ispirati a lui .
Fu colui che inventò il pc e fece vincere la seconda guerra mondiale all’inghilterra leggendo i messaggi criptati dei nazisti tramite “Enigma” ( macchina da lui inventata) .
Lui era omosessuale, condizione ritenuta al tempo illegale dagli inglesi, così, dopo aver finito la sua missione di spionaggio, fece outing e fu messo davanti a un bivio: o la galera o gli psicofarmaci.
Scelse la seconda opzione così andò fuori di testa e si suicidò mordendo una mela avvelenata (vedi film “ Imitation game” ).
Oppure pensate al premio Nobel Nash nel film “Beautiful Mind”: era schizofrenico, eppure ha inventato la Teoria dei Giochi che è rimasta nella storia.
Quindi, io mi son ripreso in mano la mia vita dopo un grave trauma, queste persone, nonostante una condizione svantaggiosa hanno rivoluzionato il mondo, e voi non riuscite a vincere le vostre paure?
Non vi dico di cambiare l’universo ma solo di migliorare la vostra vita!
F – Domanda 6
Bisognerebbe sempre tenere a mente tutti questi esempi! E proprio seguendo la grinta di questi esempi, ti domando quali progetti hai per il tuo futuro? Quali sfide ti sei posto?
N – Risposta 6
I miei progetti per il futuro sono di continuare a diffondere il mio “ Sempre in piedi “ a più persone possibili, come ho fatto fin ora (nelle scuole, negli ospedali, negli eventi sportivi e istituzionali ) continuare ad aiutare le persone che non ce la fanno o meglio che credono, che pensano di non farcela a raggiungere i loro obiettivi, i loro traguardi per migliorare la loro qualità di vita.
Vorrei trovare nuove sfide, perché se non mi pongo nuovi obiettivi mi sento piatto e mi annoio: quando ho finito di organizzare un evento non ho neanche il tempo di riposarmi perché penso subito al prossimo perché non mi piace fermarmi .
Vorrei conseguire risultati di prestigio nel tennis che ormai è il mio sport, il mio modo per sfogarmi, per sentirmi sempre vivo e in competizione.
Vorrei organizzare altri spettacoli col mio amico mago Erix Logan: lo scorso anno sono stato il primo uomo al mondo a “volare “ su una carrozzina.
Lo show si chiudeva col messaggio: “Se io posso “ volare “ con la sedia voi potete farlo con la testa”.
È stata una grandissima emozione sia per me, sia per le persone che hanno assistito agli eventi.
F – Domanda 7
Direi di si … direi che se tu hai potuto volare sulla tua carozzina, noi “normodotati” possiamo volare con la mente ovunque e andarci a prendere dalla vita quello che vogliamo senza scuse. Quale messaggio vorresti lasciare a chi sta leggendo, sulla vita in generale?
N – Risposta 7
Il messaggio che vorrei lanciare è tutto nel titolo dei miei libri “ Sempre in piedi”.
La vita è come un palcoscenico: voi, e solo voi, dovete decidere se essere attori protagonisti o semplici comparse, se indirizzare la vostra vita o se lasciarvi trasportare dagli eventi.
Dovete guardare voi stessi, solo voi, non rincorrete miti o presunti tali ….pensate che le persone famose siano tutte felici perché possono avere ciò che vogliono quando e come vogliono ?
Spesso sono le persone più tristi, basta vedere in quante si son tolte la vita, perché sono circondate da gente, gente e ancora gente, hanno 10.000.000 di followers sui social ma in realtà sono le più sole perché quelli che gli stanno intorno lo fanno solo per la loro notorietà e non per come sono dentro. Perché quando ottengono una cosa non sono soddisfatti ma ne vogliono subito un’altra.
Trovano un partner al minuto ma difficilmente troveranno quello per tutta la vita, quello/a che li ama per come sono.
Vorrebbero vedere il sorriso sincero e gli occhi lucidi della vostra lei /lui quando vi dicono ti amo.
Possono comprarsi ciò che vogliono ma che soddisfazione hanno ad avere tutto ciò che desiderano?
Volete paragonare tutto ciò alla gioia che provate voi a comprarvi la vostra macchina coi soldi che vi siete guadagnati col vostro lavoro o quando estinguerete il mutuo e finalmente la casa sarà vostra?
In queste persone ci potrebbe essere anche il vostro capo: cercato e ricercato in continuazione in azienda ma solo per il ruolo che occupa. Magari quando torna a casa la sera è sempre solo o ha pochi amici, mentre voi che vi contattano sempre e solo i soliti colleghi, fuori dal lavoro siete pieni di interessi e di amicizie.
Ènormale che ci sia dell’ invidia per il collega più bravo o per il capo per la posizione che occupa ma non deve essere un limite o un muro, dovete esser bravi voi a trasformare l’invidia in ammirazione e in stimolo per fare sempre meglio e diventare migliori di loro.
Anche perché in tutte le aziende se non si è in pace con se stessi non si può esserlo con gli altri, le altre persone percepiscono subito il vostro malessere e si finisce col rovinare l’atmosfera, l’aria si fa sempre più pesante e tutto l’ufficio ne risente.
Vi lascio con la mia frase: cercate di stare SEMPRE IN PIEDI non tanto con le gambe ma anche e soprattutto con la vostra testa perché solo così riuscirete ad avere una vita migliore.
Ringrazio Nicola per avermi dato la possibilità di lasciare nel mio sito la sua testimonianza su temi quali la gestione di rapporti difficili, lo sport, le scelte, le sfide future, le paure, la forza interiore. Sono onorata e commossa, anche se dalla tastiera non si può vedere.
Auguro a Nicola di continuare così, con questa forza che ai miei occhi appare sovraumana, con questa voglia di porsi sempre nuove sfide, con questo desiderio di tratte il meglio dalla situazione che vive, con questo suo essere di esempio per tutti.
E a te lettore, alle prese con le tue difficoltà, domando: quali scuse decidi di accantonare oggi, per brillare davvero quanto potresti?
Quando pensi di non farcela, o ti senti stanco, torna a rileggerti questo articolo e chiediti se la tua disabilità è reale, o solo frutto dei brutti pensieri che fai in merito alle esperienze che vivi.
Se vuoi acquistare i libri scritti da Nicola puoi contattarlo all’indirizzo mail:
nicola150672@gmail.com
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A presto e grazie!
Federica Crudeli
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CARRIERA: TI SENTI SENZA GLORIA?
Ciao e Bentornato a Lavorare col Sorriso!
Oggi parliamo di carriera: ti senti poco valorizzato/a, ad un punto morto, di stallo, della tua carriera?
Ecco 9 domande a cui è bene tu dia una risposta se vuoi lavorare col sorriso. Seguimi!
Ti avviso: non ci andrò molto per il sottile. Se ti senti fragile smettila di leggere.
Sei nella seguente situazione:
Hai dato, dato, dato … il tuo tempo, le tue energie, raggiunto obiettivi sfidanti, regalato il tuo equilibrio emotivo impeccabile, eppure non ti vedi riconosciuto alcuno scatto di carriera (di ruolo e/o economico).
Sei fermo/a sempre al solito punto. E “covi” un misto di rabbia, nervoso, frustrazione.
Ricevi solo pacche sulle spalle e apprezzamenti per il lavoro svolto dal parte del tuo capo (avolte).
Diciamo che hai attestazioni di stima.
Sappiamo bene però che con la stima non ci compri la casa e neppure paghi le bollette (ormai quadruplicate).
Ti senti un/una bastardo/a senza gloria (per citare in modo un po’ forte il mio amato Tarantino): né infamie, poche lodi, e magari vedi il tuo vicino di scrivania lanciato per le dune siderali della carriera.
Magari ti confronti e ti rendi anche conto che tu non hai poi così tante meno capacità di altri, eppure, sei lì, immobile come una statua di sale nel Mar Morto.
Ti senti avvilito/a, frustrato/a, e pieno di sacchettini di veleno magari, che non disdegni di somministrare a chi ti capita a tiro.
Che fare per tornare a sorridere? Intanto farti almeno 3 domande, che possono apparire banali, ma per esperienza, non lo sono affatto.
Quando le cose nella vita non si mettono come vogliamo tutti tendiamo a sprofondare nel nostro orticello di negatività perdendo di vista il contesto più generale, che può allargare gli orizzonti e aiutare a vivere meglio.
Tendiamo insomma a focalizzarci sul negativo, restringendo la visuale dai potenziali 360° a 35°, ad esempio.
1 – le tue aspettative di carriera, sono ragionevoli in termini di tempo, per il contesto aziendale di cui fai parte?
Voglio dire: sei talmente focalizzato/a sul volere quel ruolo, da perdere di vista che quel ruolo, in media, è accessibile in media dopo x anni? Se ti aspetti una promozione dopo 3 anni, supponiamo, mentre la media con cui ciò avviene è di 5, forse ti stai avvelenando per nulla. Il fatto che tu sia “super” potrebbe non sposarsi bene con il resto del contesto.
2 – esistono nel tuo contesto reali spazi di crescita orizzontale o verticale? Se la riposta è no, anche qui ti stai avvelenando inutilmente. Ci sono cose che non dipendono da te, e fino a quando le circostanze non si faranno più favorevoli, o tu non ti adopererai per crearle, è inutile che ti danni l’anima.
3 – se ambisci ad aumenti di stipendio o premi, quello che vorresti, è negato a te, o magari è in realtà negato a tutti coloro che sono in una situazione simile alla tua? Come funzionano le politiche retributive? Che periodicità anno? A chi sono rivolte?
Sto dando anche per scontato che tu sappia che esisterà sempre un fisiologico gap fra quello che pensi di meritarti e quello che ti viene riconosciuto. Questo caso non lo considero neppure.
Voglio dire … prima di “avvilirti” inutilmente, e sentirti una pecora nera, uno/una sfigato/a a cui va tutto storto, accertati di guardare alla situazione in modo più ampio. Magari ti accorgi che il mondo non è in combutta contro di te e che non c’è una cospirazione cosmica a tuo danno.
Ciò non toglie che la tua frustrazione resti, ma quantomeno potrebbe assumere dei connotati diversi, e magari al momento giusto, con le circostanze “buone”, quanto ti aspetti potrebbe esserti riconosciuto (sempre che tu lo abbia espresso a chi di dovere).
Se invece hai verificato che per tempi, spazi e politiche retributive quanto ti aspetti è più che ragionevole, allora la cosa si mette diversamente.
Ipotizziamo quindi che esistano le condizioni di contesto “giuste” e che tu abbia espresso le tue esigenze a chi di dovere e nulla si sia mosso.
Hai ricevuto come risposta, magari più e più volte, quelle promesse di carriera vaghe stile nebbia in Val Padana: lei è una persona seria, affidabile, puntiamo su di lei, la stimiamo, crediamo nelle sue potenzialità, continui così che arriverà il suo momento, il suo impegno sarà premiato. O qualcosa di simile.
Poniamo anche il caso che tu sia una persona abbastanza intelligente da sapere che una promessa vaga di carriera, senza una scadenza e senza una minima indicazione di contenuto plausibile, è una presa in giro.
E ipotizziamo pure che tu per mantenere certi equilibri, per educazione etc. abbia finto di credere a queste promesse, certo però del fatto che se anche sono vaghe, però in te ci credono sul serio e ti daranno davvero quello che vuoi appena possibile.
Sorge un problema: che questo “appena possibile” potrebbe anche non arrivare mai per “n” motivi. O magari la congiuntura aziendale potrebbe restarti avversa per un periodo non definibile. Questa parte da “senza gloria” ti piace tanto?
Invertiamo i “panni”: cosa faresti se fossi tu l’ imprenditore con risorse limitate e problemi di budget da gestire, a godere di lavoratori indefessi, meritevoli, preparati, competenti che risolvono problemi, sgobbano a man bassa senza fiatare, che magari fanno straordinari senza neppure farseli pagare, al costo lavoro fermo da anni?
Intuisci vero cosa intendo dire ? 🙂
Quindi … quali altre domande puoi farti, a parte “ingrugnirti” passivamente, per ritrovare il sorriso?
4 – Voglio continuare così?
Per quanto? A cosa sto rinunciando oggi? Penso ne valga la pena? È comunque un piacere oppure sono solo soffocato/a dal senso del dovere? Quanto è importante per me la carriera?
Se adesso ti senti senza gloria, secondo te andando avanti nel tempo il tuo livello di frustrazione potrà diminuire o pensi di saperlo accettare serenamente?
A parte chiamarmi per tagliare il nastro di inaugurazione quando ti dedicheranno la statua in onore al/la più grande martire del lavoro, l’importante è che tu sappia bene a cosa vai incontro e che tu lo scelga consapevolmente.
Fare una scelta consapevole e ponderata in questo senso, proprio perchè è una scelta, in teoria dovrebbe regalarti un sorriso di serenità. Non ha senso vivere male se sei tu a sceglierlo!
A questo proposito ti invito a testare il tuo livello di motivazione leggendo l’articolo “Motivazione sotto ai piedi appena sveglio? Riportala su!”
5 – voglio richiedere espressamente al mio capo o chi di competenza uno scatto di carriera/promozione/stipendio , stavolta strappando una indicazione di data certa, e percorso di crescita descritta non dico nei minimi dettagli, ma almeno che abbia un fondamento di realtà? (se ti promettono di farti responsabile all’ufficio marchi e brevetti industriali in una banca… ecco…serve che vado oltre? …).
Se vuoi muoverti in questo senso, per “rivendicare” quanto desideri è opportuno che ti prepari il tavolo delle trattative.
Anche questo può sembrare banale ma non lo è affatto! Se non hai una idea chiara, precisa, specifica, di cosa vorresti e quando lo vorresti e di tutti i fatti che supportano e sostanziano la validità della tua richiesta, sei fuori strada!
Preparati quindi un elenco di fatti, obiettivi raggiunti, attività che pensi di aver fatto oltre alla tua stretta competenza con buoni risultati, problemi che hai risolto efficacemente non solo a tuo parere ma anche di altri.
Fai mente locale a tutte le cose positive che hai fatto e che possono giustificare la tua richiesta. Non lasciare nulla al caso!
Preparati anche a gestire eventuali obiezioni, prevedendo in anticipo possibili risposte sensate alle possibili contro argomentazioni che pensi di poter ricevere.
6 – ho voglia di mandare il mio CV ad altre aziende?
Si è vero che c’è la crisi. Ma non escluderei altre strade a priori. Valutare quanto è apprezzata la tua professionalità sul mercato del lavoro pensi che sia inutile, anche per la tua autostima? Anche solo per misurarti in altro contesto?
Cosa ti trattiene dal farlo?
7 – se tentando le strade 1 e 2 nulla si muove… posso/voglio considerare l’ipotesi di “rallentare” il ritmo o iniziare a porre maggiori confini e limiti alla mia disponibilità infinita, un poco alla volta?
Smetterla di dare oltre misura energie e tempo che ti rendono frustrato, ti fa così paura? Ti fa sentire in colpa? Sei obbligato dalle circostanze?
Lo sai che il senso di colpa ha ragione di esistere solo se una persona non può dire a se stessa di aver dato il massimo per le circostanze (e abbiamo visto non essere il tuo caso) e che in caso contrario è solo un fardello inutile?
8 – Cosa ti impedisce di rallentare, se è questo che intendi fare? Sei spaventato dalle conseguenze?
Lo hai già iniziato a fare? Cosa è successo? Che effetti si producono? cataclismi? Crolli di palazzi? Utili ribassati in 3 giorni di milioni di dollari per colpa tua?
Molte persone sono oggettivamente obbligate a dare all’infinito, ma ne esistono anche molte altre che, schiave del loro senso del dovere, si auto-convincono di non poter rallentare il ritmo anche quando sarebbe possibile, magari cominciando a fare le cose con più calma, magari evitando di prendersi carichi non di propria competenza, magari iniziando a rivendicare un’orario di uscita “normale” almeno un giorno alla settimana.
Insomma ti suggerisco, se questo dare infinito dipende in gran parte da come ti sei sempre posto/a, di cominciare a dare piccoli segnali di miniore disponibilità, per riprendere progressivamente maggiore spazio vitale e porre dei confini più marcati e meno valicabili.
Altra via di fuga …
9 – In quale altro modo potresti investire tempo ed energie per ritrovare il sorriso e anche la carica per lavorare a cuore più leggero, prendendoti una pausa dall’avvelenamento quotidiano?
Ce le hai delle passioni? No??? Cercatele! È grave! La vita è una sola. Passarla lamentandoti senza cambiare una virgola, ti sembra costruttivo per te stesso? Pensi che possa magicamente renderti felice?
Se però hai dato talmente tanto te stesso sul lavoro negli ultimi tempi o anni al punto che non riesci ad uscire da questo loop, ma non perché non vorresti, ma perché non hai idea di cosa altro fare fuori dall’ufficio, tu hai un problema serio del quale è bene che ti occupi quanto prima.
Lo stress esagerato protratto nel tempo libera quantità di cortisolo nel sangue che fanno solo male. Senza contare quanto la negatività sparsa sia contagiosa e deleteria per te e tutti coloro che ti sono affianco, sul lavoro e fuori.
Hai valutato sino ad oggi quanto il tuo avvelenamento si ripercuota su altri settori della vita? Sei irritabile anche con i tuoi affetti? Con gli amici? Ti stai isolando? Cosa rischi di perdere su altri fronti?
Esistono gli amici, lo sport, gli hobby, i teatri, i cinema, le partite, i concerti, gli affetti, o più in generale quella cosa che si chiama vita. Ti fa così tanto schifo?
Ti identifichi al punto con il tuo lavoro che non riesci a connotarti se non come “futuro manager di x“?
Se così è, hai valutato che il lavoro è uno dei mezzi di realizzazione per sperimentare gli stati d’animo che più frequentemente desideriamo?
E gli stati d’animo che più frequentemente desideriamo vivere, non sono perseguibili solo tramite il lavoro?
Certo, per ognuno di noi il lavoro è una parte molto importante della vita. Nessuno intende negarlo. Ma proprio per questo, a maggior ragione, ha senso continuare a “dare” in un lavoro che ti spreme come un limone e ti fa sperimentare quantità di frustrazione su scala industriale crescenti?
Abbiamo visto assieme 9 domande a cui puoi dare riposta: hai intenzione di fare nulla e continuare così?
Alcune soluzioni esistono!
Se vuoi una mano ad uscire dal loop della disponibilità infinita prenotati una call gratuita qui. Ti ricontatterò entro 24 h.
Se pensi che nella tua azienda ci sia bisogno di formazione sulle soft skills per ampliare gli orizzonti e aiutare i capi ad organizzarsi meglio e a gestire meglio le persone, parla di me!
Commenta nel box in fondo alla pagina, lasciandomi le tue riflessioni.
Grazie
Federica Crudeli
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VUOI UN 2017 LAVORATIVO STREPITOSO? METTI 7 PASSI NEL VERSO GIUSTO
Ciao e Bentornato a Lavorare col Sorriso!
Vuoi un 2017 lavorativo strepitoso? Inizialo mettendo 7 passi nel verso giusto!
[Tweet ““ Il mondo appartiene a chi crede nella bellezza dei propri sogni” – cit. E. Roosvelt”]
Il tuo 2017 può darti benessere sul lavoro e partire davvero bene se hai idea di come investire le tue energie nel modo giusto e funzionale per te.
Il 2016: come si chiude? In attivo o in passivo? È tempo di bilanci non solo per la tua azienda ma anche per te.
Nel lavoro potrai dare il meglio se e solo se, hai una idea di come sta andando la tua vita a tutto tondo.
Il lavoro è solo una delle aree della vita, per altro fortemente influenzata da tutte le altre.
Così come il tuo rendimento è strettamente legato alla possibilità di rigenerarti: se guidi la tua macchina sempre con il piede sull’accelleratore senza frenare mai, sappi che corri dei rischi.
Gli effetti dello stress prima o poi si faranno sentire.
Sei proprio sicuro di avere una visione completa di come sia andato questo 2016? Scommetto di no!
E sai perché? Perché ognuno di noi, spontaneamente, ha la malsana tendenza a ricordarsi 4 o 5 cose andate male perdendo di vista tutto il resto!
Vediamo come è bene per te orientarti in vista del nuovo anno.
Prendo spunto dal testo di Franco Nanetti “Coaching Life” (link di affiliazione).
Passo n° 1 – Lavoro
Hai la sensazione di aver raccolto quanto hai seminato?
Posto che in qualsiasi ruolo e posto di lavoro è fisiologico e normale che esista un gap fra quanto “dai” e quanto “ricevi”, nel complesso ti senti soddisfatto valutando il tuo stato attuale in termini di tipologia di lavoro, trattamento economico, ambiente aziendale, rapporto con capi e colleghi?
Vivi perennemente in ansia e competizione?
Quali emozioni ti accompagnano più di frequente nella giornata lavorativa?
Ti svegli motivato la mattina?
Se vuoi fare una valutazione più completa sul tuo stato di motivazione al lavoro questo articolo fa per te: “Motivazione sotto ai piedi appena sveglio? Riportala su!”.
Se vuoi fare il punto su quanto il tuo lavoro sia ora in sintonia con il tuo “essere” ti invito a leggere questi articoli: “Un giorno lo farò: il tempo ti è nemico?” Parte I e II.
Passo n° 2 – Affetti
I tuoi rapporti con i famigliari e gli amici come sono? Li hai coltivati? Pensi di averci dedicato poco/troppo tempo?
Senti che avresti voglia di nuove amicizie o di rivalutare alcuni legami?
Sono legami “reciproci” e soddisfacenti?
Ti senti te stesso e a tuo agio con i famigliari/persone che sei solito frequentare oppure ti senti “stretto”?
Passo n° 3 – Hobby e passioni
Hai delle passioni/Hobby?
Quanto tempo gli hai dedicato?
Pensi che potresti fare di meglio?
Quale passione/hobby continui a rimandare?
Passo n° 4 – Svago
Quanto tempo ti sei ritagliato per svagarti senza pensieri, oppure per oziare di gran lena?
Quanto tempo ti sei dedicato per “distrarti” a fare qualsiasi cosa che non preveda una “prestazione misurabile?”
Viaggi? Ne hai fatti? Li rimandi?
Passo n° 5 – Salute
E cosa ne dici? Della tua salute ne vogliamo parlare?
Come stai fisicamente? In forma oppure ti trascuri?
Hai fatto regolarmente attività fisica?
Passo n° 6 – Finanze
Sei soddisfatto delle tue finanze? Sei perennemente in bolletta?
Vorresti risparmiare? Vorresti aumentare le entrate?
Come spendi i tuoi soldi? Bene? Male?
Passo n° 7 – Ambiente
L’ambiente in cui vivi, inteso come posto geografico/città e come casa in cui abiti, ti soddisfano? Tanto? Poco? Cosa ti manca? Cosa apprezzi?
Bene, dopo questa carrellata, hai una idea di cosa hai trascurato e che se curato a dovere potrebbe migliorare significativamente anche il benessere sul lavoro per il 2017?
Scegli fra tutti e 7 i passi, uno o due ambiti di vita che senti come più trascurati.
Un miglioramento in uno di questi ambiti, per te importante, avrà ripercussioni positive anche su tutti gli altri.
Più sarai soddisfatto e contento della qualità del tuo tempo, più questo benessere si ripercuoterà sulla tua vita in generale, più lavorerai meglio e soddisfatto.
Identifica cosa puoi fare per incrementare il tuo senso di benessere: o meglio, cosa puoi fare di più, cosa di meno, cosa di differente, e cosa puoi smettere del tutto di fare, per stare meglio?
Bene, adesso che ci hai riflettuto, sai in che direzione muovere i tuoi passi!
Manca solo una cosa: posare i piedi dalla parte giusta!
Agisci!
Buone vacanze di Natale e che questo 2017 inizi per te col piede giusto!
Ci risentiamo a metà gennaio!
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Federica Crudeli
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DIVENTARE CAPO: 7 PASSI PER NON REMARE LA BARCA DA SOLO/A!
Ciao e Bentornato a Lavorare col Sorriso!
Diventare capo di fresca nomina: ecco 7 passi per assicurarti che tutti i membri dell’equipaggio che guiderai remeranno con te!
Ti spiego come essere un buon manager, e guadagnarti la fiducia del tuo management di riferimento e dei collaboratori, gestendo efficacemente (ossia risparmiando tempo e stress) il cambiamento nell’ assumere un ruolo di maggiore responsabilità, magari anche in un nuovo tipo di lavoro e/o unità di business, e/o azienda, per farti apprezzare e stimare senza cadere nell’ ansia divorante da prestazione lavorativa, di cui ti ho già parlato nel mio precedente articolo!
[Tweet ““ Prima capisci, poi agisci” – cit. mia”]Diventare capo, diciamolo, mette sempre un misto di euforia per il traguardo raggiunto e le nuove sfide in vista, e anche un po’ di ansia per la paura di non essere all’ altezza delle aspettative, o per come ti vedranno i capi, colleghi e collaboratori.
Il primo errore da evitare è quello di voler strafare da subito.
I processi di cambiamento, come ti ho spiegato anche nel mio articolo “Cambiamenti lavorativi: battere l’effetto Trump in 2 mosse” spaventano, non tanto per il cambiamento in se stesso, quanto per gli effetti che produce.
Il cambiamento necessita di tempo per essere metabolizzato: da te che ti appresti ad indossare un nuovo vestito, e da chi avrà a che fare con te, che come ogni essere umano potrebbe rivestire speranze in un cambiamento in positivo, o essere diffidente nei tuoi confronti.
Per lavorare bene cosa devi avere a cuore? La fiducia del tuo nuovo capo (se ancora non la hai) e dei tuoi collaboratori. O remerai la barca da solo.
Va da se che il diventare capo a seguito di un promozione all’interno della stessa unità di business in cui sei già collocato e in cui conosci i colleghi, il contesto e il tuo superiore quello che segue sarà notevolmente semplificato, sebbene ti consiglio di leggerlo ugualmente, dal momento che il cambio di ruolo comporta sempre una ridefinizione di precedenti equilibri.
Diventare capo – Passo n° 1 – informati!
Per diventare capo e muoverti al meglio nella nuova realtà, è bene che tu raccolga più informazioni possibile sull’ambiente lavorativo in cui stai per calarti.
Ormai le aziende hanno tutte o quasi un sito internet dal quale è possibile evincere tantissime informazioni di contesto: mercato di riferimento, attività di business, clienti e fornitori, livello di organizzazione e strutturazione dell’azienda, dati economico – finanziari.
In particolare cerca nelle fonti esterne e pubbliche tutto quello che ha a che fare e caratterizza il tuo nuovo ruolo e ne costituisce una variabile chiave che ti troverai a gestire.
Diventare capo significa gestire problemi e trovare soluzioni. Prima capisci quali sono i tipici problemi caratteristici del tuo ruolo, prima diventi efficace nel padroneggiare le responsabilità che ti competono.
Diventare capo in un’area commerciale capisci bene che ha implicazioni diverse dal diventare capo in area amministrazione finanzia e controllo, dal diventarlo nell’area logistica e approvvigionamenti etc.
I principali temi e problemi da affrontare differiscono da area ad area e presuppongono delle caratteristiche tipiche di quel determinato ruolo: preparati!
Ipotizziamo adesso sia nella tua nuova realtà con il tuo nuovo ruolo: cosa fare?
Diventare capo – Passo n° 2 – Capisci il tuo capo: ti serve una bussola!
Diventare capo significa avere delle responsabilità su determinate attività.
Di norma avrai a tua volta un capo a cui riferire che ti aiuterà (si spera) ad inserirti nel nuovo contesto.
Le sue aspettative su di te è giusto che siano la tua bussola: tu renderai di conto a lui, quindi è bene che ti occupi immediatamente di capire quali risultati vuole assicurati, nel modo più specifico possibile.
La prima domanda a cui devi dare riposta è: cosa si attende da te? Se tu sei subentrato a qualcun altro, si aspetta cose diverse? Quali?
Quali miglioramenti si attende, per cosa, in che tempi?
Quali sono le cose per lui più importanti/prioritarie che ti chiede siano assicurate?
Se invece assumi un ruolo in una nuova attività precedentemente non formalizzata come unità di business, comunque, quali aspettative ha? Quali sfide ti aspettano? Quali sono le più importanti e le più urgenti per le quali è richiesto il tuo contributo?
Diventare capo – Passo n° 3 – Capisci il tuo ruolo efficacemente
Attraverso colloqui con il tuo capo/supervisore, letture di mansionari, procedure, o altri strumenti organizzativi che in base al contesto possono essere più o meno formalizzati, il puzzle che devi arrivare a comporre risponde alle seguenti domande:
Cosa devo fare? Preoccupati di censire tutte le macro-attività che competono alla tua responsabilità.
Con che frequenza? Ogni attività avrà una sua programmazione. Distinguere da subito le attività routinarie (che sono quindi da eseguire con cadenza giornaliera, mensile, trimestrale, semestrale e così via ) da progetti speciali o attività ad hoc (che di norma hanno una data di inizio e fine prevista) ti consente di disporre da subito di criteri per organizzarle al meglio partendo dalla prima che necessita di essere portata a termine dopo il tuo arrivo.
Con quale obiettivo? Ogni attività si prefigge di raggiungere un determinato obiettivo. Chiedi da subito quale sia.
Come si fanno le attività? Altra cosa che hai da capire subito sono i riferimenti procedurali esistenti per lo svolgimento delle attività. Se non ne esistono attraverso i colloqui con i collaboratori fatti descrivere come vengono usualmente svolte le attività che ti sono state assegnate.
Chi sono i miei fornitori interni? Mappa subito chi sono gli interlocutori principali che forniscono gli input ad ognuna delle tue attività.
Chi sono i miei clienti interni? Mappa subito chi sono gli interlocutori principali che beneficeranno degli output delle tue attività.
Se lo valuti opportuno, in un secondo momento, puoi pianificare incontri con i clienti/fornitori interni per ascoltare anche il loro punto di vista allo scopo di identificare punti di miglioramento.
Esistono criteri strutturati di misurazione delle performance per ogni attività?
Se si, è bene che tu sappia da subito quali siano.
Diventare capo – Passo n° 4 – Parla con i collaboratori!
Dato che hai dei collaboratori, e che sei nuovo nella veste di capo, è bene che ti prenda il tempo di parlare singolarmente con ognuno di loro.
Si lo so cosa stai pensando, è impegnativo. Ti espone. Ma se sei sicuro di te stesso, dove è il problema? Ti spaventa eventualmente sentire “qualche lamento?”
L’obiettivo di questi colloqui è: conoscerli come esseri umani, capire le loro aspettative e il loro grado di motivazione, cosa li gratifica e cosa no, stato delle politiche retributive a loro attribuite, storia lavorativa pregressa, compreso il rapporto con il precedente capo.
Queste informazioni saranno utili a comprendere le loro leve motivazionali e a valorizzarli al meglio nella gestione delle tue attività. Sarà produttivo ed efficace per te, saranno contenti loro.
Questo atteggiamento è di per sé motivante per i tuoi futuri collaboratori: significa che gli dai attenzione e che sei disposto ad ascoltarli (sempre che poi tu dia seguito a quanto hai raccolto).
Interessati di capire cosa facevano fino a prima del tuo arrivo: ti servirà per acquisire informazioni e poter valutare una eventuale re-distribuzione delle attività e dei carichi di lavoro, anche in funzione delle loro risorse e del loro potenziale, ed a capire il loro punto di vista su cosa funziona bene e cosa meno.
Interessati di capire il loro punto di vista sullo stato dei rapporti con i vostri clienti e fornitori interni, cosa funziona bene e cosa no nella gestione di questi rapporti.
Diventare capo – Passo n° 5 – comprendi bene la cultura aziendale
Questo passo, acquisisce maggiore importanza se “vieni da fuori”, e in ogni caso, anche qualora la tua nomina a capo sia avvenuta all’interno dell’azienda in cui già lavori, il cambio di ruolo presuppone comunque una redistribuzione di vecchi equilibri.
Qui si tratta di investire del tempo per capire come muoverti all’interno delle regole non scritte della tua azienda ma che sono determinanti per la tua buona riuscita come capo.
Quindi cerca di capire (e puoi farlo prevalentemente osservando le dinamiche relazionali e chiedendo con discrezione) come è opportuno muoverti nella gestione dei rapporti con i colleghi. In parte lo avrai già capito raccogliendo le informazioni dei punti precedenti, ma, qualora il puzzle non ti sia ancora chiaro è bene che ti adoperi per completarlo.
In sostanza devi darti una riposta a questa domanda: cosa è opportuno che io faccia e cosa no, in funzione dei miei obiettivi, per non urtare troppo la suscettibilità di chi mi circonda?
Questo non perché necessariamente nulla debba essere cambiato, ma semplicemente perché, se hai dei cambiamenti da attuare, è bene che siano nei limiti del possibile, graduali, in modo da essere digeriti da chi ha da farci i conti.
Ti ricordo che il tuo obiettivo guida è guadagnarti la fiducia di chi ha il potere di incidere sulla buona riuscita del tuo incarico: guidare una barca con n persone sopra che non remano o che remano contro capisci bene che è uno sforzo immane e poco intelligente.
Se cominci facendoti tabula rasa intorno, va da se che ti stai scavando la fossa con le tue mani.
Magari resterei capo di nomina, ma non nei fatti, perché tutti ti remeranno contro.
Diventare capo – Passo n° 6 – Tira le somme e osserva!
Dopo aver compiuto i 5 precedenti passi (non necessariamente in ordine sequenziale) hai: acquisito informazioni su cosa si aspetta il tuo capo da te, quali attività devi gestire, con che obiettivi, con che frequenza, con quali risorse.
Hai compreso aspettative, motivazione, risorse e potenziale dei tuoi collaboratori.
Hai mappato i tuoi interlocutori interni, e le principali criticità nella gestione delle relative attività e rapporti.
Adesso prenditi un po’ di tempo per valutare tutti questi elementi nell’insieme e farti una idea circa l’opportunità che le cose possano o meno proseguire in armonia con la gestione precedente.
Inizia a pensare quali attività possono essere fatte meglio, quali possono essere eliminate, quali possono essere fatte in modo più efficace e chi può farle: andava bene la precedente distribuzione delle attività fra collaboratori oppure è pensabile una re-distribuzione che valorizzi meglio le loro risorse e vada incontro maggiormente alle loro aspettative in modo da motivarli?
Diventare capo – Passo n° 7 – Agisci
Con il quadro della situazione sotto mano, e passato un minimo di tempo ad osservare come funzionano le cose, puoi stendere un piano di azione funzionale all’assolvimento delle tue responsabilità e al contempo, a soddisfare le aspettative del tuo management di riferimento.
Individua le attività che a tuo parere necessitano di essere ripensate.
E’ bene che tu inizi da quelle più importanti: quali sono? Quel 20% di attività che assicurano l’80% dei risultati , usando il criterio di Pareto.
Come individui quelle più importanti? In termini di conseguenze/effetti che avrebbero sull’obiettivo finale se tu non le affrontassi per prime.
Come metti in pratica le tue valutazioni sulle cose da cambiare? Coinvolgendo nei cambiamenti più impattanti i collaboratori e tutti coloro che ne sono impattati. Condividi con loro le tue proposte, ascolta i loro parari, sii disponibile a rivedere le tue posizioni con apertura mentale.
Ci vuole tempo per muoversi in questo modo? Si.
Ma se pensi di risparmiare tempo agendo cambiamenti con totale noncuranza di chi ne farà le spese, o in teoria di chi dovrebbe assicurarti la sua collaborazione, quello che spenderai in futuro e a lungo per rimediare a questo errore ti costerà molto stress, energie buttate e malumore diffuso.
In sintesi, se stai per diventare capo, acquisire informazioni sul contesto in cui andrai ad operare, capire la cultura aziendale, capire le aspettative di capi e collaboratori, clienti e fornitori interni ti consente di agire e gestire le tue responsabilità guadagnandoti la fiducia di tutti coloro che dovranno remare la barca con te!
Non lasciare a terra nessuno prima di partire!
Pronto a salpare adesso?
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Non ultimo, se alle prese con le responsabilità ti senti in affanno, non trascurare l’approccio micro-organizzativo che adotti e che se mal gestito può essere fonte di rischi (di inadempienza contrattuale) e di cattive relazioni.
Dai un’occhiata a questa pagina e contattami per un colloquio gratuito via web senza impegno.
La mia esperienza manageriale di 15 anni potrebbe esserti di aiuto!
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Federica Crudeli

COME GESTISCI I TUOI 8 TEMPI NEGLI 86.400 SECONDI DI OGNI GIORNO?
Ciao e Benvenuto a Lavorare col Sorriso!
A proposito di gestione del tempo sul lavoro: hai 86.400 secondi ogni giorno che nessuno ti restituirà! Scopri cosa sono gli 8 tempi e cosa è il “tempo dei tempi” : un viaggio per aumentare la qualità del tuo tempo, lavorativo e non, e per abbattere lo stress attraverso tecniche che renderanno la tua vita decisamente migliore!
[Tweet “Se volete sentirvi ricchi, contate le cose che avete e che i soldi non possono comprare.” – cit. A. De Carlo”]
Ipotizziamo che tu lavori anche solo 8 ore al giorno, ben 28.880 minimo, in media, li impieghi lavorando, ossia il 50% del tuo tempo “da sveglio”.
Estendendo il concetto ad una intera vita o quasi, tu passi al lavoro il 50% della TUA VITA per guadagnarti i soldi che ti servono per vivere il resto degli 8 tempi (come minimo) che hai a disposizione.
Pensi che valga la pena scoprire dei modi per gestire il tempo lavorativo al meglio?
Pensi che valga la pena vivere un tempo “di qualità”?
O preferisci restare affogato di stress, nervoso, ansia da competizione e perfezione che ti trascini dietro da giornate impegnative fra meeting, discussioni andate a buon fine e anche no, scadenze impellenti, colleghi difficili, capi troppo esigenti o assenti, clienti snervanti, fornitori “furbi”?
E di tutti gli altri tempi, cosa ne fai? Come è la gestione dei tuoi tempi?
Di quali tempi parlo?
Parlo del restante 50% di tempo “da sveglio” che ti resta dopo una giornata di lavoro: come lo impieghi e con che livello di energia?
Gestione del tempo 2 – Spostamenti
Hai da gestire il tempo per gli spostamenti casa – lavoro, l’abbonamento al treno, alla metropolitana, al bus, la benzina dell’auto, l’assicurazione.
Gestione del tempo 3 – La casa
Hai da gestire il tempo per curare la casa, l’affitto, il mutuo, il condominio da pagare, le bollette, i tuoi coinquilini se condividi un appartamento…
Gestione del tempo 4 – Il denaro
Magari ti serve del tempo anche per pensare ai tuoi risparmi, se li hai, o a come metterti da parte dei soldi, se ancora non ne hai risparmiati.
O comunque ti serve tempo per pensare a come fare più soldi possibile se il modo che adotti adesso non ti è sufficiente per la qualità che vorresti per la tua vita. Ti serve tempo per pensare a come diventare multimiliardario!
Gestione del tempo 5 – Hobby e passioni
Poi magari avresti bisogno anche del tempo per seguire le tue passioni o degli hobby: quel corso che ami tanto, quel viaggio che vorresti fare, quel sogno nel cassetto che ti proponi di realizzare.
Oppure parliamo di preistoria, nel senso che praticamente non hai mai tempo per fare alcuna di queste cose, i tuoi sogni sono ammuffiti in mezzo a tante scartoffie dimenticate magari… oppure rimandi, rimandi sempre al giorno che avrai più tempo per fare queste cose.
Gestione del tempo 6 – Svago
Poi magari ti serve tempo per uscire a svagarti senza troppi pensieri o responsabilità con gli amici: partite, cinema, teatro, concerti, una bevuta al pub, una serata a cena. Anche questo è un altro tempo da gestire.
Gestione del Tempo 7 – Famigliari
Poi magari hai anche una famiglia a cui pensare: un partner, dei figli tuoi o “ereditati”, cani, gatti, un giardino con tutta la necessità di impegno che ne consegue…
Dopo una giornata di lavoro scapperesti da solo sulle cime dell’everest o su una spiaggia deserta piuttosto che dover gestire tutti questi rapporti, o piuttosto sono il tuo porto di salvezza?
E se lo sono, la qualità del tempo che gli dedichi come è?
Gestione del tempo 8 – Salute
E cosa ne dici? Della tua salute ne vogliamo parlare?
Magari ogni tanto hai bisogno di tempo anche per andare dal dentista, o fare una visita specialistica per un problemino o problemone, prenderti cura di te stesso, della tua schiena, che in media è quella che soffre di più per chi lavora seduto molte ore.
E magari ti serve il tempo per cercare un medico di fiducia, prendere l’appuntamento, e poi andare a farti visitare.
Che poi, quando esci dall’ufficio alla sera ti senti carico per affrontare il resto del tempo o ti senti come una pila usata?
Fermati a riflettere un attimo: hai il 50% del tuo tempo, in media, impegnato SOLO nel tuo lavoro (sempre se tutto va bene, perché se poi invece che 8 ore ne devi lavorare 10-12 la situazione cambia) per fare i soldi che spenderai nel restante 50% dei tuoi almeno altri 8 differenti tempi di vita per fare tutte le cose che vuoi/devi/puoi fare.
Sei ancora convinto che non valga la pena occuparti della gestione del tempo, lavorativo in particolare?
O di quanto e come tralasci o vivi tutto il resto del tempo?
INIZIA DA QUESTI ARTICOLI a valutare in base a quali criteri è bene gestire il tuo tempo! Sicuramente è modo per guardare al tempo un pò diverso dal solito, ma che credo costituisca il pilastro su cui possono poi innestarsi le tecniche/strumenti per la gestione del tempo sul lavoro.
Cosa è il “tempo dei tempi” o “padre di tutti i tempi”? In questi due articoli: “Un giorno lo farò: il tempo ti è nemico?” Parte I e Parte II ti parlo della gestione del tempo sul lavoro a partire da un approccio particolare per guidarti a scoprire quale dovrebbe essere per te il criterio principale in base al quale “ordinare” le priorità della tua vita, e conseguentemente, anche la gestione del tempo al lavoro e in tutti gli altri ambiti. Inoltre ti guido in una riflessione per capire come guadagnare tempo e risparmiare stress presupponga un cambio di approccio al lavoro, focalizzando l’attenzione su te stesso piuttosto che su tutto quello che ti circonda.
In questo articolo invece “Motivazione sotto ai piedi appena sveglio?Riportala su” ti parlo di altri 2 criteri per orientare la gestione del tempo sul lavoro: la motivazione intrinseca ed estrinseca. Conoscerle permette di dare differenti priorità al tempo che impieghi sul lavoro e l’investimento di energie che è più o meno opportuno fare per vivere una vita qualitativamente migliore.
In questo articolo “Carriera lavorativa: potere è piacere? Come capirlo” ti guido a riflettere su un altro criterio che è importante per dare una priorità al tempo che vivi sul lavoro. Il corpo è la sede del piacere. Ascoltarlo significa anche capire quale mix di potere è piacere è migliore per te in modo da investire bene il tuo tempo.
.
In questo articolo “Riunioni fiume: come gestire il tempo efficacemente” invece ti parlo ironicamente di 9 regole che dovrebbero essere seguite nella organizzazione/conduzione delle riunioni per evitare sprechi immensi di tempo. Se lavori in azienda sicuramente avrai avuto modo di assistere ad una dispersione del tempo che con qualche piccolo accorgimento può essere arginata.
Seguimi ancora nei miei articoli, ti fornirò tecniche/strumenti per l’organizzazione della tua giornata lavorativa e spunti utili ad affrontare la tua vita lavorativa per migliorarla e renderla “qualitativamente migliore”, a districarti fra incombenze, dubbi, priorità confuse, decisioni difficili, aiutandoti a fare ordine nel tempo che hai a disposizione per la tua vita.
Inoltre quanto più utilizzerai gli strumenti che ti fornirò per aumentare la consapevolezza di te stesso, tanto più aumenterà la tua velocità di decisione per raggiungere i tuoi obiettivi.
Tanto più migliorerai la tua efficacia nella gestione dei rapporti lavorativi, anche con un occhio di riguardo alle differenze fra uomini e donne, tanto migliore sarà la qualità del tuo tempo; tanto più sarai aperto al cambiamento, tanto più percepirai il tuo tempo come un tempo di valore.
Hai trovato interessante quanto ho scritto?
Ti suggerisce qualche riflessione su come spendi il tuo tempo?
Lasciami i tuoi commenti qui sotto e fammi conoscere la tua opinione.
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Grazie!
Federica Crudeli
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RIUNIONI FIUME? COME GESTIRE IL TEMPO EFFICACEMENTE
Ciao e Benvenuto a Lavorarecolsorriso!
Oggi ti parlo della gestione del tempo per riunioni efficaci, per evitare meeting fiume dai quali esci con le idee confuse, stress a mille, senza sapere bene cosa devi fare e soprattutto dopo aver speso una bella fetta di tempo che avresti potuto dedicare ad altro accumulando arretrati su arretrati lavorativi, senza concludere qualcosa di concreto, sottraendo tempo prezioso agli 86.400 secondi di cui è composta la tua giornata.
Circola nel Web il detto ironico:
[Tweet ““Quando non hai niente da fare, organizza una riunione”– cit. Web”]
Ti succede? Oggi ti parlo quindi di come migliorare la gestione del tempo nell’organizzazione o partecipazione ad una riunione, usando un pò di ironia e partendo dalla descrizione di quello che è l’ esatto contrario di una riunione efficace… allo scopo di regalarti un sorriso!
Immagina con me questa situazione volutamente caricaturale e grottesca.
Qualcuno ha convocato una riunione ad una certa ora, facciamo le 14.30 presumibilmente per risolvere un problema o trovare un accordo su qualche cosa, o per avviare un nuovo progetto.
Alle 14.15 c’è qualcuno che prende seriamente l’impegno e si posiziona nella stanza in attesa che arrivino gli altri.
E normalmente è indaffarato con la testa dentro al PC intento a smaltire qualche altro lavoro, e non la alza mai, nemmeno per salutare chi entra nella sala dato che l’attrazione fatale che esiste fra la REM del suo cervello umano e la RAM del PC è simile a quella fra Glenn Close e Michael Douglas nell’omonimo film.
Gli altri partecipanti arrivano in serie e a singhiozzo come in processione.
C’è qualcuno invece che si affaccia nella stanza alle 14:32 precise, chiede “ci siamo tutti?” e se la riposta è no, ritiene di non poter attendere 5 minuti del suo preziosissimo tempo e si “smaterializza”, dicendo “chiamatemi quando ci siamo tutti che ho altro da fare” (si perché in 5 minuti in effetti fai in tempo a progettare le piramidi di Egitto) di modo che puntualmente, ripetendo questo ragionamento a cascata, si alternano per circa 45 minuti persone che arrivano e se ne vanno in attesa che tutti arrivino.
Più o meno alle 15 si riesce ad esser tutti intorno al tavolo…con quei 45 minuti medi di ritardo rispetto all’ora stabilita.
Naturalmente potrebbe esserci un collega capitano di turno che spontaneamente inizia a richiamare all’ordine uno a uno i partecipanti, e la cosa bella è che non sempre è colui che l’ha organizzata, ma magari solo un collega che passava di lì per caso, non aveva di meglio da fare, o comunque non avendo urgenze particolari, sentendosi attratto per qualche motivo dalla simpatia di qualcuno, ha scelto di dirigere il traffico nei corridoi.
La cosa ancora più bella è quando colui/colei che convoca la riunione, fagocitato dall’urgenza del’ultimo minuto, per il principio dell’ubi maior minor cessat, si presenta direttamente due ore dopo, se possibile anche a riunione conclusa, la quale si auto conduce da sola per un po’ con persone che fra il serio e il faceto, discutono.
Una volta che tutti gli invitati sono stati finalmente e faticosamente ricondotti al tavolo, si inizia a parlare: di qualcosa. Più o meno c’è un oggetto del contendere e qualcuno inizia ad esporre il suo punto di vista su quel documento di 50 pagine. Normalmente se i soggetti sono in numero superiore al 5, la riunione diventa fiume: meno di 4 ore non dura.
In queste 4 ore, in ordine spesso sparso e casuale, ognuno prende la parola ed espone il suo punto di vista sul presunto problema in discussione. In genere chi convoca una riunione (se è presente) può avere un amore smodato per quello di cui deve parlare, e allora le dissertazioni filosofiche relative alla quarta riga della prima pagina delle 50 da scorrere assorbono almeno 2 ore.
Inevitabilmente poi può succedere che per superati ragionevoli limiti di tempo, le successiva 45 pagine vengano passate in rassegna e con rassegnazione, in 45 minuti. 1 minuto per pagina.
Nel frattempo si verificano strani fenomeni: un collega si assenta per andare in bagno, e resta ingoiato dal WC, un altro collega è talmente insofferente a stare seduto per tanto tempo che tamburella il tavolo con le gambe come se avesse il morbo di tremens generando per vibrazione una scossa tellurica, un altro collega riceve telefonate, e si mette a parlare per 30 minuti creando l’effetto disturbo e chiedendo poi che venga ripetuto tutto quanto è stato detto mentre era al telefono, con annesso insorgere di istinti non sani da parte degli altri, o si mette d’accordo per farsi telefonare in modo da potersi assentare.
Magari accade anche che si creino sottogruppi che, prendendo “il là” da un argomento affrontato vi si agganciano, visto che sono finalmente seduti allo stesso tavolo, e tentano di risolvere altri problemi secondo le migliori regole del multitasking. Il brusio di fondo è fastidioso come le radio quando non funzionano.
Le stesse persone che si sono riunite, “a una certa”, iniziano a dissolversi per tornare ad altri doveri e la riunione in parte si chiude spontaneamente, oppure si chiude ufficialmente e formalmente con un “ci riaggiorniamo”.
Le leggi matematiche dicono che dopo l’entropia, subentra la sintropia. Bene, il “ci riaggiorniamo” non è sintropico, ma è solo un concetto vago che lascia presupporre che qualcosa di nuovo accadrà, poi, dopo, forse, un giorno. Ognuno se ne va con i suoi appunti, e le idee meno chiare della vista invernale in valpadana con la nebbia, un senso di scoramento e qualche istinto omicida represso.
Sto volutamente fantasticando ed esagerando. Ma vi accade mai di partecipare a delle riunioni e di avere la sensazione, a posteriori, di avere concluso poco o nulla?
Per quanto vorremmo tutti poter gestire 6 milioni di cose contemporaneamente, di fatto, arrendiamoci all’evidenza, è impossibile. Anche le CPU dei computer processano un input alla volta.
Se è vero che la capacità di concentrazione in media dicono possa durare al massimo 45 minuti, a maggior ragione potete immaginarvi cosa potrà mai essere affrontato o risolto da un gruppo di persone che sono riunite senza un motivo preciso, o comunque vago, e costrette a stare sedute per un tempo indefinito.
Una cosa alla volta. E’ così banale, ma così difficile da fare….
Mi direte, beh Federica, e quindi, veniamo al dunque cosa ci vuoi dire?
Voglio dire che una gestione del tempo efficace per l’organizzazione di riunioni (ossia che si prefigge di raggiungere un obiettivo senza sprecare tempo) ha i seguenti requisiti:
guarda un po’….un obiettivo da raggiungere, meglio se comunicato in anticipo (quando le condizioni lo consentono), in modo che ciascuno abbia il tempo di pre-digerire una serie di riflessioni da portare al tavolo evitando di farne la “digestione” in presa diretta real time con conseguente dispersione di tempo;
- un ordine del giorno con cui affrontare i vari temi necessari a confrontarsi su un problema;
- una ora di inizio e fine possibilmente prestabilita, affinchè ogni partecipante possa organizzarsi il resto della giornata;
- una discussione dei temi ordinata, dove l’organizzatore si prende anche la responsabilità di ricondurre “nei ranghi” le divagazioni non funzionali all’obiettivo dell’incontro;
- delle regole di funzionamento annunciate all’avvio dell’incontro: magari un ordine da rispettare nella sequenza degli argomenti e nel prendere la parola, e una distribuzione del tempo di parola equo, per assicurare che tutti parlino, soprattutto che abbiano diritto di parola anche coloro che, per natura sono più introversi, ma non per questo meno portatori di valide idee;
- un incaricato di prendere nota dei punti discussi, di divergenza e degli accordi presi in proposito e di condividerli successivamente magari con una mail;
- in teoria ogni partecipante sarebbe bene che aggiornasse altre persone della sua struttura organizzativa circa le “ricadute gestionali” legate alle tematiche affrontate, in modo da non generare asimmetrie informative;
- una call to action: ognuno dovrebbe uscire di li sapendo cosa deve fare, in che tempi, chi deve a sua volta coinvolgere, e quando è previsto un aggiornamento;
- sarebbe poi buona prassi chiedere che ogni partecipante identifichi una figura di “back up” che possa sostituirlo per dare continuità alle riunioni future sullo stesso progetto, per evitare le infinite procrastinazioni legate alla difficoltà di conciliare gli impegni nelle agende di tutti.
Sembrerebbe che io parli dell’acqua calda. In effetti è vero. Si tratta di buon senso e ovvietà. Ma applicare l’ovvio viene in media abbastanza complicato per noi umani.
Tutte le riunioni che organizzi o a cui partecipi seguono alcune o tutte le regole di buon senso elencate sopra? Se dovessi riflettere su quale elemento mancante di quelli elencati sopra sia la causa principale della dispersione di tempo delle riunioni, quali individueresti? Pensi di poter fare qualcosa per il futuro?
Quando è possibile gestire in questo modo le riunioni?
Solitamente se si tratta di riunioni per la gestione di progetti strutturati, di lunga durata, e con una composizione abbastanza stabile. In ogni caso, indipendentemente dai motivi per i quali è organizzata, una riunione che si prefigge di essere efficace dovrebbe: avere un obiettivo preciso dichiarato prima, avere una durata indicata e prevedere alla fine della sua esecuzione, una “call to action” chiara.
Quindi, qualora tu sia solitamente uno dei partecipanti ad una riunione convocata da altri, potresti scegliere se essere proattivo di fronte alla mancanza di qualcuno di questi elementi, e chiedere per tempo di conoscere quelli che vedi mancare, in modo da rendere la gestione del tuo tempo più efficace e regolarti di conseguenza. Qualora tu ne sia l’organizzatore, potresti cominciare (gradatamente, soprattutto se non è mai stato usuale nel tuo contesto) a fissare gli elementi principali per le riunioni future.
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Federica Crudeli

UN GIORNO LO FARÒ: IL TEMPO TI È NEMICO ? Parte II
Ciao e Benvenuto a Lavorare col Sorriso!
Sei convinto che la gestione del tempo e dello stress abbiano nulla a che fare con la tua sicurezza interiore (o centratura)? Sbagli, e anche tanto! Scopri invece come la tua sicurezza interiore o centratura impatta significativamente sulla possibilità di ridurre lo stress investendo energie e tempo in attività e rapporti lavorativi in modo coerente con te stesso, i tuoi principi, valori e il tuo scopo nella vita.
[Tweet ““Ciò che abbiamo dietro e davanti a noi è irrilevante rispetto a ciò che abbiamo dentro” – cit. O.W. Holmes”]
Ti parlo della gestione del tempo e dello stress da questa particolare angolatura perché credo che possa essere un presupposto indispensabile per trattare poi questi argomenti con delle vere e proprie tecniche.
Di fatti questo articolo è la prosecuzione del precedente “Un giorno lo farò: il tempo ti è nemico? – Parte I” , che ti consiglio di leggere prima di questo se ancora non lo hai fatto, nel quale ti ho guidato in una riflessione potentissima sul tuo senso di scopo nella vita.
Di conseguenza adesso sai come vale la pena investire il tuo tempo, giornata lavorativa compresa, ed anche i rapporti lavorativi secondo un ordine di importanza, che immagino adesso sia diverso o più chiaro di prima.
Nel primo articolo ho infatti posto le basi per una gestione del tempo e dello stress davvero efficaci!
Proseguo con la metafora della macchina (che ho appreso da uno psicoterapeuta): se nel precedente articolo ti ho guidato a scoprire dove vuoi andare con la tua macchina (scopo, direzione, mission) in questo invece ti faccio riflettere sulle dotazioni necessarie e sufficienti che è bene abbia il motore della tua macchina per affrontare il viaggio verso la tua meta senza sottoporlo a continue sollecitazioni inutili, fonti di perdite di tempo e aumento dello stress.
Quando il tuo motore (cioè TU) va in sovraccarico?
Ad esempio ogni volta che hai la tendenza al controllo del mondo esterno ovvero quando prima di partire per il tuo viaggio pretendi di affittare tutte le betoniere e asfaltatrici presenti in commercio e andate a tappare tutte le buche delle strade dissestate fino al traguardo, a rifare i cordoli, la segnaletica, a riposizionare i semafori oppure quando guidi guardando solo fuori dal finestrino quasi a garantirti lo schianto.
Tradotto fuori di metafora?
Pensa a tutte le volte che le tue azioni sono eccessivamente condizionate dal temere cosa pensano il capo, il collega, il collaboratore, dal timore del rifiuto o di non piacere, dall’ansia di apparire perfetti, dalla paura di ammettere o commettere gli errori, dalla rabbia o vergogna per aver sbagliato, tristezza o paura se qualcuno non asseconda le tue aspettative.
Agire con questi condizionamenti pensi equivalga ad una buona gestione del tempo e dello stress?
In tutti questi casi involontariamente molto probabilmente manipoli il mondo esterno al fine di controllarlo: armato di asfaltatrice e cemento sei lì che tenti di rendere lisce lisce tutte le strade che ti trovi di fronte.
Come? Ad esempio tutte le volte che di fronte a parole/comportamenti che non gradisci di un collega ti esprimi con un “tu mi fai arrabbiare” invece che con un “io mi sento arrabbiato per come ti sei comportato”.
Ti sembra sottile la differenza fra il guardare a te stesso e il guardare fuori?
Peccato. Perché è abissale. Ogni volta che accusi un collega di essere la causa di un tuo stato d’animo non solo eviti di pensare alla responsabilità/capacità che hai di scegliere una risposta ad un comportamento esterno altrui, (magari anche l’ indifferenza), non solo gli stai dando un enorme potere su di te, ma, in fondo stai anche avanzando la pretesa che quel collega debba comportarsi diversamente, per evitare che sia la causa della tua rabbia.
Manipoli e pretendi di controllare il prossimo, spesso, per indurlo ad essere così come fa piacere a te senza crearti alcun disturbo.
Questa è una gestione del tempo e dello stress pessima!
C’è solo un piccolo problema. Che nessuno di noi può alcun tipo di controllo su alcuna cosa vivente al di fuori di se stesso.
E’ di una banalità sconcertante il concetto, ma, se è così, ti chiedo di essere onesto con te stesso e di riflettere su quanta parte del tuo tempo lo spendi a “ripensare” a fatti spiacevoli accaduti, o nel tentativo di controllare, manipolare, cambiare qualcosa che è esterno alla tua persona: quel collega che vorresti più affabile, simpatico, silenzioso, il capo più disponibile … etc.
Insomma in media quanto tempo spendi ad accettare cose e persone per come sono e regolarti di conseguenza e quanto invece ne spendi nella fissazione di voler piegare la realtà esterna al tuo volere o a rivivere nella tua testa episodi lavorativi spiacevoli?
Bene. A cosa ti serve disperdere il tempo in questo senso? La riposta è solo una. Niente.
La differenza fra un atteggiamento e l’altro, di cui ti ho parlato anche nell’articolo “Conflitti sul lavoro: li risolvi o cerchi colpevoli?’” è la stessa che c’è fra l’essere persone proattive o reattive:
- I PROATTIVI si concentrano sulla loro SFERA di INFLUENZA ossia su fattori che possono essere da loro trasformati;
- I REATTIVI si focalizzano sulla SFERA DEL COINVOLGIMENTO ossia su debolezze altrui, problemi ambientali e circostanze sulle quali non hanno il loro controllo.
Quand’è quindi che la gestione del tempo e dello stress avviene efficacemente?
Quando, ogni volta che sei in difficoltà in una situazione, se invece che volgere lo sguardo fuori, lo rivolgi al tuo interno, verso i tuoi principi guida, i valori che sono per te importanti e che ti aiutano a ridimensionare subito situazioni e problemi e a trovare la forza per affrontarli, abbattendo di conseguenza anche lo stress.
Fritz Perls nel suo libro “La terapia Gestaltica parola per parola” spiega bene nelle sue prime 80 pagine questo concetto dello sguardo rivolto al proprio interno e all’avere fiducia in se stessi, che in Bioenergetica è assimilabile ai concetti di centratura e “grounding”.
Tu dirai…beh ma come si fa ad avere così tanta fiducia in se stessi?
Occorre che tu abbia presenti i tuoi valori, le cose che ritieni importanti realizzare e il come vuoi realizzarle, avere ben presenti i tuoi criteri rispetto ai quali “misurarti”e identificare la tua centratura, il tuo nucleo immutabile, i fattori che sostengono la tua vita: ascoltati, accettati e poi seguiti!
Agendo in questo modo non avrai più la necessità di dover disperdere tempo ed energie per incasellare le situazioni e le persone in qualche categoria precostituita che ti dia un falso senso di sicurezza e protezione vivendo l’illusione della prevedibilità altrui, e non avrai più la necessità di stressarti in questa lotta ai mulini a vento, persa in partenza.
Adottare questo atteggiamento mentale non significa passare il resto della vita in uno stato ebetale di felicità perenne. Sarebbe ipocrita affermarlo.
Ma avendo una meta ben precisa in testa, ed una propria centratura il tempo così investito avrà più valore di un tempo investito cercando continue rassicurazioni, certezze, prevedibilità nel mondo esterno.
Ripensa al tempo che hai speso a torturarti per discussioni o situazioni spiacevoli, con colleghi, capi, amici.
Inquadrandolo adesso, riperderesti il solito tempo o lo useresti, insieme alle tue energie, per uscire da “situazioni di empasse” restando focalizzato sulle cose per te davvero importanti e sulle possibili soluzioni?
E ti dà una idea dell’ordine di priorità che vuoi che alcune situazioni/persone abbiano nella tua vita lavorativa o no?
Tu quanto ti valuti proattivo o reattivo rispetto alle situazioni che affronti? Ci sono circostanze in cui adotti approcci diversi? Se si, in quali circostanze, in che modo e per quali motivi sei reattivo o proattivo?
Hai messo a fuoco i tuoi principi, valori e fattori che pensi ti sostengano nella vita? Hai trovato la tua centratura? Cosa aspetti a farlo?
Pensi di voler trasferire un po’ della tua proattività dalle circostanze in cui la agisci più agevolmente alle circostanze in cui ti viene più difficile praticarla?
In metafora ti ho parlato di quale sia il nucleo che serve a far funzionare bene il tuo motore e ti ho spiegato la differenza che esiste fra le persone che, in viaggio verso una meta, perdono tempo ed energie ad asfaltare tutte le buche lungo il percorso, da quelle che invece li investono ad aggiustare l’assetto della propria macchina per affrontare qualsiasi viaggio.
Questo è il presupposto indispensabile da conoscere per una gestione del tempo e dello stress intelligente!
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Federica Crudeli
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CONFLITTI SUL POSTO DI LAVORO: LI RISOLVI O CERCHI COLPEVOLI?
Ciao e Benvenuto a Lavorare col Sorriso!
Che tu sia uomo o donna, sei solito risolvere i conflitti sul posto di lavoro efficacemente usando l’intelligenza emotiva per migliorare la tua leadership oppure vai accusando in cerca di colpevoli, o della ragione costi quel che costi? In questo articolo ti parlo di questi due diversi atteggiamenti nell’affrontare i conflitti sul posto di lavoro e ti parlo delle softskills utili anche per la vita, dato che i conflitti o le divergenze fra colleghi, uomini, donne e umani in generale sono assai frequenti.
[Tweet ““I più grandi conflitti non sono tra due persone ma tra una persona e se stessa.” – cit. T.G. Brooks”]
La gestione dei conflitti sul posto di lavoro, può avere una finalità utile o non utile.
La finalità utile della gestione dei conflitti sul lavoro è quella di capire, esprimersi, farsi rispettare, trovare punti di accordo.
La finalità non utile della gestione dei conflitti è quella di manipolare (spesso inconsapevolmente), cercare colpevoli, accusare, difendersi, avere ragione.
Per quali motivi discuti, di solito? E quanto sei consapevole di come il tuo modo di gestire i conflitti sul posto di lavoro impatta sulla buona riuscita dei rapporti tra colleghi?
Ipotizziamo che Alice e Marco, che rappresentano due unità aziendali differenti nell’ambito di un gruppo di lavoro composto da più impiegati, abbiano da consegnare un lavoro finito per una certa scadenza.
Ognuno di loro è portatore di interessi differenti e ovviamente, ha preferenze diverse sulle modalità con cui è possibile “risolvere” un dato “compito”o “task” per usare gli inglesismi che fanno molto moda.
Nel giorno della scadenza stabilita e per rispettare obiettivi sfidanti Alice, senza dire nulla a Marco che era impegnato in altre attività, presenta all’intero gruppo di lavoro il “task” finito e costruito, in parte, ma non del tutto, con il contributo anche di Marco, che viene a conoscenza della versione finale del lavoro a cose fatte.
Marco si sente salire un pò di rabbia, quando vede scritto su una mail quello che avrebbe dovuto essere frutto anche del suo lavoro: non solo vede i fatti compiuti, ma condivide solo in parte la soluzione proposta, e in ogni caso ci sono degli aspetti dati per decisi che lo mettono in difficoltà rispetto alla sua unità di business.
Marco è arrabbiato e dentro di lui si agitano questi pensieri: sono incavolato nero, non mi ha considerato, mi ha “scavalcato”, ha deciso una cosa che non condivido e in più l’ha fatto in mia assenza senza avvisarmi.
Non posso neanche arrabbiarmi apertamente, perché si sa che in azienda i conflitti sul posto di lavoro “aperti” sono malvisti e come uno manifesta un po’ di dissenso viene tacciato di essere un polemico rompiballe.
Come potrebbe comportarsi Marco?
Esempio di gestione del conflitto sul posto di lavoro con modalità comunicative finalizzate a manipolare, cercare colpevoli, accusare, difendere, avere ragione.
M – (con tono risentito e veemenza verbale, verso Alice) Ho visto la mail… bella sorpresa… siete proprio scorretti! Non solo avete deciso la versione finale senza di me, ma in più l’avete comunicata a tutto il gruppo e vi siete venduti una cosa che ora mi mette in difficoltà con altri miei colleghi!
Il tono “risentito” è umano, ci può anche stare…ma quello che segue si chiama accusa, prima ancora di capire se abbia affettivamente dei fondamenti o meno.
A – Marco, sei sempre assente, questa è la logica conseguenza del tuo modo di fare!
Alice si sente attaccata e di istinto, invece che smussare i toni, contro-accusa il collega.
M – Ma che assente e assente, non nasconderti dietro a delle scuse perchè hai torto e sei stata scorretta! Non è la prima volta che succede. Mancava poco alla versione finale. Hai il brutto vizio di non parlare!
A – Se non ti fai trovare!
M – Ma se ero in trasferta ieri!
A – …e comunque cosa vorresti insinuare con quel “non è la prima volta che succede?” vogliamo parlare di quando due mesi fa ti sei “venduto” la scadenza senza condividerla?
Ora….potete capire che gestire i conflitti sul posto di lavoro con questo rimbalzo di attacchi e accuse reciproche potrebbe durare più o meno all’infinito.
Per ironizzare, in tre nanosecondi ogni collega ha già piazzato nella sua mente come arma di difesa tutto il Consiglio Superiore della Magistratura, con tanto di primo, secondo e terzo grado di giudizio, Cassazione compresa!
Si chiama anche “escalation of commitment” per usare un gergo psicologicamente “tecnico”.
Risoluzione finale? Animo amaro da entrambe le parti, e soprattutto, nessuno dei due probabilmente otterrà nulla di quello che realmente avrebbe voluto.
Esempio di gestione del conflitto sul posto di lavoro con modalità comunicative finalizzate a capire, esprimersi, farsi capire, rispettare il prossimo e trovare punti di incontro.
M – (con tono un po’ risentito) Ciao Alice! Ho visto lo scambio di mail e che hai presentato la versione finale del lavoro a tutto il gruppo quando non c’ero. Mi sento parecchio infastidito! Mi puoi spiegare cosa è successo?
In questo modo Marco applica l’intelligenza emotiva in 3 modi:
1 – saluta come accade fra esseri umani,
2 –manifesta il suo stato d’animo irritato che fa sempre bene, visto che reprimere le emozioni, alla lunga, fa più danni dell’uragano katrina, e non lo dico io ma la scienza,
3 -senza tirare conclusioni si attiene ai fatti che ha visto e chiede spiegazioni, per capire, prima di scegliere se permettersi di essere alterato del tutto o meno e di biasimare la collega.
A – Ciao Marco. Mi spiace vederti arrabbiato. E’ successo che ieri il Direttore ci ha chiesto entro le 16 di presentargli il lavoro proprio mentre stavamo valutando di chiedere un posticipo della scadenza di altri 3 giorni. Sono mancati i tempi tecnici sia per avvisarti prima, visto che ci hanno detto che eri fuori, sia dopo, e nel dubbio piuttosto che lasciare la cosa incompleta abbiamo preso quella che ci sembrava la decisione migliore ricordandoci anche le tue indicazioni. I modi in effetti non sono stati dei migliori ma almeno nella scelta finale ti ritrovi oppure no?
M – Ah ecco… volevo ben sperare che ci fosse una ragione valida per quello che ho visto. Diversamente, e lo specifico nel caso accada di nuovo in futuro, vorrei condividere le scelte prima e sapere quando saranno ricondivise nel team. In questo caso in effetti la decisione che avete preso mi mette in difficoltà per diversi motivi che ora ti spiego (…) come possiamo venirne fuori? Mi aiutate?
A – Si si tranquillo, a parte che non è da me, in ogni caso certo che condividerò le scelte future prima di presentarle a tutti qualora non ci fossi. Tu però le prossime volte, se dovessi sapere che a ridosso di una scadenza ti mandano fuori per lavoro, ci avvisi prima?
M – Ok sarà fatto. Anche io preso dalla fretta proprio mi sono dimenticato.. scusami. Quindi come ne veniamo fuori? Io ho questo problema adesso (…)
A– Beh credo che ci siano tempi e margini per rivedere la cosa!
Alice utilizza l’intelligenza emotiva nella gestione del conflitto lavorativo in questi modi:
1 – saluta;
2 – esprime dispiacere per il collega che vede risentito, con empatia;
3 – chiede se la soluzione individuata è condivisibile;
4 – chiede al collega per il futuro, di avvisare qualora fosse assente, usando quindi la sua assertività.
Marco a sua volta: esprime chiaramente la sua difficoltà e la necessità di trovare una soluzione, si prende l’impegno di avvisare qualora debba assentarsi vicino ad una scadenza, ed esprime cosa vorrebbe per se in futuro.
Nella tua quotidianità quante volte la gestione dei conflitti sul posto di lavoro assomiglia al primo caso e quante volte al secondo?
Quante volte “prendi la tangente” di fronte ad una situazione mal digerita e quante volte invece ti prendi del tempo per capire, prima di scegliere la riposta più opportuna usando la tua assertività?
La possibilità di scegliere la risposta di fronte ad una situazione di conflitto, prende il nome di proattività, ed è un concetto introdotto da V. Frankl, che ha condotto molteplici studi sul senso di scopo delle persone.
Reagire significa non interporre alcuna consapevolezza fra uno stimolo esterno e il nostro comportamento, rispondere significa invece prendere consapevolezza di quello che accade al nostro interno ed indirizzarlo con assertività in modo utile rispetto all’obiettivo che ci poniamo.
Farlo significa rafforzare la propria leadership, ossia la consapevolezza e padronanza di sè stessi. Qualora l’obiettivo di una conversazione sia litigare con i colleghi in modo fine a se stesso allora la modalità n° 1 è quella giusta.
Qualora l’obiettivo invece sia trovare soluzioni condivise e ridefinire comportamenti accettabili per entrambe le parti in futuro, la modalità n° 2 è quella più adatta da seguire.
Qualora invece, dopo aver raccolto il punto di vista dell’altro ti trovi di fronte ad una vera e propria scorrettezza ingiustificabile ai tuoi occhi, considera che:
a – possono esserci colleghi che per differenti ragioni e motivi, vivono di bassezze. In questo caso intanto puoi avere una fortuna magari: non assomigliargli;
b – inoltre, quando hai a che fare con colleghi che deliberatamente fanno cose a danno altrui, o per metterti in cattiva luce, o per affermare se stessi, o per screditarti, tieni a mente che il problema è loro: quasi sempre soffrono di insicurezza cronica con un ego pari ad una mongolfiera, ed hanno bisogno di sminuire gli altri per emergere.
In questo senso, sempre a proposito di vivere per se stessi un tempo di qualità, prima di dare eccessiva importanza a questo tipo di colleghi e quello che fanno, ti ricordo che nell’articolo “Un giorno lo farò: il tempo ti è nemico? Parte I” ti ho parlato di investire il tempo in funzione del tuo scopo e dei tuoi principi.
Di conseguenza il tempo da dedicare a queste persone tossiche è bene che si riduca all’osso. Puoi sempre scegliere di averci a che fare per il tempo che è imposto dal contesto, ma nulla di più.
E poi lasciarti alle spalle la rabbia e il senso di sconfitta che a volte l’esito di questi conflitti sul posto di lavoro può generare.
Inoltre, se vivi in funzione dei tuoi principi guida, disponi di una bussola interna che ti conferisce sicurezza interiore e ti indirizza nelle scelte, ed è corretto che sia l’unico riferimento rispetto al quale misurarti, piuttosto che preoccuparti della figura da stupido che magari qualcuno ci tiene tanto a farti fare…la summa di questo pensiero è resa bene da questa celebre frase dei Beatles da tenere a mente di fronte a colleghi poco corretti:
[Tweet ““Live and let die”- cit. Beatles”]
In sintesi ti ho parlato di due modi di affrontare i conflitti sul posto di lavoro rispetto all’obiettivo di trovare punti di accordo: uno più utile ed uno non utile.
Ti ho quindi parlato della differenza fra la reattività e la capacità di risposta intesa come proattività: in questi casi le differenze fra uomini e donne non hanno alcuna relazione con la maggiore o minore padronanza di queste softskills!
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Federica Crudeli

UN GIORNO LO FARÒ: IL TEMPO TI È NEMICO ? Parte I
Ciao e Benvenuto a Lavorare col Sorriso!
Come sei messo con la gestione del tempo? Il tempo non ti basta mai? Scopri cosa è “il tempo dei tempi” se vuoi avere a disposizione più tempo, vuoi che il tuo tempo sia fatto di serenità, entusiasmo, passione, vuoi che sia speso a fare cose che ti piacciono con persone che apprezzi e vuoi imparare a gestire efficacemente il tuo tempo rendendolo un tempo di qualità e valore! Leggi questo articolo e scoprirai cosa è!
[Tweet ““Immaginati vecchio, in punto di morte, pieno di rimpianti e di rimorsi.” – cit. A. De Carlo”]
Questa citazione ha molto a che vedere con la gestione del tempo, è tratta da un libro che ho adorato leggere, “Due di due” di A. De Carlo, e ha sorvolato i miei pensieri per 15 anni, fino a quando non è atterrata nella mia mente e ci si è stabilita in modo stabile. Da quel momento sono cambiate tante cose. In meglio.
Cosa voglio dire? Nell’articolo “Come gestisci i tuoi 8 tempi negli 86.400 secondi di ogni giorno” ti ho parlato dell’importanza della gestione del tempo e dello stress.
Dopo aver sentito di recente l’affermazione “il tempo non basta mai”, abbastanza comune, ho deciso di scrivere questo articolo sulla gestione del tempo, partendo da un presupposto diverso.
E nel farlo ti racconto un mio segreto!
Potrei mettermi qui a scrivere tecniche che ho appreso e che uso per la gestione del tempo in modo efficace e che in effetti, se applicate, funzionano.
E ammetto anche che in passato, ho lasciato che trascorresse molto tempo, troppo tempo, fra la lettura di un concetto e la sua applicazione… perché applicarsi comporta fatica e senso di responsabilità, mentre lasciare che le cose vadano un po’ a caso è sempre un buon modo per alleggerirsi distribuendo colpe “a destra e a manca” o al famigerato “destino”.
Sono sempre stata una procrastinatrice incallita con un concetto della gestione del tempo, a volte, un po’ tanto diluito.
Il “poi lo farò” è stato per anni il mio amico immaginario a colazione, pranzo, cena, dopocena, in vacanza. Sapete perché? Perché io, e con me scommetto molti altri esseri umani, in realtà abbiamo una paura mostruosa di capire che certe cose funzionano davvero se applicate, perché significa fare i conti con il concetto “io posso”, e fare i conti con questo concetto significa che la responsabilità di fare cose nella vita è solo e soltanto nelle nostre mani, con i venti a favore o contro.
Abbiamo fatto delle conversazioni luuuuuunghe lunghe inimmaginabili io e il “poi lo farò”. Fino a quando un giorno, molto prepotentemente il “se non ora, quando?” ha soppiantato il “poi lo farò”.
Ci ha pensato la vita a operare questo processo di subentro con dei messaggi inequivocabili a chiare lettere e ha preso “il poi lo farò” per un braccio e lo ha messo all’angolo delle stanze della mia mente.
Devo ringraziare il “se non ora quando” se ho aperto questo blog. Non avrò una seconda vita per fare una delle cose che amo e per realizzare un sogno: ossia scrivere.
Adesso il “se non ora quando” e il “poi lo farò” convivono nella mia testa, fanno ancora a pugni ogni tanto, ma hanno capito che è utile per me che co-esistano. Il “poi lo farò” adesso prende il sopravvento per rimandare questioni poco importanti o quando rischio di tirare troppo la corda e vuole farmi riposare il corpo e la mente.
Quindi per oggi, azzardo e vado oltre al semplice parlarti delle tecniche per la gestione del tempo perché so che quanto leggerai ti porterà a rivedere il tuo concetto di tempo.
E solo dopo questo “reframing” avrà senso parlare di tecniche efficaci di gestione del tempo e dello stress.
Per usare una metafora: pensi abbia senso capire come si usa il cambio automatico della tua macchina, se ancora non hai capito bene quale direzione vuoi che segua la tua macchina e quindi nemmeno come distribuire il tempo che ti serve per arrivare alla meta?
Prendi del tempo per te. Non fare come me, che ne ho fatto passare molto fra la lettura di questo consiglio e il momento della messa in pratica (e mi “mangio i gomiti” ancora adesso per questa indolenza stupida).
Mettiti da solo in silenzio in una stanza e prendi questo esercizio molto sul serio. E’ potentissimo.
Immagina di essere ad un funerale: IL TUO! Sei … morto!
Immagina per filo e per segno chi ci sarà e cosa vorresti che dicessero di te, famigliari, amici, colleghi e le principali cerchie di cui fai parte.
Come vorresti essere ricordato? Scrivi a penna tutto quello che immagini e che vorresti che le persone presenti al tuo funerale dicessero di te: chi vorresti essere stato, cosa vorresti aver realizzato, per cosa vorresti essere ricordato? Osa per favore con l’immaginazione.
Ti stai domandando che senso ha farlo? Ha il senso che in media nella vita tutti noi calchiamo le scene del palcoscenico secondo un copione che a volte abbiamo scelto molto consapevolmente, a volte invece è un “introietto” delle aspettative di: famiglia, chiesa, scuola, società in generale.
Mi sembra inutile dirlo, ma lo dico comunque, che siamo nati nell’era dell’apparenza con tutto quello che ne consegue. Qui adesso ti stai ritagliando da solo l’opportunità e la libertà di immaginarti dentro la vita che TU hai voluto per te. Magari coincide del tutto o in parte con quella che stai vivendo, magari no.
Tutto quello che viviamo, lo costruiamo sempre due volte: la prima nella testa, la seconda nei i fatti.
Quello che vivi adesso infatti, anche se non lo sai, è frutto, a sua volta, di quello che ti sei costruito nella mente prima, solo che non sempre questa creazione mentale è avvenuta consapevolmente.
Adesso invece, questo esercizio ti mette in condizione, se prima non è stato così, di fare la tua costruzione mentale consapevole.
Ed ha molto a che fare con la stessa differenza che esiste fra la leadership e il management: nel primo caso si stabilisce una direzione, nel secondo si gestisce un percorso efficace verso una meta.
Bene. Fatto l’esercizio? Quello che hai scritto ha molto a che fare con la tua mission o scopo nella vita: chi vuoi essere là fuori, con che carattere vuoi manifestarti nel mondo, cosa vuoi realizzare, quali contributi vuoi lasciare.
Per perfezionare questo esercizio e dare valore al tuo passato, (soprattutto qualora il tuo senso di “scopo” evidenzi una distanza sostanziale fra quello che vivi e quello che vorresti vivere in questo momento presente e per il futuro), puoi fare anche un’altra cosa…
Ripensa al tuo passato ricercando tutti i momenti che ricordi come belli o felici. Segnali con calma e guardali: uniti a quello che hai scritto sul tuo funerale hanno qualcosa in comune?
Terminata questa riflessione è tempo di sintetizzarla in un dichiarazione di intenti con te stesso, inquadrandola nella prospettiva che ti restano 365 giorni prima di passare all’altra vita.
Essendo io una amante della corrente pittorica futurista l’ho ribattezzata “Manifesto Futurista” anziché Elogio Funebre come vorrebbe la fonte letteraria da cui è tratto l’esercizio (Le 7 regole del successo di S. Covey”).
Puoi declinarla poi rispetto ai vari ambiti della vita: chi vorresti essere, cosa vorresti realizzare, che contributi vorresti aver dato, cominciando dalla fine, e considerando che ti restano 365 giorni di vita, sul lavoro, in famiglia, con gli amici e così via?
La gestione del tempo come si inquadra in questo discorso? Beh credo che adesso che ti sei costruito una immagine della vita che vuoi per te per filo e per segno, che hai chiarito chi vorrai essere, cosa vorrai aver fatto, con la tua “mission” per realizzarla, hai da impiegare e gestire il tempo secondo il grado di importanza che ne consegue, e ti guiderò a metterlo a punto.
Questa riflessione non finisce qua, ma per il momento, visto che ho sperimentato la potenza di questo esercizio fatto da sola in un luogo e momento scelti per essere concentratissima con l’immaginazione, il corpo, le emozioni, i suoni, i colori, per fare questa visualizzazione, direi che preferisco fermarmi e lasciarti “a decantare” con quanto sarà emerso.
Se invece hai difficoltà a fare l’esercizio stai tranquillo. E’ possibile, soprattutto se non sei abituato, trovare difficili queste visualizzazioni guidate. O magari ti arrivano troppi stimoli tutti in una volta. Stai sereno. L’ordine fra tanto caos arriverà da solo. Basta darsi tempo.
Torniamo alla metafora della macchina, che ho preso in prestito da uno psicoterapeuta che conosco:
- oggi ci siamo occupati di identificare la direzione che vuole seguire la macchina, e ha senso occuparsi della gestione del tempo di viaggio una volta che la meta diventa se non chiarissima da subito, almeno delineata, visto che il concetto di tempo è si oggettivo nel suo scorrere, ma anche molto relativo nella soggettività del viverlo;
- nel prossimo articolo mi occuperò dell’assetto della macchina: capisci bene che una macchina “scarcassata e non manutenuta” farà fatica a percorrere qualsiasi strada e perderà un sacco di tempo;
- dopo ancora, una volta capito come sistemare l’assetto della macchina perché abbia quanto sufficiente e necessario per funzionare (a questo proposito sono comunque utili tutti gli articoli della categoria padronanza e gestione di sè), potremo interessarci delle tecniche vere e proprie di gestione del tempo, per migliorare le prestazioni del motore,
- e poi potremo persino interessarci delle condizioni meteo e stradali del mondo là fuori (e a questo proposito gli articoli della categoria Rapporti Lavorativi hanno a che fare con lo sviluppo di queste skills).
Ti ho parlato della gestione del tempo partendo da un presupposto insolito che però è “il tempo dei tempi”, cioè del senso che acquisisce il tempo in funzione di qualcosa di ben preciso come il tuo “senso di scopo” nella vita.
Adesso che hai realizzato quale scopo sostiene la tua vita, quanto tempo stimi di avere buttato via dietro a cose senza senso?
E quanto pensi da oggi in poi di investirlo in cose che hanno senso per te?
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Federica Crudeli
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